View Full Version : Che sia di esempio per le aziende italiane
Come al solito i giapponesi sono avanti
CINA: TOKYO DIFENDE PROPRI PRODOTTI AD ALTA TECNOLOGIA
PECHINO, 21 SET- Alcune imprese giapponesi hanno cominciato a riportare in patria alcune delle loro produzioni ad alto contenuto tecnologico, ora in Cina. E' quanto riferisce il quotidiano cinese 'International Herald Leader'.Secondo il giornale la tendenza a riportare in Giappone le produzioni piu' avanzate che erano state trasferite in Cina e nel sudest asiatico e' provocata dalla paura che la concorrenza si impadronisca dei segreti della tecnologia avanzata ed e' iniziata l'anno scorso.
Ora, dopo che molte aziendo di italico invento hanno esternalizzato la produzione in Cina, spero che rientrino nel nostro Paese. Un esempio e' la Ignis di Varese, ridotta al punto di chiusura dopo aver subito la concorrenza sleale in Cina.
In pratica Ignis, per ridurre i costi di produzione, ha portato in Cina alcuni stabilimenti.
Nel corso di pochi anni, sono nati vicino alle fabriche, delle fabriche CLONE, identiche in tutto e per tutto alle fabbriche Ignis, ma senza costi di sviluppo. Vendevano frigoriferi alla meta' del prezzo Ignis.
link (http://news2000.libero.it/index_news.jhtml?id=6123872)
speriamo che serva veramente di lezione.
RiccardoS
21-09-2004, 11:22
Originariamente inviato da pierpo
Come al solito i giapponesi sono avanti
CINA: TOKYO DIFENDE PROPRI PRODOTTI AD ALTA TECNOLOGIA
PECHINO, 21 SET- Alcune imprese giapponesi hanno cominciato a riportare in patria alcune delle loro produzioni ad alto contenuto tecnologico, ora in Cina. E' quanto riferisce il quotidiano cinese 'International Herald Leader'.Secondo il giornale la tendenza a riportare in Giappone le produzioni piu' avanzate che erano state trasferite in Cina e nel sudest asiatico e' provocata dalla paura che la concorrenza si impadronisca dei segreti della tecnologia avanzata ed e' iniziata l'anno scorso.
Ora, dopo che molte aziendo di italico invento hanno esternalizzato la produzione in Cina, spero che rientrino nel nostro Paese. Un esempio e' la Ignis di Varese, ridotta al punto di chiusura dopo aver subito la concorrenza sleale in Cina.
In pratica Ignis, per ridurre i costi di produzione, ha portato in Cina alcuni stabilimenti.
Nel corso di pochi anni, sono nati vicino alle fabriche, delle fabriche CLONE, identiche in tutto e per tutto alle fabbriche Ignis, ma senza costi di sviluppo. Vendevano frigoriferi alla meta' del prezzo Ignis.
link (http://news2000.libero.it/index_news.jhtml?id=6123872)
ben gli sta.
vorrei l'intervento di quell'utente non ricordo chi che la vedeva come un'opportunità di sviluppo... magari riesce a farci vedere il problema in un'altra maniera...
pippocalo
21-09-2004, 11:49
nella scala di valori di una nazione come si trovano queste due cose:
- Capitale
- Spirito Nazionale.
I giapponesi sono famosi per essere un popolo con uno spirito nazionale molto alto e confrontabile con il potere del danaro.
Putroppo non credo sia così in tutto il mondo occidentale. Come ho detto in un altro thread il Capitale non ha patria e a volte morde anche la mano del suo momentaneo possessore.
La storia dell'Ignis è emblematica di quanto appena detto.
Ho dei dubbi che gli imprenditori imparino la lezione rinnegando il "dio" capitale. Ci vuole piuttosto uno spirito nazionale tipo giapponese o delle leggi internazionali dettate dal G8, che per il momento "razzola" malissimo su questo tema.
In caso contrario gli stati occidentali; anzi meglio il Capitale degli stati occidentali per accrescere se stesso farà crollare prima e più rapidamente l'economia degli stati in cui ha avuto i natali.
