Lucio Virzì
23-11-2004, 13:13
http://scholar.google.com/
http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/scienza_e_tecnologia/gooscu/gooscu/gooscu.html
Ma com'è utile Google Scholar, tanta scienza, poco rumore
di VITTORIO ZAMBARDINO
Uno all'inizio non ci crede. Nei suoi ultimi passi Google non era stato l'Oscar della simpatia: con il suo servizio desktop, prontamente seguito dagli altri concorrenti, aveva eletto a servizio web il Ficcanaso tecnologico. E quindi l'annuncio di Google Scholar (http://scholar.google.com) è passato per qualche ora sotto silenzio da più parti. Ora però l'abbiamo provato. E' un servizio straordinario, anche se ancora in fase di collaudo, è una novità assoluta e inimitabile, soprattutto se reso sinergico usandolo con le altre capacità. Di ricerca del motore.
La nuova funzione permette di cercare parole-chiave dentro libri ed intere biblioteche, dentro paper di congressi di ricerche, dentro database scientifici. Tutto ciò che è conoscenza accademica, purchè sia stata messa su una pagina web.
Ho provato con tre parole: Eyetrack, Internet 2 e Serendipity. La prima si riferisce, per me (conta sempre questo: cosa significa per me la parola che inserisco, cosa sto realmente cercando), ad una ricerca condotta sugli utenti web cui è stato applicata una tecnologia che segue i movimenti degli occhi. Il rischio era che l'informazione non emergesse perché il termine si trova in molti studi di ottica e di tecnologia spaziale. L'ha "beccato" dopo appena cinque link, niente.
Se poi lancio la ricerca "normale" di Google sulla parola Eyetrack, in meno di un minuto ho una bibliografia perfetta per scriverci sopra un saggio.
Secondo tentativo. Internet 2: qui il rischio era la confusione, il rumore di fondo fra studi di diverso orientamento sulla rete di prossima generazione, la super-rete.. In effetti accade, ma se solo aggiungo alla parola cercata una specificazione, un secondo termine che restringe il campo, ecco apparire saggi accademici, tesi, paper presentati a convegni. Tempo richiesto: due minuti.
Terzo tentativo. Serendipity. Qui era una provocazione alla potenza tecnologica di Google. Perché su questo termine, che in inglese indica la capacità di trovare piacere in ciò che non si è cercato ma che si è comunque trovato era praticamente impossibile non inciampare in argomenti frivoli. Ebbene, nelle prime due schermate non vi è alcuna traccia di "rumore", il sistema ha indicato solo ricerche scientifiche - in biologia, in fisica - di alto livello.
Che dire? Con Scholar Google dà un contributo importante alla selezione dell'informazione, all'eliminazione del rumore, vale a dire alla soluzione del problema che da sempre affligge la ricerca libera sui motori. Banalizzando: è la tecnologia che si autocorregge. Seguendo invece la linea di sviluppo della società californiana, si nota il movimento che punta a creare l'ambiente dell'informazione, l'info-sistema, nel quale ho a mia disposizione ciò che gli essere umani hanno prodotto su ogni argomento. Bush, dalla tomba, sarà contento.
Che avete capito? Non il presidente, nessuno l'ha ancora ucciso, ma Vannevar Bush che su Atlantic Monthly del 1945 scrisse un saggio che è ritenuto la genesi teorica della rete. Si intitolava: How We May Think? Come possiamo pensare. Il ricercatore immaginava un complesso sistema di leve e cassetti, fatto per utilizzare quell'enorme ammasso di cooscenze scientifiche e tecnologiche che lo sforzo bellico aveva messo a disposizione degli Stati Uniti ma che non si poteva usare perché l'informazione affogava nella confusione, nel caos.
Bush capì che costruire quel sistema di ritrovamento dei dati, fondato sull'ipertesto, avrebbe cambiato la nostra testa, il nostro modo di pensare. Ma non riuscì a realizzare la sua macchina. Sessanta anni dopo, sta succedendo.
P.S. Non ricordavo il titolo esatto dell'articolo di Bush. L'ho cercato su Scholar, l'ho trovato in meno di un secondo.
