View Full Version : La solita coerenza...
Nel 1990 Giulio Andreotti, il più filo-arabo dei nostri governanti, e tra i meno filoamericani, schierò l'Italia nella coalizione guidata da George Bush padre nella prima guerra del Golfo. Mandammo, oltre ad alcune unità navali, una squadriglia di Tornado. Alla prima missione, il 18 gennaio 1991, ne fu abbattuto uno e le immagini di Maurizio Cocciolone e Gian Marco Bellini prigionieri degli iracheni fecero il giro del mondo.
PRECEDENTI: ANDREOTTI E D'ALEMA
L'Italia era alla sua prima vera operazione bellica dal 1945, il governo era titubante, l'opinione pubblica pure, e il Vaticano fortemente contrario.
Eppure Andreotti, maestro di sottigliezze, riuscì a tenere il punto: «Una volta prese decisioni come queste, si va avanti». L'opposizione non fece barricate e non vi furono proteste di piazza: quasi più polemiche provocò la dissociazione di un comandante della Marina in navigazione verso l'Arabia: venne destinato ad altri incarichi.
Nel 1999 Massimo D'Alema era presidente del Consiglio di un governo ulivista quando l'Italia prese parte attiva alla guerra del Kosovo. I bombardieri della Nato partirono dalle basi italiane per colpire l'esercito yugoslavo e anche allora i nostri Tornado presero parte alle operazioni. Se domani la sinistra - l'Unione di Romano Prodi - fosse al governo, verosimilmente l'Italia non potrebbe partecipare né ad una nuova Desert Storm come quella delO90-'91, né a un nuovo Kosovo. Il Professore ha infatti schierato l'opposizione sul no assoluto non solo a qualsiasi coinvolgimento militare, ma anche al rifinanziamento necessario ai nostri 3.000 dislocati schierati in Iraq.
COME ZAPATERO
Per questo Prodi non ha esitato a rompere l'unità interna del centrosinistra faticosamente raggiunta e celebrata una settimana fa, definendo «un rametto»quella frangia della Margherita capeggiata da Francesco Rutelli che avrebbevoluto almeno astenersi.Prodi motiva tanta intransigenza con due argomenti: la mancanza di segnali nuovi da parte del governo sul ruolo dei nostri militari; e l'incapacità dell'Onu ad assumere la guida della presenza in Iraq. Per rafforzare questa posizione è andato a cercare una sponda a Parigi, dal presidente francese Jacques Chirac.
Si può dissentire dalla guerra per molti validi motivi, ma se la maggioranza del Parlamento avesse votato come Prodi i nostri militari non avrebbero più soldi né per difendersi né per mangiare. Dunque dovrebbero fare i bagagli come gli spagnoli di Louis Zapatero.
Quanto agli argomenti prodiani, il primo, la mancanza di fatti nuovi, è smentito dallo svolgimento delle elezioni a Bagdad. Il secondo, il ruolo dell'Onu, è contraddetto dall'auspicio di Kofi Annan affinché la comunità internazionale assuma la responsabilità dell dopoguerra iracheno anche per sottrarla agli americani. Infine i tradizionali interlocutori europei di Prodi: sia Chirac sia il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder hanno appena ristabilito un dialogo con la Casa Bianca, dopo la visita di Condoleeza Rice.
DA RESISTENTI A TERRORISTI
Dunque più che a questioni di politica internazionale, dove le novità ci sono, è a quelle di politica interna che Prodi continua ad ancorare la propria linea. E il motivo è sempre lo stesso: Fausto Bertinotti.
Rifondazione comunista, alla vigilia di un congresso dove il segretario se la dovrà vedere con le frange trotskiste più a sinistra di lui, non può cedere di un millimetro. Né può consentire che l'Unione, della quale è parte integrante, offra una pur minima apertura. Con sé Bertinotti ha la sinistrads, che al congresso ha ottenuto circa il 20 per cento, i Verdi, i Comunisti italiani. Un'area che a sua volta è divisa tra «filogovernativi» e ammiccanti ai no global. Oggi, parlando dell'appello video di Giuliana Sgrena, il portavoce dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio ha detto: «La nostra richiesta di ritiro delle truppe dall'Iraq - ha aggiunto Pecoraro non è certo condizionata da ricatti di terroristi». Terroristi? Ma non erano «resistenti»?