Pippo
Originariamente inviato da pippocalo
CUT
per quanto riguarda lo spirito nazionale, direi che in Europa i francesi sono i primi, seguiti forse dagli inglesi.
Gli italiani invece ho paura che siano gli ultimi, addirittura per diverse persone lo Stato è visto come un nemico, un dittatore.
L'articolo parla di produzioni ad alta tecnologia, prodotti alla frontiera ed è chiaro che questi prodotti andrebbero prodotti in casa per evitare questi fenomeni.
L'italia delocalizza il tessile, l'abbigliamento, gli accessori o cmq prodotti che non sono alla frontiera di nulla e dove la componente principale di innovazione è l'idea (design, stile, etc.) e non il processo produttivo. Sapete benissimo che per copiare un'idea non serve spostare una fabbrica in cona, basta una macchina fotografica.
nicovent
21-09-2004, 13:47
Qualche Imprenditore italiano ogni tanto ci prova a difendere il Made in Italy, firmate anche voi la petizione:
http://www.fattoinitalia.org/petizione.jsp
Nel mio piccolo da quest'anno ho inserito sulla copertina dei miei album un bel "100% Made in Italy" e pare che la clientela stia apprezzando... speriamo!
nicovent
21-09-2004, 13:52
Originariamente inviato da checcot
...Sapete benissimo che per copiare un'idea non serve spostare una fabbrica in cona, basta una macchina fotografica.
...a volte basta uno scanner... leggete QUI (http://www.fattoinitalia.org/tarocchi_articolo.jsp?id=12&pag=0)
IMHO, l'UE dovrebbe proporre una restrizione alle importazioni, ossi importare solo e esclusivamente merce coperta da brevetto.
Se un prodotto e' copiato, non puo' avere brevetto.
HenryTheFirst
21-09-2004, 16:56
Originariamente inviato da pippocalo
nella scala di valori di una nazione come si trovano queste due cose:
- Capitale
- Spirito Nazionale.
I giapponesi sono famosi per essere un popolo con uno spirito nazionale molto alto e confrontabile con il potere del danaro.
Putroppo non credo sia così in tutto il mondo occidentale. Come ho detto in un altro thread il Capitale non ha patria e a volte morde anche la mano del suo momentaneo possessore.
La storia dell'Ignis è emblematica di quanto appena detto.
Ho dei dubbi che gli imprenditori imparino la lezione rinnegando il "dio" capitale. Ci vuole piuttosto uno spirito nazionale tipo giapponese o delle leggi internazionali dettate dal G8, che per il momento "razzola" malissimo su questo tema.
In caso contrario gli stati occidentali; anzi meglio il Capitale degli stati occidentali per accrescere se stesso farà crollare prima e più rapidamente l'economia degli stati in cui ha avuto i natali.
Pippo
Chi ha veramente a cuore il dio capitale si guarda bene da farsi fregare i frutti dei propri investimenti in ricerca e sviluppo. Evidentemente la proprietà e l'amministrazione della ignis non amano abbastanza il dio capitale.
Espinado
21-09-2004, 19:46
Evidententemente non era tecnologia troppo alta: leggevo giusto qualche giorno fa un articol del genere in cui si intervistavano manager di imprese ad alta tecnologia, i quali spiegavano che in effetti a loro i cinesi gli facevano un baffo, visto che riuscivano a copiare il prodotto quando loro erano già alla generazione successiva.
Uno dei settori in cui l'italia ha ancora un po' di vantaggio competitivo residuo (per ragioni storiche) è quello dei macchinari (e includiamoci gli elettrodomestici bianchi) che si basano su innovazioni incrementali, (ogni tanto anche di puro design) facilmente copiabili. Si può continuare a produrre frigoriferi a varese, ma questi costeranno ben di pià di quelli prodotto in cina, e spesso il cliente non troverà giustificazione al differenziale di prezzo per il prodotto italiano.
Andare a produrre in cina in effetti in questo caso (vedi ignis) può essere un modo per rallentare il declino (nei primi anni si combatte "ad armi pari" la concorrenza a basso costo) ma poi, come il caso ignis insegna, si finisce cmq gambe all'aria.