Per commenti www. zetavu. it
(23 novembre 2004)
http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/scienza_e_tecnologia/gooscu/gooscu/gooscu.html
Ma com'è utile Google Scholar, tanta scienza, poco rumore
di VITTORIO ZAMBARDINO
Uno all'inizio non ci crede. Nei suoi ultimi passi Google non era stato l'Oscar della simpatia: con il suo servizio desktop, prontamente seguito dagli altri concorrenti, aveva eletto a servizio web il Ficcanaso tecnologico. E quindi l'annuncio di Google Scholar (http://scholar.google.com) è passato per qualche ora sotto silenzio da più parti. Ora però l'abbiamo provato. E' un servizio straordinario, anche se ancora in fase di collaudo, è una novità assoluta e inimitabile, soprattutto se reso sinergico usandolo con le altre capacità. Di ricerca del motore.
La nuova funzione permette di cercare parole-chiave dentro libri ed intere biblioteche, dentro paper di congressi di ricerche, dentro database scientifici. Tutto ciò che è conoscenza accademica, purchè sia stata messa su una pagina web.
Ho provato con tre parole: Eyetrack, Internet 2 e Serendipity. La prima si riferisce, per me (conta sempre questo: cosa significa per me la parola che inserisco, cosa sto realmente cercando), ad una ricerca condotta sugli utenti web cui è stato applicata una tecnologia che segue i movimenti degli occhi. Il rischio era che l'informazione non emergesse perché il termine si trova in molti studi di ottica e di tecnologia spaziale. L'ha "beccato" dopo appena cinque link, niente.
Se poi lancio la ricerca "normale" di Google sulla parola Eyetrack, in meno di un minuto ho una bibliografia perfetta per scriverci sopra un saggio.
Secondo tentativo. Internet 2: qui il rischio era la confusione, il rumore di fondo fra studi di diverso orientamento sulla rete di prossima generazione, la super-rete.. In effetti accade, ma se solo aggiungo alla parola cercata una specificazione, un secondo termine che restringe il campo, ecco apparire saggi accademici, tesi, paper presentati a convegni. Tempo richiesto: due minuti.
Terzo tentativo. Serendipity. Qui era una provocazione alla potenza tecnologica di Google. Perché su questo termine, che in inglese indica la capacità di trovare piacere in ciò che non si è cercato ma che si è comunque trovato era praticamente impossibile non inciampare in argomenti frivoli. Ebbene, nelle prime due schermate non vi è alcuna traccia di "rumore", il sistema ha indicato solo ricerche scientifiche - in biologia, in fisica - di alto livello.
Che dire? Con Scholar Google dà un contributo importante alla selezione dell'informazione, all'eliminazione del rumore, vale a dire alla soluzione del problema che da sempre affligge la ricerca libera sui motori. Banalizzando: è la tecnologia che si autocorregge. Seguendo invece la linea di sviluppo della società californiana, si nota il movimento che punta a creare l'ambiente dell'informazione, l'info-sistema, nel quale ho a mia disposizione ciò che gli essere umani hanno prodotto su ogni argomento. Bush, dalla tomba, sarà contento.
Che avete capito? Non il presidente, nessuno l'ha ancora ucciso, ma Vannevar Bush che su Atlantic Monthly del 1945 scrisse un saggio che è ritenuto la genesi teorica della rete. Si intitolava: How We May Think? Come possiamo pensare. Il ricercatore immaginava un complesso sistema di leve e cassetti, fatto per utilizzare quell'enorme ammasso di cooscenze scientifiche e tecnologiche che lo sforzo bellico aveva messo a disposizione degli Stati Uniti ma che non si poteva usare perché l'informazione affogava nella confusione, nel caos.
Bush capì che costruire quel sistema di ritrovamento dei dati, fondato sull'ipertesto, avrebbe cambiato la nostra testa, il nostro modo di pensare. Ma non riuscì a realizzare la sua macchina. Sessanta anni dopo, sta succedendo.
P.S. Non ricordavo il titolo esatto dell'articolo di Bush. L'ho cercato su Scholar, l'ho trovato in meno di un secondo.
Per commenti www. zetavu. it
(23 novembre 2004)