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L'occidente finanzi una sommossa interna all' Iran
“In Iran il regime degli ayatollah va abbattuto con una sommossa interna e non con un’aggressione militare occidentale”. È quanto sostiene il politologo statunitense Michael Ledeen, analista dell’American Enterprise Institute, che il prossimo 2 maggio sarà a Roma per presentare il suo ultimo libro Iran, Stato del terrore (Boroli editore). “Oltre il settanta per cento degli iraniani è contrario al regime, va sfruttata la potenzialità dell’opposizione democratica interna – spiega Ledeen -. L’Occidente dovrebbe appoggiarla finanziariamente e politicamente. Andrebbe svolta un’ampia opera di propaganda attraverso trasmissioni che spieghino come è la situazione nel paese e come in altre parti del mondo i movimenti rivoluzionari abbiano già avuto successo. Andrebbero mandati aiuti tecnologici, tipo telefonini e internet. Si potrebbero mandare soldi agli operai iraniani, molti dei quali non sono stati pagati per mesi e anni. Magari i sindacati occidentali potrebbero dare una mano creando una sorta di fondo finanziario”. Ledeen ritiene la “via rivoluzionaria” quella con più probabilità di riuscita, ma è alquanto pessimista sulla sua percorribilità. “La stessa tattica - dichiara – già funzionò contro l’Unione Sovietica dove solo il dieci per cento della popolazione era contraria al regime. Non vedo perché non possa funzionare anche in Iran dove ogni giorno si manifesta contro gli ayatollah. Il problema, purtroppo, è l’Occidente stesso con il suo cronico immobilismo”. Un immobilismo che sulla “questione iraniana” perdura dal 1979, da quando cioè gli ayatollah salirono al potere. “Sono ventotto anni che Teheran organizza i terroristi dappertutto, uccide a destra e a manca e l’Occidente non alza un dito – spiega il politologo -. L’Iran è un paese fascista o più precisamente fascista-clericale. Il mondo democratico, come negli anni Trenta, sta a guardare giorno dopo giorno la proliferazione di questo fascismo. Il rischio è che si ripeta l’errore di allora, quando per intervenire si aspettò l’ultimo momento e si pagò un prezzo altissimo in vite umane che si sarebbe potuto evitare se ci si fosse mossi prima”.
Cosa ha frenato l’Occidente dal prendere provvedimenti contro l’Iran durante questi anni? “Credo che siano i valori stessi dell’Occidente che lo impediscano – risponde Ledeen -. Siamo un civiltà individualista, vogliamo proteggere ogni vita umana. Per questa ragione la tattica iraniana di prendere ostaggi è vincente. Perché a loro non interessa una sola vita umana, ma la conquista del mondo in nome dell’Islam. Invece per noi occidentali ogni singola vita umana è preziosissima”. Ledeen mette sul banco degli accusati un po’ tutti. “In Occidente – afferma - abbiamo una sinistra reazionaria che non appoggia più i movimenti rivoluzionari come faceva una volta. È diventata una forza spenta. E anche la destra si è rivelata incapace e paralizzata. Gli Stati Uniti in Medio Oriente non hanno agito sul piano regionale, ma sono intervenuti zona per zona, prima in Afghanistan e poi in Iraq. E una guerra regionale non si vince combattendo in un solo luogo. Nella stessa amministrazione Bush manca una linea d’azione coerente. Prima Washington dichiara che con Teheran non si tratta e il giorno dopo il segretario di Stato prega il ministro degli Esteri iraniano di partecipare alla conferenza che si terrà in Egitto. L’Europa, dal canto suo, pensa solamente a fare affari e si limita a parlare di sanzioni che alla fine sono più simboliche che reali”. Conclude Ledeen: “Temo che l’immobilismo ci condurrà al giorno in cui non potremo che scegliere tra il fare la guerra o accettare un Iran atomico molto aggressivo ed egemonico in Oriente. E sarà una bruttissima scelta”.
Emanuele Gatto
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