Indi la soluzione è semplice, si può innovare continuamente a piccole dosi (il frigorifero che ci scrivi sopra) e a costi relativamente bassi tirando fuori una piccola novità ogni 6 mesi e si può continuare a produrre in casa, tenendo conto che cmq dopo 6 mesi anche il frigo cinese a metà prezzo sarà scrivibile. Il problema è che non è ben chiaro quanto la piccola cosmesi potrà andare avanti.
Si possono fare pure innovazione più radicali, che richiedono più investimenti in r&d (molto ma molto più costose quindi della ricetta di prima) ma garantiscono più ampi tempi di manovra: così si crea qualcosa di veramente nuovo (il frigo che si sbrina da solo, non saprei) lo si produce nella fase di avvio del mkt in casa, affinando il processo produttivo per preparararsi alla seconda inevitabile fase: la concorrenza fa abbassare il prezzo e aumentare i volumi al punto che non si può più produrre in casa, la produzione si sposta in cina: si produce in grandi volumi a bassi prezzi, finché i cinesi non riescono a produrre la stessa cosa a un prezzo più basso, a quel punto si abbandona il prodotto e si passa ad altro.
Una ricetta più articolata (e ideale) sarebbe la seguente: innovazione radicale in un primo tempo, quando questa esaurisce i suoi effetti si combatte con la cosmesi ( e alla fine si abbandona, cmq).
Protezione intellettuale e mktg/comunicazione (valorizzare il "made in italy/styled in italy" sono i due strumenti a supporto delle politiche industriali sopra descritte. Lì c'è molto (come al solito) da imparare dagli americani.
skywings
22-09-2004, 09:15
Originariamente inviato da RiccardoS
ben gli sta.
vorrei l'intervento di quell'utente non ricordo chi che la vedeva come un'opportunità di sviluppo... magari riesce a farci vedere il problema in un'altra maniera...
;) eccomi!
io continuo a vederla così... mi sembra riduttivo aver paura della produzione cinese in generale.
Se usi la Ignis come esempio, io te ne posso fare molti altri uguali se non peggiori, perchè so di cosa si parla. Quando l'azienda è andata a rotoli 'a causa dei cinesi' (si diceva) era solo un palliativo per nascondere l'incompetenza del management. Altrimenti non mi spiegherei come mai ri-iniziando lo stesso business con altri capi si riesca senza problemi a guadagnare e a sviluppare la ditta.
Ripeto quanto già detto: studiatevi cosa ha fatto la ditta Radici di Bg per aggirare il 'problema Cina'. E' un ottimo esempio di intelligenza italiana applicata alle dinamiche economiche mondiali.
Se poi venite a Dalmine in questi giorni, potete sorbirvi i meetings della XXI Conferenza Mondiale IASP dei Parchi Scientifici e Tecnologici, che si tiene in Italia e non in Cina per motivi ben precisi... info qui (http://www.servitec.it/servitec/index.htm) .
Mah... certo che se uno, nonostante i dati di fatto, si ostina a perseguire obiettivi non più attuabili, non possiamo di certo incolpare i cinesi di questo... Si svegli e si dia una mossa per adattarsi al nuovo scenario. I giapponesi hanno deciso di far rientrare le produzioni tecnologicamente avanzate? Bene, loro hanno scelto questa via... si sono adattati. Noi che cosa aspettiamo? Che i cinesi ammettano le loro colpe, si inginocchino e si ritirino dal mercato?
:rolleyes:
Nella prima metà del '900 in Italia non c'era niente se non 2 guerre mondiali, eppure i capi d'azienda di allora hanno messo le basi per il boom economico del dopoguerra... Oggi c'è tutto e anche i cinesi. Mi sa che i nuovi capi non sono proprio all'altezza dei loro genitori... forse questo è il vero problema, non i cinesi.
Questo è quello che penso e vedo io. Se vuoi ti posso fare, come dicevo, molti altri esempi simili alla Ignis, tipo Pedrini o qualche ditta informatica, ma non cambia il mio pensiero. I cambiamenti sono opportunità, se si è capaci di comprenderli e metabolizzarli...
;)
bye
RiccardoS
22-09-2004, 11:47
ahn ecco! Skywings! :)
ora ho capito un pò meglio quello che intendevi anche nell'altro thread... ;)
Riamango dell'idea che a lungo termine il processo di esportazione della attivita' produttive portera' poverta e ne risentiranno anche gli industriali.
