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View Full Version : Riserva frazionaria ed etica imprenditoriale


cprintf
23-08-2005, 11:04
Interessante punto di vista sui mega-crack all'italiana. In effetti forse è anche da questo modo di finanziare le aziende che arrivano tanti dolori per la nostra economia.

http://www.liberanimus.org/zucchi.giacomelli.htm
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Riserva frazionaria ed etica imprenditoriale

di Carlo Zucchi

L'ennesima bancarotta fraudolenta viene a turbare le sempre meno tranquille acque dell'imprenditoria italiana. Cirio, Parmalat e ora Giacomelli. Ciò che sembra essere una costante in questi crack finanziari è una gestione imprenditoriale improntata alla crescita delle dimensioni aziendali - sia in termini di gruppo che di unità singole - piuttosto che alla redditività di impresa. Benché ognuno sia libero fare ciò che vuole della propria impresa, stabilendo quali scopi perseguire soggettivamente, l'esperienza ci dice che il mercato è solito premiare quelle imprese gestite in base a criteri orientati al profitto. Fra la dimensione e il conto profitti e perdite è meglio scegliere il secondo.

Ebbene, da quanto raccontano le cronache* , Gabriella Spada, manager del gruppo, da un negozio nel 1992 è arrivata ad aprirne, dieci anni dopo, ben 171. Un ufficio privato raggiungibile solo dopo aver varcato un plotone di segretarie, tutto bianco, tende e cristalli e con una vasca in pietra d'Istria dove scorreva continuamente l'acqua. Dopo aver aperto un negozio dietro l'altro, nel 2002 entra nel giro delle Star della Borsa (con un aspetto fisico, tra l'altro, che nulla ha da invidiare alle più belle Star di cinema e TV) e viene premiata imprenditore dell'anno. Poi si appresta a scalare il massimo concorrente della Giacomelli (Longoni Sport) facendo il passo più lungo della gamba e scavandosi in tal modo la fossa. Più che l'imprenditore calcolatore di Max Weber, questo sembra un caso di imprenditoria da jet-set, orientato a farsi spazio tra i fogli patinati oltre che tra quelli economici.

Una volta avvenuto il patatrack tutti a ripetere che l'avventuriero (in questo caso avventuriera) di turno ha fatto il passo più lungo della gamba. Ma perché ciò accade sempre più di frequente? Quali condizioni consentono a imprenditori megalomani di anteporre al perseguimento del profitto la soddisfazione di appetiti che mal si conciliano con l'attività d'impresa? Senz'altro prestiti bancari concessi con troppa faciloneria. Se si va a vedere quanto accaduto in passato non è davvero difficile scorgere esempi di tal fatta. Certo, la gestione politicizzata delle banche ha fatto sì che i finanziamenti siano stati accordati ad amici dei padroni del vapore, ma nel caso di Giacomelli e di molte altre imprese la politica non c'entra. Le smanie di megalomania sono rese possibili dal sistema creditizio oggi in voga, un sistema creditizio che, una volta abbandonato il principio della riserva 100%, può creare credito dal nulla senza attuare quella necessaria selezione del credito che si addice a un'efficace ed efficiente gestione bancaria.

In un regime con riserva al 100% (ossia non frazionaria) le banche sarebbero costrette a non tollerare colpi di testa di imprenditori megalomani e a premiare coloro che fanno crescere le loro imprese al ritmo che il mercato consente; imprenditori che magari fanno profitti non esorbitanti, ma continuamente crescenti, che guardano più ai bilanci che alle carte patinate. Invece, il sistema attuale incoraggia le banche a finanziare imprese di grosse dimensioni o che mirano ad espanderle attraverso progetti faraonici, poiché le somme prestate sono in questi casi sempre molto alte e più alte sono più interessi fruttano. Ma l'altra faccia della medaglia è che, data la considerevole esposizione debitoria delle banche nei confronti di dette aziende, una volta che queste ultime sono in difficoltà (i progetti faraonici si tramutano il più delle volte in tonfi clamorosi), farle fallire diviene un affare troppo sconveniente per la banca in questione, a causa della grandezza della somma prestata. Buon senso vorrebbe, a questo punto, che venissero liquidate posizioni così a rischio, ma grazie alla possibilità di creare credito all'infinito, il denaro continua ad arrivare, finanziando progetti sempre faraonici con alti rapporti rischio/rendimento (si spera nel colpo di fortuna) basati sul nulla come castelli in aria, fino a che non sopraggiunge inevitabile la bancarotta, spesso fraudolenta. Il sistema fiduciario a riserva frazionaria, tra l'altro, non premia gli imprenditori che cercano di espandere la propria impresa con le risorse proprie e a ritmi compatibili con il risparmio volontario accumulato, ma premia chi si indebita, facendo magari fallire la propria azienda dopo aver messo al sicuro quanto necessario per una vita da nababbi. E i debiti? Verrebbe da dire: "Buona notte ai creditori".

Last but not least, questo si dimostra essere il tipico caso di malinvestment nel quale viene alterato il rapporto tra investimenti in beni di ordine superiore e investimenti in beni di ordine inferiore. L'ingrandimento ha portato con sé un sovrainvestimento in beni capitali di ordine superiore - quali immobili, fabbricati e spese di funzionamento - del tutto sproporzionato alla domanda che il mercato esprimeva per beni di ordine inferiore corrispondenti, quali gli articoli sportivi. E, come si sa, la domanda di beni capitali di ordine superiore (temporalmente più lontana dal momento del consumo) deve sempre coordinarsi con quella di beni di consumo di ordine inferiore al fine di generare profitti nel medio-lungo periodo.

Come si può notare, l'abbandono di un sistema di mercato quale era quello a riserva non frazionaria, non soltanto ha prodotto inefficienze, ma, cosa ancor più grave, ha favorito l'affermarsi di comportamenti immorali. Certo, un sistema che garantisca la totale assenza di fallimenti e di errori da parte delle banche non esiste, così come si devono reclamare punizioni esemplari per i bancarottieri (soprattutto se fraudolenti), ma il regime a riserva non frazionaria risolverebbe molti problemi alla radice, dato che il mercato costringerebbe gli operatori, senza ricorrere alla coercizione, a operare con meno leggerezza, a fare meno errori e a selezionare i comportamenti più efficienti e moralmente più consoni al buon funzionamento degli affari. >>

Fil9998
23-08-2005, 11:28
Purtroppo la riforma del diritto societario e le nuove regole internazionali di redazione dei bilanci rendono sempre più "strutturale" e non imputabile all'imprenditore un crollo finanziario che ... inevitabilmente si riversa sulle tasche della collettività, visto che le banche non ci rimettono i loro soldi, ma quelli dei "rispamiatori" che han voluto diventare "investitori" prima ... e se la banca crolla del tutto vanno bruciati pure i soldi dei "risparmiatori" cauti.

In poche parole è sempre più facile innescare un effetto di crollo economico a catena tipo "tessere di domino".