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View Full Version : Razzismo


Swisström
13-03-2005, 15:53
Premetto che non so se questo Thread andava aperto in piazzetta oppure va bene qui, in caso spostate/chiudete e lasciate istruzioni.
_______

Volevo proporre una discussione sul razzismo, partendo da presupposto (piuttosto ovvio credo) che tutti noi lo condanniamo.

Secondo me, per esserci totale integrazione, e parità dei sessi (la inserisco nei casi di "razzismo" ;) ) si deve arrivare al punto da considerare questa differenza (sesso, colore della pella, religione...) come qualsiasi altra, e qui vi propongo un esempio:

Una persona si lamenta (e ne ho sentite molte ;) ) perchè nel consiglio federale in Svizzera nelle ultime elezioni si è passati da 2 donne presenti in tale consiglio ad una soltanto.
Quella stessa persona fa parte di un comitato per la parità dei diritti delle donne.

Ecco, imho questa persona è razzista, il vero non razzista se ne sarebbe fregato anche se non ci fossero donne in governo, cosi come nessuno ha detto niente sul fatto che non ci siano persona bionde in consiglio federale.
Secondo me infatti la parità dei sessi non è l'avere il 50% di donne che fanno i manager e il 50% di uomini, oppure un anno un presidente donna e l'anno dopo un presidente uomo, bensì trattare questa caratteristica come qualsiasi altra (colore dei capelli, statura, ecc ecc).

Ora passo ad un altro esempio:

Ci sono due uomini, uno apertamente e politicamente anti razzista (lo chiameremo A) e una persona comune (lo chiameremo B), allora, una sera, B al telegiornale vede un giornalista di colore che dice alcune cose con cui B non è daccordo, e allora esclama:
"Stupido negro"
Subito A critica B e lo chiama razzista

Io mi chiedo, perchè se il colore di una persona è considerato come una quasiasi altra caratteristica fisica B è tacciato di essere razzista?
Perche se A avesse esclamato, davanti ad un discorso del presidente del consiglio italiano:
"Stupido nano"
non sarebbe stato additato come razzista? Non è che il vero razzista è A che considera questa caratteristica diversa dalle altre ?


Qui chiudo e spero di aver fatto passare il messaggio e lo spunto per una riflessione, mi scuso se non sono stato chiaro ma purtroppo non è facile mettero nero su bianco questa mia idea.


Saluti SwisströM

redsith
13-03-2005, 15:56
Lol e se uno dice "stupido svizzero" non è razzista :D

Onisem
13-03-2005, 16:01
Originariamente inviato da Swisström
Ora passo ad un altro esempio:

Ci sono due uomini, uno apertamente e politicamente anti razzista (lo chiameremo A) e una persona comune (lo chiameremo B), allora, una sera, A al telegiornale vede un giornalista di colore che dice alcune cose con cui A non è daccordo, e allora esclama:
"Stupido negro"
Subito A critica B e lo chiama razzista

Io mi chiedo, perchè se il colore di una persona è considerato come una quasiasi altra caratteristica fisica B è tacciato di essere razzista?
Perche se A avesse esclamato, davanti ad un discorso del presidente del consiglio italiano:
"Stupido nano"
non sarebbe stato additato come razzista? Non è che il vero razzista è A che considera questa caratteristica diversa dalle altre ?

Qui chiudo e spero di aver fatto passare il messaggio e lo spunto per una riflessione, mi scuso se non sono stato chiaro ma purtroppo non è facile mettero nero su bianco questa mia idea.


Saluti SwisströM

Non è che hai fatto un pò di confusione con le lettere?

Swisström
13-03-2005, 16:01
Originariamente inviato da redsith
Lol e se uno dice "stupido svizzero" non è razzista :D

:O Please rispondere seriamente ;)

Swisström
13-03-2005, 16:02
Originariamente inviato da Onisem
Non è che hai fatto un pò di confusione con le lettere?


ehm.. in effetti :cry: ora edito

songoge
13-03-2005, 17:06
La verità è che c'è un pò di "razzista" in tutti noi. Difficile da credere ma è la pura realtà.
Forse però, si fa confusione tra razzismo e intolleranza!
Da vocabolario
Razzismo: Ideologia che in base a un'arbitraria gerarchia tra le popolazioni umane, attribuisce superiori qualità biologiche e culturali a una razza, affermando le necessità di conservarla pura e legittimando discriminazioni e persecuzioni nei confronti delle altre razze considerate inferiori.

Estensione: Atteggiamento di disprezzo e intolleranza verso determinati individui o gruppi, basato su pregiudizi sociali radicati.

Intolleranza: Atteggiamento di totale rifiuto e di rigida chiusura nei confronti di idee o convinzioni diverse dalle proprie: i. religiosa, i. politica, i. razziale, i. nei confronti di avversari politici.

Esaminando tali affermazioni, dal mio punto di vista trovo un punto di differenza sostanziale: ... necessità di conservarla pura...(da razzismo)

Tu avevi fatto l'esempio di razzismo sessuale.
Secondo me tale razzismo non ha modo di esistere perchè si dovrebbe eliminare e perseguire un sesso o l'altro. Ragionando sai bene che è improponibile e cmq vincerebbero le donne perchè solo le sole che possono riprodursi senza l'uomo.
Questo diventa dunque un'intolleranza o qualcos' altro

Altro esempio sul "negro". Qui invece si ha un atteggiamento razzista, in quanto è evidenziato la diversità biologica.

