Camm. Nepalese
17-06-2004, 23:01
ANIMALI
Il cammello selvatico
di Sara Capogrossi Colognesi
«SONO OLTREMODO felice che abbiamo potuto giocare un ruolo così importante nella scoperta di tali animali. Abbiamo molte responsabilità, che includono l’impegno nel proteggere il mondo animale e vegetale. Il ritrovamento di questi cammelli sottolinea che l’ambiente ci riserva ancora molti segreti e sorprese che arricchiscono la nostra conoscenza della Terra e la nostra comprensione della natura». Così ha commentato la scoperta Klaus Topfer, il direttore esecutivo dell’Unep (United Nations Environment Facility), quando, durante la ventunesima sessione dell’Unep’s Governing Council, è stato dato l’annuncio del rinvenimento di una nuova specie di cammello.
Lontani parenti
In effetti gli esemplari erano stati identificati già nel 1999: 169 rappresentanti del Camelus bactrianus, che insieme a una ventina di pecore selvatiche e a 14 asini tibetani popolavano le dune di Kum Tagh, nella provincia cinese di Xinjiang, vicino alle montagne tibetane Arjin Shan. Solo ora però si sono avuti i risultati dei test genetici, condotti dal professor Han Jianlin, genetista molecolare della Gansu Agricultural University, in Cina, e dal professor Olivier Hanotte, genetista dell’International Livestock Research Institute di Nairobi, Kenya. I ricerctori sperano di pubblicare presto lo studio, che dimostra un’elevata distanza genetica tra questa popolazione selvatica e i cammelli a noi noti, addomesticati dall’uomo.
«Esistono due possibilità», commenta il dottor Hanotte. «Una è che il cammello domestico sia stato ottenuto attraverso incroci da queste popolazioni selvatiche in epoche storiche. Perciò quando guardiamo i cammelli selvatici trovati in Cina è come se guardassimo gli antenati di quelli domestici, qualcosa di analogo a quello che rappresentano i lupi per i cani. La seconda possibilità», riprende lo studioso, «è che il cammello domestico che oggi conosciamo sia stato ottenuto da un’altra specie, ormai estinta. Questo significherebbe che tali cammelli selvatici trovati durante la spedizione in Cina appartengono a una specie diversa da quella nota, che vive in Mongolia».
John Hare, capo della spedizione e fondatore della Wild Camel Protection Foundation, il cui lavoro è stato sostenuto dall’Unep e dal Gef (Global Environment Facility), ha sottolineato che «i genetisti hanno trovato una differenza del tre per cento tra le coppie di basi dei cammelli domestici e di questa popolazione selvatica. Si deve ricordare», insiste Hare, «che solo un cinque per cento di diversità genetica separa l’uomo dagli scimpanzé. Perciò questi cammelli selvatici potrebbero essere una specie distinta, mai addomesticata dall’uomo».
Salvati per caso
In effetti, gli animali mostrano caratteristiche specifiche che hanno sorpreso gli stessi studiosi. In particolare sono adattati ad abbeverarsi presso le sorgenti di acqua salata che sgorgano dalle profondità del deserto. «Questi cammelli possono sopportare un enorme stress fisiologico», commenta Kate Rae, un curatore della Wild Camel Protection Foundation, patrocinata dall’esperta mondiale di scimpanzé Jane Goodall. «Gli studiosi sono molto interessati a capire come il loro fegato, reni e polmoni possano sopportare il sale senza uccidere gli animali».
D’altra parte è anche grazie a questo specifico adattamento che i cammelli sono sopravvissuti nelle dune sabbiose di un’area così remota, per anni utilizzata dal governo cinese per esercitazioni nucleari. Gli animali sono stati quindi protetti dalla presenza umana in questa sorta di riserva fin dal 1955. Ma cinque anni fa i test sono terminati e ora anche qui si sente la pressione dell’uomo. «La protezione di quest’area ha aiutato a preservare i cammelli», riprende Hare. «Il fatto che il governo cinese non autorizzasse la gente ad accedervi ha aiutato gli animali a sopravvivere. Ma con la fine dei test nucleari stanno arrivando i cacciatori di frodo e i minatori in cerca di oro e ferro. Abbiamo trovato delle mine intorno alle sorgenti di acqua salata. Così quando i cammelli vanno a bere le calpestano ed esplodono. Vengono fatti a pezzi e raccolti come carne».
Si stima che in Cina i cammelli selvatici raggiungano a stento i 600 capi. Altri 300 dovrebbero trovarsi nel deserto del Gobi in Mongolia e a quanto si sa solo 15 individui sono tenuti in cattività. «Se questi cammelli selvatici si estinguessero, non abbiamo i numeri o la variabilità genetica tra quelli in cattività per garantire il successo di un programma di riproduzione e ripopolamento. Questo rende tali animali più in pericolo del panda gigante», fa notare John Hare. E gli fa eco Robert Hepworth, dell’Unep: «Questi cammelli selvatici probabilmente sono una specie unica, e i due stati confinanti di Cina e Mongolia hanno la straordinaria opportunità di preservare questa specie per i posteri. Unep, Gef e la comunità di conservazione mondiale stanno già facendo la loro parte, sostenendo i programmi di conservazione. Ma occorre fare di più, per esempio aumentando la protezione delle specie attraverso trattati come quelli dell'Unep sulla biodiversità o le specie migratorie».
