La discriminazione prende sempre spunto da luoghi comuni. Fin da ragazzino sai che alcuni esseri umani sono "negri", "gialli", "finocchi", "mongoloidi", "zingari". E pensi siano peggiori di te, che sei bianco, occidentale, eterosessuale e perfettamente sano. Anche un po' "ariano", a volte.
Quei vomitevoli cliche ci echeggiano nelle zucche, spesso vuote, fino a diventare consuetudine. E una volta adulto, se la tua intelligenza è sufficientemente scarsa, se la tua cultura riguarda principalmente il calcio, la figa, le armi, se la tua massima aspirazione è montare pedali da rally nella tua automobilina "modificata" e se il discorso più elevato che sia mai stato fatto in famiglia riguardava una macchia di umido sul soffitto della cucina, puoi finalmente mettere in pratica ciò che hai imparato. Puoi manifestare contro i gay, specificando che non hai nulla contro di loro ma che dovrebbero evitare di baciarsi in pubblico perchè sono contronatura; puoi disapprovare l'immigrazione cinese, razza portatrice di sars, di kung-fu e di riso (anzi, "liso") avariato; puoi odiare a morte i neri, colpevoli di rubare ottimi lavori (raccoglitore di pomodori, carpentiere, torcia umana) a noi fierissimi nativi dello stivale; puoi aprire un thread e dire che tutti i nomadi sono ladri, sicuro che la tua affermazione verrà sostenuta da autentiche testimonianze di gente che "conosce un tizio a cui hanno detto che l'amica di un altro tizio è stata rapinata dagli zingari". Insomma, con un sano allenamento, puoi diventare razzista e trarne anche alcune soddisfazioni. Ma chi ti ha preparato ad esserlo? La famiglia, prima di tutto. Papà e mamma sono responsabili, perchè pensano quelle cose o perchè non hanno impedito che tu le pensassi. Poi la scuola, certo. La scuola che pretende il crocifisso in classe non per ricordare a te che Cristo era un umile falegname (e forse nemmeno bianco, a leggere certi passi della bibbia) che predicava l'amore per
tutti, ma piuttosto per ricordare a chi non è cattolico che qui da noi "Vaticano Rulez!". Hai le spalle al muro. E cresci, ti alleni, il tuo razzismo inizia ad essere una questione seria. Nato da luoghi comuni (quindi oggettivamente falsi, srumentali), inizia a farsi sentire quotidianamente mutando i tuoi comportamenti, pilotando le tue scelte sociali, politiche e umane, filtrando e selezionando le tue amicizie. E come un cancro ti divora, lasciandoti solo e fesso.
Io non ho figli ma spero di averne, un giorno. E oggi, circa venti minuti fa, mentre ero seduto sulla tazza, ho pensato a questo ed ho notato un numero di Topolino sepolto sotto la pila di giornali che ho in bagno. L'ho preso, sorridendo e pensando che un tempo leggevo quel fumetto e che forse in futuro sarà mio figlio a leggerlo. Ho sfogliato alcune pagine, ricordando quanto fosse "sicuro" Topolino, non potendo contenere nulla di nocivo per un bambino. Anzi, un fumetto simile trasmette valori giusti come l'onestà, l'altruismo, la comprensione. E ad un certo punto, a pagina 97 del numero 1700 del 6 giugno '88, vedo la pubblicità dei Masters (i pupazzetti culturisti prodotti dalla Mattel) e rabbrividisco.
"Moretto"? "Limone"? Ma cosa cazzo ci fa una pubblicità del genere in un fumetto per bambini? Come gli è venuto in mente di usare due luoghi comuni così ridicoli (ma pericolosi, come ho spiegato prima)?
Mi si è aperto un mondo. Ho capito che la famiglia e la scuola sono stadii già avanzati della terapia del razzismo. Il primo semino lo pianta direttamente la Mattel, che ai bambini si rivolge, spalla a spalla con Topolino (che nei bambini ha i suoi numerosissimi ed unici lettori). Praticamente un assedio che inizia fin dalla più tenera età. Ho capito che sono fortunato ad essere come sono, avendo subìto tutto questo lungo trattamento ed essendone uscito indenne, come ho capito che sono dei miserabili da compatire e scappellottare quegli individui che non hanno avuto la forza di liberarsi dal giogo dei luoghi comuni e che ora vivono di essi come fossero certezze cui far affidamento. Dobbiamo provare pietà per il razzista, pollo che si è fatto abbindolare da chi lo tiene buono dangoli una bandiera (quella della sua razza, come fosse una squadra di calcio) da sventolare contro le altre. Dobbiamo riportare il razzista sulla retta via, a suon di esperienza, comprensione e scappellotti.
Saluti,
CappelloPower