sempreio
09-08-2004, 21:00
ESPULSIONI
Drogati e poveri? Italiani, raus!
I nostri connazionali o i figli di seconda e terza generazione espulsi dalla Germania, perché carcerati, poveri o drogati
di Alessandra Cecchin
Accompagnati al confine ed espulsi con l'etichetta di "persona indesiderata".
I "cacciati" sono cittadini italiani residenti in Germania da decenni, spesso nati in terra tedesca. Molti sono figli di emigrati di seconda e terza generazione che, per lo più, hanno problemi di droga. Succede nella regione tedesca del Baden Württemberg ormai da diversi anni, ma il fenomeno ha assunto dimensioni allarmanti negli ultimi tempi: nel solo 1999 sono state espulse dalla Germania ben 480 persone con passaporto italiano, quasi tutte dalla regione del Baden Württemberg, e in parte dalla Baviera.
Appello drammatico: aiutateci
La denuncia è partita dalle associazioni dei nostri connazionali emigrati, insieme alla richiesta di aiuto: "Queste persone non conoscono l'Italia né la lingua, non hanno nessun parente che li accolga e, soprattutto, hanno bisogno di cure. Aiutateci".
L'appello è stato raccolto da qualche mese dai vari Ce.i.s. (Centro di solidarietà) del Veneto, che si sono subito attivati. "Noi abbiamo risposto immediatamente - racconta Daniele Corbetta, direttore generale del Ce.i.s. di Treviso - perché questa realtà di emarginazione riguarda soprattutto giovani che hanno problemi di tossicodipendenza.
Da tempo è noto il problema delle espulsioni facili di nostri connazionali da parte di alcuni Länder della Germania, in particolare il Baden Württemberg: singoli o intere famiglie alle quali viene negato il rinnovo del permesso di soggiorno, rispedite in Italia perché momentaneamente disoccupate o con stipendi troppo bassi, considerate "a rischio" di assistenza sociale e, quindi, un peso per la società e per il welfare tedesco; e poi, persone finite in carcere, recidive, per reati comuni o, più frequentemente, legati all'uso di droga".
Lo status di "cittadino comunitario" con i relativi diritti viene, infatti, riconosciuto da alcuni Länder solo agli italiani che lavorano e producono, ma viene subito negato o cancellato quando qualcuno, per qualsiasi motivo, è costretto ad usufruire dell'aiuto sociale, o perché, percependo una pensione inferiore ai 1.200 marchi mensili (con contributi versati per una vita intera in Germania), non riesce a raggiungere il minimo vitale.
Violate le norme europee
Un'interpretazione distorta delle normative comunitarie e una violazione dell'art. 48 del Trattato di Roma e degli accordi di Schengen, secondo le associazioni degli italiani all'estero, un sistema utile alla difesa dell'ordine pubblico e della sicurezza, secondo le autorità tedesche. Certo la soluzione di un problema di così vaste proporzioni non può che essere politica, e sia la Commissione europea che la Corte di Giustizia europea sono state chiamate a pronunciarsi e ad intervenire.
Nella Repubblica Federale di Germania vivono 680.000 italiani e la maggioranza vive nei Länder del sud, a Stoccarda, Monaco, Francoforte sul Meno, nella zona industriale della Ruhr, arrivati negli anni '60 per lavorare nelle fabbriche tedesche, la Bmw, la Mercedes-Benz, o nelle miniere di carbone. Una nuova ondata migratoria c'è stata dopo la riunificazione delle due Germanie, quando molte aziende edili italiane sono sbarcate nell'ex Germania dell'est.
Una comunità molto numerosa
Nella regione di Stoccarda, che comprende i 3/4 del Baden Württemberg, gli italiani sono circa 180.000, la seconda comunità dopo i turchi. Quasi nessuno ha scelto la naturalizzazione, anche se residenti in Germania da 30 o 40 anni, e questo fatto risulta incomprensibile ai tedeschi, che intendono la convivenza come un'assimilazione. "I legami forti con il Paese di origine, la difficoltà ad impadronirsi della lingua e degli strumenti utili ad una veloce integrazione - spiega Corbetta - fanno sì che da decenni la comunità italiana abbia il primato dei bambini nelle classi differenziali (le Sonderschulen), vere e proprie scuole "di serie B". Un disagio sociale che tocca i ragazzi, le famiglie e l'intera comunità italiana: come si rispedisce indietro chi non risponde ai parametri prestabiliti, allo stesso modo si "scaricano" nel ghetto delle scuole speciali i ragazzi "non integrati", condizionandone il futuro professionale e di vita".
L'impegno dei Ce.i.s. del Veneto
Ma che cosa possono fare i Ce.i.s. veneti?
