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View Full Version : Il Governo vuole un codice per la guerra permanente. Per decreto.


feanor1982
11-02-2005, 12:34
Il linguaggio è quello, ingessato, di un resoconto sommario della Camera. Un bignami parlamentare, insomma. Ma il senso delle parole è chiaro lo stesso: «La Corte costituzionale con una serie successiva di sentenze ha praticamente determinato una progressiva erosione della giurisdizione militare, mentre il provvedimento in esame, ampliando l'ambito dei reati militari, praticamente va nella direzione opposta». Firmato: Carlo Taormina, deputato di Forza Italia, già sottosegretario del governo Berlusconi, nonché avvocato.

L’oggetto delle critiche, molto forti, di Taormina è il disegno di legge delega al Governo per la riforma dei codici militari di pace e di guerra. Una critica che ci sarebbe aspettati piuttosto da qualcuno dei deputati dell’opposizione che certo non si sono tirati indietro martedì alla riunione delle commissioni difesa e giustizia della Camera che avevano all’ordine del giorno la proposta governativa.

In sordina
Passata in sordina al Senato, precipitata alla Camera a ridosso delle feste natalizie, incardinata nel calendario parlamentare in modo che potesse procedere a passo bersaglieresco verso l’approvazione finale, la proposta governativa è pericolosa, e non solo per i militari, perché postula «uno stato di guerra permanente» come spiega Silvana Pisa, deputata del correntone diessino. Per Elettra Deiana, deputata di Rifondazione comunista, invece, «con questo codice implicitamente si normalizza l'uso della forza e quindi si esce dai limiti stabiliti dalla Carta costituzionale».

Una legge che tocca i militari (ed il Cocer, il “sindacato” delle forze armate è stato durissimo durante l’audizione alla Camera della scorsa settimana), ma che incrocia pesantemente anche chiunque abbia a che fare con le forze armate. I giornalisti, ad esempio, che seguono le operazioni in Iraq. Anche loro sono sottoposti alla giurisdizione militare e se danno notizie non autorizzate dai comandi possono essere processati.

O i dipendenti civili della difesa, che ne sono soggetti se sono addetti ad attività connesse con eventuali operazioni militari all’estero. Ad esempio gli operai di un’officina dove si riparano gli elicotteri destinati all’Iraq. O ancora le guardie giurate, quelle che adesso fanno la guardia ai depositi e alle caserme al posto dei marmittoni di leva che non ci sono più.

La guerra infinita
La previsione costituzionale secondo cui la guerra debba essere deliberata dal Parlamento è di fatto cancellata da questa legge. Dice l’articolo 4: «prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra». Chiarissimo. E più avanti, sempre allo steso articolo, «prevedere, nell’ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l’applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra sia disposta con atto avente forza di legge». Per spiegarci: basterebbe un decreto legge del governo per precipitarci tutti quanti in una guerra. Vera.

La legge non è uguale per tutti
All’articolo 3 c’è un elenco sterminato di reati «militari». Con una novità: se il militare commette un reato «civile» (che so, ruba un portafogli ad un suo collega), il reato diventa militare e l’autore viene processato da un tribunale in divisa. È quello che denuncia proprio Taormina. Così potrebbe succedere che se un carabiniere o un finanziere (che sono militari), commettono un reato qualsiasi, vanno davanti ad un giudice miltare. Il poliziotto (che invece è civile) e commette il reato assieme a loro va a processo dal giudice ordinario. Con tanti saluti all’articolo 3 della Costituzione: tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.

Libertà vo’ cercando
Un quarto di secolo fa i soldati andavano in galera perché si astenevano dalla mensa o firmavano innocenti petizioni. Poi la Corte costituzionale ha fatto tabula rasa delle norme che impedivano anche una semplice raccolta di firme.

Adesso anche questo sarà archiviato. È reato militare, dice l’articolo 3, «la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina». Pena, una bazzecola: «reclusione militare non inferiore nel minimo a tre anni e non superiore nel massimo a sette anni».miciliari.

Toni de Marchi

L'unità 10/02/2005

Onisem
11-02-2005, 14:05
Questo varrebbe anche nei casi di "missione di pace" ?

feanor1982
11-02-2005, 15:28
A quanto pare si!

Zebiwe
11-02-2005, 16:10
Non la trovo sbagliata.
Data la partecipazione a missioni di pace, che appunto non sono conseguenti a dichiarazioni di guerra, è necessario includerle nell'applicazione della legge di militare di guerra (missione di pace o meno i nostri soldati sono in pericolo e sotto attacco).

Più che altro mi interesserebbe fosse chiarita meglio la parte: se il militare commette un reato «civile» (che so, ruba un portafogli ad un suo collega), il reato diventa militare e l’autore viene processato da un tribunale in divisa
Cosa succede se è coinvolto un civile? La norma, da come commenta da L'Unità sembra riferirsi a casi in cui siano coinvolti solo militari..

Byezz
:sofico:

fek
11-02-2005, 17:07
Originariamente inviato da Zebiwe
Non la trovo sbagliata.
Data la partecipazione a missioni di pace, che appunto non sono conseguenti a dichiarazioni di guerra, è necessario includerle nell'applicazione della legge di militare di guerra (missione di pace o meno i nostri soldati sono in pericolo e sotto attacco).


