SaMu
26-11-2004, 20:42
La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»
Sarkozy: serve una nuova via per il multiculturalismo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Un giovane immigrato su tre è disoccupato. La disoccupazione tra i giovani diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l’11 i francesi acquisiti e per il 18 gli extracomunitari. Un rapporto del ministero dell'Interno ha censito trecento quartieri a rischio, quasi due milioni di cittadini confinati in una società a parte, al di fuori delle leggi della République. Per la Francia, l'integrazione di milioni di immigrati, la più parte africani e di religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre un percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione: pari diritti, laicità, uguaglianza. Ma trent'anni di leggi, investimenti colossali e battaglie culturali hanno dimostrato i limiti di un modello che si pretende diverso, alternativo a quello anglosassone.
Per la Francia - lo si è visto nel dibattito sulla legge contro il velo islamico a scuola - la diversità etnica e culturale non è la somma di tante identità ma un progetto di cittadinanza, con uguali diritti e doveri. I dati però dimostrano due categorie di cittadini: i francesi e gli altri. E un recente rapporto della Corte dei Conti denuncia il fallimento e la confusione un po' ipocrita di leggi e interventi che hanno prodotto risultati opposti: sul lavoro, nelle scuole, nella società civile. «SOS racisme» ha raccolto centinaia di casi di discriminazione nell'assegnazione degli alloggi popolari e nei criteri di assunzione.
Sui giornali, diventa una notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non sia francese e bianco. Così come è stato un caso nazionale la nomina del primo prefetto musulmano.
La crisi di un Paese si vede quando s'incrinano i valori di riferimento. La sua grandezza quando si ha il coraggio di cambiarli, anche se scritti nella propria storia. Il governo ha proposto un’ authority contro le discriminazioni a carattere etnico e religioso, allargando il concetto alle discriminazioni sessuali, ivi compresa l'omofobia. Decine di grandi imprese hanno adottato il principio anglosassone della «discriminazione positiva», criteri di assunzione che favoriscano giovani immigrati o provenienti da quartieri difficili. L'Oreal ha ottenuto un riconoscimento per le cento nazionalità rappresentate dai suoi 50.000 dipendenti. Claude Bebear, ex presidente del colosso assicurativo Axa, ha sostenuto la «discriminazione positiva» nella sua società e ha contribuito a un progetto di legge per introdurre il curriculum vitae anonimo, dattiloscritto e senza foto, per le imprese con più di 250 dipendenti.
Ma bastano ancora una volta leggi e correttivi o è il caso di cambiare strada? Nicolas Sarkozy, l'astro nascente della politica francese è deciso a sfidare Chirac anche sul terreno di una certa idea della Francia molto cara al presidente e all'establishment. Per Sarkozy, anche la religione è un capitolo fondamentale dell'integrazione ed è quindi necessario rivedere i sacri principi della laicità. Sarkozy era contro la legge sul velo islamico («mi preoccupa l'espulsione di giovani studentesse dalle scuole pubbliche»), vorrebbe riformare quella del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, propone forme di finanziamento per la costruzione di moschee e la formazione dei rappresentanti del culto. L'integrazione, secondo Sarkozy, fallisce proprio perché intere comunità rafforzano la loro identità religiosa ed etnica e si separano dai valori repubblicani. «Occorre far emergere un Islam francese prima che un Islam in Francia», è un suo slogan ricorrente, che bene esprime il timore di influenze esterne, anche le più oscure. Recentemente sono stati scoperti luoghi di culto e scuole islamiche clandestine.
Le tesi di Sarkozy, nel clima di aspra rivalità con Chirac, si prestano anche a una lettura politica. Una certa idea della Francia, per l'ex pupillo con origini ungheresi, significa «non considerare normale che le nostre elites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari». Una certa idea della Francia, come ha scritto in un libro che ha fatto scalpore, è anche comprendere che l'ideale repubblicano «non risponde alle questioni spirituali».
Chirac, non perde occasione di difendere a spada tratta il modello scritto nel marmo e il dibattito su questioni cruciali s'infiamma. Anche perché, secondo alcuni osservatori, la vena multiculturale e spirituale di Sarkozy comincia ad assomigliare a una certa idea di America. «Fra Kerry e Bush, preferisco Clinton» ha replicato a chi gli affibbia l'immagine di «Sarko, l'américain».
