Lucio Virzì
17-08-2005, 23:51
http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/cronaca/messner/messner/messner.html
A distanza di oltre 30 anni finalmente si chiude una polemica che ha visto coinvolto il più grande alpinista di tutti i tempi.
Ora attendiamo il recupero della macchina fotografica di George Mallory sull'Everest.
Era morto nel 1970 sull'Himalaya travolto da una valanga
Reinhold fu accusato da alcuni di non averlo soccorso
Messner, risolto il giallo del fratello
Recuperati i resti di Günther
BOLZANO - Sono stati recuperati i resti di Günther Messner precipitato trentacinque anni fa sul Nanga Parbat, nella catena dell'Himalaya. Il fratello Reinhold ha riconosciuto le scarpe e la giacca che indossava Günther durante la disceva lungo il versante Diamir. Il ritrovamento dell'alpinista in quel punto della montagna spazza via, una volta per tutte, le maldicenze che accusavano il re degli 8.000 di aver abbandonato il fratello, sfinito dal freddo e dalla fatica, mentre salivano verso la vetta.
Quattro anni fa, a quota 4.400 venne trovato un osso che l'esame del Dna stabilì appartenere a Günther ma solo la settimana scorsa, una cordata ha recuperato i resti della salma ai piedi del versante, dimostrando che l'alpinista morì - come ha sempre sostenuto il fratello - travolto da una valanga.
Il Nanga Parbat, 8.125 metri, viene chiamato dagli scalatori europei 'la montagna del destino' proprio perché lassù perirono molti alpinisti, traditi dalla difficoltà delle sue pareti e dagli improvvisi cambiamenti del tempo.
Per trovare il corpo del fratello e per confermare la sua versione dei fatti agli occhi della comunità alpinistica di tutto il mondo, da sempre divisa sulla vicenda, Messner si era recato più volte sul Nanga Parbat, il primo Ottomila da lui scalato in solitaria. E stavolta l'alpinista - che ormai ha compiuto i 60 anni abbandonando l'alpinismo estremo - ha potuto finalmente ritrovare il corpo del fratello custodito nel ghiacciaio per trentacinque anni.
Reinhold Messner aveva rievocato la scalata del 1970 con il fratello, al Nanga Pargat, nel libro "La Montagna nuda": "Fino ad allora mi ero sentito invulnerabile", disse l'alpinista. "Günther e io facevamo le cose più matte, eravamo convinti che certi incidenti non potevamo capitare a noi. Quando mio fratello morì nella discesa, avrei voluto morire anch'io: ero solo, disperato. Ma l'apinismo e le montagne mi hanno dato tanto: l'alpinismo per me non è soltanto pericolo, è altezza, grandezza, divinità e coraggio".
Quando la salma tornerà in Alto Adige, Günther potrà finalmente riposare nella tomba di famiglia del piccolo paesino natio di Funes, ai piedi delle Dolomiti, sulle quali da ragazzo aveva compiuto, assieme al fratello Reinhold, le sue prime scalate.
(17 agosto 2005)
A distanza di oltre 30 anni finalmente si chiude una polemica che ha visto coinvolto il più grande alpinista di tutti i tempi.
Ora attendiamo il recupero della macchina fotografica di George Mallory sull'Everest.
Era morto nel 1970 sull'Himalaya travolto da una valanga
Reinhold fu accusato da alcuni di non averlo soccorso
Messner, risolto il giallo del fratello
Recuperati i resti di Günther
BOLZANO - Sono stati recuperati i resti di Günther Messner precipitato trentacinque anni fa sul Nanga Parbat, nella catena dell'Himalaya. Il fratello Reinhold ha riconosciuto le scarpe e la giacca che indossava Günther durante la disceva lungo il versante Diamir. Il ritrovamento dell'alpinista in quel punto della montagna spazza via, una volta per tutte, le maldicenze che accusavano il re degli 8.000 di aver abbandonato il fratello, sfinito dal freddo e dalla fatica, mentre salivano verso la vetta.
Quattro anni fa, a quota 4.400 venne trovato un osso che l'esame del Dna stabilì appartenere a Günther ma solo la settimana scorsa, una cordata ha recuperato i resti della salma ai piedi del versante, dimostrando che l'alpinista morì - come ha sempre sostenuto il fratello - travolto da una valanga.
Il Nanga Parbat, 8.125 metri, viene chiamato dagli scalatori europei 'la montagna del destino' proprio perché lassù perirono molti alpinisti, traditi dalla difficoltà delle sue pareti e dagli improvvisi cambiamenti del tempo.
Per trovare il corpo del fratello e per confermare la sua versione dei fatti agli occhi della comunità alpinistica di tutto il mondo, da sempre divisa sulla vicenda, Messner si era recato più volte sul Nanga Parbat, il primo Ottomila da lui scalato in solitaria. E stavolta l'alpinista - che ormai ha compiuto i 60 anni abbandonando l'alpinismo estremo - ha potuto finalmente ritrovare il corpo del fratello custodito nel ghiacciaio per trentacinque anni.
Reinhold Messner aveva rievocato la scalata del 1970 con il fratello, al Nanga Pargat, nel libro "La Montagna nuda": "Fino ad allora mi ero sentito invulnerabile", disse l'alpinista. "Günther e io facevamo le cose più matte, eravamo convinti che certi incidenti non potevamo capitare a noi. Quando mio fratello morì nella discesa, avrei voluto morire anch'io: ero solo, disperato. Ma l'apinismo e le montagne mi hanno dato tanto: l'alpinismo per me non è soltanto pericolo, è altezza, grandezza, divinità e coraggio".
Quando la salma tornerà in Alto Adige, Günther potrà finalmente riposare nella tomba di famiglia del piccolo paesino natio di Funes, ai piedi delle Dolomiti, sulle quali da ragazzo aveva compiuto, assieme al fratello Reinhold, le sue prime scalate.
(17 agosto 2005)