Altro esempio sullo "svizzero": Anche qui si evidenzia la differenza di cultura.

Altro esempio di "nano": Differenza biologica ecc...

Anche se sembra minima, la differenza c'è!

Swisström
13-03-2005, 17:40
Originariamente inviato da songoge

Altro esempio sul "negro". Qui invece si ha un atteggiamento razzista, in quanto è evidenziato la diversità biologica.

Altro esempio sullo "svizzero": Anche qui si evidenzia la differenza di cultura.

Altro esempio di "nano": Differenza biologica ecc...

Anche se sembra minima, la differenza c'è!


Non ho ben capito quel che vuoi dire, ma, se non si è razzisti allora significa che si considera la differenza biologica del colore della pelle come una qualsiasi delle altre caratteristiche... siano esse biologiche o non

Insomma non vedo il perche di chiamare razzista uno che non sopporta le persona di colore rispetto ad uno che non sopporta... chessò, i biondi, quelli più bassi di 1.65 ... :D (naturalmente sto esagerando ;) )

E comunque l'uomo è classista per natura... basta vedere i giovani d'oggi, tutti pacifisti e integrazionalisti (con le dovute eccezioni) quando si parla di colore della pelle/religione... ma poi si insultano fra tipologie, truzzi, metallari, San carlini (non so chi siano ma lo dice sempre kikbond :| ), ecc ecc

songoge
13-03-2005, 18:28
Forse mi sono espresso male.
Le ipotesi che hai riportato entrano nella definizione (da vocabolario) di razzismo. Tutto qui!:)

bagoa
13-03-2005, 19:00
io penso che molti non sono razzisti, ma condizionati dai media, faccio un'esempio, quando qualche notizia di eventi luttuosi colpisce una nazione europea o comunque occidentale, rimaniamo molto colpiti, quando lo stesso evento succede in un paese del terzo mondo restiamo quasi indifferenti, nonostante magari le vittime sono tante.

Swisström
13-03-2005, 19:40
Originariamente inviato da songoge
Forse mi sono espresso male.
Le ipotesi che hai riportato entrano nella definizione (da vocabolario) di razzismo. Tutto qui!:)

Vabbe saranno anche da volcabolario... ma perche stupido negro è da razzista e stupido nano no? :confused:

Onisem
13-03-2005, 20:48
Originariamente inviato da Swisström
Vabbe saranno anche da volcabolario... ma perche stupido negro è da razzista e stupido nano no? :confused:

Per dirne una, non ho mai sentito parlare di tratta dei nani...

massimo78
14-03-2005, 09:02
Perchè dipende in quel caso citato da te B sfrutta la sua caratteristica somatica (il colore della pelle) per sbeffeggiare A.

Se la persona avesse portato gli occhiali , e B avesse insultato dicendo "Brutto quattr'occhi" sarebbe stata lo stesso una discriminazione, inquanto la sua offesa non si basa necessariametne sul fatto che lui sia brutto ma bensì sul fatto che sia una persona che porta gli occhiali (quindi discriminato).


(ndr: negro non è una parola offensiva di per se siccome richiama la parola "negroide" che identifica un essere umano dotato di un insieme di caratteristiche che lo identificano. Come anche la mongolica, caucasica, australoide, ecc...)

plut0nz
14-03-2005, 12:13
si vabbè.. :mc: :mc: :mc: :mc:

tutto quello che avete detto riguarda l'ambito delle discriminazioni..siano esse riguardanti colore della pelle,religione, caratteristiche fisiche ecc...

ma una cosa è chiamare uno "stupido nano" un'altra è quella di chiamarlo "stupido negro/muso giallo" o qualunque altra offesa che riguarda la provenienza.. dietro alla xenophobia ci sono secoli di storia..non puoi paragonare secoli di progressi sociali fatti in modo che non ci siano più simili offese e gente (senza offesa eh) che pensa nella tua stessa maniera..una offesa come "stupido nano/quattr'occhi" è una cosa che finisce lì..non mi sembra che ci sia stato un momento storico dove sono stati discriminati e schiavizzati milioni di quattrocchi/nani..quindi come vedi le cose sono più complesse...;)

p.s. il termine "negroide" scientifico..non penso che chi pronunci una offesa come "stupido negro" voglia riferirsi all'insieme di caratteristiche genetico-fisionomiche di un invididuo..solo per chiarire eh..bah :mc: :mc: :mc: :mc:

massimo78
14-03-2005, 14:25
Originariamente inviato da plut0nz
ma una cosa è chiamare uno "stupido nano" un'altra è quella di chiamarlo "stupido negro/muso giallo" o qualunque altra offesa che riguarda la provenienza.. dietro alla xenophobia ci sono secoli di storia..non puoi paragonare secoli di progressi sociali fatti in modo che non ci siano più simili offese e gente (senza offesa eh) che pensa nella tua stessa maniera..una offesa come "stupido nano/quattr'occhi" è una cosa che finisce lì..non mi sembra che ci sia stato un momento storico dove sono stati discriminati e schiavizzati milioni di quattrocchi/nani..quindi come vedi le cose sono più complesse...;)