SAGGIO FASSINO, MA PRODI SEMPLIFICA
E visto che una settimana fa il segretario ds Piero Fassino aveva definito «resistenti» gli iracheni che si erano recati a votare, è evidente che c'è un problema, a sinistra, nell'inquadrare lontera vicenda Iraq. In questa situazione la scelta di Prodi è di imboccare la scorciatoia. E, come accade sempre più spesso da qualche tempo, di farsi dettare la linea non dalla propria maggioranza riformista, ma dalla minoranza massimalista. In politica estera questo è tanto più evidente da avere indotto Fassino, ad ammettere onestamente che in caso di ritorno al governo il centrosinistra avrà bisogno dei voti del centrodestra. Dopo 15 anni di grandi cambiamenti mondiali e dievoluzione del ruolo dell'Italia, avremmo un governo con le mani più legaterispetto all'era Andreotti e alla prima esperienza dell'Ulivo a palazzoChigi.
ITALIA ISOLATA?
Prodi finora ha mascherato questa situazione dietro i paludamenti dell'Onu.
Dopo il colloquio con Chirac ha anche riferito che il presidente francese avrebbe detto che «l'Italia è isolata nel resto d'Europa» e che «Madrid conta molto più di Roma». Frasi che hanno suscitato sconcerto alla Farnesina e che secondo molte fonti del governo e della maggioranza, difficilmente il presidente francese può aver pronunciato, almeno in quei termini. È infatti contro tutte le regole e le prassi diplomatiche che un capo di Stato, in una sede ufficiale (l'incontro si è svolto all'Eliseo) si esprima con un linguaggio da leader di partito.
Ma al di là di questo episodio particolare, c'è una differenza stridente tra la linea di opposizione al governo uscita, per esempio, dal congresso ds, e la campagna e gli atteggiamenti prodiani. Al punto da far nascere il sospetto se l'asse di ferro con Bertinotti riguardi solo la politica estera (peraltro oggi sempre più strategica nelle scelte di un paese): o se invece l'Unione dovrà, per così dire, pagare dazio a Rifondazione su tutto il resto del programma.
da Panorama
Come per ogni articolo è opportuno citare la fonte.
luigiaratamigi
21-02-2005, 11:58
Originariamente inviato da cercaleo
Eccolo qui il problema: se vinceranno le elezioni, dietro il faccione da braccobaldo avremo faustino nostro a governare il paese. E questo mi fa tanta ma tanta paura.
:(
Paura di chè?
Morte miseria terrore e raccapriccio?
Originariamente inviato da cercaleo
Paura di che? Lol
Paura di trovarmi casarini ministro della giustizia.
Paura di diventrare il primo stato in Europa rosso (ma rosso davvero)
Paura di farmi governare da un partito comunista.
Paura di che?
:rolleyes:
Beh, a livello di battuta, direi che difficilmente Casarini potrà delegittimare la magistratura più di quanto ha fatto Castelli. Usano le stesse parole i due...
Purtroppo può anche non essere una battuta, la triste esperienza passata traccia fin troppo bene il percorso di questi "duri&puri"... Casarini potrebbe anche diventare, fra 10 o 20, Ministro o SottoSegretario... la cosa drammatica è che, probabilmente, sarà per un partito di CentroDestra...
Per il resto...
:rolleyes:
partito comunista e stalinista , prego!
:O
Ciaozzz
Originariamente inviato da cercaleo
Non scherziamo ragazzi: passi il centrosinistra, ma non possiamo consegnare la nazione in mano a un partito comunista!
Castelli confronto a Casarini è uno statista d'altri tempi. E sappiamo Rifondazione per chi simpatizza. E conosciamo anche i modi di rifondazione.
Sì?
