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Old 10-08-2003, 02:29   #17
Adric
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Larry Young è stato l'unico organista innovatore successivo a Jimmy Smith, liberandosi delle influenze gospel e soul-jazz e facendo riferimento a John Coltrane, e, successivamente, al free jazz e al jazz-rock.

Larry Young: Unity (1965)


Grant Green è il chitarrista più influenzato da Coltrane, in questo album non a caso figurano due componenti del celebre quartetto del sassofonista: Elvin Jones e McCoy Tyner.

Grant Green: Matador (1964)


Anche Bobby Hutcherson al vibrafono è riuscito ad essere innovativo ed originale nonostante l'influenza esercitata su di lui ad inizio carriera da parte di Milt Jackson.,I suoi precedessori Lionel Hampton e Red Norvo, Jackson e il quasi coetaneo Gary Burton rientrano tra i massimi specialisti di sempre in questo strumento.

Bobby Hutcherson: Oblique (1967)



IL SOUL JAZZ

Horace Silver ed altri pianisti neri (Bobby Timmons, Junior Mance, Gene Harris, Ramsey Lewis, Jack Wilson e Harold Mabern) hanno profondamente influenzato la musica soul e funky degli anni 70 e successivi, il cui eco e' avvertibile, specie negli albums di gruppi a largo organico come gli Earth, Wind & Fire e i Kool & the Gang.

Horace Silver, al pari di Cannonball Adderley, e' il maggiore esponente del soul-jazz; dalla sua militanza nei Jazz Messengers di Art Blakey in poi ha aperto la strada ad ad Herbie Hancock, Donald Byrd e tanti altri.

Horace Silver: Blowin' the Blues Away (1959)


L'altosassofonista Julian 'Cannonball' Adderley, indicato come l'erede di Charlie Parker, col suo gruppo riscosse sin dagli anni 50 sia un notevole successo di critica che di pubblico. Numerosi i dischi incisi, anche dal vivo come questo.
Il fratello Nat, minore sia per mole fisica che per età, è comunque il più importante cornettista del jazz moderno; oltre a comparire spesso sui dischi di Cannonball ha inciso anche diversi albums a proprio nome (ed ha vissuto 20 anni più a lungo rispetto al più celebre fratello).
Nel sestetto di Cannonball militò per nove anni anche il pianista e tastierista austriaco Joe Zawinul poi coleader dei Weather Report.

Cannonball Adderley Nat Adderley Quintet: What Is This Thing Called Soul? (1960)


Il maggiore successo della carriera per questo prolifico trombettista rientra nel soul jazz, sebbene Hubbard stilisticamente appartenga decisamente più all'hard bop e abbia partecipato anche ad alcune incisioni chiave del free come 'Free Jazz' di Coleman e 'Ascension' di Coltrane

Freddie Hubbard: Red Clay (1970)



Forti influenze di James Brown e Sly Stone, ma fa capolino anche un omaggio a Miles Davis (Seven Steps to Heaven) in questo tiratissimo disco dal vivo di uno degli organisti più significativi del soul-jazz

Lonnie Smith: Live at Club Mozambique (1970)


Il pianista e tastierista Les McCann conobbe un notevole successo commerciale anche come cantante.
tanto che dal soul jazz strumentale degli anni 60 si spostò nel decennio successivo sul soul cantato, scoprendo la cantante Roberta Flack
Questo (all'epoca) avveniristico album, imperdibile per gli amanti di ARP e sintetizzatori vari, fu Il primo disco al mondo ad essere registrato a trentadue tracce; una chiara influenza su Herbie Hancock, Stevie Wonder & Co

Les McCann: Layers (1972)


Un grande ruolo nel soul-jazz lo hanno rivestito gli organisti (Jack McDuff, Big John Patton, Jimmy McGriff, Charles Earland, Richard 'Groove' Holmes, Johnny Hammond Smith) ed i sassofonisti (Eddie Harris, Stanley Turrentine, King Curtis, Hank Crawford, Houston Person, Willis 'Gator' Jackson), nonchè il chitarrista George Benson.. Anche i Jazz Crusaders (nel 71 abbreviatisi in Crusaders), sebbene sottovalutati dalla critica, con i loro numerosi dischi sin dai primi anni 60 hanno influenzato molto i loro contemporanei.


IL JAZZ E LA POLITICA: DIRITTI CIVILI, IL 68, TERZOMONDISMO E LA PROPAGANDA USA

Verso la seconda metà degli anni 50 si delinearono due nuove tendenze.

Alcuni jazzisti neri (ed anche qualcuno bianco come Tony Scott) espressero il loro appoggio in musica al movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Anche molti di coloro che non espressero esplicitamente il sostegno alle lotte politiche prensero consapevolezza delle loro radici e della loro identità culturale africana, intitolando pezzi all'Africa o alle nuove nazioni africane (il primo fu nei decenni precedenti Duke Ellington); sono gli anni in cui il continente nero va affrancandosi, almeno politicamente, dal colonianismo europeo.

Sonny Rollins, uno dei sassofonisti di maggiore successo della storia del jazz; a dispetto del suo appellativo (e del disco che porta lo stesso titolo) 'Saxophone Colossus' personalmente lo ritengo un pò sopravvalutato dalla critica rispetto ad altri sassofonisti; ma la sua importanza è comunque innegabile. Nel 1957 incide Freedom Suite, il cui pezzo che intitola l'album inneggia ai diritti degli afroamericani, diciotto anni dopo quella canzone di Abel Meerpool ('Strange Fruit') resa immortale da Billie Holiday nel 1939, tre anni dopo che Rosa Parks si rifiutò di sedersi nei posti riservati ai neri su un autobus di Montgomery, nell'Alabama, ma sette anni prima della marcia su Washington di Martin Luther King.

