View Full Version : Concertazione, strappo della Cgil
L'organizzazione guidata da Epifani lascia il tavolo. Cisl e Uil: una scelta "incomprensibile.
Strappo della Cgil al tavolo tra Confindustria e sindacati che ieri sera avrebbe dovuto sancire la ripresa della concertazione tra le controparti. Dopo circa
due ore la delegazione guidata da Guglielmo Epifani ha abbandonato la sede dell'associazione degli industriali, bocciando il documento presentato da Luca Cordero di Montezemolo e Alberto Bombassei. Mentre Cisl e Uil hanno proseguito l'incontro e si sono date appuntamento per la prossima settimana; senza però fissare una data e nella speranza di recuperare la Cgil
al tavolo.
«La concertazione parte non benissimo», ha commentato il vice presidente di Confindustria Bombassei, che tanto ha lavorato nei giorni scorsi per preparare questo incontro. «Ma nessuno si era illuso - ha aggiunto -. Ci voleva un miracolo. Speriamo di recuperare». E l'auspicio che la confederazione guidata da Epifani possa avere un ripensamento arriva anche dal sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi: «Spero che la posizione della Cgil non si traduca in un veto, ma in una disponibilità a mediare».
La rottura si è consumata sulla proposta di Confindustria, accettata da Cisl e Uil, di iniziare il confronto sulla revisione del sistema contrattuale in autunno. Una proposta bocciata dalla Cgil, contraria a fissare qualunque tipo di scadenza su un tema così delicato.
«C'è una parte del documento sulle politiche di sviluppo e sulla competitività - ha spiegato Epifani lasciando viale dell'Astronomia scuro in volto - sulla quale siamo disposti a lavorare. C'è poi una parte sulla politica salariale e sui
contratti, sulla quale non siamo d'accordo». «Dunque - ha aggiunto il leader della Cgil - se il documento resterà quello, per noi non va bene, non è condivisibile».
Prima che tra Cgil e Confindustria, dunque, lo scontro è di nuovo tra le tre confederazioni sindacali, come testimonia l'umore dei tre segretari generali. Per i leader di Cisl e Uil la decisione della Cgil di abbandonare il tavolo è
«incomprensibile». «La Cgil pone di nuovo un veto, e io non credo che ci possano essere degli argomenti tabù», ha detto Pezzotta al termine dell'incontro, auspicando comunque un ripensamento da parte di Epifani. E non escludendo un chiarimento nei prossimi giorni.
«L'ipotesi che era stata proposta - ha spiegato il leader della Cisl - era quella di avviare da ottobre un confronto sul sistema contrattuale, una volta terminato a fine settembre il lavoro della commissione di Cgil, Cisl e Uil su questa materia. Dunque - ha aggiunto - non ho capito perchè la Cgil ha deciso di andarsene. Se qualcuno vuole sfuggire al confronto lo dica con
chiarezza. Spero comunque - ha concluso - che, passate le arrabbiature, le incomprensioni si superino, perchè è un nostro dovere capire cosa Confindustria vuole fare su certe materie. E per andare al confronto col Governo con una posizione chiara».
Sulla stessa linea Angeletti, che ha confermato la disponibilità della Uil a discutere sugli assetti contrattuali a partire da ottobre. «Avevamo assolutamente chiarito che tutti contratti aperti devono essere chiusi prima di aprire il confronto», ha detto, definendo la scelta della Cgil «non positiva, non utile, perchè in una situazione come questa sarebbe stato importante che Confindustria e i sindacati fossero stati in grado di dare un segnale positivo». Angeletti ha quindi spiegato che già domani potrebbe essere fissata la data per il prossimo incontro con Confindustria. «Ci hanno proposto un documento. Noi - ha detto - abbiamo fatto delle osservazioni chiedendo delle modifiche perchè c'erano degli aspetti da noi non condivisi, come un richiamo alla decontribuzione per i nuovi assunti nel Mezzogiorno e una valutazione sull'aspetto salariale che non ci convince. Confindustria analizzerà queste nostre controproposte e nei prossimi giorni ci incontreremo nuovamente per sapere quali sono le risposte».
Conferma Bombassei: «Si tratta di un documento nella stragrande maggioranza condiviso, dove alcuni punti saranno oggetto di approfondimento».
Fonte: Repubblica.it (http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=500404&chId=30&artType=Articolo&back=0)
16/07/2004: "In gioco il potere di veto"
di Angelo Panebianco
Corriere della Sera, 16 luglio 2004
Perché il leader della Cgil Guglielmo Epifani ha abbandonato platealmente, due giorni fa, il tavolo del confronto fra Confindustria e sindacati? Il casus belli è stata la proposta confindustriale di rimodulazione degli assetti contrattuali, ma gli altri leader sindacali, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti, hanno giudicato incomprensibili le motivazioni addotte dalla Cgil per stroncare sul nascere il dialogo con la Confindustria.
In verità il comportamento, apparentemente bizzarro e bizzoso dei vertici della Cgil, non è affatto inspiegabile. Epifani sembra avere voluto mettere in chiaro, sia dinanzi alla associazione degli imprenditori sia, e forse soprattutto, dinanzi alla Cisl e alla Uil, che la Cgil detiene tradizionalmente un diritto/potere di veto su qualunque questione di interesse sindacale e a quel diritto/potere di veto non intende rinunciare. In sostanza, la Cgil ha gonfiato i muscoli per chiarire subito, prima ancora che inizi davvero una reale trattativa con la controparte imprenditoriale, chi davvero comandi. È una vecchia storia. La Cgil ha una lunghissima abitudine all'esercizio del potere di interdizione, un potere che ha sempre esercitato senza remore sia nei confronti delle altre organizzazioni sindacali sia nei confronti di eventuali governi «amici». L'esistenza di quel potere di interdizione non è mai dipesa solo dal fatto che la Cgil fosse, e sia, il sindacato più forte, con più iscritti. La sua forza politica non è mai stata solo organizzativa. Era anche il frutto degli appoggi politici che la Cgil ha sempre potuto mettere in campo. Ne sanno qualcosa gli altri sindacati. Tutte le volte che si sono trovati a rompere con la Cgil (all'epoca dello scontro sulla scala mobile negli anni Ottanta con il governo Craxi, all'epoca del conflitto fra la Cgil e il governo Berlusconi sulla questione della riforma del mercato del lavoro) hanno pagato prezzi molto alti. Perché la Cgil, un tempo spalleggiata dal Pci (di cui era, in verità, il braccio esecutivo sul terreno sindacale), è sempre stata in grado di mobilitare, contro gli altri sindacati, vigorose campagne di piazza e massmediatiche. Mettersi contro la Cgil significava, per gli altri sindacati, correre il serio rischio di essere bollati come «sindacati gialli», al servizio del padrone (governativo o imprenditoriale che fosse). Con tutte le spiacevoli conseguenze del caso.
