[altre conferme]Senato Usa: Bush e Co distorsero notizie intelligence
Guerra in Iraq, Senato Usa: Bush distorse notizie intelligence
giovedì, 5 giugno 2008 5.17 14
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WASHINGTON (Reuters) - Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush e i suoi più fidati consiglieri hanno esasperato il legame di Saddam Hussein con le rete del terrorismo e hanno ignorato invece le perplessità delle agenzie di intelligence sui programmi dell'Iraq sulle armi in vista della guerra nel Paese mediorientale.
E' quanto emerge da un dettagliato rapporto della Commissione di intelligence del Senato Usa, in cui si spiega che importanti esternazioni dell'amministrazione Bush, secondo cui l'Iraq aveva dei legami con al Qaeda, non sono state suffragate da notizie dell'intelligence e, anzi, talvolta le hanno contraddette.
Lo studio del Senato, a lungo rinviato, avvalora le precedenti notizie secondo cui la principale causa sostenuta dall'amministrazione Usa per avviare la guerra in Iraq, e cioè che il Paese fosse dotato di armi di distruzione di massa, era del tutto imprecisa e profondamente contraddittoria.
Nel rapporto inoltre si fa riferimento ad almeno una dichiarazione -- pronunciata da quello che sarebbe poi diventato il ministro della Difesa, Donald Rumsfeld -- secondo cui il governo iracheno avrebbe gestito fabbriche sotterranee per la costruzione di armi di distruzione di massa, che non fa riferimento a informazioni dell'intelligence.
Lo sostiene un rapporto di una Commissione mista del Senato americano
«Bush equivocò deliberatamente
i dati Cia per poter invadere l'Iraq»
Lui, Cheney, Powell e Rumsfeld pronunciarono di proposito delle affermazioni equivoche
(Afp)
WASHINGTON - L’amministrazione Bush equivocò ed esagerò deliberatamente le informazioni fornite dall’intelligence per costruire il caso e giustificare l’intervento armato in Iraq. Lo sostiene un rapporto, a lungo atteso, di una Commissione mista del Senato americano, consegnato giovedì. Il rapporto chiude cinque anni di indagini sull’uso, l’abuso e l’erronea interpretazione di dati dell’intelligence che portarono all’invasione dell’Iraq nel marzo 2003.
NON È NUOVO - Che l’amministrazione Bush avesse mentito sulle presunte minacce irachene non è affatto nuovo, ma il rapporto, 170 pagine, basato su una rassegna dettagliata di tutte le dichiarazioni pubbliche del presidente americano e dei suoi collaboratori più stretti, costituisce ad oggi - scrive il New York Times - l’analisi più completa per poter giudicare come l’amministrazione americana dipinse sistematicamente la situazione irachena in modo più pericoloso di quanto non fosse giustificato dai dati dei servizi segreti. Secondo la Commissione, composta da quindici senatori (otto democratici e sette repubblicani, due dei quali hanno approvato le conclusioni), George W. Bush, il vice presidente Dick Cheney, l’allora segretario di stato Colin Powell e l’allora ministro della Difesa Donald H. Rumsfeld pronunciarono di proposito delle affermazioni equivoche, tra l’ottobre 2002 e il marzo 2003, per collegare Saddam Hussein agli attacchi dell’11 settembre e ad Al Qaida; denunciarono il rischio che l’Iraq potesse fornire armi chimiche, nucleari o biologiche a gruppi terroristici; affermarono che l’Iraq si stesse dotando di droni per spargere veleni chimici e biologici sugli Stati Uniti. Nessuna di queste asserzioni proveniva dall’intelligence.
HILLARY CLINTON - In una dichiarazione che accompagna il rapporto, il senatore democratico John D. Rockfeller IV, presidente della Commissione, afferma: «Il presidente e i suoi consiglieri diedero vita a una campagna pubblica implacabile nel periodo successivo agli attacchi (dell’11 settembre) per sfruttare la guerra contro Al Qaida come una giustificazione per rovesciare Saddam Hussein». Quattro senatori repubblicani hanno stilato un rapporto di minoranza nel quale si accusano i democratici di ipocrisia, perché nel rapporto di maggioranza si è evitato di includere le dichairazioni pubbliche, fuorvianti anch’esse, di alcuni senatori democratici, fra i quali Hillary Rodham Clinton.
06 giugno 2008
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Sono contrario al matrimonio dei preti: se fanno figli, siamo finiti. (cit)
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