majin mixxi
29-01-2005, 18:17
La Stampa:
QUANDO l’altra sera a Montecitorio, Silvio Berlusconi ha spiegato ai deputati di Forza Italia la sua versione del «conservatorismo compassionevole», la formula con cui George W. Bush ha vinto le sue prime elezioni presidenziali, tutti sono rimasti in silenzio. Un po’ per la sorpresa, un po’ per l’imbarazzo. Il Cavaliere, infatti, ha affrontato senza reticenze il delicato argomento della «beneficenza in politica». «Io nella mia vita ho sempre fatto beneficenza», ha spiegato: «Voi lo sapete. L’ho fatta ma sempre riservatamente, senza dir niente. Quando vengo a sapere di situazioni difficili, io intervengo senza dirlo a nessuno. E’ un mio principio e ho chiesto ai miei figli di fare altrettanto. Mi vergogno anche di aver detto pubblicamente dei 10 miliardi che ho donato a Don Gelmini e del miliardo che ho destinato ai salesiani...». Fin qui la posizione di sempre, quella che gli astanti hanno sentito uscire dalla sua bocca decine di volte. Ma il Cavaliere, si sa, non delude mai, e così, in un battibaleno ha annunciato la «svolta». «Ora, però, - ha rimarcato - mi sono rotto le scatole di fare tutto questo bene in silenzio. Anzi, la beneficenza per noi deve essere un comportamento generale: quando voi deputati venite a sapere che ci sono delle situazioni di particolare indigenza, povertà o necessità nei vostri collegi, segnalatemelo. Mettiamo su un vero e proprio sistema: voi date un appuntino ad Antonio Palmieri (deputato eletto a Cantù che si occupa del sito di Forza Italia, ndr) e noi interveniamo con un vaglia. Io posso farlo. Solo che questa volta lo farò pubblicamente. Almeno fino a quando durerà la campagna elettorale». Ci siamo arrivati. Si ritorna al tempo in cui gli imperatori romani si conquistavano il consenso del popolino secondo l’aurea regola «panem et circenses». Con il tramonto delle ideologie questa filosofia antica sta tornando in auge. E non solo a destra: l’estate romana per far divertire i cittadini della capitale l’hanno inventata le giunte di sinistra e il modello l’hanno esportato in tutte le altre città d’Italia. E, inutile nasconderselo, anche quello è uno strumento per conquistare il consenso. E più la compattezza ideologica viene meno e più i candidati nell’utilizzare questa «tecnica» che punta a soddisfare i bisogni primari degli elettori, perdono i freni inibitori: Maria Teresa Meli sul «Corriere della Sera» scrive che durante le ultime suppletive a Bari, alla fine di ogni comizio del candidato dell’Ulivo, Nicola Latorre, già segretario di Massimo D’Alema, arrivava un furgoncino con la fatidica scritta «vota Latorre» che distribuiva pasta Divella ai presenti. Il neo-senatore diessino ha smentito, ma, ad esempio, chi frequenta il popolare mercato pugliese di San Paolo quel furgoncino se lo ricorda, eccome. Ora Berlusconi, come gli capita spesso, ha deciso di alzare il sipario su questa ipocrisia. Addirittura uno dei suoi intellettuali di punta, Ferdinando Adornato, offre una motivazione culturale alla politica della «beneficenza» del Cavaliere. «Finite le ideologie - osserva - che hanno sempre rifiutato la compassione, l’atteggiamento caritatevole è tornato di moda. Del resto con la personalizzazione della politica offre una partiolare immagine del personaggio. E negli Stati Uniti, che sono più avanti di noi, i candidati spesso fanno beneficenza». Del resto, come può mancare la carità in quella lotta tra il Bene e il Male con la quale il Cavaliere ama rappresentare la competizione politica? E in fondo il «dare» è il verbo più usato da Berlusconi per coniugare «governo» con consenso, proprio come quando era all’opposizione la parola chiave era «protestare». Così il premier - è notizia di una settimana fa - crea un ufficio nomine sotto la responsabilità di Gianfranco Miccichè per assegnare gli oltre seicento posti di sottogoverno ancora vacanti (la mappa è stata redatta da un altro esponente di punta della corte berlusconiana, Aldo Brancher), con questo obiettivo: «Per mantenere compatti i nostri grandi