Ma anche i governi «amici» hanno sperimentato sulla propria pelle cosa significhi sfidare l'ira della Cgil. Nella passata legislatura, all'epoca dei governi di centrosinistra, fu la Cgil di Sergio Cofferati a mettersi di traverso (e a spuntarla) impedendo non solo una riforma del welfare state ma persino una seria discussione (che, all'epoca, soprattutto Massimo D'Alema tentava di impostare) su quella necessaria riforma. È stata infatti questa la vera grande novità prodotta dalla fine del partito comunista. Ai tempi del Pci la Cgil era, sostanzialmente, sottomessa al partito. Finito il Pci, la Cgil ha acquistato una forza politica autonoma e la capacità di imporre i propri diktat ai partiti di sinistra.
Insomma, la storia passata rende del tutto comprensibile il tentativo odierno della Cgil di riaffermare se stessa come depositaria di un potere di veto, si tratti di costruire piattaforme comuni con gli altri sindacati, dialogare con la Confindustria, o trattare con il governo.
Il problema, naturalmente, è che né l'economia del Paese né, men che mai, la democrazia politica possono rimanere appese al potere di veto di una organizzazione sindacale più portata a dire no a qualsiasi proposta di riforma che a negoziare, con spirito costruttivo, i contenuti della proposta.
Originariamente inviato da teogros
Berlusconi! :rolleyes:
quoto:O
16/07/2004: "L'obbligo del dialogo"
di Giulio Anselmi
La Repubblica, 16 luglio 2004
Pura immagine. Il giudizio sulla nuova stagione aperta in Confindustria da Luca di Montezemolo arriva spietato come una sentenza senza appello. La pronunciano i nemici interni ed esterni, coloro che nel governo, tra gli industriali e nei sindacati vorrebbero poter dimostrare che quella del presidente è una nobile illusione, ma un'illusione: con la Cgil non si può trattare, la guidino Cofferati o Epifani la maggiore organizzazione sindacale resterà schiava del suo passato e del potere della Federazione dei metalmeccanici.
Metterla così fa comodo a tanti: al ministro del welfare Roberto Maroni e al sottosegretario Maurizio Sacconi che flirtavano con la precedente gestione di Antonio D'Amato interprete di una linea di rottura e sono rimasti spiazzati dal nuovo corso; ai duri dell'associazione imprenditoriale, nostalgici della stagione dello spaccatutto; ai sindacalisti come Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale Fiom, convinto che a cambiare siano stati solo i toni, non la sostanza.
E non dispiace ai vertici di Cisl e Uil, infastiditi dalla luna di miele tra Montezemolo ed Epifani (i soli a darsi del tu) e interessati a riprendere il ruolo di interlocutori privilegiati nelle trattative. Ma si tratta di un calcolo miope: trasformare l'episodio dell'interruzione del confronto al suo nascere nel sintomo dell'impossibilità di un nuovo corso nelle relazioni industriali, significa accettare che la crisi italiana si aggravi fino a un punto di non ritorno. Come se la deriva della politica trascinasse l'intero Paese sulla via dell'impotenza e della rinuncia e il "fare sistema" evocato da Ciampi e Montezemolo acquistasse una drammatica valenza capovolta.
In realtà era inevitabile che dopo l'enunciazione di principio del ritorno al metodo della concertazione, concausa dell'inizio di una (breve) luna di miele tra Confindustria e sindacato, si dovessero fare i conti con i problemi concreti. Concertazione, nella nuova stagione, dovrà significare "dialogo", senza mitizzazioni: non si può dimenticare, nonostante i grandi benefici complessivi del protocollo del '93, che i tavoli tripartiti tra governo e parti sociali si sono trasformati, in alcune occasioni, in freni allo sviluppo del Paese. Anche nel mondo operaio ci sono parecchie perplessità: da Livorno, pochi giorni dopo il discorso d'investitura dell'Eur, la Fiom ha fatto sapere che i vecchi strumenti erano irripetibili. Ma i temi già condivisi sono molti: dagli investimenti su ricerca e innovazione allo sviluppo del Mezzogiorno, dalla crescita delle imprese al taglio dell'Irap.
Lo strappo sui contratti nasce da un conflitto interno al sindacato. È stata la Cisl a pretendere che tra le priorità contenute nel documento confindustriale e destinate a diventare oggetto di altrettante trattative, figurassero accanto allo sviluppo, all'inflazione, ai fondi pensione. Altrimenti ce ne andiamo noi, aveva minacciato Pezzotta. Il rapporto con Bombassei, l'"asse bergamasco", aveva funzionato ed Epifani si era trovato in agenda un tema che, secondo lui, doveva restare fuori. Non si tratta di una questione di puntiglio. Il leader Cgil teme che la trattativa sulle politiche salariali e contrattuali, se inizia subito, vada a impattare col rinnovo del contratto dei metalmeccanici, che deve essere firmato entro l'anno, provocando un rinvio che la potentissima Fiom non gli perdonerebbe.
Quello dei contratti è un fronte che vede contrapposte le due maggiori confederazioni, mentre la Uil si cura principalmente del livello dei salari. Attualmente esistono due livelli di contrattazione, nazionale e aziendale. La Cisl è favorevole all'innovazione di una contrattazione territoriale, la Cgil considera un totem l'esistente: la posta in palio è naturalmente la rappresentatività, il peso di ciascun sindacato, e il tentativo di quello cattolico di accrescere il proprio. Per gli industriali il problema principale è non introdurre un terzo livello, che risulterebbe insostenibile per le piccole imprese. Ma sotto il conflitto cova la cenere di vecchi incendi: avere inserito nel documento una frase sull'applicazione «della legislazione esistente» sembrerebbe pleonastico e ovvio, ma, nel contesto, ha rappresentato un diretto riferimento alla legge Biagi, subita dalla Cgil, e quest'ultima lo ha interpretato come un gratuito dito in un occhio. Come nella verifica di governo, irrisolte difficoltà nei rapporti personali hanno aggravato il contrasto.
Ieri Montezemolo ha ribadito che il Paese ha bisogno di dialogo e ha auspicato un segnale unitario dai sindacati. Ha ragione. Il ritorno alla stagione degli accordi separati, come sulle pensioni e sull'articolo18, svuoterebbe le aperture di credito che hanno accompagnato la sua scelta e lo renderebbe meno "magic" (come lo hanno definito i giornali anglosassoni). E questo sarebbe già un problema, dato il bisogno di riferimenti credibili. Ma il problema più serio sarebbe il riproporsi di una stagione di intollerabile conflittualità. Invece, mentre è plasticamente evidente l'inadeguatezza del governo a svolgere il suo compito, affrontando con determinazione l'emergenza economica, cresce l'esigenza che imprenditori e sindacati facciano la loro parte, per produrre più ricchezza e dividerla più equamente. I primi devono dimostrare di saper interpretare le responsabilità di classe dirigente, i secondi devono essere consapevoli che un rivendicazionismo selvaggio e un isolamento settario colpirebbe innanzitutto loro.