Ma se sono missioni di pace perche' applicare la legge militare di guerra? Allora sono missioni di guerra.
Basterebbe stare a casa per risolvere il problema.

feanor1982
11-02-2005, 17:25
[B]

Una legge che tocca i militari (ed il Cocer, il “sindacato” delle forze armate è stato durissimo durante l’audizione alla Camera della scorsa settimana), ma che incrocia pesantemente anche chiunque abbia a che fare con le forze armate. I giornalisti, ad esempio, che seguono le operazioni in Iraq. Anche loro sono sottoposti alla giurisdizione militare e se danno notizie non autorizzate dai comandi possono essere processati.



Anke i civili!!!;)

Zebiwe
11-02-2005, 17:37
Originariamente inviato da fek
Ma se sono missioni di pace perche' applicare la legge militare di guerra? Allora sono missioni di guerra.
Basterebbe stare a casa per risolvere il problema.

In effetti farsi i caxi propri sta diventando un'arte... :rolleyes:

Originariamente inviato da feanor1982
Anke i civili!!!;)
Qui si parla di civili in zona di operazioni militari che diffondono informazioni che mettono a repentaglio la vita dei soldati...

Byezz
:sofico:

easyand
12-02-2005, 14:18
Originariamente inviato da feanor1982
Il linguaggio è quello, ingessato, di un resoconto sommario della Camera. Un bignami parlamentare, insomma. Ma il senso delle parole è chiaro lo stesso: «La Corte costituzionale con una serie successiva di sentenze ha praticamente determinato una progressiva erosione della giurisdizione militare, mentre il provvedimento in esame, ampliando l'ambito dei reati militari, praticamente va nella direzione opposta». Firmato: Carlo Taormina, deputato di Forza Italia, già sottosegretario del governo Berlusconi, nonché avvocato.

L’oggetto delle critiche, molto forti, di Taormina è il disegno di legge delega al Governo per la riforma dei codici militari di pace e di guerra. Una critica che ci sarebbe aspettati piuttosto da qualcuno dei deputati dell’opposizione che certo non si sono tirati indietro martedì alla riunione delle commissioni difesa e giustizia della Camera che avevano all’ordine del giorno la proposta governativa.

In sordina
Passata in sordina al Senato, precipitata alla Camera a ridosso delle feste natalizie, incardinata nel calendario parlamentare in modo che potesse procedere a passo bersaglieresco verso l’approvazione finale, la proposta governativa è pericolosa, e non solo per i militari, perché postula «uno stato di guerra permanente» come spiega Silvana Pisa, deputata del correntone diessino. Per Elettra Deiana, deputata di Rifondazione comunista, invece, «con questo codice implicitamente si normalizza l'uso della forza e quindi si esce dai limiti stabiliti dalla Carta costituzionale».

Una legge che tocca i militari (ed il Cocer, il “sindacato” delle forze armate è stato durissimo durante l’audizione alla Camera della scorsa settimana), ma che incrocia pesantemente anche chiunque abbia a che fare con le forze armate. I giornalisti, ad esempio, che seguono le operazioni in Iraq. Anche loro sono sottoposti alla giurisdizione militare e se danno notizie non autorizzate dai comandi possono essere processati.

O i dipendenti civili della difesa, che ne sono soggetti se sono addetti ad attività connesse con eventuali operazioni militari all’estero. Ad esempio gli operai di un’officina dove si riparano gli elicotteri destinati all’Iraq. O ancora le guardie giurate, quelle che adesso fanno la guardia ai depositi e alle caserme al posto dei marmittoni di leva che non ci sono più.

La guerra infinita
La previsione costituzionale secondo cui la guerra debba essere deliberata dal Parlamento è di fatto cancellata da questa legge. Dice l’articolo 4: «prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra». Chiarissimo. E più avanti, sempre allo steso articolo, «prevedere, nell’ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l’applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra sia disposta con atto avente forza di legge». Per spiegarci: basterebbe un decreto legge del governo per precipitarci tutti quanti in una guerra. Vera.

La legge non è uguale per tutti
All’articolo 3 c’è un elenco sterminato di reati «militari». Con una novità: se il militare commette un reato «civile» (che so, ruba un portafogli ad un suo collega), il reato diventa militare e l’autore viene processato da un tribunale in divisa. È quello che denuncia proprio Taormina. Così potrebbe succedere che se un carabiniere o un finanziere (che sono militari), commettono un reato qualsiasi, vanno davanti ad un giudice miltare. Il poliziotto (che invece è civile) e commette il reato assieme a loro va a processo dal giudice ordinario. Con tanti saluti all’articolo 3 della Costituzione: tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.

Libertà vo’ cercando
Un quarto di secolo fa i soldati andavano in galera perché si astenevano dalla mensa o firmavano innocenti petizioni. Poi la Corte costituzionale ha fatto tabula rasa delle norme che impedivano anche una semplice raccolta di firme.

Adesso anche questo sarà archiviato. È reato militare, dice l’articolo 3, «la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina». Pena, una bazzecola: «reclusione militare non inferiore nel minimo a tre anni e non superiore nel massimo a sette anni».miciliari.

Toni de Marchi

L'unità 10/02/2005

Niente di strano,anzi,era strano il contrario,dato che in tutti gli altri paesi le cose funzionano cosi.
In particolare i militari devono essere processati da militari non da civili!!

Inoltre molte delle disposizioni sono già applicate tuttora senza regolamento scritto,vedi ad esempio quelle sulla riservatezza.