Sonny Rollins: Freedom Suite (1957)


A ribadire il concetto, il batterista Max Roach tre anni dopo incise la prosecuzione logica ribadita nel titolo del disco di Rollins, con maggiore vigore, coadiuvato dalla moglie Abbey Lincoln e da un collettivo straordinario in cui spiccano fiati come Coleman Hawkins e Booker Little. L'album si chiude con 'Tears for Johannesburg', pezzo contro l'apartheid in Sudafrica, dove il disco sarà vietato per molti anni.

Max Roach: We insist! Freedom now suite (1960)


Charles Mingus, contrabassista, uno dei maggiori bandleader di sempre, fu anche un grande compositore. Collerico, umorale, vulcanico, pieno di rabbia per la discriminazione razziale della sua gente, molto moderno e avanguardista come sonorità ma al tempo stesso anche molto legato alla tradizione sonora di Duke Ellington e del sassofonista Lester Young.

Charles Mingus: Ah Um (1959)


Il sassofonista tenore Archie Shepp è il jazzista più vicino a Malcolm X e alla protesta nera; radicale anche nell'adesione alle sonorità del free jazz ha inciso numerosi pezzi e album espliciti anche nel titolo, così come lamenti per la condizione della sua gente. Una rabbia senza compromessi, in questo disco anche il dolore per i trentanove morti nella repressione della rivolta nelle carceri ad Attica, in uno dei più riusciti incontri tra il jazz, il soul e il gospel di sempre.

Archie Shepp: Attica Blues (1972)


L'altra tendenza degli anni 50 e 60 è quella dal jazz usato come strumento artistico di propaganda da parte degli USA nei paesi dell'est europeo e in medio Oriente.
Il dipartimento di stato americano in quei decenni organizzò e finanziò direttamente lunghe tournèè in quei paesi di parecchi big del jazz (Dave Brubeck, Dizzy Gillespie, Benny Goodman ecc).
Nei paesi dell'Est Europeo intorno alla metà degli anni 50 venne meno l'ostilità dei governi verso il jazz e l'ascolto di massa del programma radiofonico Music Usa della Voice of America tra i giovanissimi dell'est europeo divenne un singolare fenomeno di costume.

Tra i gruppi che si esibirono in tournèè oltrecortina ci fu anche quello del sassofonista Charles Lloyd, il cui successo commerciale nella seconda metà degli anni 60 fu secondo solo a quello del gruppo di Cannonball Adderley.
Il pianista Keith Jarrett si mise in evidenza proprio nel gruppo di Lloyd partecipandone a diversi album prima di iniziare una fortunatissima carriera in proprio.
Analogalmente diversi anni dopo Lloyd lanciò la carriera solista anche del pianista italo-francese Michel Petrucciani.

Charles Lloyd in the Soviet Union (Recorded at the Tallin Jazz Festival) (1969)


Con l'indipendenza di tante nuove nazioni, la crescita delle nuove potenze e il dilagare della protesta contro la guerra in Vietnam, venne delineandosi anche una posizione terzomondista, non solo politica ma anche musicale.

Emblematico il titolo di questo album del sassofonista argentino Gato Barbieri, molto noto in Italia per la colonna sonora di Ultimo Tango a Parigi ed altre collaborazioni nel pop (Venditti ecc)

Gato Barbieri: The Third World (1969)


Sempre lo stesso anno, sotto la guida del bassista Charlie Haden (del quale questo è il suo primo disco da leader) e con gli arrangiamenti della pianista Carla Bley, un collettivo di jazzisti di varia nazionalità e stile incise un disco dal significato pacifista, con riferimenti alla guerra civile spagnola degli anni 30, a 'Che' Guevara e al conflitto in Vietnam.

Charlie Haden: Liberation Music Orchestra (1969)



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POST BOP

Eric Dolphy (straordinario improvvisatore dal vivo, eccezionale come polistrumentista, soprattutto al flauto, oltre che al sassofono e al clarinetto) è un caso a sè; non è inquadrabile prettamente in un'unica corrente jazzistica, ha partecipato a dischi sia del filone West coast (con Chico Hamilton) che di quello Third Stream, così come in seguito di free jazz (Con Ornette Coleman) o a progetti legati all'appoggio dei diritti civili per gli afroamericani (con Max Roach). Dolphy e Mingus si sono incrociati su alcuni dischi con risultati esaltanti, così come è esaltante il trombettista Booker Little (morto a soli 23 anni) al fianco di Dolphy.

Eric Dolphy with Booker Little: Far Cry (1960)


Altro importante polistrumentista molto attivo in quegli anni è Roland Kirk. Pittoresco, stravagante, fenomeno da circo secondo alcuni, ma anche originale e dotato di grande creatività, capace di suonare anche tre sassofoni contemporaneamente tendendoli appesi al collo, con grande forza di volontà a dispetto dalla sua cecità ed altri malanni fisici. Negli anni 70 fondò un associazione di lotta per i diritti dei jazzisti di colore (Jazz and People's Movement).

Roland Kirk: Domino (1962)
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Ultima modifica di Adric : 24-05-2017 alle 04:59.
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