L'altra campana:
Montezemolo insiste, in linea con gli altri imprenditori europei, a voler cambiare il modello contrattuale
Confindustria va alla guerra
«Un documento importante che ha l'obiettivo di condividere coni il sindacato un progetto Italia da discutere con il governo». All'indomani del rifiuto della Cgil, Luca Cordero di Montezemolo rilancia il testo dell'ex presidente di Federmeccanica Bombassei. Un documento in cui, tra l'altro, si legge che occorre «un impegno preciso ad approfondire le ragioni di questa specificità italiana e ad individuare possibili soluzioni, in un quadro generale di ragionamento in cui inserire, oltre al tema dell'inflazione, alcune riflessioni su produttività, variabili occupazionali e potere d'acquisto delle retribuzioni». Tanti, forse troppi (circa due pagine), giri di parole per dire che il contratto nazionale è da buttare. Tuttavia, la fase è ancora quella della "offensiva diplomatica". E ieri, il presidente di Confindustria ha dichiarato che si aspetta «un segnale unitario di risposta». Un modo per fugare le paure della Cgil, che teme un altro accordo separato. Un tasto quasi obbligato visto che il documento di Confindustria, a leggerlo in trasparenza, è zeppo di richiami alla Fiom.
Arriverà il segnale unitario? A cadavere ancora "caldo" il Consiglio generale della Cisl ha mandato a dire che per ora l'unità è un bene prezioso di cui gode solo il sindacato di via Po, approvando un documento di sostegno alla relazione svolta dal segretario generale, Savino Pezzotta. Ffin qui quasi nulla di strano. Ma in un passaggio si parla esplicitamente della necessità di un rilancio strategico della concertazione e della politica dei redditi, «e dell'avvio di un confronto in proposito con il governo». Non una parola, ovviamente, sulla Cgil e sull'unità.
Per Gian Paolo Patta, della segreteria nazionale, la Cgil ha abbandonato il tavolo del confronto con Confindustria per «senso di responsabilità». L'apertura del confronto, è questa la tesi del segretario Cgil, «in assenza di una proposta comune di Cgil, Cisl e Uil sulla struttura della contrattazione, si sarebbe inevitabilmente trasformata in una rottura grave tra le confederazioni». «Un accordo separato - aggiunge - sul modello contrattuale basato sul ridimenzionamento del contratto nazionale e il via libera all'applicazione della legge 30 porterebbe ad un conflitto generalizzato ben più grave di quello avvenuto tra i metalmeccanici». «La Cgil - conclude Patta - ritiene che occorradefinire preliminarmente una proposta unitaria che assuma come punti discriminanti la riconferma del ruolo del contratto nazionale ed il contrasto alla precarietà, piuttosto che fissare le date per un confronto al buio che comporterebbe anche il rinvio dei contratti ancora aperti a cominciare da quello del pubblico impiego».
Per Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom, la conclusione dell'incontro di mercoledì sera in viale dell'Astronomia a Roma «dimostra che non c'era e non c'è nessuna svolta». «L'operazione di Confindustria è una operazione neocentrista», aggiunge. «Non a caso sono gli stessi obiettivi del Libro bianco di Maroni. E' in pura continuità con una politica che ha al centro l'attacco al contratto nazionale», continua. La brutalità con la quale si è palesata l'offensiva degli imprenditori, «è la testimonianza del fatto che i margini al loro interno sono del tutto inesistenti». Per quanto riguarda i rapporti con Cisl e Uil, «è chiaro che con questa impostazione non si può proseguire. La rottura sul sistema delle regole è profonda».
Fabio Sebastiani
http://www.liberazione.it/giornale/040716/default.asp
Originariamente inviato da riaw
quoto:O
:asd:
Originariamente inviato da teogros
:asd:
e sti cazzi....
:muro:
Bisognerebbe chiedersi anche a che cosa serve e se è utile la concertazione.
In Germania c'è un governo socialdemocratico, che ha fatto della concertazione con i sindacati il metodo della sua politica economica. Dopo 6 anni di quel metodo hanno una crescita economica nulla, da 2 anni sfondano il 3% deficit previsto dal trattato di Mastricht, e quest'anno addirittura prevedono di sfondare il 5%.
Che la concertazione sia un metodo fallimentare, se ne è reso conto persino Schroeder. Da mesi ormai ha rotto con i principali sindacati (a cui è iscritto). Settimana scorsa li ha mandati (letteralmente) a quel paese.
Se non ce la fa Schroeder a concertare con l'IG Metall, come può farcela Montezemolo con la CGIL?
Come e perchè un metodo che si è rivelato fallimentare in Germania, possa funzionare in Italia, è tutto da capire.
Originariamente inviato da SaMu
Bisognerebbe chiedersi anche a che cosa serve e se è utile la concertazione.
In Germania da 9 anni c'è un governo socialdemocratico, che ha iniziato facendo della concertazione con i sindacati il metodo della sua politica economica.
Dopo 9 anni di quel metodo la Germania ha una crescita economica nulla, ha già sfondato da 2 anni il deficit previsto dal trattato di Mastricht.
Nell'oggi dunque è messa peggio di noi. L'unica cosa che ha di meglio rispetto alla situazione italiana è il minor debito pubblico ereditato dal passato.
Che la concertazione sia un metodo fallimentare, se ne è reso conto persino Schroeder, che da mesi ormai ha rotto con i principali sindacati (a cui è iscritto) e che settimana scorsa li ha mandati (letteralmente) a quel paese.
Come e perchè un metodo che si è rivelato fallimentare in Germania, possa funzionare in Italia, è tutto da capire.
Alternativa?
Originariamente inviato da smeg47
e sti cazzi....
:muro:
:confused:
Onestamente sull'utilità della concertazione non saprei rispondere.
Quando nel luglio 97 (se non ricordo male), con i lavoratori in vacanza, tutto l'impianto giuridico della concertazione venne fatto passare con la benedizione di Confindustria e D'Alema, si sentì un certo odore di stantio e pasticciato...
Da quel momento in poi, per almeno 5 anni, la concertazione è diventata "tabu": proporre di emendarla faceva immediatamente saltare sulle sedie i vari Panebianchi i quali si affrettavano ad evocare scendari di lotta di piazza e operai ridotti sul lastrico dai giochi di potere.
Originariamente inviato da prio
Alternativa?
Fare le riforme economiche necessarie, senza concedere il potere di veto a nessuno.
Il problema è che non si vede nessuno, in Italia, capace di far capire agli italiani la drammaticità della situazione e imporre la necessità delle riforme.
Persino questo governo, con la maggioranza parlamentare più ampia del dopoguerra, ha concluso lentamente una riforma del mercato del lavoro di cui ancora non ci sono nemmeno i decreti di attuazione: è ancora praticamente lettera morta.