Io non so cosa conosci tu, non so a chi ti riferisca, non so quali metodi tu stia dicendo.
So solo che questo modo di fare politica, appiccicando al nemico non l'etichetta di "incapace" o "corrotto" (che già è deprimente) ma di "male personificato", ormai in voga da 10 e passa anni, è tristissimo.
Ma vi lascio pure continuare da soli, ognuno si diverte come può.
Originariamente inviato da cercaleo
Non scherziamo ragazzi: passi il centrosinistra, ma non possiamo consegnare la nazione in mano a un partito comunista!
Castelli confronto a Casarini è uno statista d'altri tempi. E sappiamo Rifondazione per chi simpatizza. E conosciamo anche i modi di rifondazione.
ma no!!!!ma cosa dici?!?
Casarini è l'unica voce della libertà in questo paese guerrafondaio governato da un regime post-fascista e censore della voce del popolo, unico lottatore contro questo Stato di Polizia e opprimente delle voci di opposizione.
Solo con lui al timone le cose potranno diventare coerenti con lo spirito di giustizia che anima il suo esercito di soldati delle libertà.
Cmq bisogna riconoscere a rifondazione di non lasciarsi mai fuorviare dai propri interessi da giochi politici e di poltrona.......come persona preferisco mille volte Bertinotto che il Pretone o i Mastella........
Scoperchiatore
21-02-2005, 12:29
Originariamente inviato da cercaleo
Ok, passi per gli elettori di rifondazione ma...quelli del centro sinistra che dicono?
Boh, te la sei cantata e suonata da solo, come si dice a Roma :D
In 2 post sei passato dalla paura che vinca il centro sinistra (ovvia, sei di destra) al fatto che questo implichi essere governati da Bertinotti e dai partiti comunisti.
Il sottile elemento che rifondazione prende una percentuale abbastanza bassa dai voti, non conta ? :D
E' come se io dicessi che ora siamo governati dalla Lega (che comunque ha un successo maggiore di RC). E' vero? A me non sembra, so solo che la Lega accampa molte richiesta, ma non gliele danno tutte vinte.
Capisco la tua paura di avere un paese governato per un anno fra continue liti, e poi vedere un Bertinotti che fa cadere il governo uscendo dalla coalizione, come successo tempo addietro.
Quello sarebbe controproducente per tutti, e sintomo di una mancata maturazione della sinistra. Ma lì, sarei più deluso io che li voterò, perchè a quel punto non saprei a che santo votarmi...
luigiaratamigi
21-02-2005, 12:35
Originariamente inviato da cercaleo
Non scherziamo ragazzi: passi il centrosinistra, ma non possiamo consegnare la nazione in mano a un partito comunista!
Castelli confronto a Casarini è uno statista d'altri tempi. E sappiamo Rifondazione per chi simpatizza. E conosciamo anche i modi di rifondazione.
Vabbè dai, si aprirà qualche gulag, mangeremo bambini in mensa, ma che vuoi che sia....
:rolleyes:
P.S. E io che credevo che ormai nessuno si beveva più le fandonie del cavalier Bellicapelli....
Scoperchiatore
21-02-2005, 12:52
Originariamente inviato da cercaleo
Pensa te che io credevo che nel 2005 non ci potessero essere governi con una spina dorsale comunista! Che mondo, eh?:muro:
Ma quale spina dorsale, cercalè????
Il 5% (o 3, non mi ricordo), al massimo è un braccetto, e pure rachitico! :D
Se dobbiamo parlare di realtà parliamone, ma "Il magico mondo rosso" di Cercaleo, è edito da Sperling&Kupfer, ed è una bella favola di fantasia :sofico:
Anche Rutelli crede al cav.bellicapelli e a cercaleo, quando lamenta il peso eccessivo di Bertinotti nelle decisioni dell'Unione? :confused:
Rutelli: la Fed non ha senso se non detta l´agenda riformista
Massimo Giannini
18-02-2005 la Repubblica
Il leader della Margherita a Prodi: "Tocca a noi, non a Bertinotti, imporre la piattaforma per il governo del Paese". "Quel no sull´Iraq è stato un errore gli italiani non vogliono il ritiro".