Daccordissimo, ma se ci rifletti al livello di gravità è identico. L'unica cosa è che per le razze ci sono anni di storia alle spalle, siccome diversità come avere gli occhiali capita a tutti, essere bianchi, gialli, rossi o verdi capita ad popolazioni intere, quindi essendo un classico l'avere paura di cio che non si conosce e l'allontanare cio che ci spaventa, per anni e anni razze si sono emarginate, e allontanate in quel modo. :)

Originariamente inviato da plut0nz
p.s. il termine "negroide" scientifico..non penso che chi pronunci una offesa come "stupido negro" voglia riferirsi all'insieme di caratteristiche genetico-fisionomiche di un invididuo..solo per chiarire eh..bah :mc: :mc: :mc: :mc:

ne sono convinto anch'io :D
per questo ho scritto la spiegazione del termine "negroide" poichè al giorno d'oggi c'è chi pensa (aldilà dell'attributo "stupido") che dire a un uomo di colore "Tizio è negro" risulti come dispreggiativo. (in altre parole era solamente una ndr che ho aggiunto).

massimo78
14-03-2005, 14:25
-- post doppione --
cancellare pleaze :D

Onisem
14-03-2005, 15:32
Negro è un termine usato con una palese accezione negativa, dispregiativa. Se passate per gli Stati Uniti fate una prova: prendete il primo tizio di colore che vi capita per la strada, e con fare sussiegoso gli dite: "good morning nigger". Vediamo se vi stampa una manata in faccia o se, riflettendo sulla definizione antropologica di razza negroide, ricambia il saluto.

Northern Antarctica
14-03-2005, 16:13
Originariamente inviato da Onisem
Negro è un termine usato con una palese accezione negativa, dispregiativa. Se passate per gli Stati Uniti fate una prova: prendete il primo tizio di colore che vi capita per la strada, e con fare sussiegoso gli dite: "good morning nigger". Vediamo se vi stampa una manata in faccia o se, riflettendo sulla definizione antropologica di razza negroide, ricambia il saluto.

è la parola "nigger" ad essere dispregiativa, non il termine "negro", sia in America (i canti "negro spiritual") che in Italia, nella nostra letteratura è usato spesso (le "negre chiome" di Leopardi). C'è poca differenza tra le due parole ma una è offensiva e l'altra no, come per i polacchi negli USA, c'è "Pole" che non è offensivo e "Polak" che lo è.

E poi in America non va bene neanche "black", sembra che adesso l'ideale sia "afroamerican".

plut0nz
14-03-2005, 16:14
sono d'accordo con entrambi..alla fine abbiamo detto le stesse cose ;) :cool:

la xenophobia si basa appunto sulla paura del diverso..qualcosa quindi che contraddistingue ignoranza, dato che alla fine siamo tutti uguali..magari non uguali socialmente..c'è chi ha la mercedes sl65 amg e chi va in giro in autobus o a piedi...
è triste dire che i momenti in cui si vede che, il nostro colore di pelle, credo religioso o conto in banca non fa di noi "migliori" o "peggiori" di altri, sono i disastri..avete visto durante lo tsunami..gente ricca e povera si è ritrovata nella stessa situazione...gli ospedali erano pieni di gente con milioni in banca e gente che l'unica cosa che aveva era un barca ormai spazzata via...
quello che ci circonda sono solo apparenze..è ciò che rappresentiamo nel senso di quello che possiamo offrire al mondo che ci contraddistingue..;)
E poi nella società odierna pensare che qualcuno è diverso e inferiore a noi è incredibile..più andremo avanti negli anni e più le popolazioni si mischieranno..e,almeno io, non temo questo perchè..va bene tenere ai propri valori nazionali..ma io penso che dovremo non tanto considerarci come "italiani" nel senso di una popolazione divisa da altre ma più come Uomini (con la U maiuscola :sofico: ) con valori comuni..in tutto questo ovviamente non ci può essere razzismo, xenophobia ecc..

ciaooooooo
:D

massimo78
14-03-2005, 16:48
Originariamente inviato da Onisem
Negro è un termine usato con una palese accezione negativa, dispregiativa. Se passate per gli Stati Uniti fate una prova: prendete il primo tizio di colore che vi capita per la strada, e con fare sussiegoso gli dite: "good morning nigger". Vediamo se vi stampa una manata in faccia o se, riflettendo sulla definizione antropologica di razza negroide, ricambia il saluto.

no aspè ! non sono un grande parlatore di inglese, però per cio che ne so "nigger" significa "negraccio" quindi come diceva N.A. è una frase dispreggiativa...

e cmq non c'è bisogno di andare in america, basta che esci di casa e dici "buongiorno negro" al primo che passa, sarebbe discriminatorio, ma non per la parola "negro" per il contesto in cui è usata... nessuno esce di casa e dice "buongiorno caucasico" o "buongiorno bianco".. al massimo se vuoi fare il cordiale dirai "buongiorno uomo" penso...:rolleyes:

Onisem
14-03-2005, 17:11
Originariamente inviato da massimo78
no aspè ! non sono un grande parlatore di inglese, però per cio che ne so "nigger" significa "negraccio" quindi come diceva N.A. è una frase dispreggiativa...

e cmq non c'è bisogno di andare in america, basta che esci di casa e dici "buongiorno negro" al primo che passa, sarebbe discriminatorio, ma non per la parola "negro" per il contesto in cui è usata... nessuno esce di casa e dice "buongiorno caucasico" o "buongiorno bianco".. al massimo se vuoi fare il cordiale dirai "buongiorno uomo" penso...:rolleyes:

Ammesso che sia così poco cambia, e giustamente come dici, anche in qualunque posto d'Italia, lasciando perdere il contesto del saluto per la strada, se tu rivolgendoti ad una persona di colore utilizzi il termine negro, questi probabilmente si riterrà ragionevolmente offeso. Questo è quello che mi premeva precisare, che al di là della terminologia antropologica riferita alla razza negroide, "negro" è un termine offensivo oltre ogni dubbio.

massimo78
14-03-2005, 17:26
Originariamente inviato da Onisem
Ammesso che sia così poco cambia, e giustamente come dici, anche in qualunque posto d'Italia, lasciando perdere il contesto del saluto per la strada, se tu rivolgendoti ad una persona di colore utilizzi il termine negro, questi probabilmente si riterrà ragionevolmente offeso. Questo è quello che mi premeva precisare, che al di là della terminologia antropologica riferita alla razza negroide, "negro" è un termine offensivo oltre ogni dubbio.

suppongo di si, poi di pende dalla malizia di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta... (come in ogni cosa).
Se parli con un amico e dici "ho visto l'incontro di pugilato Tizio contro Caio, ha vinto Tizio è un negro alto 2 metri ecc..." non ci vedo cattiveria alcuna nella frase ne torto a nessuno.

Northern Antarctica
14-03-2005, 17:39
Originariamente inviato da massimo78
suppongo di si, poi di pende dalla malizia di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta... (come in ogni cosa).
Se parli con un amico e dici "ho visto l'incontro di pugilato Tizio contro Caio, ha vinto Tizio è un negro alto 2 metri ecc..." non ci vedo cattiveria alcuna nella frase ne torto a nessuno.

chiaro che dipende dal contesto.

per fare un altro esempio, dire "ebreo" per me è come dire "cattolico", "buddista" o "musulmano", ma sappiamo tutti che si può usare il termine in maniera offensiva anche se il termine di per sé è un aggettivo e basta. Lo stesso volendo si può dire di "italiano", "laziale (:D)", "macellaio", "farmacista", "scienziato" eccetera.

E' chiaro che quando nell'immaginario collettivo o nel contesto della frase il termine non assume una connotazione neutra esso può diventare offensivo. Quindi secondo me "negro" in sé non è offensivo, ma può diventarlo e quindi spesso va usato con le molle.

Onisem
15-03-2005, 16:03
Originariamente inviato da Northern Antarctica
chiaro che dipende dal contesto.

per fare un altro esempio, dire "ebreo" per me è come dire "cattolico", "buddista" o "musulmano", ma sappiamo tutti che si può usare il termine in maniera offensiva anche se il termine di per sé è un aggettivo e basta. Lo stesso volendo si può dire di "italiano", "laziale (:D)", "macellaio", "farmacista", "scienziato" eccetera.

E' chiaro che quando nell'immaginario collettivo o nel contesto della frase il termine non assume una connotazione neutra esso può diventare offensivo. Quindi secondo me "negro" in sé non è offensivo, ma può diventarlo e quindi spesso va usato con le molle.

Beh si, certo, se è una persona con cui hai una straordinaria confidenza è evidente che l'utilizzo del termine verrà percepito diversamente. Non sono invece d'accordo che equivalga a dire od utilizzare in modo differente termini come "cattolico", "macellaio", "farmacista", "nano". Come dicevo in un altro post, non ho mai sentito parlare di tratta dei nani o dei farmacisti, questo per dire che l'utilizzo dispregiativo di termini come "negro", ed anche "ebreo" è ulteriormente rafforzato dai trascorsi storici, ed il peso dell'offesa ne risulta aumentato esponenzialmente.

Northern Antarctica
15-03-2005, 16:15
Originariamente inviato da Onisem
Beh si, certo, se è una persona con cui hai una straordinaria confidenza è evidente che l'utilizzo del termine verrà percepito diversamente. Non sono invece d'accordo che equivalga a dire od utilizzare in modo differente termini come "cattolico", "macellaio", "farmacista", "nano". Come dicevo in un altro post, non ho mai sentito parlare di tratta dei nani o dei farmacisti, questo per dire che l'utilizzo dispregiativo di termini come "negro", ed anche "ebreo" è ulteriormente rafforzato dai trascorsi storici, ed il peso dell'offesa ne risulta aumentato esponenzialmente.

