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Originariamente inviato da ChristinaAemiliana
Premesso che, come è già stato osservato, la donna aveva pieno diritto di ricorrere alla pillola del giorno dopo e non all'aborto o all'affidamento (che non sono certo equiparabili al farmaco in quanto a conseguenze sia fisiche sia psicologiche), mi sembrerebbe eccessivo se la responsabilità della struttura si estendesse fino al riconoscimento del disservizio come causa diretta della maternità non voluta. Insomma, mi sembra logico che l'Asl paghi perché non ha fornito un servizio che doveva essere garantito, tuttavia mi pare strano che la donna abbia continuato per due giorni a rimbalzare da un ospedale all'altro senza risultato e soprattutto senza pretendere la prescrizione (se sei capace di alzare il polverone e denunciare quando è troppo tardi per rimediare, a maggior ragione avresti dovuto essere in grado di fare rispettare i tuoi diritti prima).
Non concordo affatto, inoltre, con chi sostiene che agli obiettori di coscienza dovrebbe essere inibito l'accesso alla professione medica...semplicemente tale posizione andrebbe dichiarata per tempo ed essere incompatibile con determinati percorsi di specializzazione e magari anche con l'incarico di medico ospedaliero in struttura pubblica. I medici obiettori in questo modo potrebbero tranquillamente sistemarsi in strutture private, magari gestite a indirizzo cattolico. Un po' come quando, ai tempi della leva obbligatoria, se ti dichiaravi obiettore poi non potevi ovviamente fare concorsi per iniziare una carriera militare (a meno di non ritrattare l'obiezione).
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Son d'accordo se uno fa il ginecologo in una struttura pubblica rispetti le leggi e le direttive del servizio pubblico.
Se non gli va bene faccia il ginecologo privato.