Onorevole Rutelli, dopo il drammatico video di Giuliana Sgrena cosa è cambiato nella posizione del centrosinistra sull´Iraq? Per lei, che avrebbe preferito un voto di astensione sul rifinanziamento della missione Antica Babilonia, non c´è il rischio che ora il pendolo dell´opposizione oscilli addirittura verso una richiesta di ritiro immediato delle truppe?
«No. Non è affatto chiaro in che mani sia la Sgrena, se si tratti di una banda di criminali comuni, dell´azione di un gruppo di guerriglieri "politici", o se vi sia un possibile intreccio tra queste due componenti. Ma una cosa è certa: a chi minaccia con il ricatto e con la violenza non si può rispondere sì. Lo Stato italiano, con il nostro sostegno, ha il dovere di attivare tutti i canali di trattativa, di tentare tutte le strade per arrivare alla liberazione di Giuliana. Ma non può e non deve riconoscere a questi banditi lo status di interlocutori politici».
In ogni caso, la divisione sul voto alla missione in Iraq ha lasciato strascichi velenosi nella Fed. Lei ha guidato il «rametto dei dissidenti», come ha detto Prodi: continua a pensare che il no sia stato un errore?
«Intanto, registro con soddisfazione che lo stesso Prodi ha smentito di aver pronunciato quella frase. D´altra parte, sarebbe stata una frase incongrua. Nell´Ulivo riunito dentro la Federazione non ci sono rametti o tronchi: ci sono donne e uomini liberi, non correnti di partito».
Può cambiare qualcosa alla Camera? È possibile la presentazione di un ordine del giorno, come lei avrebbe voluto già al Senato?
«La scelta è stata già fatta, ed ora bisogna attuarla. E questo, sul piano del metodo, è un punto di forza della Federazione. Chi ha un´opinione la manifesta, cerca di affermarla, ma se non viene accolta si attiene alla decisione presa a maggioranza qualificata. Per la prima volta ci siamo presentati in assemblea in piena libertà. Noi della Margherita abbiamo trasferito nella Fed le articolazioni politiche e la procedura democratica che adottiamo all´interno del nostro partito. Ma è importante che questa linea di condotta sia tenuta da tutti. La Margherita si presenta all´assemblea mettendosi in discussione e facendosi attraversare dal dibattito, ma se i nostri partner non fanno altrettanto, allora la Fed perde di senso. In quella sede unitaria noi non siamo più uomini di partito, ma discutiamo da pari a pari sui temi che abbiamo devoluto alla federazione. E con questi criteri decidiamo, e ci vincoliamo alla decisione presa».
Ma sul merito, cioè il voto sulla missione in Iraq, le divergenze rimangono. E il famoso «timone riformista» dell´alleanza non ha funzionato. Siete andati fuori rotta. Sulla rotta preferita da Bertinotti.
«Resto convinto che questa sia stata un´occasione perduta. Considero serie le riflessioni di Marini e degli altri sul cambio di scenario in Iraq. Avevo proposto un compromesso: un ordine del giorno, per sfidare il governo con una nostra piattaforma alternativa. Di fronte al più che probabile diniego che avremmo ricevuto, il "no" finale al rifinanziamento sarebbe stato più comprensibile. C´erano disponibilità su questa ipotesi, da D´Alema a Fassino a Boselli...».
Poi cosa è successo? Chi ha deciso di lasciar perdere? I Ds, Prodi da Parigi, tutti preoccupati di non rompere con Rifondazione?
«Non lo so. Ormai è inutile discuterne. Il dado è tratto, e io mi attengo disciplinatamente alle decisioni della maggioranza».
Quindi lei si arrende? Siamo davvero al «riformismo platonico», sempre idealizzato, mai praticato?
