Gattuso: l'inesorabile destino e la voglia di andare
03.07.2010 17:30 di Francesco Somma articolo letto 9291 volte
Una stagione così così con i colori rossoneri: acciacchi, problemi fisici, poche presenze, tante panchine e un finale di campionato incoraggiante, soprattutto in vista dei Mondiali. Che però lo hanno visto in campo soltanto per i primi 45 minuti dell’ultima sciagurata apparizione della Selezione di Lippi. Nel bel mezzo di tutto questo, il proverbiale “Mal di pancia”, la voglia di cambiare aria dopo aver vinto e dato tutto. Al momento, le piste calde sono due e decisamente diverse l’una dall’altra. La prima porta dritta a Dubai, Emirati Arabi, nuovo regno dell’extralusso dove Rino potrebbe raggiungere l’ex capitano azzurro Cannavaro per trascorrere nello sfarzo, e lontano dalle pretese del calcio vero, gli ultimi anni di una carriera da combattente. La seconda pista porta in Germania, a Wolfsburg, dove il calcio si gioca ancora sul serio. Siamo ancora al livello delle congetture, che però diventano sempre più insistenti, e che di certo non aiutano le coliche del mediano calabrese. La storia calcistica di Rino Gattuso, e degli atleti che come lui sono condannati dal destino a compensare con la corsa e il fisico le lacune di una tecnica non eccelsa, ha per forza un sapore particolare. Quello sgradevole di una piccola e inesorabile disfatta. In poche parole: la tecnica rimane, il fiato no. Rino ha vestito la maglia del Milan per 11 lunghi anni: ha macinato chilometri incalcolabili, rubato palloni nell’ordine delle migliaia, vinto tante partite contribuendo a far sì che non si tramutassero in sconfitte, ma l’incalzare del tempo lo ha costretto, nelle ultime due stagioni, a tirare i remi in barca. Calcisticamente parlando, la sorte di un “guerriero” è segnata ancor prima di cominciare: può fare la differenza soltanto quando è al 100%. L’esempio più lampante risale ancora una volta a Slovacchia-Italia: Gattuso e Pirlo hanno giocato, entrambi. Il primo è uscito dopo 45’ che lo hanno visto soccombere (insieme a tutti gli altri, sia chiaro) dinanzi al fraseggio di Hamsik e compagni; il secondo, pur essendo ancora convalescente, è riuscito a cavarsela discretamente puntando sulla tecnica e sulla precisione dei passaggi. Che vada, che resti, il Gattuso di una volta, indomabile Ringhio e incubo dei trequartisti, è soltanto uno dei tanti dolci ricordi di un Milan che non c’è più.
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