elettori - ha spiegato il premier in una riunione della settimana scorsa - potremmo nominare in quei posti anche i candidati di Forza Italia che non vengono eletti». Insomma, è un’altra politica del «dare»: ai tempi della dc si chiamava clientelismo e con questo strumento lo scudocrociato ha governato per quarant’anni. Di altra natura - più elevata - è l’espressione del «conservatorismo compassionevole» del Cavaliere contenuta in una proposta di legge presentata ieri da Giulio Tremonti, prima testa d’uovo del premier: ogni neonato messo al mondo da coppie che hanno un reddito che non superi i 45mila euro avrà in dono dallo Stato un libretto postale con 2500 euro. E’ un dono che nella maggioranza mette tutti d’accordo: la Lega che vuole alzare la curva dell’andamento demografico, An e Udc che vogliono interventi a favore deella famiglia. Un provvedimento nella logica del «conservatorismo compassionevole» che Berlusconi ha ripreso da Bush. Anche se Tremonti contesta questa primogenitura: «Il passaggio nella politica fiscale dalle persone alle cose che sta mettendo in pratica Bush, io lo teorizzo da anni». Ma qui siamo all’aristocrazia del pensiero moderato in Italia. La «politica della beneficenza» lanciata l’altra sera dal Cavaliere davanti ai suoi deputati è più terra terra e ha suscitato reazioni diverse. Per il deputato di Cremona, Antonio Verro, che lo conosce dal ‘69, «Berlusconi è un mito». Il giudizio, invece, del sottosegretario all’Interno Michele Saponara è più articolato: «La politica dell’ostentazione della beneficenza - è il suo commento - non mi è mai piaciuta. Mi ricorda le tecniche dell’armatore Achille Lauro che regalava ai napoletani una scarpa prima del voto e l’altra, a seconda dell’esito, dopo. Invece, l’idea di dare un contributo ai neonati mi trova d’accordo. Io a 8 anni ero figlio della Lupa e mi ricordo i tempi in cui Mussolini per favorire le nascite dava soldi alle famiglie. E all’epoca, gli italiani spesso se lo dimenticano, erano tutti fascisti».
Augusto Minzolini
:rolleyes:
QUANDO l’altra sera a Montecitorio, Silvio Berlusconi ha spiegato ai deputati di Forza Italia la sua versione del «conservatorismo compassionevole», la formula con cui George W. Bush ha vinto le sue prime elezioni presidenziali, tutti sono rimasti in silenzio. Un po’ per la sorpresa, un po’ per l’imbarazzo. Il Cavaliere, infatti, ha affrontato senza reticenze il delicato argomento della «beneficenza in politica». «Io nella mia vita ho sempre fatto beneficenza», ha spiegato: «Voi lo sapete. L’ho fatta ma sempre riservatamente, senza dir niente. Quando vengo a sapere di situazioni difficili, io intervengo senza dirlo a nessuno. E’ un mio principio e ho chiesto ai miei figli di fare altrettanto. Mi vergogno anche di aver detto pubblicamente dei 10 miliardi che ho donato a Don Gelmini e del miliardo che ho destinato ai salesiani...». Fin qui la posizione di sempre, quella che gli astanti hanno sentito uscire dalla sua bocca decine di volte. Ma il Cavaliere, si sa, non delude mai, e così, in un battibaleno ha annunciato la «svolta». «Ora, però, - ha rimarcato - mi sono rotto le scatole di fare tutto questo bene in silenzio. Anzi, la beneficenza per noi deve essere un comportamento generale: quando voi deputati venite a sapere che ci sono delle situazioni di particolare indigenza, povertà o necessità nei vostri collegi, segnalatemelo. Mettiamo su un vero e proprio sistema: voi date un appuntino ad Antonio Palmieri (deputato eletto a Cantù che si occupa del sito di Forza Italia, ndr) e noi interveniamo con un vaglia. Io posso farlo. Solo che questa volta lo farò pubblicamente. Almeno fino a quando durerà la campagna elettorale». Ci siamo arrivati. Si ritorna al tempo in cui gli imperatori romani si conquistavano il consenso del popolino secondo l’aurea regola «panem et circenses». Con il tramonto delle ideologie questa filosofia antica sta tornando in auge. E non solo a destra: l’estate romana per far divertire i cittadini della capitale l’hanno inventata le giunte di