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View Full Version : Le Bufale Mediatiche


majin mixxi
13-10-2004, 21:06
Tratto da "Bufale - breve storia delle beffe mediatiche da Orson Welles a Luther Blisset", di Luca Damiani, Castelvecchi Editore





Il falso forma il gusto e sostiene il falso, facendo sparire volontariamente la possibilità di riferimento all'autentico. Si rifà addirittura al vero, appena possibile, per farlo assomigliare al falso. Gli americani, essendo i più ricchi e i più moderni, sono stati le vittime principali di questo commercio del falso in arte. E sono proprio gli stessi a finanziare i lavori di restauro di Versailles o della Cappella Sistina. Per questo gli affreschi di Michelangelo dovranno acquistare colori ravvivati da fumetto, e i mobili autentici di Versailles assumere il vivido splendore della doratura che li farà assomigliare al falso mobilio d'epoca Luigi XIV importato dispendiosamente nel Texas.

Se è mai esistita un'era in cui la beffa è stata una nobile arte, questa è stata il secolo XVIII. Durante l'Illuminismo, questa pratica di artisti e filosofi fu più di uno strumento per imbrogliare, prendere in giro, depistare gli altri. Divenne un mezzo per istruire e stimolare la gente migliorando la qualità della vita. Il commercio internazionale aveva aumentato notevolmente la ricchezza dell'Europa e dell'America nel secolo XVIII. Il risultato fu l'emersione di una prosperosa classe media che mirava agli ideali di istruzione e progresso. Ma non appena i suoi membri si guardarono intorno videro una cultura popolare intrisa di superstizioni medievali, corrotta dall'ottusità e dalla credulità.

Ed era proprio questa eredità medievale che per la classe acculturata doveva essere spazzata via affinché la società potesse progredire. Con questo proposito si impegnarono per migliorare se stessi e la società a cui appartenevano. Lessero di più, scrissero di più di qualsiasi cultura precedente; svilupparono nuovi modi di condividere le informazioni come i dizionari, le enciclopedie, saggi scientifici, giornali e periodici. Si incontrarono spesso per discutere e condividere il loro sapere in nuovi spazi sociali come i caffè e i salotti.

Soprattutto erano convinti che la segretezza che aveva dominato la cultura del Medioevo non fosse più necessaria e che la trasparenza e il libero dibattito pubblico fossero l'unico cammino possibile per la vera cultura. Ciarlataneria, ingenuità e ottusità dovevano uscire dall'ombra nella quale avevano tramato ed esporsi alla luce della pubblica ragione.

Si dimostrò che la beffa e sua cugina la satira erano potenti mezzi per questo scopo. L'idea di attirare la gente in false credenze sfruttando la loro ingenuità non era un fatto nuovo. Ma l'Illuminismo portò tutto questo a un livello notevole. Scrittori e intellettuali come Benjamin Franklin, Jonathan Swift e Daniel Defoe imbastirono abilmente delle beffe con cui abbindolarono il pubblico. In qualche caso il loro scopo sarebbe stato raggiunto con la diffusione della truffa stessa come un'idea sovversiva attraverso la cultura.


Fra le molte attribuite a Franklin, la prima beffa che lo ha visto protagonista molto giovane - appena sedicenne - riguarda il caso di una vedova di mezza età che, in una serie di lettere comparse nel 1722 sul "New England Courrant", descriveva vari aspetti della vita coloniale americana, di quale fosse la considerazione in cui era tenuta la donna e con una predilezione per il dileggio ai danni dell'istituzione di Harvard che, a suo dire, era stata rovinata dalla corruzione e dall'etilismo. Si scoprì solo più tardi che l'affascinante e caustica Silence Dogwood, così si chiamava la polemica donna - di cui molti lettori si innamorarono - non esisteva ma era frutto della fantasia del sedicenne Franklin.

Così iniziò una prolifica carriera, oltre che di tipografo, filosofo, scienziato e letterato anche di inventore di beffe e di varie altre cose, compreso il prezioso parafulmine.

Ma forse la più edificante, quella che meglio rientra nella selezione di questo volume, ha come protagonista un'altra donna - curiosa questa propensione a indossare panni femminili nel momento in cui si spogliava di quelli di rispettabile e onesto cittadino coloniale - tale Polly Baker, della quale i giornali europei riportarono nel 1747 un discorso di autodifesa in un processo intentatole per adulterio.

All'accusa di avere intrattenuto rapporti con vari uomini e di avere avuto da questi numerosi figli, Polly Baker oppose una fiera teoria con la quale ricusava il processo poiché a nessuno di quegli uomini che l'avevano abbandonata era stato riservato un giudizio uguale. Oltre a questa palese disparità di trattamento riconducibile al fatto di essere una donna, lei li avrebbe anche sposati quegli uomini se non fossero spariti lasciandola come unica fonte di sostentamento per i figli.