«Le masse clandestine mettono a rischio la Repubblica»
Il ministro degli Interni di Parigi: «Gli arrivi incontrollati vanificano i nostri sforzi in vista dell’integrazione e della promozione di opportunità equamente distribuite»
Un anno dopo il voto sulla legge per la regolamentazione dei flussi migratori, il ministro degli Interni spiega il nuovo piano d'azione contro l'immigrazione illegale, richiamato da Jacques Chirac l’8 novembre a Nîmes, le sue convinzioni sulla Francia islamica e il progetto di lotta ai musulmani radicali. Dominique de Villepin, qualche giorno fa il presidente della Repubblica ha annunciato un piano d'azione contro l’immigrazione illegale. Quali sono i suoi progetti?
«La lotta contro l’immigrazione irregolare è una priorità. Ritengo che la posta in gioco per la Repubblica sia molto alta. Perché l’immigrazione irregolare vanifica i nostri sforzi in vista dell’integrazione e della promozione di opportunità equamente distribuite. Alimenta le reti malavitose e comporta uno sfruttamento scandaloso degli esseri umani. Infine, danneggia gravemente alcuni comuni i cui servizi sociali sono sommersi dal sopraggiungere di masse di clandestini».
Ogni anno circa 150.000 stranieri si stabiliscono legalmente in Francia. Il presidente della Corte dei conti, Philippe Séguin, invita a una riflessione sull’immigrazione selezionata. Occorre selezionare i nuovi arrivati e secondo quale criterio?
«In certi settori, le imprese si lamentano per la scarsa mano d’opera. Occorre pensare a una nuova politica di visti per gli studenti, i ricercatori, i lavoratori stagionali».
È favorevole alle quote per nazionalità o per professione?
«Credo che la logica delle quote per nazionalità sia da evitare, non è in linea con la nostra tradizione repubblicana. Come si può pensare di decretare ogni anno l’arrivo di tanti moldavi o senegalesi? In questo campo, come in quello della discriminazione positiva, sarebbe illusorio credere di poter applicare alla Francia modelli stranieri».
Altro tema all’ordine del giorno, l’Islam in Francia. Nicolas Sarkozy vuole rivedere la legge del 1905 sul finanziamento all’edificazione delle moschee.
«La questione merita d’essere affrontata. In più, sono favorevole a un rapido accordo sulla formazione degli imam. Entro l’inizio del 2005, sarà attivato un dispositivo che assicuri una formazione laica di livello universitario. Desidero anche che gli imam parlino francese e abbiano una buona conoscenza delle nostre istituzioni».
Cosa pensa della minaccia dell’islam radicale?
«Esiste un rapporto di continuità tra il radicalismo e l’azione terrorista. Il caso dell’assassinio di Theo Van Gogh in Olanda deve indurci a riflettere: quando non retta da forti principi, la tolleranza rischia di essere un punto debole. Dobbiamo essere molto chiari: l’islam radicale è incompatibile con i valori della Repubblica».
Quali sono le dimensioni del fenomeno?
«Riguarda un numero ristretto di soggetti che operano a partire dai luoghi di culto. Sono giovani, ben integrati e spesso dotati di un elevato livello d’istruzione, che reclutano a loro volta giovanissimi tra i più vulnerabili, spesso legati alla piccola criminalità. Il contatto avviene di solito in prigione».
A proposito delle quote d’immigrazione, della legge del 1905 o della discriminazione positiva, ha invocato a più riprese la tradizione repubblicana francese. Su questi punti, lei è in disaccordo con Nicolas Sarkozy. Bisogna dedurne che all’interno della destra si affrontano due concezioni della società?
«Non esistono divisioni artificiali. Siamo tutti legati al nostro modello repubblicano. Tengo a difendere la specificità del modello francese. La Francia è un Paese impregnato di storia, pronto a infiammarsi e lacerarsi. Deve evolvere, ma mantenendosi fedele alla propria identità. Contro la tentazione di dividerci e la minaccia comunitarista, dobbiamo privilegiare ciò che ci accomuna e unisce: l'uguaglianza repubblicana, la laicità, la solidarietà. Sarebbe rischioso scendere a compromessi sui nostri principi».