E la riforma delle pensioni, dopo 1000 estenuanti trattative, non l'hanno ancora approvata: tutto rimandato a Settembre, per una riforma che partirà dal 2008, primi effetti dal 2009, svuotata di rigore anche nei numeri se è vero che è persino più cauta di quanto proponesse 2 anni fa la Margherita.
Originariamente inviato da SaMu
Fare le riforme economiche necessarie, senza concedere il potere di veto a nessuno.
Cioe' confindustria dovrebbe decidere da sola, nel caso specifico?
O il governo non dovrebbe interpellare neanche confindustria?
skywalker77
16-07-2004, 17:00
Fare le riforme economiche necessarie, senza concedere il potere di veto a nessuno
Ma se non sono stati capaci nemmeno di gestire il cambio alla moneta unica in Italia, tu vorresti fargli fare le riforme economiche ! Adesso venderanno gli immobili dei ministeri per poi pagare l'affitto ai nuovi propietari.
Parli della Germania, ma hai presente il potere economico che ha la Germania in Europa e nel mondo? La Germania ha fatto quello che qualsiasi paese governato bene avrebbe fatto in una fase recessiva ha aumentato la spesa pubblica per non far buttare il sangue ai suoi cittadini, mentre qui si condonava. Per le parti sociali quello che vuole la CGIL e che vengano rinnovati i contratti scaduti da anni, che mi sembra sia più che leggittima come cosa, e non ti preoccupare che con Montezemolo alla presidenza di confindustria le parti sociali si accorderanno, ormai Berlusconi è solo!
HenryTheFirst
16-07-2004, 17:08
Originariamente inviato da skywalker77
Parli della Germania, ma hai presente il potere economico che ha la Germania in Europa e nel mondo? La Germania ha fatto quello che qualsiasi paese governato bene avrebbe fatto in una fase recessiva ha aumentato la spesa pubblica per non far buttare il sangue ai suoi cittadini, mentre qui si condonava.
L'uso indiscriminato della spesa pubblica come mezzo anticongiunturale è uno dei fattori che hanno portato l'indebitamento italiano ai livelli attuali. Il debito accumulato nei decenni precedenti non permette ulteriori indebitamenti, anzi, i vincoli europei ci obbligano a ridurre il debito di un buon 40%.
Un'eccessiva spesa pubblica può evitare di buttare il sangue oggi, ma al prezzo di versarne di più domani.
Originariamente inviato da skywalker77
Ma se non sono stati capaci nemmeno di gestire il cambio alla moneta unica in Italia, tu vorresti fargli fare le riforme economiche ! Adesso venderanno gli immobili dei ministeri per poi pagare l'affitto ai nuovi propietari.
Parli della Germania, ma hai presente il potere economico che ha la Germania in Europa e nel mondo? La Germania ha fatto quello che qualsiasi paese governato bene avrebbe fatto in una fase recessiva ha aumentato la spesa pubblica per non far buttare il sangue ai suoi cittadini, mentre qui si condonava. Per le parti sociali quello che vuole la CGIL e che vengano rinnovati i contratti scaduti da anni, che mi sembra sia più che leggittima come cosa, e non ti preoccupare che con Montezemolo alla presidenza di confindustria le parti sociali si accorderanno, ormai Berlusconi è solo!
cioè tu avresti preferito che in italia fosse aumentata la spesa pubblica?
Originariamente inviato da SaMu
Bisognerebbe chiedersi anche a che cosa serve e se è utile la concertazione.
In Germania c'è un governo socialdemocratico, che ha fatto della concertazione con i sindacati il metodo della sua politica economica. Dopo 9 anni di quel metodo hanno una crescita economica nulla, da 2 anni sfondano il 3% deficit previsto dal trattato di Mastricht, e quest'anno addirittura prevedono di sfondare il 5%.
Che la concertazione sia un metodo fallimentare, se ne è reso conto persino Schroeder. Da mesi ormai ha rotto con i principali sindacati (a cui è iscritto). Settimana scorsa li ha mandati (letteralmente) a quel paese.
Se non ce la fa Schroeder a concertare con l'IG Metall, come può farcela Montezemolo con la CGIL?
Come e perchè un metodo che si è rivelato fallimentare in Germania, possa funzionare in Italia, è tutto da capire.
6 anni
skywalker77
16-07-2004, 17:15
cioè tu avresti preferito che in italia fosse aumentata la spesa pubblica?
Se l'Italia avesse avuto un debito pubblico accettabile si, tu sai che differenza c'è tra i salari italiani e quelli tedeschi? e quelli francesi ? Sai cos'è il moltiplicatore del reddito keynsiano?
Sai perchè abbiamo uno dei debiti pubblici più alti del mondo ?
Ma soprattutto sai perchè l'Italia pur non finanziando lo shock senza manovra aggiuntiva sarebbe uscita dai parametri di maahstrickt?
Originariamente inviato da skywalker77
Ma se non sono stati capaci nemmeno di gestire il cambio alla moneta unica in Italia, tu vorresti fargli fare le riforme economiche ! Adesso venderanno gli immobili dei ministeri per poi pagare l'affitto ai nuovi propietari.
Parli della Germania, ma hai presente il potere economico che ha la Germania in Europa e nel mondo? La Germania ha fatto quello che qualsiasi paese governato bene avrebbe fatto in una fase recessiva ha aumentato la spesa pubblica per non far buttare il sangue ai suoi cittadini, mentre qui si condonava. Per le parti sociali quello che vuole la CGIL e che vengano rinnovati i contratti scaduti da anni, che mi sembra sia più che leggittima come cosa, e non ti preoccupare che con Montezemolo alla presidenza di confindustria le parti sociali si accorderanno, ormai Berlusconi è solo!
Stiamo continuando a parlare di fase recessiva come se fosse una situazione irreparabile.. ma in recessione ormai, sono solo Francia Germania e Italia tra tutti i paesi più industrializzati.. con la loro crescita tra lo 0 e lo 0,5%.
La Spagna che ha fatto le riforme con Aznar, per quest'anno prevede una crescita del 3% del PIL.
http://it.biz.yahoo.com/040630/26/2ulgi.html
L'Inghilterra che ha fatto le riforme con Blair, una crescita tra il 3% e il 3,5%.
http://sole.ilsole24ore.com/radiocor/preconmin/Mar03Int/Presentazione.htm
Per gli USA, crescita al 3,9%.
http://www.macroagenda.it/usapil.htm
Indebitarsi per "non far buttar sangue ai cittadini", ha senso se l'indebitamento serve a rilanciare l'economia.. se quel che oggi si spende in più rispetto a quel che si ha, servirà a creare domani più ricchezza di quella che si spenderà.
In Germania, in Francia e in Italia, il deficit attuale non servirà a creare più ricchezza domani.. è un deficit improduttivo, fatti di aumenti di spesa pubblica.. essì: purtroppo proprio con questo governo, che doveva tagliare la spesa pubblica improduttiva, la spesa per il personale pubblico (stipendi) è aumentata del 5,6%.. più dell'inflazione.. invece di diminuire, aumenta.:cry:
Originariamente inviato da GhePeU
6 anni
Hai ragione, andavo a memoria.. correggo.
