Paracleto
31-08-2004, 22:11
Al Qaida non uccide solo i complici di Bush, arriva il risveglio politico?
L’ex direttore del Manifesto, Riccardo Barenghi, ha fatto quel che chiedevamo a Enrico Deaglio di fare, dopo il trauma dell’assassinio di Enzo Baldoni: ha detto ai lettori del suo giornale, con semplicità scandalosa, che i terroristi non sono i liberatori dell’Iraq, non sono la resistenza, e che tra loro e la coalizione occidentale la Jena sceglie la coalizione. Ben detto e, speriamo, ben confermato e ulteriormente argomentato (ad esempio: perché questo pensiero viene solo dopo l’uccisione di un giornalista pacifista, non bastava un qualunque body guard, un qualunque ebreo come Nick Berg o Daniel Pearl?). Anche Piero Fassino ha fatto uno di quei passettini in avanti, circondati da ingombranti e pusille cautele, che lo distinguono dagli immobilismi cupi di molta sua gente: ha detto ai lettori del Corriere che bisogna affermare i diritti universali dell’uomo in medio oriente. Ben confezionato, ma l’intervista del leader ds conteneva già le remore che rischiano di confonderla con il più ordinario dei propagandismi a corta gittata. Fassino aggiunge infatti che la guerra preventiva è stata un errore e che il mondo ha invece bisogno di politica preventiva: un concetto piuttosto labile di questi tempi. Lo si accetta calorosamente quando è in bocca a Emma Bonino, che a marciare non ci va e non ha mai civettato con l’equazione Bush uguale bin Laden. Fassino dice ancora che lui non vuole esportare la “nostra” democrazia, come Bush, ma i diritti “universali”: una distinzione, di nuovo, piuttosto evanescente. Conclude, in un crescendo di confusione, che la politica preventiva per affermare i diritti nel campo del nemico deve prevedere il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, a meno che le elezioni americane non siano vinte da John Kerry. Come si vede, ci siamo e non ci siamo.
Siamo comunque, questo sì, nella fatale fase delle illusioni perdute, tipica del pensiero unico di sinistra in tutto il mondo. Ma è un peccato che l’aiuto a ragionare venga dalla furia bestiale del nemico e dai suoi atti di combattimento indistinti, che per noi sono delitti contro l’umanità, invece che dall’ausilio della sola ragione e dalla considerazione della politica e della storia. Eppoi lo sappiamo, prima che le illusioni perdute conducano all’accettazione della realtà e all’ottimismo della volontà (vedi la citazione di William Safire in prima pagina) a sinistra passano anni interminabili intessuti di nuove illusioni: è la legge dei vent’anni, il tempo medio occorrente per riconoscere che si era sbagliato. Per dichiararsi non comunisti, che è ancora pochino, hanno aspettato la caduta del muro di Berlino; per passare dalla politica preventiva alla guerra al terrorismo, che cosa altro deve cadere?
L’ex direttore del Manifesto, Riccardo Barenghi, ha fatto quel che chiedevamo a Enrico Deaglio di fare, dopo il trauma dell’assassinio di Enzo Baldoni: ha detto ai lettori del suo giornale, con semplicità scandalosa, che i terroristi non sono i liberatori dell’Iraq, non sono la resistenza, e che tra loro e la coalizione occidentale la Jena sceglie la coalizione. Ben detto e, speriamo, ben confermato e ulteriormente argomentato (ad esempio: perché questo pensiero viene solo dopo l’uccisione di un giornalista pacifista, non bastava un qualunque body guard, un qualunque ebreo come Nick Berg o Daniel Pearl?). Anche Piero Fassino ha fatto uno di quei passettini in avanti, circondati da ingombranti e pusille cautele, che lo distinguono dagli immobilismi cupi di molta sua gente: ha detto ai lettori del Corriere che bisogna affermare i diritti universali dell’uomo in medio oriente. Ben confezionato, ma l’intervista del leader ds conteneva già le remore che rischiano di confonderla con il più ordinario dei propagandismi a corta gittata. Fassino aggiunge infatti che la guerra preventiva è stata un errore e che il mondo ha invece bisogno di politica preventiva: un concetto piuttosto labile di questi tempi. Lo si accetta calorosamente quando è in bocca a Emma Bonino, che a marciare non ci va e non ha mai civettato con l’equazione Bush uguale bin Laden. Fassino dice ancora che lui non vuole esportare la “nostra” democrazia, come Bush, ma i diritti “universali”: una distinzione, di nuovo, piuttosto evanescente. Conclude, in un crescendo di confusione, che la politica preventiva per affermare i diritti nel campo del nemico deve prevedere il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, a meno che le elezioni americane non siano vinte da John Kerry. Come si vede, ci siamo e non ci siamo.
Siamo comunque, questo sì, nella fatale fase delle illusioni perdute, tipica del pensiero unico di sinistra in tutto il mondo. Ma è un peccato che l’aiuto a ragionare venga dalla furia bestiale del nemico e dai suoi atti di combattimento indistinti, che per noi sono delitti contro l’umanità, invece che dall’ausilio della sola ragione e dalla considerazione della politica e della storia. Eppoi lo sappiamo, prima che le illusioni perdute conducano all’accettazione della realtà e all’ottimismo della volontà (vedi la citazione di William Safire in prima pagina) a sinistra passano anni interminabili intessuti di nuove illusioni: è la legge dei vent’anni, il tempo medio occorrente per riconoscere che si era sbagliato. Per dichiararsi non comunisti, che è ancora pochino, hanno aspettato la caduta del muro di Berlino; per passare dalla politica preventiva alla guerra al terrorismo, che cosa altro deve cadere?