No, non è un discorso di confidenza, ma di contesto. Non mi sognerei mai di chiamare "negro" un amico eritreo (ho davvero un caro amico eritreo :D). Solo che non si può dare sempre e comunque un significato negativo a questa ed altre parole.

Se io faccio un convegno sull'antropologia e dico "razza negra" non è un'affermazione razzista, è come dire "razza caucasica". Se dico "sotto casa mia c'è un macellaio bravo" non è un discorso offensivo, se dico "quel chirurgo è un macellaio" non rendo un bel servizio alla categoria dei macellai.

Onisem
15-03-2005, 16:56
Originariamente inviato da Northern Antarctica
No, non è un discorso di confidenza, ma di contesto. Non mi sognerei mai di chiamare "negro" un amico eritreo (ho davvero un caro amico eritreo :D). Solo che non si può dare sempre e comunque un significato negativo a questa ed altre parole.

Se io faccio un convegno sull'antropologia e dico "razza negra" non è un'affermazione razzista, è come dire "razza caucasica". Se dico "sotto casa mia c'è un macellaio bravo" non è un discorso offensivo, se dico "quel chirurgo è un macellaio" non rendo un bel servizio alla categoria dei macellai.

Siamo d'accordo, ma non vorrai mica dirmi che dare del macellaio ad un chirurgo equivalga a chiamare una persona sporco negro o cane ebreo! La storia non ha alcun peso secondo te? Non aumenta esponenzialmente la gravità della cosa? Oppure, come mi pare tu stia sostendendo, sono perfettamente la stessa cosa?

Northern Antarctica
15-03-2005, 17:18
Originariamente inviato da Onisem
Siamo d'accordo, ma non vorrai mica dirmi che dare del macellaio ad un chirurgo equivalga a chiamare una persona sporco negro o cane ebreo! La storia non ha alcun peso secondo te? Non aumenta esponenzialmente la gravità della cosa? Oppure, come mi pare tu stia sostendendo, sono perfettamente la stessa cosa?

Ma è chiaro che "sporco negro" è un insulto più grave di "farmacista" dato ad una persona pignola. Quando mai avrei detto che si tratta della stessa cosa? Quello che ho detto è che alcune parole neutre possono diventare insulti se usate in un certo contesto (e di contesti del genere ce ne sono molti). "Ebreo" significa persona di fede ebraica. Perché se la uso in un discorso sulla religione devo ritenerla offensiva, se il contesto è una disquisizione religiosa e se non vi ho anteposto aggettivi dispregiativi - cosa che personalmente non ho mai fatto in nessun contesto, sia chiaro - come "cane"?

Onisem
15-03-2005, 17:39
Originariamente inviato da Northern Antarctica
Ma è chiaro che "sporco negro" è un insulto più grave di "farmacista" dato ad una persona pignola. Quando mai avrei detto che si tratta della stessa cosa? Quello che ho detto è che alcune parole neutre possono diventare insulti se usate in un certo contesto (e di contesti del genere ce ne sono molti). "Ebreo" significa persona di fede ebraica. Perché se la uso in un discorso sulla religione devo ritenerla offensiva, se il contesto è una disquisizione religiosa e se non vi ho anteposto aggettivi dispregiativi - cosa che personalmente non ho mai fatto in nessun contesto, sia chiaro - come "cane"?

Hai ragione, in effetti per essere più chiaro, non avrei dovuto accompagnare il termine con un aggettivo od un sostantivo dispregiativi. Ciò che intendevo dire è che "negro" non è un termine neutro, che ha un'accezione dispregiativa e razzista, che tale viene percepito.

greasedman
15-03-2005, 19:08
La risposta alla tua domanda è semplice per me: "NEGRO" ha un significato dispregiativo; forse non lo avrà etimologicamente, ma per noi al giorno d'oggi sì.
Allo stesso modo se vuoi offendere una donna le dici "puttana" e non "prostituta", anche se il termine indica la stessa cosa.

