Flajan
08-05-2004, 10:21
L'Unità (http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=34331)
Altre immagini, altre torture, altre morti. «Ci ordinarono di far sparire le immagini»
di red
Altre immagini, altre ammissioni. Altre torture. Stavolta conclusesi con la morte dei detenuti. Neanche sei ore dopo la deposizione di Rumsfeld alla commissione difesa del Senato, l’emittente televisiva Abc ha mandato in onda un servizio choc. Lì, si racconta che un gruppo di marines – esattamente della riserva - avrebbero ridotto in fin di vita a colpi di karatè, e poi lasciato morire, un detenuto iracheno. Il caso riferito sarebbe avvenuto in una prigione da campo gestita dai marines nel sud dell'Iraq, nei pressi di Nassiriya, campo White Horse. La televisione Abc dice d’essere in possesso di fotografie che documentano l'episodio. Fotografie sconvolgenti, come quelle che si possono vedere in questi giorni sui media di tutto il mondo. Una mostra il corpo di Nadem Sadun Hatab, un ex funzionario del partito Baath di 52 anni, che morì nel centro di detenzione nel giugno scorso, dopo tre giorni di torture e di maltrattamenti. Hatab venne preso a calci nel petto e percosso a colpi di karatè e fu lasciato morire nudo nelle proprie feci. Per la sua morte, sono indagati dei marines della riserva, che avrebbero dichiarato di avere ricevuto l'ordine di «ammorbidire» i prigionieri loro affidati in vista degli interrogatori. Il referto medico della morte di Hatab parla di omicidio per strangolamento, a causa della frattura di un osso della gola. L'uomo morì dopo un'agonia di ore. L'inchiesta aveva prosciolto il comandante del campo all'epoca, ma punta sul caporale William Scott Roy, un vice-sceriffo nello Stato di New York, e sul sergente Gary Pittman, pure dello Stato di New York. Roy avrebbe ammesso le sue responsabilità e avrebbe anche testimoniato contro Pitman, che avrebbe colpito Hatab quando l'uomo non eseguì i suoi ordini. Secondo fonti giudiziarie citate dalla Abc, al campo non c'erano interpreti e nessun marine parlava arabo.
Dall’America all’Inghilterra. Anche qui, la tv britannica Itv ha intervistato un ex detenuto della prigione di Abu Ghraib, che racconta di avere visto una ragazzina di 12 anni spogliata e picchiata da personale militare del carcere. Il testimone della Itv è un giornalista della tv araba al Jazira, che riferisce di essere stato anch'egli sottoposto a maltrattamenti nel carcere, dove è stato rinchiuso per 54 giorni. In Gran Bretagna, però, sembra già incrinarsi il muro d’omertà dei militari. Un soldato britannico, infatti, s’è fatto avanti, contattando il Daily Mirror per denunciare «gli abusi fatti regolarmente subire ai detenuti iracheni e le fotografie dei pestaggi, considerate da chi le scattava veri e propri trofei». Il soldato D, così lo chiama il quotidiano che pubblica oggi la nuova testimonianza sulle torture, ha ammesso di «non essere un angelo» - e di aver preso parte alle torture per paura di opporsi ai suoi commilitoni e sempre per paura non ha raccontato quanto accadeva alla polizia militare. Nel darne notizia, il giornale pubblica una foto a piena pagina che ha ricevuto dal soldato D - in forza a quel reggimento inglese già nell'occhio del ciclone per le precedenti accuse di coinvolgimento nello scandalo - e che ritrae un commilitone che fotografa un prigioniero legato e sanguinante all'interno di un veicolo militare. «Non ci sono regole laggiù. Ho visto trascinare l'uomo a forza nel blindato, pestarlo, prenderlo a calci e pugni». Il soldato ha raccontato che i suoi commilitoni scattavano fotografie per poi farle vedere agli amici a casa ma ha aggiunto – particolare ancora più inquietante - che era poi stato impartito l'ordine di sbarazzarsene.
