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Iscritto dal: Feb 2008
Città: maremmana che studia a firenze
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RIDERE IN TEMPO DI CRISI...
RIDERE IN TEMPO DI CRISI?
Direi che è qualcosa di utile, necessario e intelligente.
Bisogna saper ridere in tempo di crisi.
Ma poi mi soffermo a pensare, osservando la realtà che mi circonda… E mi chiedo se con la frase “ridere in tempo di crisi” intendiamo tutti la stessa cosa.
Se intendiamo l’essere consapevoli delle crisi che ci sono e saperci ridere sopra, saperle ridicolizzare, demonizzarle, in modo da trovare maggior coraggio per affrontarle, un coraggio che trova vigore nella forza spontanea del sorriso, nel prendere coscienza di conoscere il “nemico”, o problema, così bene da saperlo caricaturare guardandolo dritto in “faccia”, quel qualcosa che spaventa, allora sì, “ridere in tempo di crisi”, in questi termini, mi pare utile, necessario e intelligente; mi vengono in mente due esempi per questa interpretazione: il primo, un cartone animato della Disney, Robin Hood, quando in clima festoso tutti ballano, fanno i buffoni e cantano.. Cantano la canzone che ridicolizza totalmente il terribile principe Giovanni, che ancora devono affrontare definitivamente; l’altro è l’ormai vecchio consiglio di immaginarsi tutti in mutande quando si è “spaventati” dal pubblico che si ha di fronte, quando questo ci genera panico.
Ma continuiamo.
Se intendiamo l’essere consapevoli delle crisi che ci sono e distrarsi di tanto in tanto dedicandosi a cose che fanno ridere o danno serenità e spensieratezza, per distendersi e ricaricarsi, allora sì, “ridere in tempo di crisi”, in questi termini, mi pare utile, necessario e intelligente; se si considerano le preoccupazioni, la profonda conoscenza di ciò che le genera e l’impegno a contrastare o trovare una soluzione a questo, pari ai doveri della quotidianità, il dedicarsi a cose divertenti, che danno spensieratezza, diventano pari a uno “staccare la spina”, ovvero il dormire quotidiano, quel riposarsi e ricaricarsi necessario.
Ma attenzione che non diventi un sonno perenne…
E qui arriviamo a una terza interpretazione della frase cui ruota attorno ciò che sto scrivendo.
Eh sì… Perché il meccanismo di cui sopra è quello che, quando degenera, sfugge al controllo e prende il sopravvento generando gli alcolizzati, i tossicodipendenti.. Dipendere da ciò che tiene lontani dalla nostra mente i dolori, le paure, le preoccupazioni. Voler stare sempre in questa condizione di distaccamento. Il distrarsi diventa un rifugiarsi. Il rifugiarsi un fuggire. Il fuggire un arrendersi. Lasciare che le cose peggiorino senza impegnarsi, senza fare più nulla per contrastarle, e senza nemmeno volerlo sapere, senza più cercare l’informazione, la consapevolezza, ma voler stare solo in quel mondo di distrazioni e serenità (che dopo un po’ non ha più il buon sapore iniziale, ci si abitua, ma resta comunque più rassicurante..), quel mondo che tiene lontana la dolorosa realtà dei fatti. In questi termini, se “ridere in tempo di crisi” ha questi intenti, mi pare solo dannoso; equivale a voler far nascere desiderio di disinformazione e senso di rassegnazione, sposalizio che determina un’opinione pubblica inesistente, in quanto ignorante sui fatti e i problemi della realtà che la circonda. E potrei star qui a sviluppare ancora meglio queste nozioni, fino ad arrivare al concetto di massa, ma il discorso diventerebbe lungo e dispersivo.
Voglio invece arrivare a una quarta interpretazione della frase, che anch’essa prevede un intento a creare un’opinione pubblica inesistente. Questa fa leva sulla noia e sulla disinformazione che già c’è. “Ridere in tempo di crisi” inteso come dare, elargire divertimento in tempo di crisi, per distrarre da ciò che succede; attrarre l’attenzione con del succulento divertimento e far sì che sia di gradimento, in maniera che non venga voglia di informarsi su cosa succeda al di fuori di quello, ma si abbia solo voglia di restare lì, senza nemmeno sentire il bisogno di chiedersi perché ci venga regalata tutta questa splendida distrazione.