Nel merito, cosa ne pensi?
sempreio
16-07-2004, 17:42
Originariamente inviato da SaMu
In Germania, in Francia e in Italia, il deficit attuale non servirà a creare più ricchezza domani.. è un deficit improduttivo, fatti di aumenti di spesa pubblica.. essì: purtroppo proprio con questo governo, che doveva tagliare la spesa pubblica improduttiva, la spesa per il personale pubblico (stipendi) è aumentata del 5,6%.. più dell'inflazione.. invece di diminuire, aumenta.:cry:
non cambierà mai nulla qui in italia, forse in germania le cose miglioreranno ma qui:rolleyes: , l' italia è na vergogna, ci siamo illusi che berlusconi facesse le vere riforme e soprattutto tagli alla spesa pubblica e come tutti gli altri :rolleyes:
TheDarkAngel
16-07-2004, 17:44
Originariamente inviato da sempreio
non cambierà mai nulla qui in italia, forse in germania le cose miglioreranno ma qui:rolleyes: , l' italia è na vergogna, ci siamo illusi che berlusconi facesse le vere riforme e soprattutto tagli alla spesa pubblica e come tutti gli altri :rolleyes:
già ora lo odiano... figurati se avesse finalmente dimezzato il personale statale...
l'avrebbero fatto saltare in aria :asd:
sempreio
16-07-2004, 17:48
Originariamente inviato da TheDarkAngel
già ora lo odiano... figurati se avesse finalmente dimezzato il personale statale...
l'avrebbero fatto saltare in aria :asd:
può essere ma almeno avrebbe dato una possibilità all' italia, non può andare avanti un paese con il 45% di spesa pubblica:rolleyes:
skywalker77
16-07-2004, 18:00
Stiamo continuando a parlare di fase recessiva come se fosse una situazione irreparabile.. ma in recessione ormai, sono solo Francia Germania e Italia tra tutti i paesi più industrializzati.. con la loro crescita tra lo 0 e lo 0,5%.
Il problema della crescita non è relativo solo al deficit spending, ma all'intero sistema produttivo.
Non ho studiato bene la situazione attuale di Francia e Germania da questo punto di vista.
Ma ti posso dire che in Italia il problema fondamentale è questo.
L'Italia non gode di vantaggi comparati, non gode di grosse economie di scala se non all'interno dei pochi distretti industriali, allora come aumentare la crescita ?
Abbassare ulteriormente il costo del lavoro è improponibile uno perchè il consumo interno è gia bassissimo e con un livello di inflazione abbastanza alto, cmq più alto di Francia e Germania.
(tra l'altro quella italiana si dovrebbe definire più che stagnazione stagflazione)
Innanzitutto bisognerebbe incentivare nelle imprese una rivoluzione del ciclo produttivo che guardi più all'innovazione tecnologica che all'abbassamento dei costi medi e marginali.
Incentivare la ricerca a livello nazionale creando sinergie tra le università e le imprese. Aumentando poi la specializzazione della mano d'opera e la formazione.
quindi ti domando come fai a migliorare la specializzazione se impieghi persone solo con contratti a termine o in misura cmq spropositata?
Come fai ad incentivare la ricerca se tagli i fondi alle università?
Questo governo si è mosso nella direzione esattamente opposta e invece di creare benessere ha solo peggiorato situazioni già gravi.
La Germania gode di vantaggi comparati, ha delle grosse economie di scala in comparti tra l'altro strategici e in più ha sempre puntato sull'innovazione tecnologica.
Non si può più fare una politica di minimizzazione sel livello del prezzo in Europa perchè i cinesi ci distruggono!
skywalker77
16-07-2004, 18:03
non cambierà mai nulla qui in italia, forse in germania le cose miglioreranno ma qui , l' italia è na vergogna, ci siamo illusi che berlusconi facesse le vere riforme e soprattutto tagli alla spesa pubblica e come tutti gli altri
Guarda sull'inizio del tuo intervento sono d'accordo con te, ma la spesa pubblica non è qualcosa da osteggiare in tutti i modi, ci sono paese come la Svezia che hanno un ricarico fiscale del 65% che hanno una qualita dei servizi e della vita eccellenti ed un 'economia molto più sana della nostra, e nessuno in Svezia si lamenta del livello della tassazione perchè ?
Mailandre
16-07-2004, 18:03
ad affermare simili considerazioni:
"Fare le riforme economiche necessarie, senza concedere il potere di veto a nessuno."
a questo proposito vorrei far ricordare che negli ultimi anni ,...la CGIL ha soltato osservato "ACCORDI SEPARATI" e sottoscritti da "altre" confederazioni "buoniste" .......!!
Affermare che possa dettare dei Diktat con relativi Veti,..penso sia frutto di strumentalizzazioni liberiste e non conformi ai fatti reali dei nostri ultimi anni.
Io ho visto la CGIL solatanto nelle piazze , ad esprimere il dissenso di politiche che hanno portato una balcanizzazione Sindacale a scapito dei lavorartori tutti......
ciao
sempreio
16-07-2004, 18:08
Originariamente inviato da skywalker77
Guarda sull'inizio del tuo intervento sono d'accordo con te, ma la spesa pubblica non è qualcosa da osteggiare in tutti i modi, ci sono paese come la Svezia che hanno un ricarico fiscale del 65% che hanno una qualita dei servizi e della vita eccellenti ed un 'economia molto più sana della nostra, e nessuno in Svezia si lamenta del livello della tassazione perchè ?
65% di carico fiscale ma dove le hai prese queste cifre su paperino economia, secondo la svezia la gente lavora fino a 65anni, le risorse del sottosuolo non gli mancano, ma soprattutto la spesa pubblica non è ripartita come qui in italia
Mailandre
16-07-2004, 18:17
EPIFANI:
''L'impressione e' che sia in atto, nella Confindustria, un tentativo del vecchio di risucchiare il nuovo''. Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani si dice ''sorpreso e amareggiato'' in un'intervista a Repubblica per quello che giudica un cambiamento di rotta degli industriali. ''Una Confindustria coerente con la propria impostazione - afferma Epifani - non avrebbe potuto presentare una proposta come quella contenuta nel suo documento sulle politiche sociali e contrattuali. In quel documento non compare mai la parola lavoratore, non c'e' mai il termine diritti. Al centro ci sono solo la competitivita' e le imprese''. Eppure le differenze tra Montezemolo e il suo predecessore D'Amato, insiste il leader della Cgil, erano apparse evidenti: ''Per D'Amato l'industria italiana era sufficientemente forte e competitiva, in grado di vincere la sfida sui mercati internazionali a condizione che il governo rimuovesse alcuni lacci burocratici e una parte delle tutele del lavoro. Non a caso D'Amato era convinto di un prossimo miracolo economico e fin dal suo insediamento aveva previsto di non fare accordi con la Cgil. (...) Con Montezemolo questa impostazione si rovescia di 360 gradi. L'apparato industriale italiano infatti e' fragile, carente nell'innovazione e nella ricerca. Bisognoso di una politica di sistema. Un'analisi coincidente con quella della Cgil. Per questo apprezzammo in maniera esplicita il cambiamento di clima''. Il nodo resta quello sui contratti. ''Noi restiamo assolutamente contrari ad affrontare le politiche salariali e contrattuali seguendo l'impostazione della Confindustria. (...) Non si puo' aprire una trattativa al buio, come se fossimo ad una tavola rotonda. Stiamo parlando dei contratti di milioni di lavoratori. Per questo serve la massima trasparenza''.
