Che il manipolo pannelliano non sia determinante
Che il manipolo pannelliano non sia determinante
Sergio Soave
Quando l'Unione accettò l'adesione della Rosa nel pugno, cioè di una formazione programmaticamente anticlericale, puntando a un ampliamento della propria base elettorale che non avrebbe avuto conseguenze o reazioni di segno opposto, forse peccò di qualche ingenuità. In occasione della firma del programma, la Rosa nel pugno consegnò a Romano Prodi un protocollo aggiuntivo con le sue richieste (dall'abolizione del Concordato alla cancellazione dei finanziamenti alle scuole libere, alla legittimazione dell'eutanasia, alle nozze gay, alla riforma della legge sulla procreazione assistita), protocollo che non fu controfirmato ma neppure esplicitamente respinto. Da allora questa formazione, in cui i socialisti sono stati completamente subordinati ai Radicali, ha condotto una campagna elettorale totalmente centrata sui temi del proprio protocollo, non sul programma della coalizione. Il che realisticamente significa che, se il centrosinistra avrà la maggioranza grazie alla pattuglia determinante della Rosa nel pugno, questa si batterà anzitutto per i propri obiettivi, esercitando - temiamo - un potere di coalizione condizionante come sanno farlo Pannella e i suoi emuli. La capacità dei Radicali di mobilitare risorse parlamentari ultraminoritarie per condurre le loro campagne politiche è ben nota e non c'è da dubitare che se si dovessero trovare in tale condizione, la faranno fruttare con tutta la loro spregiudicatezza. Persino quello che è un pregio di questa formazione, un certo disinteresse per le posizioni di potere, potrà diventare una carta per resistere a mediazioni e compromessi politici che comportino cedimenti sulle questioni eticamente sensibili che stanno al centro della loro iniziativa. Inoltre, bisogna tener conto che la sinistra, rimasta orfana di punti di riferimento ideali, soffre la sfida competitiva su chi è più "laico" lanciata dalla Rosa nel pugno. Per esempio, potrebbero vincolare il governo italiano a non opporsi più, nel Consiglio europeo, a quella che chiamano «la libera ricerca sulle staminali embrionali», cioè la manipolazione e la selezione genetica della vita, e questo - portando da 6 a 5 i Paesi europei che non l'accettano - permetterebbe di aggirare "dall'alto" la legge nazionale sulla procreazione assistita che ha resistito all'assalto referendario. Ipotesi astratta? Niente affatto: né astratta, né maliziosa, in quanto apertamente enunciata dalla Rosa nel pugno. E neppure la permanenza, anche nel nuovo Parlamento, di una maggioranza trasversale che ha approvato la legge, garantirebbe - diciamocelo francamente - da colpi di questo genere. Da parte di chi si oppone al relativismo assoluto ed è preoccupato del ritardo con cui la coscienza civile fatica a dominare gli effetti del progresso tecnologico quando riguarda beni preziosi come la vita umana, è ragionevole a questo punto nutrire dubbi sulla capacità del prossimo Parlamento di sottrarsi al condizionamento di una formazione anticlericale numericamente determinante e che può contare sull'appoggio pressoché indiscriminato della grande stampa d'opinione. Ben inteso: non tutto si gioca nelle aule parlamentari. La società civile ha le sue armi per difendersi. E nulla di più efficace c'è di uno stato di necessità per far emergere protagonismi nuovi. Tuttavia, poiché ora si è in campagna elettorale, è giusto mettere sul tavolo le mappe programmatiche, sì che ciascuno scelga con coscienza. E non sono certo gli appelli interessati di Berlusconi a togliere forza e autonomia a questa libera valutazione. Per questo - tra l'altro - è fondata la preoccupazione dei moderati che stanno nel centrosinistra ed è comprensibile la loro speranza di avere un risultato confortante, sì da poter fronteggiare l'assalto alla coalizione da parte radicale. Se questo non dovesse avvenire, il calcolo che aveva portato ad accogliere i Radicali per computare i loro voti, potrebbe risultare davvero semplicistico, se non inquietante. [Avvenire]
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