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Originariamente inviato da Benna80
Se non sbaglio per far parte del catalogo Spotify devono sussistere accordi commerciali con l'articsta no? Non è sufficiente questo per rendere legale la cosa? O il problema è che qualcuno in mezzo non riesce più a mangiarci come prima? Non capisco....
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Purtroppo sbagli. Gli accordi commerciali sia per Spotify che per YouTube Music sono fatti con un distributore, che può stabilire regole che fa impazzire il musicista. Quest’ultimo riceve soltanto l’accesso a una pagina in cui amministrare la propria biografia e poco altro.
Alcuni musicisti sono stati scelti per gestire la distribuzione musicale su Spotify, ma si tratta di un servizio beta cui hanno accesso in pochi e, ipotizzo, musicisti stranieri. Ho provato più volte a far richiesta all’accesso beta, alla fine mi sono dovuto avvalere di un distributore.
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Originariamente inviato da Gnubbolo
il problema principale è Ableton o Cubase e i libri di teoria musicale.
in mezza giornata di lavoro tiri giù un pezzo ascoltabile e lo metti su bandcamp o youtube in barba ad ogni regola commerciale.
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YouTube aggiunge la pubblicità sul video, e quindi l’artista monetizza (in teoria). Naturalmente l’artista deve riuscire a ottenere anche uno spazio in YouTube Music.
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Originariamente inviato da thresher3253
Non vedo dove sia il problema, al contrario dovremmo essere contenti che esistono ancora artisti che lo fanno per passione e non per farsi una Bentley. La migliore musica viene da quelli che non si aspettano (necessariamente) un ritorno commerciale.
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Quando esisteva
Google Play Music, era l’unico servizio in cui distribuivo la musica. 5 € ogni 3 mesi, ma almeno avevo centinaia di fan ovunque. Finalmente il mio obiettivo di far conoscere la mia musica, dopo il capitolo
Vitaminic (lo Spotify italiano nato 20 anni e chiuso neanche 10 anni dopo). Chiuso il servizio, ho dovuto ricominciare. Ho dovuto scoprire i meandri del commercio musicale un po’ più nel dettaglio.