16/07/2004 9.27.
Originariamente inviato da skywalker77
quindi ti domando come fai a migliorare la specializzazione se impieghi persone solo con contratti a termine o in misura cmq spropositata?
Come fai ad incentivare la ricerca se tagli i fondi alle università?
Diminuire i salari riduce il reddito delle persone, ma diminuire il costo del lavoro si può fare comunque.. a parità di salari.. diminuendo la tassazione sul reddito.
Non dimentichiamo che un dipendente che fa fatica con 800 euro al mese, all'impresa costa 1600 euro al mese.. se dipendenti e imprese potesse riappropriarsi di una parte di quegli 800 euro che l'impresa paga, il dipendente non riceve, e lo stato usa per attività improduttive e clientelari, si potrebbe fare il miracolo.. diminuire le tasse, aumentare i salari e diminuire il costo del lavoro.. tutto insieme.
Il problema è che chi lavora per attività improduttive e clientelari, è restio ad accettare che il suo posto di lavoro sia messo a rischio.. specie se, a causa dei guasti passati, non ci sono soldi per offrirgli alcun paracadute ne' alcun corso di riqualificazione.. perchè i soldi dei paracadute, se li son già persi i pensionati baby a 17 anni 6 mesi e 1 giorno.. e chi può più toccarglieli?
Nessuno ha avuto il coraggio di far fallire Alitalia, che in 10 anni ha bruciato 3 miliardi di euro, ogni anno ne brucia 500 milioni.. e ci sono decine di compagnie aeree che possono offrire gli stessi servizi di Alitalia, a prezzi inferiori per i clienti, senza bruciare nemmeno 1 euro pubblico.. e Mailandre hai il coraggio di dire che in Italia non esistono diritti di veto?
Se non esistessero diritti di veto, Alitalia sarebbe stata chiusa da anni, e con lei altri buchi neri statali e parastatali che non servono a nulla se non a sostenersi l'un l'altro.
La Germania gode di vantaggi comparati, ha delle grosse economie di scala in comparti tra l'altro strategici e in più ha sempre puntato sull'innovazione tecnologica.
Pur con tutti questi vantaggi competitivi storici, viaggia al +0,5% di crescita quest'anno dopo il 0,2% dell'anno scorso.. col deficit pubblico quasi al 5% del PIL..
La piccola Irlanda, che non ha alcuno di questi vantaggi competitivi, quest'anno prevede il +3,6% di PIL, e lo Stato ha un avanzo (!!) del +0,8% di PIL.. cioè stanno ripagando il debito pubblico, sfruttando la situazione favorevole dell'economia.. debito pubblico che del resto è al 32%, la metà di quello della Germania, 1/4 di quello dell'Italia.
Non ci resta che piangere.. tra 10 anni, canteremo "sognando l'Irlanda".:cry:
skywalker77
16-07-2004, 20:21
65% di carico fiscale ma dove le hai prese queste cifre su paperino economia, secondo la svezia la gente lavora fino a 65anni, le risorse del sottosuolo non gli mancano, ma soprattutto la spesa pubblica non è ripartita come qui in italia
Domanda a SAMU qual'è il carico fiscale in Svezia Sempreio, poi io ho cercato di spiegarti molto educatamente come la penso e non mi sembra di aver cercato di metter in cattiva luce te o i tuoi dati.
Se hai dati differenti semplicemente mostraceli ed io ti darò ragione, ma argomenta in maniera seria e civile.
Altrimenti stai zitto!
Mailandre
16-07-2004, 20:27
Ecco,...ricordo che il 3D è "Concertazione, strappo della Cgil".....tentare di uscire dal Topic con giochi di prestigio è squallido è scorretto.
Non rispondo a nessuno,....voglio solo ribadire che CHI ha attribuito alla CGIL il diritto dei VETI , non ha sotto osservazione il panorama Sindacale degli ultimi 10 anni....!!
Anche il Governo attuale ha ribadito che "ormai Cgil, Cisl e Uil non rappresentano piu' il mondo del lavoro''.
Le varie sigle della galassia del sindacalismo di base accolgono cosi' le dichiarazioni del ministro del Welfare, Roberto Maroni, secondo il quale anche le ultime vicende della Fiat di Melfi e dell'Alitalia e, ancor prima quella degli autoferrotranvieri ''ribelli'', impongono alle parti sociali un aggiornamento del modello di rappresentanza sindacale.
''Maroni ha preso atto dell'esistenza di un vero problema di rappresentanza sindacale nel Paese, in parte affrontato nel pubblico impiego, ma che e' ancora vacante nel mondo del lavoro privato e nei servizi''. ''In ogni luogo di lavoro dove e' stato consentito di votare le liste del sindacalismo di base - spiega - queste raggiungono non meno del 20-25% dei consensi''.
Prendiamo ad esempio la vicenda SEA:
Una valanga di NO ha bocciato l'ipotesi di accordo sindacale del 19 Giugno siglata da cgil-cisl-uil-ugl che prevedeva, soprattutto, pesanti programmi di flessibilità dell’orario di lavoro, allungamento della giornata lavorativa anche fino a 11 ore giornaliere, eliminazione di giorni di riposo, annullamento della maggiorazione del lavoro domenicale, introduzione di periodi di franchigia in cui non è consentito effettuare più di un riposo settimanale, annullamento della parte economica maturata nella contrattazione aziendale, gabbie salariali per i nuovi assunti e penalizzazioni per i lavoratori part-time.
I lavoratori hanno rimandato al mittente un accordo che, nelle intenzioni di SEA (ma anche grazie alla concertazione dei sindacati firmatari), li avrebbe rapinati dei diritti acquisiti e conquistati in anni di lotte, peggiorando drasticamente le condizioni di lavoro e di vita.
Migliaia di voti contrari, oltre il75% a Linate e oltre il 53% a Malpensa, hanno di fatto, delegittimato i sindacati firmatari e inviato un deciso e chiaro messaggio all’azienda, di forte opposizione verso qualsiasi tentativo o decisione di annullare le conquiste dei lavoratori.