«Non mi arrendo affatto. Sono più che mai convinto che in Iraq, dopo le elezioni, si è aperta una fase nuova. Aspettavamo questo momento da un anno e mezzo: la parola sta finalmente tornando agli iracheni, anche se in un contesto ancora molto difficile, con la guerriglia che non arretra, i pericoli di una deriva teocratica e non laica dentro le nascenti istituzioni di quel Paese. Il centrosinistra ha tenuto una linea di coerente opposizione alla guerra unilaterale, e poi alla gestione del dopo-guerra da parte degli americani. Ma oggi, e ogni giorno che passa, diventa sempre più chiaro che occorre uno sforzo nuovo, di tutti, per lavorare affinchè la svolta in Iraq diventi stabile».
Ma con la linea che avete scelto questo sforzo non viene vanificato?
«Su questo dobbiamo riflettere. Dobbiamo riflettere sul fatto che, come dimostrano i sondaggi di queste ultime ore, c´è una larga maggioranza degli italiani, e anche una chiara maggioranza dei nostri elettori, che a questo punto si dichiara contro un ritiro unilaterale dall´Iraq, anche dopo l´appello della Sgrena. Tutto questo, nei prossimi mesi, richiede da noi un impegno diverso».
Insomma, mai più mozioni per il ritiro delle truppe?
«L´avevamo chiesto, unitariamente, nove mesi fa. Oggi la questione è chiusa, il Parlamento ha votato. È chiaro che si deve ragionare di exit strategy, ma è altrettanto chiaro che questa dovrà essere graduale, e dovrà rientrare nella ridefinizione del calendario Onu, che arriverà fino a giugno e poi sarà rinnovato. Mi auguro con un più largo impegno internazionale».
Non tutti, nelle file del centrosinistra, sembrano pronti a ragionare in questi termini.
«E invece dobbiamo farlo. Noi dobbiamo decidere su cosa deve fare l´Italia, piuttosto che esercitarci, spesso in modo accademico, su ciò che debbono fare gli altri, dando l´impressione che poniamo condizioni tecnicamente non facili, se non proibitive, una volta a Kofi Annan, un´altra volta al Consiglio di sicurezza, un´altra volta ancora alla Ue o alla Nato. È del tutto evidente che oggi dobbiamo guardare alla vicenda irachena con un atteggiamento totalmente diverso. Non si può ripetere "no alla guerra" e basta. Il risultato del voto popolare ha aperto una fase nuova, e nei mesi a venire anche il centrosinistra è chiamato a pronunciarsi e ad assumersi le sue responsabilità su ciò che l´Italia deve fare per concorrere alla definitiva "irachizzazione" del dopo-elezioni».
Provi lei a convincere Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio...
«Siamo al nodo della questione, che badi bene, non è Bertinotti. Mi è stata attribuita la frase "ci dobbiamo distinguere da Rifondazione". Ma il punto non è questo. Il punto vero è che noi, la federazione, siamo una grande forza, che rappresenta i 3/4 dei voti di tutto il centrosinistra. Abbiamo dei doveri che derivano da questo. Dalla natura della nostra vocazione riformista, che deve essere l´asse solido e credibile per il governo di domani. È ora di far valere la forza persuasiva delle nostre proposte».
Finora non ci siete riusciti, o sbaglio?
«È vero. Ma ora che la Federazione è nata e ha iniziato a funzionare, abbiamo il dovere di riuscirci. Dipende solo da noi. Dobbiamo dettare la nostra agenda, che deve diventare la credibile e coinvolgente agenda di tutta l´opposizione, la piattaforma riformista da contrapporre all´agenda mediatica del governo».
Ma questa piattaforma riformista ancora non si vede.
