Aceh: seconda fase del ritiro indonesiano
Aceh: seconda fase del ritiro indonesiano
sabato, 29 ottobre 2005 11:06
Si è conclusa lunedì scorso la seconda fase dell’operazione per il ritiro delle truppe indonesiane dalla provincia di Aceh, punto focale dell’accordo siglato a Helsinki il 16 agosto tra il governo di Jakarta e il Gam, il Movimento per la liberazione di Aceh.
Nell’arco di una settimana 6mila militari, secondo fonti AdnKronos, hanno lasciato la regione. Il ritiro, programmato in quattro fasi, dovrebbe ridurre in modo significativo la presenza di militari nella provincia, in concomitanza con la consegna delle armi da parte delle forze irregolari del Gam. La prima fase si è avuta a settembre, quando circa 1200 soldati sono stati allontanati dalla zona; l’ultima dovrebbe avvenire entro dicembre, riducendo il numero dei soldati da 50mila a poco meno di 15mila.
Parallelamente il Movimento per la liberazione di Aceh si è impegnato a consegnare oltre 800 armi pesanti agli osservatori di pace, presenti sul territorio dagli inizi di settembre. Ma il ritiro delle truppe e il disarmo dei ribelli, certamente importanti, sono solo alcuni dei passi necessari alla normalizzazione della situazione nella regione indonesiana.
Il memorandum d’intesa firmato ad agosto prevede infatti che il Gam rinunci alla lotta armata e all’indipendenza della provincia in cambio della possibilità per i suoi membri di partecipare al processo di ricostruzione politica e istituzionale del Paese: ai ribelli dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla rappresentanza politica e la possibilità di formare un partito. Ancora, essi dovrebbero ricevere un aiuto economico che gli consenta, dopo un conflitto di trentennale durata, di reinserirsi nella società.
Questo è anche un punto di contrasto rigurdo al quale nei c’è stato, nei giorni scorsi, un irrigidimento delle posizioni: alla richiesta del governo di Jakarta di fornire i nomi di 3mila ex combattenti, per poter destinare l’assistenza finanziaria prevista, i rappresentanti del Gam hanno opposto un secco rifiuto, obiettando che l’accordo non prevede una simile formalità. Secondo la Reuters, Sofyan Dawood, portavoce del movimento, avrebbe dichiarato che “prima di consegnare le armi il Gam vuole capire il vero motivo di una simile richiesta”. Questa dichiarazione dimostra come a soli due mesi di distanza dal 31 dicembre, indicato dagli accordi come termine ultimo per il completamento del piano di smilitarizzazione della provincia, permanga tra i due schieramenti una sfiducia di fondo.
Il ritiro dei soldati e la fine della lotta armata non sono dunque sufficienti: occorre che ad essi si accompagni uno sforzo bilaterale verso la diplomazia e il dialogo, per risanare un tessuto polito, sociale e istituzionale che un conflitto durato quasi trent’anni ha profondamente lacerato. (warnews)
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