---- La carica dei comitati di base, da zero a 700 mila iscritti in dieci anni. ----
Roma - All’inizio furono i marittimi in servizio sui traghetti per la Sardegna che, nei primi anni Settanta, in coincidenza con gli esodi estivi, presero a bloccare senza preavviso le navi. Poi, nel 1975, fu la volta dei ferrovieri della Fisafs a paralizzare di colpo il traffico ferroviario. Ma l’exploit ci fu nel 1976 con «Aquila selvaggia», i piloti dell’Alitalia aderenti all’Anpac, che fermarono improvvisamente i voli tra Roma e Milano scatenando l’ira dei passeggeri: chiedevano un contratto che si occupasse solo di loro. E a contestarglielo non era tanto la compagnia di bandiera, ma la Fulat, l’allora sindacato confederale che voleva rappresentare tutti i lavoratori. È andata a finire che oggi i sindacati in Alitalia sono 10 (proprio ieri il governo ha ammesso per la prima volta anche la Cub alla trattativa). La lunga marcia dei cobas, cioè del sindacalismo di base, spesso nato da costole di Cgil, Cisl e Uil, parte trent’anni fa, con la crisi petrolifera, e arriva fino ai giorni nostri, quando una nuova crisi economica rende difficile per il sindacato ottenere miglioramenti del salario e delle condizioni di lavoro. All’inizio erano piccole organizzazioni che nascevano nei trasporti. E non poteva essere altrimenti: solo qui bastava lo sciopero di pochi a bloccare l’intero servizio. Poi il potere delle sigle di base si è allargato al resto del pubblico impiego e ha tracimato nel settore privato. Difficile la penetrazione nell’industria, ma i cobas cominciano a dare fastidio alla Fiat, non solo a Pomigliano d’Arco, ma adesso anche a Melfi, mentre c’è un forte attivismo nel commercio e in tutto il mondo del lavoro parasubordinato. Al punto che la manifestazione organizzata dalla Cub, la confederazione unitaria di base, a Milano per il Primo maggio è stata un successo. Intitolata non a caso a «San Precario», ha visto una partecipazione di 50 mila persone, maggiore del tradizionale corteo di Cgil, Cisl e Uil.
Quindi IO argomento il 3D , restando in tema ,..senza fare marmellate ai 100 gusti tropicali, così da addolcire la bocca un po a tutti........i problemi di Alitalia sono e restano un'altra cosa ,..se volevo rispondere al 3D di "Alitalia" mi sarei iscritto a farlo ,...sicuramente tenendo conto responsabilmente dei problemi sociali ad essa correlati, senza rivolgermi al Liberismo + oltranzista,... che non porta a nulla.
Grazie e ciao.
skywalker77
16-07-2004, 20:32
SAMU su alcune cose che hai detto sono parzialmente d'accordo, però quello che mi permetto di farti notare è che una politica economica ha anche un pesante peso sociale.
Quando parli per esempio di far fallire Alitalia, sai di cosa stai parlando sal punto di vista sociale? Poi possiamo parlare quanto vuoi sulle politiche industriali di Alitalia e probabilmente ci troveremmo d'accordo.
Allora quello che voglio dire che un governo non può e non deve guardare solo all'aspetto economico di un provvedimento.
Calcola che l'Italia ha un grosso debito ed una grossa spesa pubblica, ma non ha un vero stato sociale, cioè un sistema di ammortizzatori sociali realmente funzionante.
Il deficit spending è dovuto soprattutto a grossi sprechi a cui tra l'altro le imprese attingono in maniera molto pesante.
Allora innanzitutto bisogna razionalizzare la spesa pubblica mantenendola costante, ma impiegando le risorse in maniera differente.
Per il costo del lavoro anche qui mi trovo d'accordo con te, ma in parte, perchè se è vero che le imprese hanno un costo del lavoro elevato è anche vero che spesso sono le stesse imprese ad attingere dalla spesa pubblica.
Una diminuzione che non si traduca in una perdita di garanzie per i lavoratori e magari in un aumento del reddito disponibile sarebbe auspicabile.
Ma ciò deve cmq essere inserito in sistema che faccia evolvere l'impresa nel modo che prima ti ho detto, cioè ricerca, innovazione etc.
skywalker77
16-07-2004, 20:38
Mailandre sono d'accordo con te sull'off topic, ma c'è da dire che nel mio primo post avevo proprio sottolinenato che lo strappo della cgil è da addurre alla questione dei contratti scaduti e non rinnovati soprattutto in un momento in cui c'è l'inflazione al 2,6.
Per il resto quello che ho sostenuto prima centra non poco sulla questione della rappresentanza sindacale.
Con la vecchia confindustria si puntava ad un abbassamento del livello dei salari per ottenere maggiore competitività.
Ma coem ho sostenuto non è possibile ottenere oggi competitività e crescita in questo modo, e al confindustria attuale questo lo ha capito, per questo credo e ci sono già sintomi a riguardo che risolto il problema dei contratti, sindacati e confindustria si ritroveranno su posizioni compatibili.
Mailandre
17-07-2004, 10:07
Un grande riformatore delle istituzioni del lavoro in Italia interpreta le relazioni tra sindacati, imprenditori e governi negli ultimi trent'anni.
--"Vituperata a destra e a sinistra, più volte dichiarata morta, la concertazione è stata in realtà la chiave di volta della storia delle relazioni industriali degli ultimi trent'anni. In questo libro-intervista, che raccoglie le conversazioni con due allieve, uno dei grandi protagonisti di quella stagione di accordi ripercorre le tappe, le evoluzioni e le battute d'arresto della negoziazione triangolare tra governo, sindacati e imprenditori. Dallo Statuto dei lavoratori al Libro bianco, dai primi tentativi di negoziazione trilaterale al Protocollo del 1993, a delinearsi non è solo una storia delle relazioni sindacali nel nostro paese, ma anche una riflessione teorica che per la prima volta tenta di definire il metodo della concertazione attraverso i fatti storici, giuridici e politici che ne rappresentano lo sfondo. Per concludere che la concertazione, lungi dall'essere morta e sepolta, può ancora essere sperimentata con esiti importanti per la politica economica del paese. Un'indicazione particolarmente attuale nell'Italia dello scontro bipolare, della frammentazione sindacale, dove la faglia dei conflitti politici rischia sempre più spesso di trasformarsi in frattura sociale."