«Voglio suggerire nelle tre aree di competenza della Federazione alcune questioni sulle quali possiamo cominciare a renderla visibile. La prima è proprio la politica estera: l´asse Nord/Sud del mondo, la riduzione del debito dei Paesi poveri, la lotta alle malattie e alla fame, su cui è aperto un confronto mondiale, da Davos a Porto Alegre, e su cui il nostro governo latita. E il Medioriente: a chi parla di denuclearizzazione dell´Iran possiamo rispondere con una proposta più ambiziosa: il disarmo nucleare di tutta la regione, compreso Israele, con l´impegno della Ue e della Nato a siglare un Patto per la sicurezza di quest´ultimo. La seconda questione è il futuro della Ue: sono appena rientrato dalla Spagna, e ho toccato con mano il serio rischio che esiste in Europa sui referendum per la ratifica della Costituzione. Ci sono rischi ben più alti in altri Paesi dell´Unione, dalla Francia alla Danimarca, per non parlare della Repubblica Ceca e del Regno Unito. E allora noi, europeisti da sempre, dobbiamo impegnarci a fondo, per non far naufragare questo grande progetto».
La terza questione?
«Le istituzioni. Dobbiamo avere l´onestà e la serietà di dire che, se vogliamo fermare il treno impazzito della devolution, dobbiamo aprire un grande dibattito nel Paese sulla criticità della riforma del Titolo V che proprio noi varammo nella passata legislatura. Dobbiamo condurre un esame severo delle inefficienze, della moltiplicazione dei costi e della burocrazia, della litigiosità che anche quella nostra riforma ha prodotto. Solo così saremo credibili nel nostro "no" alla riforma costituzionale che la destra ci vuole imporre».
Ci risiamo. Fioccheranno le critiche, contro i continui «strappi» di Rutelli. Dica la verità: ha una strategia segreta?
«La mia è una strana sorte. Ogni volta che faccio una proposta, parecchi insorgono e si risentono, salvo poi darmi ragione qualche mese dopo. È successo anche così sulle riforme si ricorda? Mi fu chiesto cosa avremmo fatto delle riforme approvate in questi anni dalla destra, se fossimo andati al governo. Con un esercizio che mi pareva di buon senso, dissi che avremmo cancellato quelle sulla giustizia, sul conflitto di interessi, ma non avremmo azzerato le altre, da quella sul mercato del lavoro a quella sulla scuola. Apriti cielo. Scoppiò il finimondo. Adesso mi pare che Fassino e Prodi abbiano detto le stesse cose. O sbaglio?».
Il fatto è che ogni volta la sospettano di «intelligenze col nemico».
«Salvo poi arrivare su posizioni comuni. Io mi auguro che, con il nuovo clima innescato dalla Fed, questo processo alle intenzioni finisca. È avvenuto con le proposte della Margherita sulle pensioni, sui contratti decentrati. E non dimentico che quando arrivò in Parlamento il decreto sulla missione in Afghanistan la Margherita votò sì, e fu considerato uno scandalo. Oggi, a quella stessa missione, ha votato sì tutto l´Ulivo...».
Sta dicendo che anche sulla missione in Iraq, tra un paio di mesi, tutto il centrosinistra la penserà come lei?
«Temo che non accadrà. Ma non dispero: lavoreremo per questo».
a leggere quello scrive cercaleo si capisce che la propaganda di Silvio è assai efficace
Propaganda di Ilvio anche sugli editorialisti di Repubblica? :Confused:
Il timone dell´Ulivo
18-02-2005
Editoriale di Miriam Mafai per "la Repubblica".
Era lecito attendersi qualcosa di più dall´esordio della Fed come "timone riformista" dell´Ulivo. Il dibattito sul rifinanziamento della missione italiana in Iraq si è concluso al Senato con la conferma del no dell´Ulivo, una decisione alla quale si è giunti dopo un vivace dibattito interno e alla quale si sono attenuti anche quei senatori della Margherita e dei Ds che avevano sostenuto una posizione diversa, messa in minoranza. Era lecito attendersi qualcosa di più.
Era lecito cioè attendersi, dall´Ulivo, un documento che prendendo atto dei cambiamenti intervenuti in Iraq dopo le elezioni del 30 gennaio impegnasse il nostro governo a promuovere a livello europeo una iniziativa per aiutare quel paese a stabilizzare, da qui alle prossime elezioni di fine 2005, le sue ancora fragili istituzioni esposte quotidianamente alla violenza terrorista. Non si è voluto o non si è potuto farlo e non ci è chiaro il perché.