Le Figaro/Agenzia Volpe
(traduzione di Maria
Serena Natale)
Sarkozy: serve una nuova via per il multiculturalismo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Un giovane immigrato su tre è disoccupato. La disoccupazione tra i giovani diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l’11 i francesi acquisiti e per il 18 gli extracomunitari. Un rapporto del ministero dell'Interno ha censito trecento quartieri a rischio, quasi due milioni di cittadini confinati in una società a parte, al di fuori delle leggi della République. Per la Francia, l'integrazione di milioni di immigrati, la più parte africani e di religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre un percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione: pari diritti, laicità, uguaglianza. Ma trent'anni di leggi, investimenti colossali e battaglie culturali hanno dimostrato i limiti di un modello che si pretende diverso, alternativo a quello anglosassone.
Per la Francia - lo si è visto nel dibattito sulla legge contro il velo islamico a scuola - la diversità etnica e culturale non è la somma di tante identità ma un progetto di cittadinanza, con uguali diritti e doveri. I dati però dimostrano due categorie di cittadini: i francesi e gli altri. E un recente rapporto della Corte dei Conti denuncia il fallimento e la confusione un po' ipocrita di leggi e interventi che hanno prodotto risultati opposti: sul lavoro, nelle scuole, nella società civile. «SOS racisme» ha raccolto centinaia di casi di discriminazione nell'assegnazione degli alloggi popolari e nei criteri di assunzione.
Sui giornali, diventa una notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non sia francese e bianco. Così come è stato un caso nazionale la nomina del primo prefetto musulmano.
La crisi di un Paese si vede quando s'incrinano i valori di riferimento. La sua grandezza quando si ha il coraggio di cambiarli, anche se scritti nella propria storia. Il governo ha proposto un’ authority contro le discriminazioni a carattere etnico e religioso, allargando il concetto alle discriminazioni sessuali, ivi compresa l'omofobia. Decine di grandi imprese hanno adottato il principio anglosassone della «discriminazione positiva», criteri di assunzione che favoriscano giovani immigrati o provenienti da quartieri difficili. L'Oreal ha ottenuto un riconoscimento per le cento nazionalità rappresentate dai suoi 50.000 dipendenti. Claude Bebear, ex presidente del colosso assicurativo Axa, ha sostenuto la «discriminazione positiva» nella sua società e ha contribuito a un progetto di legge per introdurre il curriculum vitae anonimo, dattiloscritto e senza foto, per le imprese con più di 250 dipendenti.
Ma bastano ancora una volta leggi e correttivi o è il caso di cambiare strada? Nicolas Sarkozy, l'astro nascente della politica francese è deciso a sfidare Chirac anche sul terreno di una certa idea della Francia molto cara al presidente e all'establishment. Per Sarkozy, anche la religione è un capitolo fondamentale dell'integrazione ed è quindi necessario rivedere i sacri principi della laicità. Sarkozy era contro la legge sul velo islamico («mi preoccupa l'espulsione di giovani studentesse dalle scuole pubbliche»), vorrebbe riformare quella del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, propone forme di finanziamento per la costruzione di moschee e la formazione dei rappresentanti del culto. L'integrazione, secondo Sarkozy, fallisce proprio perché intere comunità rafforzano la loro identità religiosa ed etnica e si separano dai valori repubblicani. «Occorre far emergere un Islam francese prima che un Islam in Francia», è un suo slogan ricorrente, che bene esprime il timore di influenze esterne, anche le più oscure. Recentemente sono stati scoperti luoghi di culto e scuole islamiche clandestine.
Le tesi di Sarkozy, nel clima di aspra rivalità con Chirac, si prestano anche a una lettura politica. Una certa idea della Francia, per l'ex pupillo con origini ungheresi, significa «non considerare normale che le nostre elites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari». Una certa idea della Francia, come ha scritto in un libro che ha fatto scalpore, è anche comprendere che l'ideale repubblicano «non risponde alle questioni spirituali».
Chirac, non perde occasione di difendere a spada tratta il modello scritto nel marmo e il dibattito su questioni cruciali s'infiamma. Anche perché, secondo alcuni osservatori, la vena multiculturale e spirituale di Sarkozy comincia ad assomigliare a una certa idea di America. «Fra Kerry e Bush, preferisco Clinton» ha replicato a chi gli affibbia l'immagine di «Sarko, l'américain».
