PDA

View Full Version : il nuovo corso dell'Olp


jumpermax
16-12-2004, 18:19
La domanda è una sola: ce la farà? Difficile cambiare rotta dopo decenni di violenze, difficile che riesca ad avere un ampio appoggio popolare. Probabilmente la sua è la via giusta per la soluzione del conflitto e per la creazione dello stato palestinese... ma forse non ha le forze per poterlo realizzare.

Il rais e l’anti rais
Abu Mazen prova a cambiare linea,
007,ministri e diplomazia dell’Anp
Kaddoumi ribatte da e con Teheran


Il foglio 16 dicembre 2004
Abu Mazen prova a cambiare linea,
007,ministri e diplomazia dell’Anp
Kaddoumi ribatte da e con Teheran
Il rais e l’anti rais
Roma. Il leader dell’Olp, Abu Mazen, accentua
ogni giorno che passa la svolta che
l’uscita di scena di Yasser Arafat ha reso
possibile, ma la sua azione è contrastata,
con speculare simmetria, dalla strategia
del suo grande antagonista palestinese: Faruk
Kaddoumi, leader di al Fatah, il più
consistente partito palestinese, che si muove
in piena sintonia con gli oltranzismi siriani
e iraniani.
E’ difficile dire quale sia la mossa più innovativa
compiuta da Abu Mazen, perché
sono tutte impensabili ai tempi di Arafat.
Per il mondo arabo e per la dirigenza palestinese,
il segno più netto della svolta è venuto
dalla scuse formali che egli ha voluto
porgere pubblicamente all’emiro del
Kuwait al Sabbah, per le colpe gravi dei palestinesi
nei confronti del popolo kuwaitiano.
In Europa non si è mai voluto parlare di
quanto i palestinesi di Arafat hanno fatto in
Kuwait nei giorni dell’invasione irachena
di Saddam Hussein e sino alla liberazione
del paese a opera di Desert Storm; ma gli
arabi lo sanno benissimo ed è una pagina
vergognosa.
Applicando uno schema già tentato da
Arafat in Giordania nel 1970, in Libano tra
il 1976 e il 1983, e nel Kuzestan
iraniano nel 1980,
agli inizi della guerra irano-
irachena, i palestinesi
dell’Olp hanno infatti agito
con ferocia, quale quinta
colonna degli iracheni
invasori, macchiandosi le
mani di tanti e tali delitti e
stragi che, per reazione,
nel 1991, furono tutti costretti
(ed erano ben 450
mila) a lasciare l’emirato
(nei primi giorni della liberazione
di Kuwait City,
molti di loro, i più efferati,
furono linciati dalla folla inferocita).
Oggi Abu Mazen compie dunque un
gesto riparatore forte e inusuale nel mondo
arabo, proprio perché vuole far comprendere
con forza che sono maturati una fine e
un inizio nel rapporto tra palestinesi e arabi.
Ma non basta: Abu Mazen ha anche
chiuso formalmente l’Intifada di al Quds,
l’Intifada delle stragi che Arafat ha lanciato
nel luglio 2000, dopo aver rifiutato il 97
per cento dei Territori offertigli da Ehud
Barak e Bill Clinton. Anche qui una svolta
e anche una sconfessione delle scelte di
Arafat giudicate – non per la prima volta –
negative con parole inequivocabili: “Il ricorso
alle armi è stato nocivo e deve cessare”.
Di nuovo Abu Mazen entra in rotta di
collisione con al Fatah di Faruk Kaddoumi,
che invece, morto Arafat, si è affrettato a ribadire,
non a caso ad al Manar, la televisione
di Hezbollah, che “la resistenza è il cammino
per giungere a una soluzione politica”.
Kaddoumi ha naturalmente subito trovato
una sponda in Hamas e nel Jihad islamico,
che hanno rifiutato l’appello al disarmo
della Striscia di Gaza, sostenendo
che “il popolo palestinese aveva bisogno
delle armi e della resistenza contro l’occupazione
israeliana” e accusando direttamente
l’Anp di Abu Mazen di essere all’origine
delle tensioni: “La questione delle
armi che Abu Mazen tanto deplora non è
provocata dai movimenti palestinesi, ma
dalle forze di sicurezza dell’Anp”. Affondo
diretto, quindi, contro l’altra grande svolta
che Abu Mazen ha deciso di imprimere, secondo
il quotidiano israeliano Ma’ariv, sostituendo
il ministro dell’Interno di Arafat,
Hakam Balawi, con Nasser Yusuf e soprattutto
nominando suo Consigliere per la sicurezza
Mohammad Dahlan; una mossa che
distrugge l’assetto dei servizi segreti voluto
da Arafat, che ne concentrerebbe il comando
e che eliminerebbe non meno di
dieci quartieri generali assolutamente autonomi
e impegnati nel fare attentati. Un
rimpasto governativo che si completerebbe
con la sostituzione anche di un altro ministro
particolarmente vicino ad Arafat, Nabil
Saath, responsabile degli Esteri, alla vigilia
di una revoca del mandato.
“Il regime sionista non cerca la pace”
La replica di Kaddoumi, che formalmente
continua a indicare in Abu Mazen il proprio
candidato alla presidenza dell’Anp, è
stata immediata. Dopo aver favorito – e poi
fatto rientrare – la candidatura di disturbo
di Marwan Barghouti (che ha evidenziato
come le posizioni estremistiche godano del
40 per cento dei consensi tra i palestinesi),
il successore di Arafat alla guida di al Fatah
ha sfidato Abu Mazen sul suo stesso terreno
e ha compiuto una visita in Iran in cui
si è presentato come interlocutore per
quell’ampio fronte islamico che può anche
accettare la trattativa, ma solo per recuperare
forze per portare a termine il progetto
della distruzione di Israele.
Le parole di Kaddoumi a Teheran sono
state chiarissime: “Il regime sionista (Kaddoumi,
come gli ayatollah iraniani e i siriani,
non usa mai la parola “Israele”, perché
non ne riconosce il diritto all’esistenza) non
cerca la pace. Il medio oriente è di fronte a
nuove sfide: Iran e Palestina continueranno
la loro battaglia contro ogni forma di oppressione”.
Naturalmente i dirigenti iraniani
che l’Europa continua a reputare
riformisti, per bocca del ministro degli
Esteri, Kamal Kharrazi, hanno ulteriormente
enfatizzato questa posizione.

prio
16-12-2004, 19:18
Originariamente inviato da jumpermax
La domanda è una sola: ce la farà? Difficile cambiare rotta dopo decenni di violenze, difficile che riesca ad avere un ampio appoggio popolare. Probabilmente la sua è la via giusta per la soluzione del conflitto e per la creazione dello stato palestinese... ma forse non ha le forze per poterlo realizzare.

Speriamo in bene, e di piu' non ho da dire.