D’altro canto, rendere l’informazione sui fatti noiosa, poco articolata, poco approfondita, cosicché “ciò che fa ridere” sembri ancora più attraente e succulento e la ricerca di un approfondimento troppo noiosa e faticosa. Anche in questi termini “ridere in tempo di crisi” mi pare esclusivamente dannoso.
Tirando le fila del ragionamento, dove consapevolezza, conoscenza, disinformazione, diventano parole chiave, direi che la frase necessiterebbe di una modifica per essere intesa in accezione positiva: “RIDERE CONSAPEVOLMENTE IN TEMPO DI CRISI”. Questo sì, questo credo si possa dire sia utile, necessario e intelligente. E, questo ridere, trovarsi mosso dall’intento del demonizzare o distrarsi per “ricaricarsi” e trovare maggiore coraggio.
Tutto questo perché prendere “ridere in tempo di crisi” ed esprimere solo “giusto” o “sbagliato” vuol dire essere superficiali e fare esattamente il gioco di chi pronuncia questa frase, soggetta a tante possibili interpretazioni e sfumature. Le parole esistono e hanno significati ben precisi e profondi, e come si può vedere per dare chiarezza a una frase del genere, non lasciar spazio a mala interpretazione, esplicitare l’intento con cui viene detta e l’accezione in cui deve essere letta, basta aggiungerne una, di parola.
In accezione positiva quella parola può essere “consapevolmente”.
In accezione negativa “inconsapevolmente”.
Ciò rivela anche gli intenti.
Con un intento positivo, nell’esplicitare una parola lo chiarifica, non c’è che da guadagnarci.
Di solito, quando una parola chiarificante viene omessa, lasciando spazio ad interpretazione, e quindi ad ambiguità, è perché, forse, l’intento non è positivo.
Dico forse perché potrebbe anche trattarsi di omissione causata da ingenuità. Arma di risposta, l’ingenuità, che spesso viene usata di fronte a critiche del genere…
Viviamo nella società del mercato, dell’immagine, dell’intrattenimento. Del mercato, soprattutto, che include anche le altre suddette.
E quindi ci vuole sguardo critico. Proprio come quando si fanno acquisti. Quasi nessuno li fa alla cieca, perché rischia di comprare un cattivo prodotto.
Oggi anche l’informazione e la politica sono dei prodotti. Quando si vuol vendere un prodotto si cerca la formula pubblicitaria più efficace. In politica la “pubblicità” è il linguaggio, sono le “frasi efficaci”. Le pubblicità vanno guardate con occhio critico per farsi un’idea completa del prodotto che vogliono venderci cercando di presentarcelo senza difetto.
Dove voglio arrivare?
Uno sguardo critico si acquisisce soprattutto attraverso la cultura; e la cultura, principalmente, è compito della scuola. Che invece viene mandata in malora. E dalla scuola italiana, tutta, nasce un nuovo movimento. E ciò è parte della crisi che c’è in Italia. Durante la quale bisogna anche saper ridere. Ma che prima dobbiamo conoscerla.
Non accechiamolo questo sguardo critico. Come si può vedere, ce n’è bisogno.
E questo è un appello.
Biiiiiiiiiiiiiiip……. Ci scusiamo per la momentanea, fastidiosa e noiosa interruzione dei programmi, che fra pochi istanti riprenderanno con la fiction “La serena vita di tutti i giorni di noi italiani”; a seguire il programma di attualità “Consapevoli solo di prendercela in quel posto comunque vada”.
Buon proseguimento.
La Eli – Una goccia dell’Onda da Firenze
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A volte il vento taglia la pelle con tale dolcezza... e leccando la ferita puoi assaggiare il gusto folle della passione...
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