---- “Il mio auspicio è che la marcia interrotta venga ripresa”. Così Gino Giugni conclude questa sua ultima fatica della quale dovrebbero essergli grati ogni sindacalista serio, ogni politico e intellettuale, come ogni cittadino pensoso delle sorti di questa, per ora infelice, repubblica. La marcia è quella della concertazione, cioè di quel metodo di approccio e soluzione dei problemi sociali attraverso l’esame, il confronto e, se si conviene, le codecisioni fra sindacati, impresa e governo; metodo che ha caratterizzato gli anni 90 e di cui l’accordo del 23 luglio 1993 resta fino ad oggi l’esempio più significativo. A quest’accordo si giunse essendo Ciampi presidente del consiglio e Giugni ministro del Lavoro. Giugni non si impegna certo per rivendicare un merito o difendere il suo operato, ma è lo studioso che, pur essendo stato un protagonista, esamina e riflette sulla storia sociale del nostro paese dopo la Resistenza e la nascita della repubblica col necessario distacco e l’indispensabile equilibrio. Riflettere e discutere della storia sociale di un paese è in ultima analisi esaminare e valutare la sua democrazia e le sue condizioni di libertà; perciò la concertazione, giustamente secondo l’autore, oltre a essere scelta sociale è stata anche una scelta politica di ordinato progresso civile ed economico nella stabilità e nel pluralismo legittimo degli interessi.
Giugni muove dalla Costituzione di una repubblica fondata sul lavoro (1948), e prima ancora ricorda il Patto di Roma e la Cgil unitaria (1944) per sostenere e dimostrare che la concertazione è stata acquisizione lunga, tormentata e contestata del sindacato, dell’impresa e dei partiti politici. Con piena legittimità, non solo storica ma anche scientifica, ne individua le origini nello Statuto dei lavoratori, insieme di norme che prima di essere una legge di diritti individuali e sindacali è stato una conquista di democrazia e di libertà. Nella sua vigenza ultratrentennale lo Statuto non è stato, come si temeva da parte dell’impresa e della destra politica, fattore di disordine e di crisi, bensì elemento di ordinato sviluppo sociale ed economico.
Coraggiosamente, e a nostro avviso finalmente, Giugni difende anche l’operato dei pretori d’assalto che non hanno distrutto il diritto ma solo applicato una legge. Quando la situazione politica e sociale lo consente, anche la magistratura può meglio adempiere alle proprie funzioni. Considerazione purtroppo calzante in giorni, i nostri, nei quali i problemi della giustizia sono al centro dell’acceso confronto in atto nel paese.
Lo Statuto ha creato le premesse fondamentali e le condizioni primarie per il futuro sviluppo della concertazione; premesse e condizioni quali quelle relative a una legittimazione e a un reciproco riconoscimento dei soggetti collettivi (sindacato e impresa) e di un governo che cerca il consenso per l’attuazione della sua politica. Senza queste condizioni nessuna concertazione è degna di questo nome. Così, seguendo il percorso di Giugni, ci si è mossi dall’accordo Scotti (1983) e dopo la parentesi del 1984 (accordo separato Craxi o di S. Valentino) si è poi ripreso nell’86 per giungere ai grandi accordi degli anni 90 (1992-1993-1998). Dell’accordo più rilevante, come già accennato, quello del 1993, va ricordato in particolare la corretta definizione di una politica dei redditi e la disponibilità della Confindustria a firmare successivamente l’intesa sulle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie).
Due osservazioni su questa ricostruzione efficace e interessante: lo scarso rilievo dato al problema e al dibattito sulla programmazione economica, che è stato tanta parte dell’evoluzione della Cgil, e il fallimento in questo percorso del ruolo del Cnel.
Perché allora si è interrotta la lunga marcia della concertazione? Giugni su questo è documentato e implacabile. La responsabilità è del governo Berlusconi. Il Libro bianco sul mercato del lavoro e l’attacco all’articolo 18 dello Statuto evidenziano che al centrodestra non bastava il successo conseguito nelle elezioni del maggio 2001: si voleva e si vuole tuttora lo sfondamento sociale e il ridimensionamento del sindacato.
A questi obiettivi di Berlusconi hanno fatto riscontro purtroppo gli errori della Cgil e della Cisl. La prima, che pure ha il merito di aver compreso tempestivamente la pericolosità dell’azione dell’esecutivo, è rimasta impigliata nel mancato isolamento delle sue frange più massimaliste – la Fiom e le correnti che fanno riferimento a Rifondazione comunista –, la seconda è incorsa nel grave errore del Patto per l’Italia. La Cisl purtroppo non ha forse ancora compreso bene, o non è ancora del tutto convinta, di trovarsi di fronte a un governo che, pur democraticamente eletto, pratica una democrazia “anomala” che non pone certamente al centro dei suoi obiettivi e problemi fondamentali il lavoro e lo sviluppo. Su questa via pericolosa, gravida d’incognite e incertezze, rischia proprio di disperdersi quella che resta l’acquisizione politica e culturale più valida, prima della Cisl e poi di tutto il sindacalismo italiano: il contrattualismo. Senza di esso nessuna concertazione è possibile. Il recente decreto del governo in attuazione della legge n. 30/2003 rischia, in materia di rapporti di lavoro, mercato del lavoro e ammortizzatori sociali, di stravolgere e rendere quasi inoperante la contrattazione. Il decreto minaccia pure, come lo stesso Giugni evidenziava prima della sua proposizione in un articolo apparso su Repubblica, “l’esistenza di quel diritto del lavoro che fu un grande momento di realizzazione della giustizia sociale”.
Su questa prospettiva ad un tempo di salvaguardia di un moderno e adeguato contrattualismo e di un altrettanto moderno ma autentico diritto del lavoro possono, e anzi si dovrebbero ricostituire, con tenacia, pazienza e lealtà, le vie di una indispensabile ripresa unitaria per giungere in futuro – un futuro cui non si può offrire una data – alla ripresa della marcia della concertazione.
Un altro storico, Giuseppe Berta, nella sua recensione al libro di Giugni , dubita che, a causa delle condizioni tanto mutate, questa ripresa possa avvenire . Ma il problema non sta a nostro avviso nel disputare oggi dell’eventuale concertazione del futuro; il problema è riconquistare quei valori di democrazia e di progresso che la concertazione è stata capace di esprimere in passato e che devono, in quanto permanenti, essere capaci di contraddistinguerla anche in futuro, nell’interesse dei lavoratori e di tutto il paese.
Sotto questo rilevante aspetto Giugni, ancora una volta, con la serietà dello studioso, col cuore del “compagno” e l’equilibrio dell’uomo di governo fornisce a quanti si battono per migliorare la nostra società elementi molto validi e impartisce una lezione che non può né deve andare dispersa.
Originariamente inviato da SaMu
La piccola Irlanda, che non ha alcuno di questi vantaggi competitivi, quest'anno prevede il +3,6% di PIL, e lo Stato ha un avanzo (!!) del +0,8% di PIL.. cioè stanno ripagando il debito pubblico, sfruttando la situazione favorevole dell'economia.. debito pubblico che del resto è al 32%, la metà di quello della Germania, 1/4 di quello dell'Italia.
Non ci resta che piangere.. tra 10 anni, canteremo "sognando l'Irlanda".:cry:
La Piccola Irlanda ha il 50% della popolazione SOTTO i 30 anni...
Meditate gente, meditate... :rolleyes:
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