sinistra e il modello l’hanno esportato in tutte le altre città d’Italia. E, inutile nasconderselo, anche quello è uno strumento per conquistare il consenso. E più la compattezza ideologica viene meno e più i candidati nell’utilizzare questa «tecnica» che punta a soddisfare i bisogni primari degli elettori, perdono i freni inibitori: Maria Teresa Meli sul «Corriere della Sera» scrive che durante le ultime suppletive a Bari, alla fine di ogni comizio del candidato dell’Ulivo, Nicola Latorre, già segretario di Massimo D’Alema, arrivava un furgoncino con la fatidica scritta «vota Latorre» che distribuiva pasta Divella ai presenti. Il neo-senatore diessino ha smentito, ma, ad esempio, chi frequenta il popolare mercato pugliese di San Paolo quel furgoncino se lo ricorda, eccome. Ora Berlusconi, come gli capita spesso, ha deciso di alzare il sipario su questa ipocrisia. Addirittura uno dei suoi intellettuali di punta, Ferdinando Adornato, offre una motivazione culturale alla politica della «beneficenza» del Cavaliere. «Finite le ideologie - osserva - che hanno sempre rifiutato la compassione, l’atteggiamento caritatevole è tornato di moda. Del resto con la personalizzazione della politica offre una partiolare immagine del personaggio. E negli Stati Uniti, che sono più avanti di noi, i candidati spesso fanno beneficenza». Del resto, come può mancare la carità in quella lotta tra il Bene e il Male con la quale il Cavaliere ama rappresentare la competizione politica? E in fondo il «dare» è il verbo più usato da Berlusconi per coniugare «governo» con consenso, proprio come quando era all’opposizione la parola chiave era «protestare». Così il premier - è notizia di una settimana fa - crea un ufficio nomine sotto la responsabilità di Gianfranco Miccichè per assegnare gli oltre seicento posti di sottogoverno ancora vacanti (la mappa è stata redatta da un altro esponente di punta della corte berlusconiana, Aldo Brancher), con questo obiettivo: «Per mantenere compatti i nostri grandi elettori - ha spiegato il premier in una riunione della settimana scorsa - potremmo nominare in quei posti anche i candidati di Forza Italia che non vengono eletti». Insomma, è un’altra politica del «dare»: ai tempi della dc si chiamava clientelismo e con questo strumento lo scudocrociato ha governato per quarant’anni. Di altra natura - più elevata - è l’espressione del «conservatorismo compassionevole» del Cavaliere contenuta in una proposta di legge presentata ieri da Giulio Tremonti, prima testa d’uovo del premier: ogni neonato messo al mondo da coppie che hanno un reddito che non superi i 45mila euro avrà in dono dallo Stato un libretto postale con 2500 euro. E’ un dono che nella maggioranza mette tutti d’accordo: la Lega che vuole alzare la curva dell’andamento demografico, An e Udc che vogliono interventi a favore deella famiglia. Un provvedimento nella logica del «conservatorismo compassionevole» che Berlusconi ha ripreso da Bush. Anche se Tremonti contesta questa primogenitura: «Il passaggio nella politica fiscale dalle persone alle cose che sta mettendo in pratica Bush, io lo teorizzo da anni». Ma qui siamo all’aristocrazia del pensiero moderato in Italia. La «politica della beneficenza» lanciata l’altra sera dal Cavaliere davanti ai suoi deputati è più terra terra e ha suscitato reazioni diverse. Per il deputato di Cremona, Antonio Verro, che lo conosce dal ‘69, «Berlusconi è un mito». Il giudizio, invece, del sottosegretario all’Interno Michele Saponara è più articolato: «La politica dell’ostentazione della beneficenza - è il suo commento - non mi è mai piaciuta. Mi ricorda le tecniche dell’armatore Achille Lauro che regalava ai napoletani una scarpa prima del voto e l’altra, a seconda dell’esito, dopo. Invece, l’idea di dare un contributo ai neonati mi trova d’accordo. Io a 8 anni ero figlio della Lupa e mi ricordo i tempi in cui Mussolini per favorire le nascite dava soldi alle famiglie. E all’epoca, gli italiani spesso se lo dimenticano, erano tutti fascisti».
Augusto Minzolini
:rolleyes: