majin mixxi
19-06-2004, 17:15
Andrea Morigi e Hamza Boccolini per “Libero”
«L’infedele ha avuto quel che si merita». Firmata con il sangue, la didascalia sotto le foto del corpo decapitato di Paul Marshal Johnson è vergata direttamente da “Al Qaeda nella penisola arabica”, il gruppo terroristico di matrice islamica responsabile del rapimento del cittadino statunitense, che ha pubblicato su un sito Internet il «Comunicato n. 14 sullo sgozzamento del prigioniero Johnson» e, in allegato, la prova inequivocabile della sua barbara uccisione.
La testa dell’ostaggio è presentata con tre diverse immagini in sequenza che, sebbene risparmino il momento più cruento della lama conficcata nella gola, si concludono con lo stesso risultato straziante che per Nicholas Berg. Prima il capo mozzato “adornato” con il coltello usato dal boia, poi sollevato per i capelli e grondante di sangue, infine nuovamente riposto sul corpo della vittima, vestito con una tuta arancione, come quella dei talebani detenuti a Guantanamo.
Un rituale a cui gli assassini attribuiscono un che di terapeutico, a favore del corpo sociale della loro comunità religiosa: «Noi con il permesso di Allah seguiamo questa strada di combattere i nemici di Allah. Facciamo questo per curare i cuori dei musulmani in Palestina, in Afghanistan, in Iraq, nella penisola araba e negli altri Paesi islamici. Per combattere i sostenitori della miscredenza e dell'idolatria affinché si riesca ad instaurare uno Stato basato sulla Sharia e la giustizia e l’unicità di Allah».
Dunque: uccidendo, si sana. È la logica impazzita della cultura della morte, un percorso al contrario, diretto nell’abisso della, che si dipana ancora più a fondo nella seconda parte del comunicato: «Con questa azione si è alzata la voce di rabbia di Allah per i prigionieri dei cristiani e la sua uccisione nello stesso tempo rende vittoriosi i diseredati tra i musulmani prigionieri che sono stati puniti dalle mani degli adoratori della croce e dei tiranni ad Abu Ghreib, e Guantanamo. Diciamo agli Usa e ai loro alleati nella guerra all'Islam che questa è solo una piccola parte di quanto faremo».
Quanto all’uomo ucciso, l’azione è stata condotta «come risposta a quel che avevamo promesso... di uccidere l'ostaggio Paul Marshall dopo la scadenza dell'ultimatum... l’infedele ha avuto quel che si merita... che provi quello che i musulmani colpiti dal fuoco e dai missili degli elicotteri Apache hanno provato».
Nessuno è ancora entrato in possesso del video dell’esecuzione. La rete satellitare al Arabiya, che per prima ha diffuso la notizia, ha smentito all’Associated Press di essere in possesso di immagini filmate, come invece aveva affermato la statunitense Cnn. Ma in pochi minuti, la notizia e i fermi immagine si diffonde in tutto il mondo. Sono i siti Internet islamici a farla rimbalzare sulla rete.
Così, mentre viene chiusa “per manutenzione” una prima pagina web islamica, www.ansarnet.ws, che già in passato ha ospitato comunicati pubblicati da altri gruppi estremisti islamici, un’altra prende il suo posto all’indirizzo www.hostinganime.com/neda3/sout/t14.jpg. E così via, finché non si può più fermare. Nel frattempo, negli Stati Uniti, Drudgereport se ne impossessa e pubblica una sola foto accompagnata dal titolo “Selvaggi”, poi la ritira spostandola su un link secondario con l’avvertenza del suo soggetto macabro, pubblicando anche le altre due.
Passano ancora pochi minuti e la tv Al Arabiya informa che il corpo decapitato è stato ritrovato a Riad. La conferma ufficiale della notizia arriva dai servizi di sicurezza sauditi, che nello stesso tempo dichiarano implicitamente la propria sconfitta militare di fronte al terrorismo.
Quattro giorni fa, i rapitori di Johnson avevano lanciato attraverso un video un ultimatum alle autorità saudite minacciando di uccidere l’ostaggio se entro 72 ore non fossero stati liberati alcuni attivisti islamici detenuti in Arabia Saudita. Le autorità non avevano ceduto al ricatto dell’uomo col volto coperto e armato si presentava come Abdulaziz Al Muqrin, leader di al Qaeda in Arabia Saudita, e leggeva il comunicato.
Ma a nulla sono servite le operazioni a tappeto lanciate dalla autorità saudite a Riad e nella periferia della capitale per liberare Johnson. A nulla sono serviti i 20 agenti dell'Fbi, specializzati nella liberazione di ostaggi, giunti in Arabia per dare una mano alle forze dell'ordine del regno. Dopo la diffusione della notizia le forze di sicurezza saudite hanno iniziato una rappresaglia: sono rimasti uccisi tre militanti di Al Qaeda.
In tarda serata, secondo la tv satellitare araba Arabiya, è stato assassinato anche Abdulaziz al Moqrin, capo dei miliziani che hanno rivendicato la decapitazione di Johnson.
Secca condanna alla decapitazione è venuta dal presidente Usa, George Bush: «Non esiste alcuna giustificazione per un atto barbarico come questo. Vogliono intimidirci, ma l’America non indietreggerà. L’ assassinio mostra la natura cattiva di coloro che combattiamo».
