Il programma JSF accelera: presto tre F-35 volanti
Il Joint Strike Fighter è in produzione. Più che il messaggio lanciato da Lockheed Martin, questa è la sensazione che trasmette oggi lo stabilimento di Ft. Worth nel quale siamo tornati a due anni dalla prima visita . L’assemblaggio finale degli F-16 è sparito, trasferito altrove per fare spazio a quello degli F-35. «Ci sono sette aerei in montaggio, tre in volo, uno alle prove statiche», dice George Standridge, vice presidente Business Development per l’F-35 Lightning II.
Le sigle sugli scali indicano a colpo d’occhio l’avanzamento del programma. Dove due anni fa c’era l’abitacolo dell’esemplare BF-1 - il primo F-35B volante, oggi in attesa di un cambio motore dopo 14 voli - ora c’è quello del CF-3, il terzo F-35C volante. Altrove spunta l’AF-6. Oltre a costruire le sezioni di competenza Lockheed Martin, Ft. Worth riceve quelle realizzate dagli altri partner e le unisce. L’aereo stutturalmente completo viene poi messo su una linea che si muove alla velocità di dieci centimetri l’ora, ricevendo carrello, equipaggiamenti, motore, pannelli esterni e quant’altro necessario prima di passare alla sezione Flight Operations.
A breve gli aerei saranno 19, dei quali 13 volanti e sei per varie prove statiche o al suolo, tutti contraddistinti da sigle G, H o J. Il terzo esemplare volante sarà il BF-2, al quale seguiranno l’AF-1 nell’aprile-maggio 2009 ed il CF-1 nell’ottobre successivo. Meno visibile, ma forse per questo sottolineato in ogni momento, è l’enorme lavoro già effettuato sul software ed i sistemi, tutti già provati in a terra ed in volo ed ora in corso di integrazione sul CATBird, il banco prova ricavato da un Boeing 737 che riusciamo a sbirciare in linea di volo ma che è rigorosamente "off-limits".
La pianificazione attuale prevede oltre 3.200 Lightning II tra USAF (1.763, tutti F-35A convenzionali), US Navy (680 tra F-35B a decollo corto/atterraggio verticale e F-35C da portaerei) e mercato internazionale (circa 800, dei quali 131 per l’Italia). Fino al 2015 la produzione avverrà in otto lotti di LRIP per un totale previsto di 599 macchine, per passare poi a quattro contratti pluriennali con consegne sino al 2036. La produzione LRIP avviene già sugli scali definitivi, una scelta più costosa ma che consente una maggiore stabilità della linea. Per arrivare alla piena capacità produttiva basterà - spiega Standridge - aumentare da cinque a nove il numero degli scali.
Con il bilancio 2009 il Congresso americano ha tagliato due esemplari dalla fase LRIP 3, riducendola a 17 macchine, salvando però il motore General Electric/Rolls-Royce F136, al quale partecipa anche l’italiana Avio. A galvanizzare la fiducia di Lockheed Martin è però soprattutto l’invecchiamento delle linee di volo americane. Gli ultimi acquisti massicci risalgono alla presidenza di Ronald Reagan, l’età media dei caccia dell’USAF è di 23 anni e un decennio di attività operativa ininterrotta ha consumato precocemente le ore di volo disponibili. È dei giorni scorsi, sottolinea Standridge, la decisione dell’USAF di accelerare la radiazione delle linee F-15, F-16 e A-10 e di acquistare aerei da combattimento solo della quinta generazione, tanto da studiare di innalzare la previsione di acquisto degli F-35 dagli attuali 80 aerei l’anno fino a 110.
A questi numeri si aggiungeranno le esportazioni, sulle quali Lockheed mantiene un prudente equilibrio tra superiorità tecnica e considerazioni politiche. «Le caratteristiche chiave della quinta generazione non possono essere retrofittate in sede di aggiornamento», commenta Standridge elencando soluzioni quali la stiva bombe interna e le forme del velivolo, ma anche la logistica a prestazioni garantite. A favorire le vendite sta l’assenza di altri aerei della quinta generazione che possano sostituire le attuali flotte della quarta generazione, dagli oltre 4.000 F-16 in servizio in mezzo mondo fino a nicchie quali i Tornado tedeschi e gli Harrier spagnoli, mentre contro stanno le decisioni del governo americano, che non ha per esempio consentito di offrire l’F35 al Brasile. La pluralità dei clienti ha però già prodotto un risultato visibile. Dal nuovo ingresso dello stabilimento - inaugurato proprio durante la nostra visita - è sparita la targa "Air Force Plant No. 4" ne ricordava la costruzione da parte del governo americano durante la seconda guerra mondiale ma sembrava troppo limitativa. Al suo posto ci sono oggi le bandiere di 65 paesi che utilizzano prodotti Lockheed Martin.
Dedalonews