maxsona
28-04-2004, 17:13
Dalla Sme, finanziaria pubblica che racchiudeva dai gelati e panettoni fino a pomodori e olio di Stato, furono scorporati i gruppi Italgel (gelati) e Cirio-Bertolli-De Rica che, nell'intenzione di Romano Prodi presidente dell'Iri, dovevano essere venduti nell'asta pubblica del luglio 1993, che assegnò l'Italgel alla Nestlè.La Cdb, invece, non fu venduta poiché le offerte furono ritenute insufficienti così che Prodi decise di passare alla trattativa privata seguendo personalmente il caso.
Scesero in campo molti grandi gruppi decisi all'acquisto, tra i quali l'Unilever, la Parmalat, il gruppo Ferruzzi e la Cragnotti & Partners, ma tra questi la spunto una finanziaria, la Fisvi, guidata da Carlo Saverio Lamiranda, nome sconosciuto ai più e vicino alla Dc campana.
Il 14 Ottobre 1993 la Cirio-Bertolli-De Rica che fatturava 1.000 miliardi fu venduta alla Fisvi per appena 310,7 miliardi, rifiutando offerte superiori come quella della francese Gran Met di 528 miliardi.
La Fisvi di Lamiranda presentò una fideiussione di solo il 10% della cifra richiesta e vendette parti della Cdb prima di esserne venuta in possesso: la Cirio a Cragnotti, l'olio Bertolli all'Unilever per 253 miliardi, il settore latte per 290 miliardi e i vini Castellini per 40 miliardi.
Le sole vendite di latte e vino fruttarono alla Fisvi molto di più dei 310,7 miliardi, pagabili a rate, concordati con l'Iri. Lamiranda uscì di scena in poco tempo con 15 miliardi datigli da Cragnotti per il lavoro da prestanome (la Sagrit, società del futuro presidente della Lazio versò la prima rata all'Iri al posto della Fisvi), con gran soddisfazione dello stesso Cagnotti che pochi mesi prima aveva offerto 117 miliardi in più per la società. Offerta respinta dall'Iri, così come quella dell'emiliana Granarolo che aveva offerto ben 217 miliardi soltanto per il settore latte della Cdb.
Pochi mesi prima della vendita della Cdb alla Fisvi, l'Iri aveva acquisito la Lattesud, azienda del settore latte della Basilicata, per 101 miliardi, il cui proprietario l'imprenditore Giuseppe Gravante figurava come socio della Fisvi; l'Iri acquistò un'azienda casearia proprio quando aveva deciso di disfarsi del settore alimentare e attribuiva a questa azienda, un terzo del valore complessivo poi attribuito a tutto il gruppo Cirio-Bertolli-De Rica.
Se per la vendita della Cdb fosse stata usata la procedura dell'asta pubblica e non la trattativa privata, in rispetto alla delibera Cipe del 30 Dicembre 1992, che dettava le regole delle privatizzazioni, la Fisvi non avrebbe vinto.
Il Cipe limitava il ricorso alla trattativa privata "solamente ove ricorrano interessi pubblici di particolare rilevanza", secondo il Cda guidato da Prodi, invece, essa non doveva "applicarsi alla fattispecie in cui la vendita a trattativa privata risulti successiva a una fase procedurale preliminare di carattere competitivo". Bastava, quindi, la parvenza iniziale dell'asta pubblica per tenersi libere le mani al momento della decisione.
La prima offerta della Fisvi fu di 130 miliardi, poi saliti a 310,7 cui se ne sarebbero aggiunti altri 190 per l'Opa sulle azioni non in mano all'Iri (che deteneva il 62,12%). La finanziaria lucana non fu in grado di presentare le garanzie finanziarie richieste dall'Iri, cioè una "fideiussione autonoma pari a lire 50 miliardi rilasciata da primaria banca". Lamiranda il 6 Ottobre 1993 produsse una fideiussione di soli 5 miliardi della Banca Mediterranea con la promessa (non mantenuta) di integrarla appena possibile.