"Stiamo collaborando con istituzioni e associazioni italiane e tedesche - spiega Michele Gazzola, coordinatore per il reinserimento del Ce.i.s. di Treviso - con il Consolato generale d'Italia a Stoccarda, con il Cais (il Comitato di assistenza per gli italiani) di Stoccarda, con l'Ibsi, un'associazione tedesca, e le Acli, oltre che con le Missioni cattoliche. Abbiamo messo a punto un progetto di prima informazione per chi è in carcere in attesa dell'espulsione: spieghiamo loro che cosa possono fare appena arrivano in Italia, a chi rivolgersi, dove andare per avere la tessera sanitaria, un lavoro, a quali centri chiedere aiuto per uscire dalla tossicodipendenza. Diversamente, lasciati a se stessi, rischiano di delinquere appena arrivano in Italia, proprio perché privi di riferimenti".
"Devo dire - continua Gazzola - che è il console stesso di Stoccarda, Bernardo Carloni, a chiederci aiuto e a mettersi a nostra disposizione. Io sono già stato in due carceri, a Heilbronn e a Ravensburg, e ho potuto conoscere questi "fantasmi", figli di nessuno, non riconosciuti dall'Italia, rifiutati dalla Germania, dove sono nati, vissuti, dove vogliono rimanere e dove spesso hanno tutti i parenti".
Le famiglie stesse sono angosciate, impotenti, anche indignate di fronte all'atteggiamento delle autorità: sentono di aver fatto molto per il Paese in cui vivono e si sentono respinti nel momento della difficoltà. Qualcuno parte per l'Italia insieme al familiare espulso, spesso un figlio, perché non ha nessuno a cui affidarlo. "Stiamo pensando ad un progetto di pronta accoglienza qui - spiega Gazzola - ma vorremmo che questi ragazzi potessero tornare".
La regione Lombardia, ad esempio, si è dichiarata disponibile a farsi carico del recupero di 50 connazionali condannati per reati di droga ed espulsi, a condizione che vengano riammessi nel loro Länder al termine della terapia.
La prevenzione in Germania
"Con alcune organizzazioni tedesche - conclude - stiamo lavorando anche per la prevenzione, con il "Progetto speranza", per formare dei mediatori culturali e dare una mano a chi vive la tossicodipendenza ma non è ancora finito in carcere". In attesa di un serio pronunciamento da parte dell'Europa, affinché le leggi comunitarie siano rispettate e nessun paese dell'Unione possa cacciare dal proprio territorio una persona perché malata, disoccupata o semplicemente povera.
Drogati e poveri? Italiani, raus!
I nostri connazionali o i figli di seconda e terza generazione espulsi dalla Germania, perché carcerati, poveri o drogati
di Alessandra Cecchin
Accompagnati al confine ed espulsi con l'etichetta di "persona indesiderata".
I "cacciati" sono cittadini italiani residenti in Germania da decenni, spesso nati in terra tedesca. Molti sono figli di emigrati di seconda e terza generazione che, per lo più, hanno problemi di droga. Succede nella regione tedesca del Baden Württemberg ormai da diversi anni, ma il fenomeno ha assunto dimensioni allarmanti negli ultimi tempi: nel solo 1999 sono state espulse dalla Germania ben 480 persone con passaporto italiano, quasi tutte dalla regione del Baden Württemberg, e in parte dalla Baviera.
Appello drammatico: aiutateci
La denuncia è partita dalle associazioni dei nostri connazionali emigrati, insieme alla richiesta di aiuto: "Queste persone non conoscono l'Italia né la lingua, non hanno nessun parente che li accolga e, soprattutto, hanno bisogno di cure. Aiutateci".
L'appello è stato raccolto da qualche mese dai vari Ce.i.s. (Centro di solidarietà) del Veneto, che si sono subito attivati. "Noi abbiamo risposto immediatamente - racconta Daniele Corbetta, direttore generale del Ce.i.s. di Treviso - perché questa realtà di emarginazione riguarda soprattutto giovani che hanno problemi di tossicodipendenza.
Da tempo è noto il problema delle espulsioni facili di nostri connazionali da parte di alcuni Länder della Germania, in particolare il Baden Württemberg: singoli o intere famiglie alle quali viene negato il rinnovo del permesso di soggiorno, rispedite in Italia perché momentaneamente disoccupate o con stipendi troppo bassi, considerate "a rischio" di assistenza sociale e, quindi, un peso per la società e per il welfare tedesco; e poi, persone finite in carcere, recidive, per reati comuni o, più frequentemente, legati all'uso di droga".
Lo status di "cittadino comunitario" con i relativi diritti viene, infatti, riconosciuto da alcuni Länder solo agli italiani che lavorano e producono, ma viene subito negato o cancellato quando qualcuno, per qualsiasi motivo, è costretto ad usufruire dell'aiuto sociale, o perché, percependo una pensione inferiore ai 1.200 marchi mensili (con contributi versati per una vita intera in Germania), non riesce a raggiungere il minimo vitale.
