diafino
19-10-2004, 18:46
Quante bandiere, quanti striscioni, quante mobilitazioni ci sono state negli ultimi tempi in favore della pace. Nessuno ha inneggiato alla guerra, allora, come mai, al giorno d'oggi, nel mondo ci sono in atto decine di guerre? Si combatte per armi, per religione, e adesso per il petrolio. Guerra e pace sono due realtà contrapposte che appartengono all'uomo come bene e male o vita e morte e si dice che per godere di una occorre vivere l'altra, l'una evoca tensioni, dolore e distruzione; la seconda benessere, stabilità e equilibrio.
Fin dall'antichità, la storia è una serie di guerre, più o meno sanguinose, da cui ne è sempre uscito un vincitore e un vinto.
I nomi che sono diventati leggenda come Achille e Ulisse, considerati quasi semi-dei, sono quelli di grandi eroi che hanno combattuto e sono poi morti per la partia.
Alla base della guerra più famosa, la Guerra di Troia, c'era il più banale dei prestesti: nulla fu mai più passeggero della bellezza di una donna.
I romani lottavano per il prestigio e per difendere la loro giustizia, la loro lingua e la loro arte dai barbari. Le più grandi nazioni europee come Francia e Spagna, hanno fatto guerre di conquista per il predominio territoriale e per ricavarne ricchezze; è quindi il denaro il motore delle guerre ed è proprio per questo motivo che sono ritenute ingiuste. Dopo i grandi contrasti nazionalistici, su consiglio dei vincitori, si è cercato nel 1945, costituendo l'ONU, alla fine della seconda grande guerra, di salvare le future generazioni e conservare con mezzi sicuri e pacifici la stabilità.
Per cinquant'anni si è raggiunto un certo equilibrio, soprattutto tra le due superpotenze, USA e URSS, con la consapevolezza che tutti e due erano in possesso di armi atomiche e la minaccia di farne uso se l'altro stato l'avesse attaccato. Questa non fu pace, si trattava comunque di guerra: chiamata fredda poiche non si fece uso di armi, e comunque era una condizione di precarietà colma di tensioni. Questi due poli, uno a ovest e l'altro a est, si sono terrorizzati a vicenda, minacciati di giorno in giorno in un clima di disputa con il resto del mondo che col fiato sospeso stava a guardare.
Si è pensato che per allontanare il pericolo di guerra fosse necessario essere sempre pronti alla guerra, "si vis pacem, para bellum", diceva un motto latino, intendendo che solo se si è sempre pronti a respingere qualunque attacco si dissuadono gli altri dall'aggredirci.
L'essere sempre pronti, di fatto, a fare una guerra, implica una grande impegno di capitali in armamenti: gran parte di quello che uno stato produce e che quindi ricava vendendolo, è diretto all'acquisto di armi e ad alimentare la ricerca ovviamente a fine bellico.
Nessuno si preoccupa della ricerca per contrastare problemi più grandi come l'AIDS che in Africa miete vittime a non finire, il cancro, la SARS... Grandi ricerche sono state portate avanti con fini bellici, basti ricordare la nascita dei computer, l'invenzione dei GPS, i sistemi di posizionamento satellitare. Anche nel campo della biologia si è cerato un aiuto che permettesse a un popolo di sopraffare l'altro, si ricordi l'invenzione degli antibiotici al fine di curare le ferite di guerra e soprattutto la "guerra batteriologica" che penso non abbia bisogno di spiegazioni.
La guerra è un male che affligge la mente dell'uomo, alla base c'è la brama di potere e la sete di dominio verso un'altro popolo che se è vinto vedrà sottrarsi le proprie libertà e verrà sottomesso al volere del vincitore.
Dal mio punto di vista, vedo la guerra come un male che è purtroppo necessario, e che quindi è importante puntare sulla riduzione dei danni che essa provoca e le spese che questa comporta. Concepire la pace come situazione permanente è vedere la guerra come una sospensione della pace dopo che si sono attuati tutti i sistemi per evitarla: la politica, la sociologia e la religione dovrebbero intervenire per trovare un compromesso.
Cosa ne dite? Commenti..critiche? sarebbe una breve argomantazione....
Fin dall'antichità, la storia è una serie di guerre, più o meno sanguinose, da cui ne è sempre uscito un vincitore e un vinto.
I nomi che sono diventati leggenda come Achille e Ulisse, considerati quasi semi-dei, sono quelli di grandi eroi che hanno combattuto e sono poi morti per la partia.
Alla base della guerra più famosa, la Guerra di Troia, c'era il più banale dei prestesti: nulla fu mai più passeggero della bellezza di una donna.
I romani lottavano per il prestigio e per difendere la loro giustizia, la loro lingua e la loro arte dai barbari. Le più grandi nazioni europee come Francia e Spagna, hanno fatto guerre di conquista per il predominio territoriale e per ricavarne ricchezze; è quindi il denaro il motore delle guerre ed è proprio per questo motivo che sono ritenute ingiuste. Dopo i grandi contrasti nazionalistici, su consiglio dei vincitori, si è cercato nel 1945, costituendo l'ONU, alla fine della seconda grande guerra, di salvare le future generazioni e conservare con mezzi sicuri e pacifici la stabilità.
Per cinquant'anni si è raggiunto un certo equilibrio, soprattutto tra le due superpotenze, USA e URSS, con la consapevolezza che tutti e due erano in possesso di armi atomiche e la minaccia di farne uso se l'altro stato l'avesse attaccato. Questa non fu pace, si trattava comunque di guerra: chiamata fredda poiche non si fece uso di armi, e comunque era una condizione di precarietà colma di tensioni. Questi due poli, uno a ovest e l'altro a est, si sono terrorizzati a vicenda, minacciati di giorno in giorno in un clima di disputa con il resto del mondo che col fiato sospeso stava a guardare.
Si è pensato che per allontanare il pericolo di guerra fosse necessario essere sempre pronti alla guerra, "si vis pacem, para bellum", diceva un motto latino, intendendo che solo se si è sempre pronti a respingere qualunque attacco si dissuadono gli altri dall'aggredirci.
L'essere sempre pronti, di fatto, a fare una guerra, implica una grande impegno di capitali in armamenti: gran parte di quello che uno stato produce e che quindi ricava vendendolo, è diretto all'acquisto di armi e ad alimentare la ricerca ovviamente a fine bellico.
Nessuno si preoccupa della ricerca per contrastare problemi più grandi come l'AIDS che in Africa miete vittime a non finire, il cancro, la SARS... Grandi ricerche sono state portate avanti con fini bellici, basti ricordare la nascita dei computer, l'invenzione dei GPS, i sistemi di posizionamento satellitare. Anche nel campo della biologia si è cerato un aiuto che permettesse a un popolo di sopraffare l'altro, si ricordi l'invenzione degli antibiotici al fine di curare le ferite di guerra e soprattutto la "guerra batteriologica" che penso non abbia bisogno di spiegazioni.
La guerra è un male che affligge la mente dell'uomo, alla base c'è la brama di potere e la sete di dominio verso un'altro popolo che se è vinto vedrà sottrarsi le proprie libertà e verrà sottomesso al volere del vincitore.
Dal mio punto di vista, vedo la guerra come un male che è purtroppo necessario, e che quindi è importante puntare sulla riduzione dei danni che essa provoca e le spese che questa comporta. Concepire la pace come situazione permanente è vedere la guerra come una sospensione della pace dopo che si sono attuati tutti i sistemi per evitarla: la politica, la sociologia e la religione dovrebbero intervenire per trovare un compromesso.
Cosa ne dite? Commenti..critiche? sarebbe una breve argomantazione....