«L’infedele ha avuto quel che si merita». Firmata con il sangue, la didascalia sotto le foto del corpo decapitato di Paul Marshal Johnson è vergata direttamente da “Al Qaeda nella penisola arabica”, il gruppo terroristico di matrice islamica responsabile del rapimento del cittadino statunitense, che ha pubblicato su un sito Internet il «Comunicato n. 14 sullo sgozzamento del prigioniero Johnson» e, in allegato, la prova inequivocabile della sua barbara uccisione.
La testa dell’ostaggio è presentata con tre diverse immagini in sequenza che, sebbene risparmino il momento più cruento della lama conficcata nella gola, si concludono con lo stesso risultato straziante che per Nicholas Berg. Prima il capo mozzato “adornato” con il coltello usato dal boia, poi sollevato per i capelli e grondante di sangue, infine nuovamente riposto sul corpo della vittima, vestito con una tuta arancione, come quella dei talebani detenuti a Guantanamo.
Un rituale a cui gli assassini attribuiscono un che di terapeutico, a favore del corpo sociale della loro comunità religiosa: «Noi con il permesso di Allah seguiamo questa strada di combattere i nemici di Allah. Facciamo questo per curare i cuori dei musulmani in Palestina, in Afghanistan, in Iraq, nella penisola araba e negli altri Paesi islamici. Per combattere i sostenitori della miscredenza e dell'idolatria affinché si riesca ad instaurare uno Stato basato sulla Sharia e la giustizia e l’unicità di Allah».
Dunque: uccidendo, si sana. È la logica impazzita della cultura della morte, un percorso al contrario, diretto nell’abisso della, che si dipana ancora più a fondo nella seconda parte del comunicato: «Con questa azione si è alzata la voce di rabbia di Allah per i prigionieri dei cristiani e la sua uccisione nello stesso tempo rende vittoriosi i diseredati tra i musulmani prigionieri che sono stati puniti dalle mani degli adoratori della croce e dei tiranni ad Abu Ghreib, e Guantanamo. Diciamo agli Usa e ai loro alleati nella guerra all'Islam che questa è solo una piccola parte di quanto faremo».
Quanto all’uomo ucciso, l’azione è stata condotta «come risposta a quel che avevamo promesso... di uccidere l'ostaggio Paul Marshall dopo la scadenza dell'ultimatum... l’infedele ha avuto quel che si merita... che provi quello che i musulmani colpiti dal fuoco e dai missili degli elicotteri Apache hanno provato».
Nessuno è ancora entrato in possesso del video dell’esecuzione. La rete satellitare al Arabiya, che per prima ha diffuso la notizia, ha smentito all’Associated Press di essere in possesso di immagini filmate, come invece aveva affermato la statunitense Cnn. Ma in pochi minuti, la notizia e i fermi immagine si diffonde in tutto il mondo. Sono i siti Internet islamici a farla rimbalzare sulla rete.
Così, mentre viene chiusa “per manutenzione” una prima pagina web islamica, www.ansarnet.ws, che già in passato ha ospitato comunicati pubblicati da altri gruppi estremisti islamici, un’altra prende il suo posto all’indirizzo www.hostinganime.com/neda3/sout/t14.jpg. E così via, finché non si può più fermare. Nel frattempo, negli Stati Uniti, Drudgereport se ne impossessa e pubblica una sola foto accompagnata dal titolo “Selvaggi”, poi la ritira spostandola su un link secondario con l’avvertenza del suo soggetto macabro, pubblicando anche le altre due.
Passano ancora pochi minuti e la tv Al Arabiya informa che il corpo decapitato è stato ritrovato a Riad. La conferma ufficiale della notizia arriva dai servizi di sicurezza sauditi, che nello stesso tempo dichiarano implicitamente la propria sconfitta militare di fronte al terrorismo.
Quattro giorni fa, i rapitori di Johnson avevano lanciato attraverso un video un ultimatum alle autorità saudite minacciando di uccidere l’ostaggio se entro 72 ore non fossero stati liberati alcuni attivisti islamici detenuti in Arabia Saudita. Le autorità non avevano ceduto al ricatto dell’uomo col volto coperto e armato si presentava come Abdulaziz Al Muqrin, leader di al Qaeda in Arabia Saudita, e leggeva il comunicato.
Ma a nulla sono servite le operazioni a tappeto lanciate dalla autorità saudite a Riad e nella periferia della capitale per liberare Johnson. A nulla sono serviti i 20 agenti dell'Fbi, specializzati nella liberazione di ostaggi, giunti in Arabia per dare una mano alle forze dell'ordine del regno. Dopo la diffusione della notizia le forze di sicurezza saudite hanno iniziato una rappresaglia: sono rimasti uccisi tre militanti di Al Qaeda.
In tarda serata, secondo la tv satellitare araba Arabiya, è stato assassinato anche Abdulaziz al Moqrin, capo dei miliziani che hanno rivendicato la decapitazione di Johnson.
Secca condanna alla decapitazione è venuta dal presidente Usa, George Bush: «Non esiste alcuna giustificazione per un atto barbarico come questo. Vogliono intimidirci, ma l’America non indietreggerà. L’ assassinio mostra la natura cattiva di coloro che combattiamo».