maxsona
22-04-2004, 22:19
Nel decennale della morte di Ayrton Senna, sembra d’obbligo ricordare il grande pilota brasiliano che ha contribuito a fare grande la McLaren con i suoi titoli, i suoi successi, le sue pole, le sue gesta e la sua personalità.
Nel 1987 la McLaren cerca per la stagione successiva un pilota veloce e di talento da affiancare a Prost alla guida delle vetture bianco rosse, neo motorizzate Honda. A quel punto lo stesso Alain Prost consiglia Ron Dennis di scegliere Senna, attuale pilota Lotus, che ha esperienza con il motore turbo Honda e che aveva ben figurato in quella stagione.
Senna arriva in McLaren con il peso di confrontarsi con il grande Prost e con la voglia di batterlo: corre con il pilota francese negli occhi e nella mente! La stagione 1988 viene dominata da Senna ma è il duello interno al team che impreziosisce quel titolo e consacra quel Mondiale alla storia dell’automobilismo.
In seno alla squadra si nota la differenza di personalità tra Prost e Senna. Il primo è molto tecnico ed immediato, il secondo molto passionale ed istintivo. Mentre Prost indicava ai tecnici quali interventi eseguire sulla monoposto e si metteva ad aspettare, Senna ripeteva quasi ossessivamente cosa occorreva modificare fino a che le cose non andavano come lui diceva. Per molti tecnici questo atteggiamento sembrava quasi una dimostrazione di poca fiducia in loro, ma poi capirono che era solo un modo di agire e di intendere le corse.
Nel 1989 Senna e Prost ripartono alla grande ma al GP di San Marino tra i due nasce un’incomprensione per il fatto che il francese non rispetta un patto di non attaccarsi: per un uomo come Senna questa era una grande mancanza. Questo scontro nel corso del Mondiale si trasforma in un’apoteosi di competitività tra i due e si conclude nel GP del Giappone quando Prost, con una manovra poco ortodossa, al limite del lecito, si aggiudica il Mondiale. Successivamente Senna, senza pudore, si scontra anche con la FIA per aver consegnato a Prost il Mondiale.
In fondo però, quell’inimicizia tra i due piloti era soltanto una voglia di primeggiare di due campioni di una stessa squadra che venne manipolata dalla stampa per creare un motivo di interesse, così come le illazioni sulla sua omosessualità.
Dopo scuse formali fu riammesso al Mondiale del 1990, dal quale era stato in un primo momento escluso per “lesa Maestà”. Prost, ormai schiacciato dalla personalità di Senna, decide di andare via e continuare la lotta contro Senna in Ferrari. Per tre anni il compagno di Senna è Gerhard Berger, un abile pilota che nel collaudo dava il meglio di se e che vedeva in Senna un idolo dal quale apprendere e dal quale non mancarono momenti di profondo riconoscimento. La lotta per l’iride si svolge ancora una volta con Prost ma, al GP del Giappone, con lucidità serve la vendetta a Prost nello stesso piatto che l’aveva ricevuta l’anno prima, lo butta fuori e vince il secondo Titolo Mondiale.
Nel 1991 Senna influenza la Honda a creare un motore 12 cilindri e ci riesce ma, la stagione si dimostra lo stesso più impegnativa del solito perché la Williams di Mansell è molto competitiva. Ancora una volta, la costanza ed i duelli ruota a ruota fanno si che Senna ha la meglio sull’avversario. Anche con un mezzo leggermente inferiore Senna è Campione del Mondo per la terza volta.
Nel 1992 Senna, con una McLaren al disotto delle migliori monoposto guidate negli anni precedenti, non ce la fa contro la Williams di Mansell. In quell’anno Senna si trova in pista, oltre alla vecchia guardia, anche l’emergente Schumacher. Conscio che la nuova leva stava prendendo il suo posto, non si tira indietro e non esita a rimproverare il tedesco per la sua voglia smodata di arrivare al successo ad ogni costo.
Alla fine di quella stagione Senna non disdegna di fare la “prima donna” infatti, compie all’insaputa di Dennis un test in America per correre in CART al fine di strappare un buon ingaggio alla McLaren e convincere la FIA a non liberalizzare l’elettronica. Dennis, alla fine, lo convinse a correre per lui con un contratto a gettone e con a fianco la promessa della CART, Michael Andretti. Nonostante un motore Cosworth con diversi cavalli in meno, Senna nel 1993 diede il meglio di se in diverse occasioni ed alla fine quel secondo posto in classifica valse più d’ogni altra vittoria.
La McLaren, non potendo garantire un futuro all’altezza di un fuoriclasse con ancora tanta voglia di vincere come Senna, lo lascia libero di andare via. Presto Senna rimpiange questa scelta: la McLaren era diventata per lui la sua casa e la sua famiglia.
Senna non era un pilota ma un uomo che correva più veloce degli altri, un uomo che aveva imparato a dominare il proprio corpo ed il proprio istinto al fine di fare in pista e nella vita quello che gli altri non pensavano nemmeno. Il coraggio di stare in squadra con Campioni e non gregari lo eleva, al pari di altri, a Campionissimo. La sua umanità e la sua sensibilità nei confronti dei meno abbienti hanno reso quel pilota un simbolo. La F.1 era diventata per lui un palcoscenico per la sua spiritualità, correre e vincere erano il mezzo per cercare di cambiare le cose cattive che vedeva nel suo Brasile ed in Formula 1, per questo continuava a correre anche dopo i successi ed i dolori.
Le lacrime che gonfiarono i nostri occhi quell'1 maggio hanno consacrato per sempre un uomo... “Magic”.