Lorenzaccia
20-03-2005, 04:48
x Swistrom. Quello che dici, analizzato in superficie, potrebbe sembrare logico: trattare tutte le differenze allo stesso modo per non discriminare; il non razzista è colui che ignora la differenza, qualunque essa sia. Così, considerare allo stesso modo un negro, una donna, un biondo diventa la garanzia per non discriminare nessuno dei tre.
Tutto molto bello.
Peccato che le diversità, all'interno della triade sopra proposta, non stiano affatto sullo stesso piano: non si possono paragonare negri e donne, due tra le categorie (le chiamo impropriamente così, giusto per non rifarmi al comunitarismo che li vede "ceti", e quindi gruppi sostanzialemnte omogenei) storicamente più discriminate e umiliate, quando non addirittura segregate, con l'insieme delle persone bionde di capelli. Se pensiamo un attimo all'iter storico che le prime due categorie hanno alle spalle, da cui si evince che la differenza biologica e di genere ha culturalmente comportato una pesante condizione di sottomissione e subordinazione, sociale, politica, economica, dei negri e delle donne all’uomo maschio, bianco e proprietario, vediamo come il paragone con la categoria dei "biondi", differenza biologica tout court, risulta essere quasi grottesco.
Il problema che sollevi trova una risposta nel modello dell'Affirmative Action, ossia “discriminazione positiva”, che presenta diverse varianti, ma quella che mi pare faccia al caso tuo è quella presentata da Dworkin: si promuovono una serie di politiche (azioni positive) volte a riequilibrare gli svantaggi che, per questioni culturali e sociali, gravano su certe persone o gruppi di persone, come la loro esclusione dall'accesso a posizioni e cariche, dal godimento di beni e servizi, eccetera. Non che questo modello sia del tutto esente da critiche, e in effetti ne ha avute, come tutti i modelli, tuttavia a mio parere offre una risposta interessante e non banale al problema: si discrimina alla rovescia, si tratta meglio chi sta peggio per consentirgli opportunità pari a quelle di chi sta meglio.
In questo senso, dice Dworkin (non ricordo in quale dei suoi libri sull’argomento, forse “I diritti presi sul serio”, 1982), si è mossa la Corte Suprema statunitense quando si è trovata a decidere su tematiche scottanti: ad esempio, quando ha deciso, in diverse sentenze tra gli anni ‘70/ ’80, che la donna dovesse essere la sola a decidere se abortire o non abortire, dando al suo diritto un valore maggiore di quello del padre, o dei genitori se minorenne, o dell’embrione stesso. All’inizio la giustificazione era di coscienza: spettava alla donna in quanto direttamente interessata nella gravidanza. Col tempo però questa giustificazione ha perso vigore e si è affermato sempre più il principio dell’AA: la donna decide perché è il contraente debole, è il soggetto che risulta storicamente più discriminato. Ma ci sono tanti altri esempi di applicazione dell’AA nelle sentenze delle Corti, in particolare per quanto riguarda le controversie sull’assegnazione del medesimo posto di lavoro ad un nero o ad un bianco, o tra un uomo o una donna.
In questo senso va vista anche la soluzione delle quote al problema della sottorappresentanza delle donne in parlamento. Il problema che si è verificato lì da te in Svizzera è attualmente dibattuto anche qui in Italia. A tal’uopo non ho ancora una posizione definitiva: se da un lato non posso che auspicare una maggiore rappresentanza delle donne in parlamento (l’Italia è tra i paesi che vede le donne meno rappresentate, circa l’8-10%, e la Svezia, che è il paese a maggior rappresentanza, non va comunque oltre il 45%), dall’altro non sono certa che un numero fisso di quote sia la soluzione migliore, per diversi motivi, tra cui alcuni dubbi sulla democraticità dell’operazione. Forse una soluzione migliore, per favorire la massima rappresentanza e al contempo rispettare la democraticità della scelta, è che i partiti presentino un numero maggiore di candidature femminili, che poi saranno sottoposte alla volontà elettorale. Ma chi la garantirebbe? Non sono da scordare le resistenze culturali all'ingresso delle donne in politica: gli individui (anche le donne) hanno sul groppone i retaggi di una società patriarcale non molto lontana, che concentra il potere nelle mani maschili, e che tende a far preferire un candidato uomo perché considerato più abile, competente, dignitoso, efficace, colto, quando non addirittura più intelligente. Le quote, quindi, sono oggi generalmente considerate lo strumento per offrire alle donne la possibilità di partecipare più intensamente alla vita politica, superando così il problema della scarsa rappresentanza. Ma mi fermo qui, non solo perché questo tema meriterebbe una discussione a parte, ma anche in ragione dello scarto esistente tra le nobili caratteristiche enunciate qualche riga sopra e quelle possedute dalla maggioranza dell’attuale classe politica italiana, scarto che induce alla più misera depressione.

Spero di esserti stata un po’ d’aiuto. La questione del razzismo e della discriminazione è molto complessa e delicata, io non ho ancora le idee del tutto chiare in merito ad alcuni punti, e voglio approfondire altri autori che offrono soluzioni diverse. Comunque con Dworkin ho fatto un bel salto in avanti.
Ciao


Ps. Visto che non ci saltavo fuori, e in alcuni libri di storia veniva usato tranquillamente ‘negro’, ho posto la domanda ad un prof. di linguistica. Questi mi disse che ‘negro’ è comunemente usato in modo neutro tra le persone di colore, infatti negra è la razza di appartenenza. E negarlo vuol dire disconoscere la propria appartenenza. Ricordo a questo proposito l’intervento di un professore universitario di colore (qualche anno fa a Tappeto volante… vabbé) che rivendicava con orgoglio l’appartenenza alla razza negra. “Io” diceva “sono negro, non nero”. Tuttavia, a causa della connotazione dispregiativa e razzista che la parola ha assunto in bocca ai bianchi, l'uso di questa parola è considerato tabù tra i niggers, se fatto da chi nigger non è. Così come è considerato tabù appellare ‘gay’ un omosessuale, se chi lo fa è eterosessuale. Insomma, tutto bene per ‘negro’, ma tra simili. Non so quanto sia generalizzabile questa spiegazione, anche perché posso riportare casi che rivelano estrema tolleranza dei negri/gay verso i bianchi/etero che li chiamano così. Ma se lo dice un prof. di linguistica, forse proprio una stronzata non sarà, qualche ricerchina in più di me sull’argomento l’avrà fatta.

