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Iraq, prete ortodosso rapito e decapitato
I sequestratori di Amer Iskander, sacerdore della chiesa ortodossa di St. Ephrem (a Mossul) oltre a chiedere un riscatto di 350.000 dollari (280.000 euro) avevano posto tra le condizioni per la liberazione la condanna del discorso sull'islam di Papa Benedetto XVI a Ratisbona. Il prete era stato rapito martedì e il giorno successivo, il corpo di padre Iskander, che aveva 50 anni, è stato ritrovato nel quartiere Muharaibin di Mossul, 400 km circa a Nord di Baghdad, con le braccia mutilate, oltre che decapitato.
Oltre 500 persone hanno partecipato al funerale. «Era un uomo buono e tutti piangiamo la sua perdita - ha detto un insegnante, Eman Saaur, che ha affermato di frequentare regolarmente la chiesa - era un uomo di pace». I parenti della vittima hanno dichiarato che la chiesa di Mosul aveva già espresso parole di condanna contro il discorso tenuto dal Pontefice sull'islam nell'Università tedesca di Ratisbona, lanciando appelli al dialogo tra musulmani e cristiani. Il messaggio di condanna era stato affisso di nuovo sulle pareti della chiesta dopo il sequestro, hanno precisato i familiari.
Il cardinale Shlemon Warduny, vice patriarca della chiesa caldea, condannando l'assassinio di padre Iskander ha riferito che i sequestratori «avevano negoziato con la chiesa, ma hanno chiesto un riscatto troppo alto che non è stato possibile raccogliere in tempo. Per questo lo hanno decapitato».
Che la situazione in Iraq sia fuori controllo lo dicono le morti quotidiane e le statistiche. Secondo un recente studio Udell´Università Usa Johns Hopkins le vittime civili dall´inizio del congflitto nel 2003 sono state almeno 655mila: circa il 2,5% della popolazione (fino ad oggi si era parlato al massimo di circa 50mila morti).
Anche oggi un bomba esplosa all'interno di una stazione di polizia nella città di Hilla ha ucciso sei persone, incluso il comandante della forza locale della polizia. A causa delle violenze dilaganti in Iraq, il ministero dell'Interno è stato costretto a mettere in preventivo la perdita di 25 agenti di polizia ogni giorno, perché morti o colpiti da lesioni permanenti: dieci nel primo caso e quindici nel secondo. «Questa almeno è stata la media consueta nel corso del 2006» ha spiegato l'americano Gerard Burke, un veterano dell'Esercito con alle spalle 25 anni di esperienza, dal maggio 2003 consigliere per la Sicurezza Nazionale del dicastero di Baghdad e tra i principali supervisori dell'addestramento delle forze dell'ordine irachene, insieme ad altri cinque connazionali.
Ma non solo. Lo sceicco Abu Ussama al-Iraqi, dirigente della jihad in Iraq, ha addirittura chiesto a Osama bin Laden di sconfessare la branca irachena di al Qaida, in un video pubblicato su Internet. Abu Ussama elenca nella registrazione, di cui è impossibile stabilire l'autenticità, una serie di «deviazioni» del gruppo: «Se voi tacete, noi non taceremo. La chiave della sedizione è nelle vostre mani: sta a voi chiuderla o aprirla». Tra le «deviazioni» lo sceicco menziona «esplosioni avvenute in scuole, ospedali e in case di musulmani sunniti» e «l'assassinio di imam» in Iraq. Insomma il messaggio conferma la lotta intestina in corso nel Paese e in questo caso la guerra interna condotta da potenti tribù sunnite nella provincia occidentale di al Anbar, roccaforte della ribellione in Iraq.
La guerra civile,a questo punto, scuote anche i vertici militari del principale alleato agli Usa in Iraq: la Gran Bretagna. Il generale Richard Dannatt, capo di stato maggiore britannico, ha criticato apertamente l'invio di soldati in Iraq: «La nostra presenza ha esacerbato i problemi di sicurezza», ha detto Dannatt in un'intervista esclusiva al Daily Mail. Il comandante in capo dell'esercito britannico ha invitato a lasciare «presto» l'Iraq. Anche per ragioni globali. «Non dico che le difficoltà che stiamo incontrando nel mondo sono causate dalla nostra presenza in Iraq, ma senza dubbio la nostra presenza le ha esacerbate».
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