Altre immagini, altre torture, altre morti. «Ci ordinarono di far sparire le immagini»
di red
Altre immagini, altre ammissioni. Altre torture. Stavolta conclusesi con la morte dei detenuti. Neanche sei ore dopo la deposizione di Rumsfeld alla commissione difesa del Senato, l’emittente televisiva Abc ha mandato in onda un servizio choc. Lì, si racconta che un gruppo di marines – esattamente della riserva - avrebbero ridotto in fin di vita a colpi di karatè, e poi lasciato morire, un detenuto iracheno. Il caso riferito sarebbe avvenuto in una prigione da campo gestita dai marines nel sud dell'Iraq, nei pressi di Nassiriya, campo White Horse. La televisione Abc dice d’essere in possesso di fotografie che documentano l'episodio. Fotografie sconvolgenti, come quelle che si possono vedere in questi giorni sui media di tutto il mondo. Una mostra il corpo di Nadem Sadun Hatab, un ex funzionario del partito Baath di 52 anni, che morì nel centro di detenzione nel giugno scorso, dopo tre giorni di torture e di maltrattamenti. Hatab venne preso a calci nel petto e percosso a colpi di karatè e fu lasciato morire nudo nelle proprie feci. Per la sua morte, sono indagati dei marines della riserva, che avrebbero dichiarato di avere ricevuto l'ordine di «ammorbidire» i prigionieri loro affidati in vista degli interrogatori. Il referto medico della morte di Hatab parla di omicidio per strangolamento, a causa della frattura di un osso della gola. L'uomo morì dopo un'agonia di ore. L'inchiesta aveva prosciolto il comandante del campo all'epoca, ma punta sul caporale William Scott Roy, un vice-sceriffo nello Stato di New York, e sul sergente Gary Pittman, pure dello Stato di New York. Roy avrebbe ammesso le sue responsabilità e avrebbe anche testimoniato contro Pitman, che avrebbe colpito Hatab quando l'uomo non eseguì i suoi ordini. Secondo fonti giudiziarie citate dalla Abc, al campo non c'erano interpreti e nessun marine parlava arabo.
Dall’America all’Inghilterra. Anche qui, la tv britannica Itv ha intervistato un ex detenuto della prigione di Abu Ghraib, che racconta di avere visto una ragazzina di 12 anni spogliata e picchiata da personale militare del carcere. Il testimone della Itv è un giornalista della tv araba al Jazira, che riferisce di essere stato anch'egli sottoposto a maltrattamenti nel carcere, dove è stato rinchiuso per 54 giorni. In Gran Bretagna, però, sembra già incrinarsi il muro d’omertà dei militari. Un soldato britannico, infatti, s’è fatto avanti, contattando il Daily Mirror per denunciare «gli abusi fatti regolarmente subire ai detenuti iracheni e le fotografie dei pestaggi, considerate da chi le scattava veri e propri trofei». Il soldato D, così lo chiama il quotidiano che pubblica oggi la nuova testimonianza sulle torture, ha ammesso di «non essere un angelo» - e di aver preso parte alle torture per paura di opporsi ai suoi commilitoni e sempre per paura non ha raccontato quanto accadeva alla polizia militare. Nel darne notizia, il giornale pubblica una foto a piena pagina che ha ricevuto dal soldato D - in forza a quel reggimento inglese già nell'occhio del ciclone per le precedenti accuse di coinvolgimento nello scandalo - e che ritrae un commilitone che fotografa un prigioniero legato e sanguinante all'interno di un veicolo militare. «Non ci sono regole laggiù. Ho visto trascinare l'uomo a forza nel blindato, pestarlo, prenderlo a calci e pugni». Il soldato ha raccontato che i suoi commilitoni scattavano fotografie per poi farle vedere agli amici a casa ma ha aggiunto – particolare ancora più inquietante - che era poi stato impartito l'ordine di sbarazzarsene.