beppegrillo
13-05-2005, 22:24
Nella città di Andijan i ribelli islamici occupano il posto di polizia
e liberano i detenuti. E in migliaia scendono in piazza
Rivolta e sangue in Uzbekistan
contro il regime di Karimov
Il bilancio ufficiale (provvisorio) parla di nove insorti morti
Ma secondo fonti indipendenti le vittime sono circa 50
TASHKENT - Rabbiosa, sanguinosa rivolta in Uzbekistan contro il regime dittatoriale e corrotto del presidente Islam Karimov: ad Andijan - quarta città della repubblica ex sovietica dell'Asia Centrale - migliaia di persone sono scese oggi in piazza al grido di "democrazia, giustizia e lavoro". Ma prima della protesta c'è stata anche una vera e propria insurrezione: un centinaio di insorti islamici ha assaltato un posto di polizia e una caserma militare, occupato il palazzo del governo locale e armi in pugno ha liberato oltre duemila detenuti da un carcere di massima sicurezza.
La rivolta è costata la vita a nove persone secondo un bilancio provvisorio ufficiale, mentre fonti indipendenti denunciano almeno cinquanta morti. E dopo una convulsa giornata di incendi, attacchi e sparatorie Andijan - oltre 30 mila abitanti - si è ritrovata stasera in stato d'assedio, con le truppe fedeli al regime che bloccano tutti gli accessi alla città.
Quanto a Karimov, dal 1991 padre padrone di un Uzbekistan che governa con il pugno di ferro in disprezzo totale per le regole della democrazia (e con la scusa della guerra all'incombente "minaccia islamica"), il leader è volato stamattina da Tashkent (la capitale) ad Andijan per gestire in prima persona la gravissima crisi. Che arriva appena 50 giorni dopo la "rivoluzione dei tulipani" nel vicino Kirghizistan, e che dimostra l'intrinseca fragilità e instabilità di molti regimi post-comunisti della defunta Unione Sovietica.
L'insurrezione di Andijan è apparentemente opera dei seguaci di Akromia, una corrente clandestina del movimento fondamentalista islamico Hizb-ut Tahrir al-Islami (Partito della liberazione islamica), che sogna l'instaurazione di un califfato in tutta l'Asia Centrale (a parole con metodi pacifici) e ha una crescente presa tra la gente povera e senza lavoro, malgrado sia stata messa fuori legge e perseguitata in ogni modo da Karimov. A fare da scintilla è stato un processo, in corso da febbraio in città, contro 23 giovani arrestati per "azioni anti-costituzionali" (avrebbero fondato una cellula di Akromia) e liberati la scorsa notte grazie al riuscito assalto, mitra in pugno, al carcere di massima sicurezza.
E in sostegno ai ribelli e ai 23 arrestati migliaia di persone sono scese stamattina in strada al centro di Andijan, chiedendo a gran voce le dimissioni immediate del "totalitario" Karimov e altre tre cose molto carenti in Uzbekistan: democrazia, giustizia e lavoro. "Tra di noi non ci sono islamici estremisti. Vogliamo democrazia, giustizia e lavoro. Non siamo militanti ma soltanto credenti", hanno sottolineato i manifestanti.
Nel pomeriggio la situazione ha rischiato per un momento di sfuggire completamente di mano quando da un camion zeppo di militari hanno incominciato a sparare tra la folla. In serata poi, a riprova di come Karimov non intenda scendere a patti, l'esercito ha attaccato e riconquistato il palazzo dell'amministrazione regionale, dove un centinaio di insorti e di evasi si era asserragliato facendosi scudo con una dozzina di soldati sequestrati che sono usciti indenni dall'operazione di sgombero.
In risposta ai fatti di Andijan, il Kirghizistan e il Tagikistan hanno immediatamente chiuso le frontiere con l'Uzbekistan. Mentre il Kazakhstan ha rafforzato i controlli di confine.
Stamattina intanto a Tashkent, capitale di un paese in totale crisi economica dove i pochi che lavorano non portano in genere a casa più di 50 dollari al mese, un uomo scambiato per un kamikaze (ma in verità sarebbe stato soltanto un disoccupato con problemi psichici, secondo l'agenzia di stampa russa Interfax) è stato abbattuto, mentre tentava di avvicinarsi all'ambasciata israeliana.