Nessuno nega, credo, all´interno dei partiti che fanno parte della Federazione, che la situazione irachena è cambiata. Lo ha riconosciuto apertamente il segretario dei Ds, Piero Fassino, quando nella relazione al congresso del suo partito ha qualificato come soli, veri "resistenti" quei milioni di iracheni, uomini e donne, che sfidando tutte le minacce si sono recati alle urne. Lo ha riconosciuto il presidente dei Ds, Massimo D´Alema, quando, sfidando il principio di non contraddizione, ha annunciato che avrebbe votato contro il rifinanziamento della missione, senza tuttavia chiedere il ritiro delle truppe dall´Iraq.
Riconoscere che la situazione è cambiata non significa tuttavia rinnegare il giudizio che tutto il centrosinistra (e la maggior parte della nostra pubblica opinione) ha dato sulla "guerra preventiva" voluta da Bush. Ma tener fermo quel giudizio non può significare restare immobili su quella posizione e ignorare la necessità di disegnare oggi, a livello internazionale, un diverso rapporto non solo tra i paesi europei che rispetto a quel conflitto si sono collocati su posizioni diverse (da una parte Francia e Germania, dall´altra l´Italia), ma anche tra questi e gli Usa, tema che sarà inevitabilmente affrontato nel corso del viaggio di Bush in Europa. È necessario infatti rafforzare l´impegno e il ruolo dell´Europa e rendere più preciso e cogente quello delle Nazioni Unite per riportare il più rapidamente possibile quel martoriato paese alla normalità e, in questo quadro, prevedere anche il ritiro delle nostre truppe. Disegnare un nuovo ruolo dell´Italia e del suo governo in questa seconda fase della vicenda irachena poteva essere il senso di un documento che, elaborato in modo unitario dalla Fed, avrebbe dovuto poi essere sottoposto alla valutazione di tutto il centrosinistra e, infine, al voto del Parlamento. Non si è proceduto in questo senso perché, evidentemente, si è preferito evitare lo scoglio di un dibattito ed una eventuale differenziazione all´interno dell´Ulivo.
Quello che voleva essere il "timone riformista" dell´alleanza in questo suo primo passaggio è rimasto, se così si può dire, in folle. E Fausto Bertinotti ne ha preso atto con soddisfazione dichiarando: «Non è detto che il timone dell´alleanza debba essere un timone riformista: la partita è tutta aperta». Ma se davvero la partita sul carattere riformista o meno della coalizione è aperta, allora è giusto chiedere a tutte le forze che dello schieramento fanno parte di giocare la partita con chiarezza, senza reticenze e ambiguità, rendendo espliciti, in tema di politica internazionale come anche su altri temi delicati a partire dalla politica economica, progetti e scelte attorno ai quali sia possibile conquistare coscienze, solidarietà e consensi della maggioranza degli italiani.
Si tratta di un processo non facile quando si affrontino, come è inevitabile, temi complessi e controversi a livello nazionale e internazionale (a livello locale, come dimostrano anche le ormai vicine elezioni regionali, l´accordo è più facilmente raggiungibile). Ma la partita, per dirla con Bertinotti, è tutta da giocare. I nodi sono tutti da sciogliere. E il tempo non è infinito. L´Ulivo, o l´Unione come si è scelto di chiamarla, si è affidata a Romano Prodi riconoscendo in lui non solo l´esperienza e le doti necessarie per guidare, domani, un governo, ma anche la capacità e le doti necessarie per guidare, oggi, la fase di elaborazione del programma con il quale presentarsi agli elettori. Si tratta di un compito che, per essere portato felicemente a termine, richiede l´esperienza e l´intelligenza dello statista e, insieme, l´autorevolezza e la pazienza del leader politico. Nella coalizione che si candida al governo del paese convivono e si misurano infatti più anime e protagonisti. Da Mastella a Bertinotti. E se nella Fabbrica che mercoledì è stata inaugurata a Corticella si metteranno a punto idee, progetti, richieste, esigenze provenienti da vari settori della nostra società, non c´è dubbio che tutto questo dovrà poi essere sottoposto al filtro e al giudizio di tutta la coalizione. Progetti, idee e soluzioni da discutere. Rendendo, quando necessario, espliciti i dissensi. Un leader, diceva Romano Prodi nel suo applaudito discorso al Congresso dei Ds, deve anche saper dire dei "no". Ma anche i "no" come i "sì", anzi più dei "sì", vanno motivati con attenzione e pazienza. Per questo ci è sembrata per lo meno non felice la battuta - anche se smentita 48 ore dopo - con la quale Prodi ha liquidato la posizione assunta, a proposito del voto sull´Iraq, da Francesco Rutelli, definito con sufficienza solo un "rametto" dell´Ulivo. Il dibattito, anche all´interno della coalizione, è indispensabile, ma l´ironia non è lo strumento migliore per risolvere le controversie e raggiungere l´unità.