Quindi la giuria, non solo le aveva dovuto dare ragione ma uno dei giudici, alla fine, aveva deciso di portarla all'altare. Storia edificante che poneva l'accento sull'ineguale trattamento sociale, morale e giuridico riservato alle donne ma che era unicamente frutto della penna di Benjamin Franklin, che per sensibilizzare la società sull'argomento, si affidò a una beffa che confesserà solo trent'anni più tardi.


E dunque trote con la pelliccia, conigli con le corna come i cervi, giganti preistorici e altre stranezze della Natura trovavano spazio su testate importanti come il "New York Sun" e anche su quotidiani locali come "Klondike Nugget". Erano naturalmente false ma bastavano a far vendere di più.

La stampa divenne nel secolo seguente un mezzo di straordinaria potenza e, come dimostra il celebre film di Orson Welles, Quarto potere (Citizen Kane), fu una vera e propria arma, un potere appunto:

Per avvicinarci alla manipolazione dell'informazione e in particolare a quella legata alle immagini concediamoci una breve parentesi cinematografica.
Uno dei migliori film degli anni Settanta - certo considerando il campo da un'ottica iconoclasta - è stato "Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo", in francese più semplicemente "Le Magnifique" (1973). Un divertentissimo Jean Paul Belmondo, affiancato dalla più bella Jacqueline Bisset (quasi come Luther?) del mondo e di ogni epoca, si cimenta - grazie a una geniale regia di Philippe de Broca, su sceneggiatura dello stesso de Broca aiutato da Vittorio Caprioli, Jean-Paul Rappeneau e Francis Veber - nella distruzione di uno dei miti di quegli anni di Guerra Fredda, ovvero degli agenti segreti di cui il prototipo era James Bond 007 di Ian Fleming.

Fino a quella che potrebbe essere, oltre che la più recente, anche la più drammatica e inutile truffa fotografica registrata fino a oggi e che appunto riguarda l'attacco alle Torri di New York. Dovrebbe raffigurare un turista sulla Torre Nord qualche istante prima del terribile impatto del secondo aereo. Ma si tratta certamente di un falso perché non è davvero credibile che quell'11 settembre, notoriamente caldo e soleggiato, qualcuno si vestisse in quel modo. Senza contare che l'aereo non è un 767 come dovrebbe essere ma un 757 e proviene dalla direzione sbagliata. In questo caso sappiamo l'origine e la ragione di questo falso: si tratta di un ragazzo ungherese, Peter Guzli che si era fatto quello scatto nel 1997, scatto che aveva poi utilizzato dopo l'attentato per visualizzare la scena. Ma ancora una volta c'è da chiedersi come mai quel bricolage di dubbio gusto sia riuscito, attraverso la diffusione planetaria via Internet, a dare corpo a una tale bufala
.
Questo scatto può introdurre perfettamente il concetto di controbufala, ovvero quelle supposte manipolazioni che in realtà celano solo una ricostruzione dei fatti arbitraria e preconcetta. Qualche settimana dopo il drammatico attacco, in Rete sono fiorite le teorie alternative che offrivano la rilettura degli eventi dell'11 settembre 2001: in queste si ipotizzava che il Pentagono non fosse stato colpito da un aereo ma da un missile e che quelli su New York, per la precisione assoluta con cui avevano colpito il bersaglio, dovevano essere aerei pilotati dalle Torri stesse con dei radiofari e dunque solo con la connivenza della Cia che naturalmente avrebbe agito così per scatenare una guerra al terrorismo con conseguenze benefiche per l'industria bellica.

Al di là della veridicità di questi scenari apocalittici - per ora indimostrabile - che si fondano soprattutto su un'eccessiva considerazione di sé e delle teorie di chi le immagina, vi è un aspetto notevole nella pratica della controbufala che è quello di nuovo del dominio, del controllo, dell'assimilazione attraverso un'appropriazione di fatti altamente drammatici.

Nel caso dell'attacco alle Twin Towers vi è poi certamente una componente simbolica, inconscia e mitologica nella scelta delle Torri come obiettivo, che nella loro stessa definizione rimandano a un'immagine medievale di potere atavico, a un'epoca in cui, in realtà, i contatti tra mondo occidentale e mondo islamico erano piuttosto intensi e proficui.

Secondo un punto di vista strettamente strategico poteva essere condotta un'operazione di distruzione molto più efficace con un ordigno nucleare sporco o con un attacco a luoghi maggiormente affollati come uno stadio durante una partita, oppure di maggiore impatto colpendo edifici storici come l'Empire o ancora meglio il Crysler, ottenendo così un effetto simile a quello prodotto dalla distruzione dei Buddha afghani di Bamiyan che tornano di nuovo utili come episodio esemplare.