(13 maggio 2005)
e liberano i detenuti. E in migliaia scendono in piazza
Rivolta e sangue in Uzbekistan
contro il regime di Karimov
Il bilancio ufficiale (provvisorio) parla di nove insorti morti
Ma secondo fonti indipendenti le vittime sono circa 50
TASHKENT - Rabbiosa, sanguinosa rivolta in Uzbekistan contro il regime dittatoriale e corrotto del presidente Islam Karimov: ad Andijan - quarta città della repubblica ex sovietica dell'Asia Centrale - migliaia di persone sono scese oggi in piazza al grido di "democrazia, giustizia e lavoro". Ma prima della protesta c'è stata anche una vera e propria insurrezione: un centinaio di insorti islamici ha assaltato un posto di polizia e una caserma militare, occupato il palazzo del governo locale e armi in pugno ha liberato oltre duemila detenuti da un carcere di massima sicurezza.
La rivolta è costata la vita a nove persone secondo un bilancio provvisorio ufficiale, mentre fonti indipendenti denunciano almeno cinquanta morti. E dopo una convulsa giornata di incendi, attacchi e sparatorie Andijan - oltre 30 mila abitanti - si è ritrovata stasera in stato d'assedio, con le truppe fedeli al regime che bloccano tutti gli accessi alla città.
Quanto a Karimov, dal 1991 padre padrone di un Uzbekistan che governa con il pugno di ferro in disprezzo totale per le regole della democrazia (e con la scusa della guerra all'incombente "minaccia islamica"), il leader è volato stamattina da Tashkent (la capitale) ad Andijan per gestire in prima persona la gravissima crisi. Che arriva appena 50 giorni dopo la "rivoluzione dei tulipani" nel vicino Kirghizistan, e che dimostra l'intrinseca fragilità e instabilità di molti regimi post-comunisti della defunta Unione Sovietica.
L'insurrezione di Andijan è apparentemente opera dei seguaci di Akromia, una corrente clandestina del movimento fondamentalista islamico Hizb-ut Tahrir al-Islami (Partito della liberazione islamica), che sogna l'instaurazione di un califfato in tutta l'Asia Centrale (a parole con metodi pacifici) e ha una crescente presa tra la gente povera e senza lavoro, malgrado sia stata messa fuori legge e perseguitata in ogni modo da Karimov. A fare da scintilla è stato un processo, in corso da febbraio in città, contro 23 giovani arrestati per "azioni anti-costituzionali" (avrebbero fondato una cellula di Akromia) e liberati la scorsa notte grazie al riuscito assalto, mitra in pugno, al carcere di massima sicurezza.
E in sostegno ai ribelli e ai 23 arrestati migliaia di persone sono scese stamattina in strada al centro di Andijan, chiedendo a gran voce le dimissioni immediate del "totalitario" Karimov e altre tre cose molto carenti in Uzbekistan: democrazia, giustizia e lavoro. "Tra di noi non ci sono islamici estremisti. Vogliamo democrazia, giustizia e lavoro. Non siamo militanti ma soltanto credenti", hanno sottolineato i manifestanti.
Nel pomeriggio la situazione ha rischiato per un momento di sfuggire completamente di mano quando da un camion zeppo di militari hanno incominciato a sparare tra la folla. In serata poi, a riprova di come Karimov non intenda scendere a patti, l'esercito ha attaccato e riconquistato il palazzo dell'amministrazione regionale, dove un centinaio di insorti e di evasi si era asserragliato facendosi scudo con una dozzina di soldati sequestrati che sono usciti indenni dall'operazione di sgombero.
In risposta ai fatti di Andijan, il Kirghizistan e il Tagikistan hanno immediatamente chiuso le frontiere con l'Uzbekistan. Mentre il Kazakhstan ha rafforzato i controlli di confine.
Stamattina intanto a Tashkent, capitale di un paese in totale crisi economica dove i pochi che lavorano non portano in genere a casa più di 50 dollari al mese, un uomo scambiato per un kamikaze (ma in verità sarebbe stato soltanto un disoccupato con problemi psichici, secondo l'agenzia di stampa russa Interfax) è stato abbattuto, mentre tentava di avvicinarsi all'ambasciata israeliana.
(13 maggio 2005)