Scritto da Luca Tuzzolo per tuttomclaren.it (http://www.tuttomclaren.it)
Nel 1987 la McLaren cerca per la stagione successiva un pilota veloce e di talento da affiancare a Prost alla guida delle vetture bianco rosse, neo motorizzate Honda. A quel punto lo stesso Alain Prost consiglia Ron Dennis di scegliere Senna, attuale pilota Lotus, che ha esperienza con il motore turbo Honda e che aveva ben figurato in quella stagione.
Senna arriva in McLaren con il peso di confrontarsi con il grande Prost e con la voglia di batterlo: corre con il pilota francese negli occhi e nella mente! La stagione 1988 viene dominata da Senna ma è il duello interno al team che impreziosisce quel titolo e consacra quel Mondiale alla storia dell’automobilismo.
In seno alla squadra si nota la differenza di personalità tra Prost e Senna. Il primo è molto tecnico ed immediato, il secondo molto passionale ed istintivo. Mentre Prost indicava ai tecnici quali interventi eseguire sulla monoposto e si metteva ad aspettare, Senna ripeteva quasi ossessivamente cosa occorreva modificare fino a che le cose non andavano come lui diceva. Per molti tecnici questo atteggiamento sembrava quasi una dimostrazione di poca fiducia in loro, ma poi capirono che era solo un modo di agire e di intendere le corse.
Nel 1989 Senna e Prost ripartono alla grande ma al GP di San Marino tra i due nasce un’incomprensione per il fatto che il francese non rispetta un patto di non attaccarsi: per un uomo come Senna questa era una grande mancanza. Questo scontro nel corso del Mondiale si trasforma in un’apoteosi di competitività tra i due e si conclude nel GP del Giappone quando Prost, con una manovra poco ortodossa, al limite del lecito, si aggiudica il Mondiale. Successivamente Senna, senza pudore, si scontra anche con la FIA per aver consegnato a Prost il Mondiale.
In fondo però, quell’inimicizia tra i due piloti era soltanto una voglia di primeggiare di due campioni di una stessa squadra che venne manipolata dalla stampa per creare un motivo di interesse, così come le illazioni sulla sua omosessualità.
Dopo scuse formali fu riammesso al Mondiale del 1990, dal quale era stato in un primo momento escluso per “lesa Maestà”. Prost, ormai schiacciato dalla personalità di Senna, decide di andare via e continuare la lotta contro Senna in Ferrari. Per tre anni il compagno di Senna è Gerhard Berger, un abile pilota che nel collaudo dava il meglio di se e che vedeva in Senna un idolo dal quale apprendere e dal quale non mancarono momenti di profondo riconoscimento. La lotta per l’iride si svolge ancora una volta con Prost ma, al GP del Giappone, con lucidità serve la vendetta a Prost nello stesso piatto che l’aveva ricevuta l’anno prima, lo butta fuori e vince il secondo Titolo Mondiale.
Nel 1991 Senna influenza la Honda a creare un motore 12 cilindri e ci riesce ma, la stagione si dimostra lo stesso più impegnativa del solito perché la Williams di Mansell è molto competitiva. Ancora una volta, la costanza ed i duelli ruota a ruota fanno si che Senna ha la meglio sull’avversario. Anche con un mezzo leggermente inferiore Senna è Campione del Mondo per la terza volta.
Nel 1992 Senna, con una McLaren al disotto delle migliori monoposto guidate negli anni precedenti, non ce la fa contro la Williams di Mansell. In quell’anno Senna si trova in pista, oltre alla vecchia guardia, anche l’emergente Schumacher. Conscio che la nuova leva stava prendendo il suo posto, non si tira indietro e non esita a rimproverare il tedesco per la sua voglia smodata di arrivare al successo ad ogni costo.
Alla fine di quella stagione Senna non disdegna di fare la “prima donna” infatti, compie all’insaputa di Dennis un test in America per correre in CART al fine di strappare un buon ingaggio alla McLaren e convincere la FIA a non liberalizzare l’elettronica. Dennis, alla fine, lo convinse a correre per lui con un contratto a gettone e con a fianco la promessa della CART, Michael Andretti. Nonostante un motore Cosworth con diversi cavalli in meno, Senna nel 1993 diede il meglio di se in diverse occasioni ed alla fine quel secondo posto in classifica valse più d’ogni altra vittoria.
La McLaren, non potendo garantire un futuro all’altezza di un fuoriclasse con ancora tanta voglia di vincere come Senna, lo lascia libero di andare via. Presto Senna rimpiange questa scelta: la McLaren era diventata per lui la sua casa e la sua famiglia.
Senna non era un pilota ma un uomo che correva più veloce degli altri, un uomo che aveva imparato a dominare il proprio corpo ed il proprio istinto al fine di fare in pista e nella vita quello che gli altri non pensavano nemmeno. Il coraggio di stare in squadra con Campioni e non gregari lo eleva, al pari di altri, a Campionissimo. La sua umanità e la sua sensibilità nei confronti dei meno abbienti hanno reso quel pilota un simbolo. La F.1 era diventata per lui un palcoscenico per la sua spiritualità, correre e vincere erano il mezzo per cercare di cambiare le cose cattive che vedeva nel suo Brasile ed in Formula 1, per questo continuava a correre anche dopo i successi ed i dolori.
Le lacrime che gonfiarono i nostri occhi quell'1 maggio hanno consacrato per sempre un uomo... “Magic”.
Scritto da Luca Tuzzolo per tuttomclaren.it (http://www.tuttomclaren.it)