Maxmel
20-03-2005, 14:51
Originariamente inviato da Lorenzaccia
xIl problema che sollevi trova una risposta nel modello dell'Affirmative Action, ossia “discriminazione positiva”, che presenta diverse varianti, ma quella che mi pare faccia al caso tuo è quella presentata da Dworkin: si promuovono una serie di politiche (azioni positive) volte a riequilibrare gli svantaggi che, per , ", gravano su certe persone o gruppi di persone, come la loro esclusione dall'accesso a posizioni e cariche, dal godimento di beni e servizi, eccetera. Non che questo modello sia del tutto esente da critiche, e in effetti ne ha avute, come tutti i modelli, tuttavia a mio parere offre una risposta interessante e non banale al problema: si discrimina alla rovescia, si tratta meglio chi sta peggio per consentirgli opportunità pari a quelle di chi sta meglio.




non mi sembra una gran bella soluzione quella di ricadere nell'opposto per ripagare del contrario...
Sembra un pò come parlare di interessi in ambito bancario: ecco che i negri ( o chi per loro, sostituire con una delle categorie discriminate a piacere...) hanno maturato negli anni un certo credito da restituirgli e con gli interessi per di più! Originale come teoria!... Privilegiamoli allora e nel contempo discriminiamoci noi ( intanto cominciamo a maturare gli interessi anche noi, allora... E non se viene più fuori...).
Davvero il senso di colpa porta al masochismo.
Peccato che le cose non stiano proprio cosi e, paradossalmente, tale teoria mi pare che continui a mantenere le "classi" e le "categorie"... In quanto ogni singolo individuo ,quando venisse considerato per sè e in sè, alla nascita, è un nuovo inizio e non porta con se ne eventuali colpe ne eventuali meriti ne alcuna appartenenza a chicchessia o a qualsivoglia categoria. In ragione di ciò , volendo finalmente instaurare l'uguaglianza, basterebbe iniziare a trattarlo da uguale. Pena mutilarne la libertà originaria.
Il privileggio è sempre una discriminazione anche se cade sugli oppressi...
Quello del "nuovo inizio" mi pare l'unica soluzione per venire fuori da circolo vizioso della logica del privilegio. Mi sembra anche un modo per non cadere in un determinismo storicistico rigoroso che nega ogni libertà umana ovvero che, per usare le tue parole, "questioni culturali e sociali" determinino unicamente e solo esse l'individuo...
Quello del "nuovo inizio", dunque, non vale unicamente per l'individuo nuovo ma anche per quello esistente in quento ancora tale e non unicamente determinato da contingenze storiche. Si trattarebbe di un'atto di arbitrio umano come quelli che nella storia hanno costituito dei punti di svolta almeno ideali.

Lorenzaccia
20-03-2005, 17:08
Originariamente inviato da Maxmel
...


Forse hai un po’ radicalizzato i toni - da quel che dici sembra quasi che con l’AA l’essere negri (o altra categoria storicamente discriminata) diventi un privilegio sociale, e che da qui ciascun negro, bello sicuro di sé per il solo fatto di essere tale, e a prescindere da qualsiasi altra caratteristica es. status socio-economico, cominci ad adire corti a destra e a manca su questioni controverse che lo riguardano perché tanto sa che sarà privilegiato in quanto storicamente discriminato, sic et simpliciter, mentre ogni ragione della controparte diventa irrilevante. Una cosa del genere oltre che ingiusta è quasi banale per un pensatore del calibro di Dworkin. In realtà, l’applicazione dell’AA non implica un capovolgimento a tappeto, indiscriminato, senza se e senza ma, che ignori ogni altra ragione. Ad esempio, ricordo che D. riporta anche il caso di una sentenza che vedeva contrapposti un signore bianco appartenente alla middle class americana, e una signora bianca, sempre facente parte della middle-class, e quindi di status socio-economico elevato, per l’assegnazione di un posto di lavoro. La corte diede ragione al signore, ritenuto più idoneo, adducendo che le condizioni sociali dei due non permettevano di individuare alcuna discriminazione tale da ritenere di dover favorire la signora in quanto donna, e quindi in quanto categoria discriminata. Insomma, la discriminazione non sussisteva più. Inoltre, Dworkin non parla di una discriminazione passata e finita, che riguarda solo i padri, e di cui la colpa non può cadere sui figli, individui nuovi e non responsabili, ma di una discriminazione che socialmente è ancora in corso. Ed è per raggiungere l’uguaglianza e la giustizia sociale, consistente nell'avere tutti, di fatto e non formalmente, pari opportunità d'accesso a cariche e servizi, nell'era globale alla luce dei nuovi diritti emergenti (non più solo diritti civili, politici e sociali, ma anche diritti dei nuovi protagonisti del mondo del lavoro), che egli offre la sua soluzione - però hai colto bene una della critiche che sono state fatte a Dworkin. (mi scuso per il maxi inciso :D )
Ed in effetti su questo punto anch’io sono un po’ perplessa, e se dovessi rifiutare impulsivamente la teoria di Dworkin, senza avere gli argomenti di un filosofo, lo farei proprio per il motivo che hai sollevato tu. In particolare non riuscivo (non riesco) ad accettare il fatto che una giustificazione di coscienza (cfr. decisione all’aborto, ma anche tanti altri ambiti) che per definizione riguarda l’individuo, e a mio parere giudice unico del proprio destino quando la scelta che lo riguarda è morale, possa avere meno valore della giustificazione del contraente debole, del privilegio per non discriminare, che vede inserito l’uomo in una struttura sovraordinata di relazioni storiche e dinamiche consequenziali.
Un altra critica è che Dworkin sembra considerare poi le categorie storicamente discriminate, ad es. le donne, un ‘ceto’, omogeneo e uniforme, e non singoli individui, con percorsi culturali, sentimenti, aspettative, desideri, propri e diversi gli uni dagli altri. Ad es. nel gruppo ‘donne’ stanno realtà diversissime, si pensi ad una donna della middle class statunitense ed una negra di Harlem, una italiana benestante ed una iraniana, ma ci sono mille altri casi. All’interno dello stesso parlamento italiano, le parlamentari di destra (cosiddetta) hanno idee differenti da quelle delle parlamentari di sinistra (ad es. sul il tema della fecondazione assistita) e di conseguenza differenti sono anche le politiche che propongono.
Tuttavia, le cose sono più sottili, e non semplici così come le ho riportate nella mia breve e schematizzata sintesi. Dworkin non è il primo che passa per strada che tenta di cimentarsi con la filosofa politica e la filosofia del diritto. E’ stato criticato, ma sembra quasi che nel panorama contemporaneo nessuno prescinda dalle sue idee, o per seguirle e svilupparle, o per confutarle. Andrebbe studiato nello specifico, la letteratura in materia è vastissima, e il tempo a disposizione per affrontarla tutta in modo puntuale da parte mia è poco.