«Le masse clandestine mettono a rischio la Repubblica»
Il ministro degli Interni di Parigi: «Gli arrivi incontrollati vanificano i nostri sforzi in vista dell’integrazione e della promozione di opportunità equamente distribuite»
Un anno dopo il voto sulla legge per la regolamentazione dei flussi migratori, il ministro degli Interni spiega il nuovo piano d'azione contro l'immigrazione illegale, richiamato da Jacques Chirac l’8 novembre a Nîmes, le sue convinzioni sulla Francia islamica e il progetto di lotta ai musulmani radicali. Dominique de Villepin, qualche giorno fa il presidente della Repubblica ha annunciato un piano d'azione contro l’immigrazione illegale. Quali sono i suoi progetti?
«La lotta contro l’immigrazione irregolare è una priorità. Ritengo che la posta in gioco per la Repubblica sia molto alta. Perché l’immigrazione irregolare vanifica i nostri sforzi in vista dell’integrazione e della promozione di opportunità equamente distribuite. Alimenta le reti malavitose e comporta uno sfruttamento scandaloso degli esseri umani. Infine, danneggia gravemente alcuni comuni i cui servizi sociali sono sommersi dal sopraggiungere di masse di clandestini».
Ogni anno circa 150.000 stranieri si stabiliscono legalmente in Francia. Il presidente della Corte dei conti, Philippe Séguin, invita a una riflessione sull’immigrazione selezionata. Occorre selezionare i nuovi arrivati e secondo quale criterio?
«In certi settori, le imprese si lamentano per la scarsa mano d’opera. Occorre pensare a una nuova politica di visti per gli studenti, i ricercatori, i lavoratori stagionali».
È favorevole alle quote per nazionalità o per professione?
«Credo che la logica delle quote per nazionalità sia da evitare, non è in linea con la nostra tradizione repubblicana. Come si può pensare di decretare ogni anno l’arrivo di tanti moldavi o senegalesi? In questo campo, come in quello della discriminazione positiva, sarebbe illusorio credere di poter applicare alla Francia modelli stranieri».
Altro tema all’ordine del giorno, l’Islam in Francia. Nicolas Sarkozy vuole rivedere la legge del 1905 sul finanziamento all’edificazione delle moschee.
«La questione merita d’essere affrontata. In più, sono favorevole a un rapido accordo sulla formazione degli imam. Entro l’inizio del 2005, sarà attivato un dispositivo che assicuri una formazione laica di livello universitario. Desidero anche che gli imam parlino francese e abbiano una buona conoscenza delle nostre istituzioni».
Cosa pensa della minaccia dell’islam radicale?
«Esiste un rapporto di continuità tra il radicalismo e l’azione terrorista. Il caso dell’assassinio di Theo Van Gogh in Olanda deve indurci a riflettere: quando non retta da forti principi, la tolleranza rischia di essere un punto debole. Dobbiamo essere molto chiari: l’islam radicale è incompatibile con i valori della Repubblica».
Quali sono le dimensioni del fenomeno?
«Riguarda un numero ristretto di soggetti che operano a partire dai luoghi di culto. Sono giovani, ben integrati e spesso dotati di un elevato livello d’istruzione, che reclutano a loro volta giovanissimi tra i più vulnerabili, spesso legati alla piccola criminalità. Il contatto avviene di solito in prigione».
A proposito delle quote d’immigrazione, della legge del 1905 o della discriminazione positiva, ha invocato a più riprese la tradizione repubblicana francese. Su questi punti, lei è in disaccordo con Nicolas Sarkozy. Bisogna dedurne che all’interno della destra si affrontano due concezioni della società?
«Non esistono divisioni artificiali. Siamo tutti legati al nostro modello repubblicano. Tengo a difendere la specificità del modello francese. La Francia è un Paese impregnato di storia, pronto a infiammarsi e lacerarsi. Deve evolvere, ma mantenendosi fedele alla propria identità. Contro la tentazione di dividerci e la minaccia comunitarista, dobbiamo privilegiare ciò che ci accomuna e unisce: l'uguaglianza repubblicana, la laicità, la solidarietà. Sarebbe rischioso scendere a compromessi sui nostri principi».
Le Figaro/Agenzia Volpe
(traduzione di Maria
Serena Natale)