Il giorno dopo, il 7 Ottobre, Prodi riunì il Cda dell'Iri facendosi assegnare pieni poteri compresa "la facoltà di compiere gli atti riferitisi a operazioni, attive e passive, a breve e medio-lungo termine, di importo non superiore a lire miliardi 500". Un mandato ad ampissimo spettro, mai concesso ad alcun altro organo dell'istituto, nel quale ricadeva anche l'affare Cdb.
All'atto della vendita della Cdb alla Fisvi divamparono molte polemiche, il Corriere della Sera scrisse: " La voce insistente è che la finanziaria abbia l'appoggio di potentati politici, più esattamente della sinistra democristiana campana".
Oltre alla Dc campana, i cui maggiori responsabili erano De Mita e Mancino, sedevano in cabina di regia anche Cagnotti e la multinazionale olandese Unilever. I contatti riservati tra Fisvi e Unilever cominciarono in Luglio e si intensificarono a fine Agosto. Il 2 Settembre venne perfino stilata una bozza d'intesa in cui Lamiranda si impegnava a vendere quanto prima il settore olio agli olandesi. Un memorandum interno, datato Rotterdam 4 Ottobre 1993, dimostra che Unilever conosceva perfino i prezzi ai quali la Fisvi avrebbe smembrato la Cdb: 290 miliardi per il latte, 215 per vino e pelati, 253 per l'olio. In tutto quasi 450 miliardi in più di quanto incassato complessivamente dallo Stato.
Gli olandesi conoscevano bene Prodi per averlo avuto come "Advisor Director" nei tre anni precedenti. Il Professore poteva essere a conoscenza che la Fisvi avrebbe venduto una fetta cospicua della Cdb ai suoi vecchi datori di lavoro. In più, la stessa Fisvi era assistita da una banca d'affari, la Goldman Sachs, per cui Prodi aveva svolto altre consulenze.
Il caso finì al Tribunale di Roma: conflitto d'interessi, violazione delle direttive Cipe sul miglior prezzo, modifica delle condizioni a favore esclusivo dell'acquirente, violazione dell'obbligo della continuità produttiva. Il pm Giuseppa Geremia chiese il rinvio a giudizio per Prodi, Lamiranda e il Cda Iri, ma il gip Eduardo Landi archiviò il caso. La Geremia fu trasferita a Cagliari prima di poter presentare appello e il suo successore valutò che la sentenza di assoluzione era ineccepibile.
Fonte [/quoteragionpolitica.it (http://www.ragionpolitica.it/testo.1611.html)
Scesero in campo molti grandi gruppi decisi all'acquisto, tra i quali l'Unilever, la Parmalat, il gruppo Ferruzzi e la Cragnotti & Partners, ma tra questi la spunto una finanziaria, la Fisvi, guidata da Carlo Saverio Lamiranda, nome sconosciuto ai più e vicino alla Dc campana.
Il 14 Ottobre 1993 la Cirio-Bertolli-De Rica che fatturava 1.000 miliardi fu venduta alla Fisvi per appena 310,7 miliardi, rifiutando offerte superiori come quella della francese Gran Met di 528 miliardi.
La Fisvi di Lamiranda presentò una fideiussione di solo il 10% della cifra richiesta e vendette parti della Cdb prima di esserne venuta in possesso: la Cirio a Cragnotti, l'olio Bertolli all'Unilever per 253 miliardi, il settore latte per 290 miliardi e i vini Castellini per 40 miliardi.
Le sole vendite di latte e vino fruttarono alla Fisvi molto di più dei 310,7 miliardi, pagabili a rate, concordati con l'Iri. Lamiranda uscì di scena in poco tempo con 15 miliardi datigli da Cragnotti per il lavoro da prestanome (la Sagrit, società del futuro presidente della Lazio versò la prima rata all'Iri al posto della Fisvi), con gran soddisfazione dello stesso Cagnotti che pochi mesi prima aveva offerto 117 miliardi in più per la società. Offerta respinta dall'Iri, così come quella dell'emiliana Granarolo che aveva offerto ben 217 miliardi soltanto per il settore latte della Cdb.