Violate le norme europee
Un'interpretazione distorta delle normative comunitarie e una violazione dell'art. 48 del Trattato di Roma e degli accordi di Schengen, secondo le associazioni degli italiani all'estero, un sistema utile alla difesa dell'ordine pubblico e della sicurezza, secondo le autorità tedesche. Certo la soluzione di un problema di così vaste proporzioni non può che essere politica, e sia la Commissione europea che la Corte di Giustizia europea sono state chiamate a pronunciarsi e ad intervenire.
Nella Repubblica Federale di Germania vivono 680.000 italiani e la maggioranza vive nei Länder del sud, a Stoccarda, Monaco, Francoforte sul Meno, nella zona industriale della Ruhr, arrivati negli anni '60 per lavorare nelle fabbriche tedesche, la Bmw, la Mercedes-Benz, o nelle miniere di carbone. Una nuova ondata migratoria c'è stata dopo la riunificazione delle due Germanie, quando molte aziende edili italiane sono sbarcate nell'ex Germania dell'est.
Una comunità molto numerosa
Nella regione di Stoccarda, che comprende i 3/4 del Baden Württemberg, gli italiani sono circa 180.000, la seconda comunità dopo i turchi. Quasi nessuno ha scelto la naturalizzazione, anche se residenti in Germania da 30 o 40 anni, e questo fatto risulta incomprensibile ai tedeschi, che intendono la convivenza come un'assimilazione. "I legami forti con il Paese di origine, la difficoltà ad impadronirsi della lingua e degli strumenti utili ad una veloce integrazione - spiega Corbetta - fanno sì che da decenni la comunità italiana abbia il primato dei bambini nelle classi differenziali (le Sonderschulen), vere e proprie scuole "di serie B". Un disagio sociale che tocca i ragazzi, le famiglie e l'intera comunità italiana: come si rispedisce indietro chi non risponde ai parametri prestabiliti, allo stesso modo si "scaricano" nel ghetto delle scuole speciali i ragazzi "non integrati", condizionandone il futuro professionale e di vita".
L'impegno dei Ce.i.s. del Veneto
Ma che cosa possono fare i Ce.i.s. veneti?
"Stiamo collaborando con istituzioni e associazioni italiane e tedesche - spiega Michele Gazzola, coordinatore per il reinserimento del Ce.i.s. di Treviso - con il Consolato generale d'Italia a Stoccarda, con il Cais (il Comitato di assistenza per gli italiani) di Stoccarda, con l'Ibsi, un'associazione tedesca, e le Acli, oltre che con le Missioni cattoliche. Abbiamo messo a punto un progetto di prima informazione per chi è in carcere in attesa dell'espulsione: spieghiamo loro che cosa possono fare appena arrivano in Italia, a chi rivolgersi, dove andare per avere la tessera sanitaria, un lavoro, a quali centri chiedere aiuto per uscire dalla tossicodipendenza. Diversamente, lasciati a se stessi, rischiano di delinquere appena arrivano in Italia, proprio perché privi di riferimenti".
"Devo dire - continua Gazzola - che è il console stesso di Stoccarda, Bernardo Carloni, a chiederci aiuto e a mettersi a nostra disposizione. Io sono già stato in due carceri, a Heilbronn e a Ravensburg, e ho potuto conoscere questi "fantasmi", figli di nessuno, non riconosciuti dall'Italia, rifiutati dalla Germania, dove sono nati, vissuti, dove vogliono rimanere e dove spesso hanno tutti i parenti".
Le famiglie stesse sono angosciate, impotenti, anche indignate di fronte all'atteggiamento delle autorità: sentono di aver fatto molto per il Paese in cui vivono e si sentono respinti nel momento della difficoltà. Qualcuno parte per l'Italia insieme al familiare espulso, spesso un figlio, perché non ha nessuno a cui affidarlo. "Stiamo pensando ad un progetto di pronta accoglienza qui - spiega Gazzola - ma vorremmo che questi ragazzi potessero tornare".
La regione Lombardia, ad esempio, si è dichiarata disponibile a farsi carico del recupero di 50 connazionali condannati per reati di droga ed espulsi, a condizione che vengano riammessi nel loro Länder al termine della terapia.
La prevenzione in Germania
"Con alcune organizzazioni tedesche - conclude - stiamo lavorando anche per la prevenzione, con il "Progetto speranza", per formare dei mediatori culturali e dare una mano a chi vive la tossicodipendenza ma non è ancora finito in carcere". In attesa di un serio pronunciamento da parte dell'Europa, affinché le leggi comunitarie siano rispettate e nessun paese dell'Unione possa cacciare dal proprio territorio una persona perché malata, disoccupata o semplicemente povera.