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Old 09-06-2004, 22:06   #1
sempreio
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povera spagna governata dlla sinistra....

la spagna dell' economia forte di aznar ormai è un vecchio ricordo , le cose le vanno sempre peggio

A un mese soltanto dalle elezioni, il premier spagnolo è già sotto tiro. Accuse dalla stampa di destra, ma anche dai suoi alleati locali. Decisivi per la governabilità.



«I miei maggiori successi sono stati il ritiro dall'Iraq e l'aumento dei fondi per le borse di studio»: era raggiante, lo scorso 18 maggio, il quarantatreenne premier socialista José Luis Rodríguez Zapatero mentre tracciava il primo mese di bilancio del suo governo sulle ali dell'ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto alle prossime elezioni europee: il 13 giugno il Psoe potrebbe volare al 45,8 per cento, 10 punti in più del 35,4 del Partito popolare di Mariano Rajoy. Ma non tutti i giorni del suo nuovo governo sono stati così radiosi.

Pochi giorni prima della pubblicazione del sondaggio del Cis, l'ente demoscopico statale, Zapatero aveva momentaneamente perso il perenne sorriso che gli è valso il soprannome di «Gioconda», affibbiatogli dallo scrittore e columnist Francisco Umbral sulle pagine del quotidiano liberal El Mundo. L'esecutivo della rosa, un monocolore di minoranza, aveva perso la sua prima votazione al senato grazie a un emendamento vincente del Partito popolare su una delle sue proposte elettorali più sbandierate: la sospensione della riforma dell'insegnamento approvata dal precedente governo del premier popolare José María Aznar, che prevedeva, tra l'altro, l'obbligo dello studio della religione.

Il governo formato dopo il trionfo socialista nelle politiche del 14 marzo è infatti debole. Alla Camera ha 164 seggi (148 i popolari) con una maggioranza fissata a quota 176, mentre al Senato può contare su 93 voti (123 il Pp) su 251. Zapatero, ex alfiere della governabilità «a geometria variabile», ossia costruita sulla base di patti puntuali con tutti i partiti, ha scelto di importare il tripartito «rojo» che governa la Catalogna: l'alleanza (privilegiata) dei socialisti con i comunisti di Izquierda unida guidati da Gaspar Llamazares (5 deputati) che vogliono uscire dalla Nato, più gli indipendentisti antimonarchici della locale Sinistra repubblicana di Josep Carod-Rovira (otto seggi). Con una differenza fondamentale: alle Cortes di Madrid, il loro appoggio è esterno.

Non solo. La vittoria del Psoe alle legislative era assolutamente imprevista. Ricorda Jaime Mayor Oreja, capolista del Pp alle europee: «Una tragedia: la strage perpetrata da Al Qaeda l'11 marzo ha catapultato Zapatero al potere». E questo comporta, per il Psoe, qualche problema. Per esempio, durante la campagna elettorale Zapatero aveva fatto alcune promesse che non pensava di dover mantenere. Ora invece, vinte a sorpresa le elezioni, l'impegno, per quanto azzardato, va rispettato. E già, con perfidia, la stampa di destra presenta il conto. Dati alla mano, il giornale conservatore La Razón, in soli 30 giorni, di inadempienze ne ha contate la bellezza di 12. A partire proprio dal cavallo di battaglia del neopremier, il rimpatrio delle truppe dall'Iraq (concluso il 21 maggio): doveva essere proclamato entro il 30 giugno se il paese non passava sotto l'egida delle Nazioni Unite; l'ordine è invece arrivato con grande anticipo il 18 aprile. E senza il promesso dibattito parlamentare.

Lo strappo con Washington in Iraq, condiviso dal 76,8 per cento dell'elettorato spagnolo, ha già provocato una prima ritorsione. A tutto vantaggio dell'Italia. News&Notes, il bollettino interno americano della importantissima base Nato di Rota, nei pressi di Cadice, ha notificato che gli Stati Uniti ridurranno di 8 mila unità, tra civili e militari, la loro presenza in Europa e al contempo consolideranno tutto l'organico della loro marina nella base di Napoli.
A Rota, dove lavorano 1.200 spagnoli, la notizia è caduta come una bomba. Anche perché, prima del 14 marzo, era circolata la notizia che gli americani avessero in mente l'esatto contrario: trasformare la base andalusa nel quartier generale della Sesta flotta. Ma erano i tempi di Aznar, fedele alleato, come l'Italia, di George W. Bush nell'avventura irachena.

A Zapatero oggi rinfacciano pure di aver assicurato che il suo governo si sarebbe caratterizzato per la propensione al dialogo. E di non aver rispettato la promessa, come dimostra la designazione del nuovo direttore del Cni, l'intelligence spagnola, la cui nomina doveva essere concordata. Il ministro della Difesa, José Bono, ha invece imposto il proprio candidato, un vecchio collaboratore, già direttore generale dell'Ambiente della regione Castilla-La Mancha: Alberto Saiz, del tutto digiuno di politica internazionale. Non solo, poiché non conosce l'inglese è sempre costretto a portarsi al seguito un interprete, anche durante gli incontri con gli 007 stranieri.

Medesima prassi per il presidente dell'agenzia statale di notizie Efe. Il manifesto del Psoe recitava: «Il presidente dell'agenzia sarà designato dopo la sua elezione alla camera». Non è andata così: è stato nominato subito Alex Grijelmo, un giornalista del filosocialista El País. Stesso sistema per Carmen Caffarel, nuova direttrice della Rtve, la radiotelevisione pubblica. Idem per il procuratore generale dello stato, carica per cui è stata designata la «toga rossa» Cándido Conde Cumpido, tra i fondatori dell'associazione progressista Giudici per la democrazia.

Ancora. Il comando unico di polizia e Guardia civil è diventato solo un coordinamento tra i due corpi. È stata ridotta da 180 mila a 70 mila unità annue l'edificazione di nuove abitazioni. Il diritto di associazione nella Guardia civil (l'equivalente dei nostri Carabinieri) è rimasto lettera morta. Persino uno dei fiori all'occhiello del programma socialista, la parità fra i sessi, è stato mantenuto solo in parte: nel Consiglio dei ministri sì (8 uomini e 8 donne) ma non nel governo nel suo complesso (le donne occupano solo il 23 per cento delle alte cariche dello stato).

È quasi certo, invece, che le promesse elettorali in tema di diritti civili verranno mantenute: matrimoni per gay, aborto libero nelle prime 12 settimane di gravidanza, ampliamento a più di tre embrioni nella fecondazione assistita. E, in politica estera, il riallineamento con l'asse franco-tedesco.
Ma i nodi vengono al pettine. Il governo catalano, che come quello basco vorrebbe aumentare notevolmente le autonomie regionali, ha appena chiesto a Zapatero il trasferimento di 88 nuove competenze, tra cui la previdenza sociale e il diritto di indire referendum. Non basta. Carod-Rovira, ago della bilancia a Barcellona e a Madrid, spara: «Esigiamo una repubblica plurinazionale». E la Gioconda socialista, se vuole restare al potere, dovrà cedere al diktat, appoggiato pure dai nazionalisti catalani di centrodestra della Ciu. Anche a rischio di spaccare la Spagna.
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