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Old 25-11-2006, 09:35   #1
sempreio
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la popolazione cresce, ma il cibo scarseggia

Stato del Pianeta
Traduzioni in italiano a cura del WWF Italia
L'aumento della popolazione sta affamando il Pianeta
di Janet Larsen

Dalla nascita dell'agricoltura fino alla metà del ventesimo secolo, gli aumenti nella produzione del settore alimentare sono stati determinati da una consistente espansione di terreno coltivabile. Tra il 1950 e il 1981, ad esempio, la superficie coltivabile è cresciuta da 587 milioni di ettari al picco storico di 732 milioni di ettari. Nel 2000 è scesa a 656 milioni di ettari. Mentre con l'aumento della popolazione da 2.5 miliardi nel 1950 a 6.1 miliardi nel 2000, l'area coltivabile si è ridotta da 0.23 a 0.11 ettari per persona, una superficie pari alla metà di un quartiere della periferia americana.

E' molto difficile che nei prossimi cinquanta anni l'estensione di terra coltivabile nel mondo possa registrare un aumento. Negli ultimi anni, la diminuzione dei prezzi del grano ha portato alcuni agricoltori a ritirarsi dai territori più marginali, mentre altri hanno abbandonato i campi degradati. Inoltre, l'agricoltura ha perso milioni di ettari di terreno agricolo, che è stato asfaltato oppure utilizzato per la costruzione di agglomerati urbani.


La rapida crescita della popolazione può portare alla drastica riduzione della superficie coltivabile, dove questa è di limitata estensione, al punto che taluni paesi non sono in grado di provvedere al proprio sostentamento alimentare. I governi, per compensare tale mancanza, ricorrono all'importazione del grano, che costituisce la base di più della metà del fabbisogno nutrizionale dell'uomo. Ma in quei paesi che non riescono ad importare il grano, la gente soffre la fame.

L'insufficienza di terra coltivabile ha costretto alcuni paesi dell'Asia, quelli più densamente popolati, a importare la maggior parte del grano di cui hanno bisogno. In Malesia dopo alcuni decenni di diminuzione della percentuale pro capite di terreni agricoli, gli agricoltori coltivano a tutto oggi per ogni abitante appena 0.03 ettari di terra. In Giappone, Corea del Sud e Taiwan ogni raccolto è ricavato da meno di 0.02 ettari per abitante. Per far fronte a tale deficienza di produzione, attualmente questi quattro paesi importano più del 70 % del grano che consumano, rendendosi così soggetti a qualsiasi inconveniente relativo alle importazioni.

L'Egitto viene subito dopo. Questo paese raccoglie 0.04 ettari di cereali per ognuno dei suoi 70 milioni di abitanti e importa più del 40% del suo grano. Questa percentuale è destinata certamente a salire, a causa del deficit idrico del Nilo e dall'aumento della popolazione egiziana, che cresce di oltre un milione di individui ogni anno.

Metà dell'incremento della popolazione nel mondo, 77 milioni di persone all'anno, si determina in soli sei paesi: India, Cina, Pakistan, Nigeria, Bangladesh e Indonesia. Ciascuna di queste nazioni deve far fronte a una notevole diminuzione di produzione di grano pro-capite, rischiando così in futuro una preoccupante dipendenza dalle importazioni. In tutto ciò emergono due importanti questioni. Questi paesi saranno in grado di importare grandi qunatita' di grano nonostante l'incremento dei suoli sempre piu' improduttivi ? E ancora, il mercato sarà in grado di soddisfare le loro richieste aggiuntive?

In India, dove una persona su quattro è denutrita, la popolazione aumenta di 16 milioni di abitanti ogni anno. Qui per molti decenni, la superficie coltivabile per persona si è ridotta in modo massiccio ed ora è al disotto di 0.10 ettari, valore che è meno della metà di quello registrato nel 1950.(si vedano i dati sul sito http://www.earth-policy.org/Updates/Update21.htm) Dato che le proprietà terriere, nei passaggi ereditari, vengono suddivise, nel 1960 si contavano 48 milioni di aziende agricole, ognuna di circa 2.7 ettari in media, che divennero 105 nel 1990, ciascuna più che dimezzata, quando in India l'espansione della terra coltivabile raggiunse il suo picco massimo. La famiglia indiana media, che ha sui tre figli, sara' fortemente spinta a mantenere parcelle vitali di terra nelle future generazioni.

In Pakistan, ogni famiglia ha in media cinque figli, la popolazione sta crescendo ancora più rapidamente. Nel 1998, a causa di un calo della produzione agraria di talune zone, la Commissione Nazionale Pakistana per l'Agricoltura stava già lavorando per risolvere il problema del frazionamento delle proprieta' agricole e per incrementare l'utilizzo dei territori marginali. Da allora, la popolazione è aumentata da appena 100 milioni a quasi 150 milioni di abitanti. Si calcola che oggi il terreno coltivabile pro capite sia meno di 0.09 ettari.