Fino a quando pensano di produrre all'estero e vendere in Italia?
se continuano a lasciare a casa gli operai/impiegati/collaboratori .ecc il potere d'acquisto di questi ultimi diminuisce e di conseguenza la loro capacita' di spesa.
Espinado
22-09-2004, 19:22
tendenzialmente potrebbe finire come dici tu, ma la soluzione non è certo chiudere le frontiere.
Originariamente inviato da Espinado
tendenzialmente potrebbe finire come dici tu, ma la soluzione non è certo chiudere le frontiere.
Certo che no! chiudere le frontiere e' inutile e dannoso.
Bisonoga pero' controllare l'origine delle merci in ingresso nel nostro Paese.
Se io, impernditore, vedo un macchinario complesso alla meta' del prezzo che in Italia, devo capire come fa a costare cosi' poco.
1) il prodotto e' copiato, quindi dovrei chiedere la visioni dei documenti di brevetto internazionale. Se non li ha, il macchinario non deve esssere importato.
2) questione morale. Il macchinario e' stato assemblato da bambini. La mia coscienza di imprenditore e di uomo non pulita.
Insomma, la Cina troppo spesso e' in concorrenza sleale con le aziente italiane, e mi sembra giusto che ci si protegga dalla slealta'
skywings
23-09-2004, 08:38
Originariamente inviato da pierpo
Certo che no! chiudere le frontiere e' inutile e dannoso.
Bisonoga pero' controllare l'origine delle merci in ingresso nel nostro Paese.
Se io, impernditore, vedo un macchinario complesso alla meta' del prezzo che in Italia, devo capire come fa a costare cosi' poco.
1) il prodotto e' copiato, quindi dovrei chiedere la visioni dei documenti di brevetto internazionale. Se non li ha, il macchinario non deve esssere importato.
ringraziamo il ns. governo che ha legiferato in modo tale da non poter risalire ai documenti internazionali...:eek: :rolleyes:
2) questione morale. Il macchinario e' stato assemblato da bambini. La mia coscienza di imprenditore e di uomo non pulita.
Insomma, la Cina troppo spesso e' in concorrenza sleale con le aziente italiane, e mi sembra giusto che ci si protegga dalla slealta'
Sui bambini si spera sempre che la carta internazionale dei diritti dell'uomo riesca ad arrivare "là dove nessun uomo è mai giunto prima", ma inevitabilmente ci si scontra con la sovranità nazionale e con l'ignoranza popolare...
E' dura controllare, purtroppo. Forse è più facile sperare nei sindacati nazionali... :(
Originariamente inviato da skywings
ringraziamo il ns. governo che ha legiferato in modo tale da non poter risalire ai documenti internazionali...:eek: :rolleyes:
E' uno dei pochi argomenti in cui in nostro Governo non c'etra nulla. I documenti di brevetto sono di quanto piu' pubblico esista. non c'e' bisogno di rogatorie o alre autorizzazioni.
Su Internet ci sono tutte le informazioni che servono.
Basta cercarle
skywings
23-09-2004, 10:22
Originariamente inviato da pierpo
E' uno dei pochi argomenti in cui in nostro Governo non c'etra nulla. I documenti di brevetto sono di quanto piu' pubblico esista. non c'e' bisogno di rogatorie o alre autorizzazioni.
Su Internet ci sono tutte le informazioni che servono.
Basta cercarle
non mi sono fatto intendere, sorry... ;)
sicuramente il brevetto è pubblico, altrimenti cadrebbero le basi stesse d'esistenza del documento.
Mi riferivo a questo:
Se non li ha, il macchinario non deve esssere importato.
Il discorso era riferito al controllo: come fai a controllare? I documenti sui brevetti sono pubblici, ma i documenti di progetto industriali sono segreti. In questi casi non è chi subisce l'eventuale danno che dever provare il fatto? Reverse-engeneering?
Se poi ci riferiamo a prodotti non industriali ma es. agricoli, tipo olio di semi che miracolosamente durante il trasporto diventa olio di oliva, qui il governo c'entra, purtroppo...
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