Pochi mesi prima della vendita della Cdb alla Fisvi, l'Iri aveva acquisito la Lattesud, azienda del settore latte della Basilicata, per 101 miliardi, il cui proprietario l'imprenditore Giuseppe Gravante figurava come socio della Fisvi; l'Iri acquistò un'azienda casearia proprio quando aveva deciso di disfarsi del settore alimentare e attribuiva a questa azienda, un terzo del valore complessivo poi attribuito a tutto il gruppo Cirio-Bertolli-De Rica.
Se per la vendita della Cdb fosse stata usata la procedura dell'asta pubblica e non la trattativa privata, in rispetto alla delibera Cipe del 30 Dicembre 1992, che dettava le regole delle privatizzazioni, la Fisvi non avrebbe vinto.
Il Cipe limitava il ricorso alla trattativa privata "solamente ove ricorrano interessi pubblici di particolare rilevanza", secondo il Cda guidato da Prodi, invece, essa non doveva "applicarsi alla fattispecie in cui la vendita a trattativa privata risulti successiva a una fase procedurale preliminare di carattere competitivo". Bastava, quindi, la parvenza iniziale dell'asta pubblica per tenersi libere le mani al momento della decisione.
La prima offerta della Fisvi fu di 130 miliardi, poi saliti a 310,7 cui se ne sarebbero aggiunti altri 190 per l'Opa sulle azioni non in mano all'Iri (che deteneva il 62,12%). La finanziaria lucana non fu in grado di presentare le garanzie finanziarie richieste dall'Iri, cioè una "fideiussione autonoma pari a lire 50 miliardi rilasciata da primaria banca". Lamiranda il 6 Ottobre 1993 produsse una fideiussione di soli 5 miliardi della Banca Mediterranea con la promessa (non mantenuta) di integrarla appena possibile.
Il giorno dopo, il 7 Ottobre, Prodi riunì il Cda dell'Iri facendosi assegnare pieni poteri compresa "la facoltà di compiere gli atti riferitisi a operazioni, attive e passive, a breve e medio-lungo termine, di importo non superiore a lire miliardi 500". Un mandato ad ampissimo spettro, mai concesso ad alcun altro organo dell'istituto, nel quale ricadeva anche l'affare Cdb.
All'atto della vendita della Cdb alla Fisvi divamparono molte polemiche, il Corriere della Sera scrisse: " La voce insistente è che la finanziaria abbia l'appoggio di potentati politici, più esattamente della sinistra democristiana campana".
Oltre alla Dc campana, i cui maggiori responsabili erano De Mita e Mancino, sedevano in cabina di regia anche Cagnotti e la multinazionale olandese Unilever. I contatti riservati tra Fisvi e Unilever cominciarono in Luglio e si intensificarono a fine Agosto. Il 2 Settembre venne perfino stilata una bozza d'intesa in cui Lamiranda si impegnava a vendere quanto prima il settore olio agli olandesi. Un memorandum interno, datato Rotterdam 4 Ottobre 1993, dimostra che Unilever conosceva perfino i prezzi ai quali la Fisvi avrebbe smembrato la Cdb: 290 miliardi per il latte, 215 per vino e pelati, 253 per l'olio. In tutto quasi 450 miliardi in più di quanto incassato complessivamente dallo Stato.
Gli olandesi conoscevano bene Prodi per averlo avuto come "Advisor Director" nei tre anni precedenti. Il Professore poteva essere a conoscenza che la Fisvi avrebbe venduto una fetta cospicua della Cdb ai suoi vecchi datori di lavoro. In più, la stessa Fisvi era assistita da una banca d'affari, la Goldman Sachs, per cui Prodi aveva svolto altre consulenze.
Il caso finì al Tribunale di Roma: conflitto d'interessi, violazione delle direttive Cipe sul miglior prezzo, modifica delle condizioni a favore esclusivo dell'acquirente, violazione dell'obbligo della continuità produttiva. Il pm Giuseppa Geremia chiese il rinvio a giudizio per Prodi, Lamiranda e il Cda Iri, ma il gip Eduardo Landi archiviò il caso. La Geremia fu trasferita a Cagliari prima di poter presentare appello e il suo successore valutò che la sentenza di assoluzione era ineccepibile.
Fonte [/quoteragionpolitica.it (http://www.ragionpolitica.it/testo.1611.html)