Il cammello selvatico
di Sara Capogrossi Colognesi
«SONO OLTREMODO felice che abbiamo potuto giocare un ruolo così importante nella scoperta di tali animali. Abbiamo molte responsabilità, che includono l’impegno nel proteggere il mondo animale e vegetale. Il ritrovamento di questi cammelli sottolinea che l’ambiente ci riserva ancora molti segreti e sorprese che arricchiscono la nostra conoscenza della Terra e la nostra comprensione della natura». Così ha commentato la scoperta Klaus Topfer, il direttore esecutivo dell’Unep (United Nations Environment Facility), quando, durante la ventunesima sessione dell’Unep’s Governing Council, è stato dato l’annuncio del rinvenimento di una nuova specie di cammello.
Lontani parenti
In effetti gli esemplari erano stati identificati già nel 1999: 169 rappresentanti del Camelus bactrianus, che insieme a una ventina di pecore selvatiche e a 14 asini tibetani popolavano le dune di Kum Tagh, nella provincia cinese di Xinjiang, vicino alle montagne tibetane Arjin Shan. Solo ora però si sono avuti i risultati dei test genetici, condotti dal professor Han Jianlin, genetista molecolare della Gansu Agricultural University, in Cina, e dal professor Olivier Hanotte, genetista dell’International Livestock Research Institute di Nairobi, Kenya. I ricerctori sperano di pubblicare presto lo studio, che dimostra un’elevata distanza genetica tra questa popolazione selvatica e i cammelli a noi noti, addomesticati dall’uomo.
«Esistono due possibilità», commenta il dottor Hanotte. «Una è che il cammello domestico sia stato ottenuto attraverso incroci da queste popolazioni selvatiche in epoche storiche. Perciò quando guardiamo i cammelli selvatici trovati in Cina è come se guardassimo gli antenati di quelli domestici, qualcosa di analogo a quello che rappresentano i lupi per i cani. La seconda possibilità», riprende lo studioso, «è che il cammello domestico che oggi conosciamo sia stato ottenuto da un’altra specie, ormai estinta. Questo significherebbe che tali cammelli selvatici trovati durante la spedizione in Cina appartengono a una specie diversa da quella nota, che vive in Mongolia».
John Hare, capo della spedizione e fondatore della Wild Camel Protection Foundation, il cui lavoro è stato sostenuto dall’Unep e dal Gef (Global Environment Facility), ha sottolineato che «i genetisti hanno trovato una differenza del tre per cento tra le coppie di basi dei cammelli domestici e di questa popolazione selvatica. Si deve ricordare», insiste Hare, «che solo un cinque per cento di diversità genetica separa l’uomo dagli scimpanzé. Perciò questi cammelli selvatici potrebbero essere una specie distinta, mai addomesticata dall’uomo».
Salvati per caso
In effetti, gli animali mostrano caratteristiche specifiche che hanno sorpreso gli stessi studiosi. In particolare sono adattati ad abbeverarsi presso le sorgenti di acqua salata che sgorgano dalle profondità del deserto. «Questi cammelli possono sopportare un enorme stress fisiologico», commenta Kate Rae, un curatore della Wild Camel Protection Foundation, patrocinata dall’esperta mondiale di scimpanzé Jane Goodall. «Gli studiosi sono molto interessati a capire come il loro fegato, reni e polmoni possano sopportare il sale senza uccidere gli animali».
D’altra parte è anche grazie a questo specifico adattamento che i cammelli sono sopravvissuti nelle dune sabbiose di un’area così remota, per anni utilizzata dal governo cinese per esercitazioni nucleari. Gli animali sono stati quindi protetti dalla presenza umana in questa sorta di riserva fin dal 1955. Ma cinque anni fa i test sono terminati e ora anche qui si sente la pressione dell’uomo. «La protezione di quest’area ha aiutato a preservare i cammelli», riprende Hare. «Il fatto che il governo cinese non autorizzasse la gente ad accedervi ha aiutato gli animali a sopravvivere. Ma con la fine dei test nucleari stanno arrivando i cacciatori di frodo e i minatori in cerca di oro e ferro. Abbiamo trovato delle mine intorno alle sorgenti di acqua salata. Così quando i cammelli vanno a bere le calpestano ed esplodono. Vengono fatti a pezzi e raccolti come carne».
Si stima che in Cina i cammelli selvatici raggiungano a stento i 600 capi. Altri 300 dovrebbero trovarsi nel deserto del Gobi in Mongolia e a quanto si sa solo 15 individui sono tenuti in cattività. «Se questi cammelli selvatici si estinguessero, non abbiamo i numeri o la variabilità genetica tra quelli in cattività per garantire il successo di un programma di riproduzione e ripopolamento. Questo rende tali animali più in pericolo del panda gigante», fa notare John Hare. E gli fa eco Robert Hepworth, dell’Unep: «Questi cammelli selvatici probabilmente sono una specie unica, e i due stati confinanti di Cina e Mongolia hanno la straordinaria opportunità di preservare questa specie per i posteri. Unep, Gef e la comunità di conservazione mondiale stanno già facendo la loro parte, sostenendo i programmi di conservazione. Ma occorre fare di più, per esempio aumentando la protezione delle specie attraverso trattati come quelli dell'Unep sulla biodiversità o le specie migratorie».