Scoperchiatore
21-02-2005, 12:58
Originariamente inviato da cercaleo
La lega maggiore di Rc? Che dici? :rolleyes:
Meglio :D
Non accadrà ed è questo il vero problema: concessioni a manetta a Rc....Semmai sono altri che rischiano di doversene andare creando crisi di governo.
Ok, qui si capisce la tua posizione.
E' un rischio, hai ragione.
Però va dimensionato come rischio.
Riuscire a creare un regime in una democrazia, oggi, è già ardua impresa. Un regime "stalinista", qiundi che inizi con una base comunista è qualcosa di impossibile.
Io fossi in te mi tranquillizzerei per la storia del regime.
Magari hai ragione a pensare che RC avrà più concessioni, e ti darà molto fastidio, ma come a me dà fastidio avere una Lega che ha fatto il bello e cattivo tempo su questioni fondamentali (devolution, autonomia regionale, e altri scampoli)
Originariamente inviato da cercaleo
Pensa te che io credevo che nel 2005 non ci potessero essere governi con una spina dorsale comunista! Che mondo, eh?:muro:
Verremo nella notte e nazionalizzeremo il tuo orto e il tuo giardino privato.:D
Scoperchiatore
21-02-2005, 13:03
A questo punto, immaginiamo per assurdo che Bertinotti abbia tutto quel che chiede, tanto da raggiungere la posizione di maggioranza nell'alleanza.
Ciò metterebbe Fassino, Brodo e d'Alema in posizione di minoranza, e quindi sarebbero loro a poter accampare tutte le richieste che vorranno. Insomma,un cane che si morde la coda :D
Per quanto mi riguarda, parere strettamente personale, un Bertinotti che prende il timone dell'alleanza non lo vedrei così negativo :D
Originariamente inviato da cercaleo
:fuck:
Vecchio plovelbio comunista insegnale: bisogna pubblicizzale debito e plivatizzale guadagni!
:D :O
Esattamente come fa Silvio!
Perchè noi lo sappiamo che Silvio privatizza le perdite e pubblicizza i guadagni...neh?
Scoperchiatore
21-02-2005, 13:25
Originariamente inviato da cercaleo
Eccallà! E allora dilllllloooooooo!!!:mad: :D
Purtroppo so che è ben difficile che accada :D
LittleLux
21-02-2005, 13:46
Originariamente inviato da cercaleo
Non scherziamo ragazzi: passi il centrosinistra, ma non possiamo consegnare la nazione in mano a un partito comunista!
Castelli confronto a Casarini è uno statista d'altri tempi. E sappiamo Rifondazione per chi simpatizza. E conosciamo anche i modi di rifondazione.
Ma lo sai che nel governo attuale c'è gente di Lotta Continua? Addirittura uno è stato sottosegretario alla giustizia. Non sei preoccupato per questo?
P.S.: probabilmente Cerbert ha ragione, tra vent'anni ci ritroveremo Casarini come ministro in qualche governo di dx.:asd:
vBulletin® v3.6.4, Copyright ©2000-2025, Jelsoft Enterprises Ltd.