Anche in Cina, si è registrata una drastica riduzione della superficie cerealicola sino a un valore irrisorio di 0.07 ettari, al disotto degli 0.17 ettari del 1950.
La riduzione di alcune aree agricole e' dovuta sia al cambiamento della produzione agricola verso colture più pregiate, come frutta e ortaggi, che alla conversione di tenute agricole in aree boscate a scopi di tutela ambientale, e infine all'utilizzo di terreno coltivabile per costruzioni edilizie e stradali.

Nonostante in Cina la diminuzione di terra coltivabile abbia luogo contemporaneamente alla riduzione delle dimensioni del nucleo familiare, si prevede che questo paese, la cui popolazione di 1.3 miliardi è pari alla popolazione mondiale registrata nel 1850, aggiungera' 187 milioni di persone alla sua attuale popolazione nei prossimi cinquanta anni. La solidità economica della Cina permette a questa nazione di rivolgersi ai mercati mondiali per l'importazione del grano, ma ciò non garantisce che tali mercati possano soddisfare domande aggiuntive senza un pesante rialzo dei prezzi.

Nell'Africa sub-sahariana la carenza di terreno coltivabile spiega il calo della produzione di questa regione negli anni recenti. La Nigeria, per esempio, lo stato africano più popoloso, dal 1950 ha visto quadruplicare il numero dei suoi abitanti, mentre la superficie coltivabile è solo raddoppiata, conducendo ad un dimezzamento della percentuale pro capite di terreno agricolo. Nella Nigeria settentrionale, pastori e agricoltori, spinti ad abbandonare il Sahara occupato, che include 350.000 ettari di terra (una dimensione pari alla metà dello stato statunitense di Delaware), hanno rivolto altrove le proprie esigenze, su terreni già scarsamente produttivi, fomentando tensioni etniche.

L'esperienza in Ruanda, il paese africano più densamente popolato, evidenzia i seri risvolti che potrebbero derivare dalla carenza di terreno coltivabile. Tra il 1950 e il 1990 la popolazione è triplicata da 2.1 milioni a 6.8 milioni di abitanti. La disponibilità pro capite di terra da coltivare si è ridotta a 0.03 ettari. James Gasana, il ministro per l'Agricoltura e l'Ambiente in Ruanda nel 1990-1992, ha notato che la rapida crescita della popolazione porta al frazionamento agricolo, al degrado del terreno, al disboscamento e alla carestia. Tale condizione ha contribuito a fomentare i conflitti etnici, sfociati all'inizio del 1990 nella guerra civile, culminata, nel 1994, con l'orrendo genocidio, nel quale sono morte qualcosa come 800.000 persone. Gasana rileva come la violenza abbia avuto origine proprio in quelle comunità dove il sostegno alimentare era insufficiente.

Nel 2000 un articolo dell'Agenzia di Stampa Panafricana, riguardante uno studio sui territori, titolava "Ruanda: la mancanza di terra coltivabile può compromettere il processo di pace". Oggi in Ruanda a causa di un nuovo aumento della popolazione, salita a 8.1 milioni di abitanti, e dove una famiglia in media ha sei figli, il pressante problema della terra sta nuovamente affiorando.

Nei prossimi cinquanta anni, la maggior parte dei 3 miliardi di persone che si andranno ad aggiungere alla popolazione mondiale, nasceranno in zone dove le risorse alimentari scarseggiano. Se l'estensione di terra coltivabile rimanesse stabile, secondo i valori registrati nel 2000, 9 miliardi di persone che si prevedono per il 2050, potrebbero trarre il loro sostegno alimentare da meno di 0.07 ettari di terra per abitante, un' area ancora più esigua di quella che oggi è disponibile in paesi che soffrono la fame come il Bangladesh, il Pakistan e l'Afganistan.

Per il 2050 in India e in Nigeria si coltiverebbero 0.06 ettari di terreno agricolo per ogni abitante, meno di un decimo delle dimensioni di un campo da calcio. In Cina, Pakistan, Bangladesh e Etiopia i valori potrebbero ancora diminuire, sino a 0.04-0.05 ettari di terreno coltivabile per persona. Ancora peggiore potrebbe diventare la situazione in Egitto e in Afganistan con 0.02 ettari, come anche nello Yemen, nella repubblica Democratica del Congo e in Uganda, con appena 0.01 ettari. Queste cifre contrastano nettamente con quelle dei paesi esportatori di grano, meno densamente popolati, e che potrebbero addirittura decuplicare la percentuale pro capite di terreni coltivabili. Per gli americani, che vivono in un paese altamente produttivo con 0.21 ettari per abitante, è difficile comprendere la sopravvivenza di popoli che possono contare su produzioni alimentari assai scarse.



Con la maggior parte del terreno arabile del Pianeta ormai ipersfruttato e con il resto che viene asfaltato e utilizzato nell'edilizia, c'è poca probabilità che la superficie coltivabile nel mondo possa aumentare. Al contempo, il 2% di incremento annuale di terreno agricolo, registrato dal 1950 al 1990, si è arrestato, e dal 1990 si è scesi ad uno scarso 1%: percentuale destinata a calare ulteriormente nei prossimi anni. Questo rallentamento produttivo si verifica quando la disponibilità pro capite di terreno si riduce e richiama l'urgenza di rallentare la crescita della popolazione nel mondo.
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