Mi piacerebbe molto continuare il discorso, ma ora devo partire e starò via una settimana. Magari più in là possiamo riprendere e approfondire la questione.
Ciao

Lorenzaccia
20-03-2005, 18:19
Solo un’altra cosa. Dici che “volendo finalmente instaurare l'uguaglianza, basterebbe iniziare a trattarlo da uguale”. E dici poco? Questo a mio parere è l’ideale verso cui tutti dovremmo tendere: il singolo, se posto di fronte alla scelta tra 2 persone, una storicamente discriminata e l’altra no, ne sceglie liberamente una, non influenzato da retaggi storici, dando alle differenze dei due lo stesso valore, e quindi dando alle due persone pari dignità.
Però questo è realizzabile solo a livello di coscienza individuale, e diventa universale quando tutti agissero sistematicamente in tal modo. Ma proprio perché individuale, questo istinto può esserci e può non esserci, e quindi non è garanzia perché si possa realizzare a livello sociale l’eguaglianza e la giustizia. Come si risolve?

Inoltre, se è vero che l‘individuo che nasce è sempre un essere nuovo, dotato di libero arbitrio e di coscienza, e non è responsabile delle realizzazioni storiche che lo hanno preceduto, è anche vero che il contesto dove nasce è rilevante per la sua formazione, in quanto lo inserisce in una rete di vincoli ed opportunità, quindi in una data struttura sociale anziché in un’altra, da cui non può prescindere (ad es. un uomo nato in Afghanistan vs un uomo nato, chessò, in Svezia). Può accettare tutto, o rifiutare tutto. Può rifiutare certe cose della sua cultura, altre accettarle. (Ecco il libero arbitrio). E dall’interazione tra le sue attività e il contesto sociale nascono nuove idee, nuove concezioni, nuove strutture che fungeranno da vincoli per le generazioni future. Ma è sempre e comunque una decisione soggettiva, che non garantisce universalità di comportamento, e il percorso per il ricambio di valori e concezioni è sempre molto lungo, e non immediato.

Ora scappo davvero.

Maxmel
25-03-2005, 17:59
Veramente, ciò che più rifuto in simili concezioni è il materialismo radicale che ne fa da sfondo... (che in realtà, poi, è l'ennesima forma di trascendenza della situazione concreta vera e propria e dell'autentico individuo concreto. Lo si vede dall'esempio che citi ,quello della corte americana, su cosa avrebbe dovuto basare una decisione diversa da quella che ha preso? Le circostanze materiali, non erano come tu stessa affermi, le stesse? Salvo per il fatto che una era una donna ed ecco allora che questa circostanza, si materiale, assume un senso trascendente se stessa ed è il significato di essere donna che si vorrebbe contasse e non già la circostanza giacchè quella è, in quella situazione concreta, uguale).
Ovviamente con ciò non vuol che abbia liquidato il problema delle circostanze storiche: ho detto che rifutavo un determinismo storico radicale e non qualsiasi determinazione umana da parte dell'ambiente.
Faccio ricorso a istanze "non universali" e, anzi, individuali? Si,certo, ma non penso sia un problema, anzi credo proprio che sia un vantaggio.
Che cosa garantisce le giustizia? Quella universale proprio niente (ma daltronde è veramente desiderabile e sarebbe daltraparte veramente giusta?).
Forse sono stato un pò oscuro, ma vabbè... confido in un pò di pazienza...