andryonline
24-03-2004, 10:37
http://www.liberologico.it/_celentanofans/public/dal_mondo/images/normal/kioto.jpg
Coste sommerse, ghiacciai che si sciolgono, produzione agricola in calo, terreni sempre più aridi...
Le conseguenze dei cambiamenti climatici che possono toccarci più da vicino.
La conferenza dell'Onu di Milano ha riportato alla ribalta i cambiamenti climatici.
L'ultimo documento prodotto dall'Ipcc (International panel on climate change), comitato di scienziati che studia l'andamento del clima, fa previsioni sulle conseguenze che a livello globale l'aumento delle temperature potrebbe avere sul pianeta. I ricercatori sono al lavoro anche per comprendere le ripercussioni locali dei cambiamenti climatici. Si ritiene che la regione del Mediterraneo sia molto vulnerabile.
L'Italia, a cavallo tra la fascia tropicale e quella continentale, è una zona molto a rischio. I dati a disposizione dicono che negli ultimi trent'anni le temperature medie sono aumentate fino a 1-1,5°C tra primavera ed estate. Le precipitazioni si sono ridotte tra il 5 e il 10 per cento. Dai ghiacciai alle spiagge, potrebbe risentirne tutto l'ambiente in cui viviamo.
COSTE
Uno degli effetti più temuti del riscaldamento del clima è l'aumento del livello dei mari. Dati da satellite, anche se controversi, parlano di un accrescimento pari a un centimetro l'anno per oceani e mari. Il Mediterraneo sembra fare eccezione. Ma, secondo gli esperti, molte delle sue zone costiere rischiano di finire sott'acqua, anche se non per effetto diretto dell'innalzamento del livello delle acque. «Altri due fattori complicano la situazione» spiega Fabrizio Antonioli, ricercatore dell'Enea che studia questa materia.
«L'Italia è una zona tettonicamente instabile. Alcune piane costiere sono in discesa per effetto dello scontro tra la zolla africana e l'euroasiatica. Inoltre, il suolo si sta abbassando a causa di un fenomeno detto isostasia: l'Italia è sprofondata di alcuni metri, più a nord che a sud, negli ultimi 6-7 mila anni».
Le aree costiere a rischio, secondo lo studio dell'Enea, sarebbero 33, per un totale di 4.500 chilometri quadrati. La zona che va da Ravenna a Venezia, la piana di Fondi, la Versilia sono quelle che si stanno abbassando di più. Se a questi fenomeni dovesse sommarsi l'innalzamento del livello del mare, ampi tratti delle spiagge italiane potrebbero andare sott'acqua.
FORESTE E AGRICOLTURA
Temperature in aumento e piogge in calo: quali conseguenze possono scaturire da questo binomio per il verde e le coltivazioni dell'area mediterranea? In futuro, diminuzione dei raccolti e delle aree verdi, secondo i ricercatori. Per ora la situazione pare andare controcorrente rispetto a queste previsioni a causa di un fattore: l'anidride carbonica.
Ritenuto il primo responsabile dei cambiamenti climatici, questo gas serra è anche il principale substrato per il processo di fotosintesi. Un suo aumento, dunque, favorisce lo sviluppo delle biomasse, in pratica il ritmo di crescita delle piante. «A partire dagli anni 60» osserva Giuseppe Scarascia Mugnozza, direttore dell'Istituto di biologia agroambientale e forestale del Cnr, «si sono visti aumenti della produzione agricola e forestale tra il 10 e il 30 per cento.
Questa tendenza globale è stata messa in relazione con l'aumento delle temperature e della concentrazione di anidride carbonica». In Italia, nella Pianura Padana, negli ultimi trent'anni è cresciuta la produzione di grano.
Che cosa ci aspetta per il futuro? «Si potrebbe avere un'inversione di tendenza» ipotizza Scarascia Mugnozza. «Le zone svantaggiate potrebbero essere proprio quelle mediterranee, con cali della produzione agricola tra il 10 e il 40 per cento e una diminuzione della produzione forestale, a causa di una maggiore frequenza di periodi di siccità, come si è già visto nell'estate 2003.
Altro grave pericolo per le foreste sono gli incendi, causati dall'uomo ma favoriti da temperature alte e scarsa pioggia».
GHIACCIAI
Nell'ultima torrida estate i ghiacciai alpini hanno perso un miliardo e mezzo di metri cubi d'acqua: più o meno come il Lago d'Orta. «È preoccupante» afferma Luca Bonardi, coordinatore scientifico del servizio glaciologico lombardo.
La tendenza allo scioglimento, in atto da almeno 150 anni, si è aggravata negli ultimi 15. Resta da vedere quanto sia dovuta alla naturale variabilità del clima e quanto all'effetto serra di origine antropica, ma i segnali paiono allarmanti.
La scorsa estate, le temperature sono state 3-4°C oltre le medie. «Un incremento eccezionale» dice Bonardi.
Tra gli esempi più lampanti di deglaciazione vi è quello del ghiacciaio del Belvedere, nel gruppo del Monte Rosa, sulla cui superficie si forma da tre anni un lago che deve essere svuotato con le idrovore. «A questo ritmo di fusione molte aree, come quelle della Val Chiavenna, potrebbero perdere il loro patrimonio glaciale nel giro di 20-30 anni» prevede Bonardi.
Già l'anno prossimo l'apertura di crepacci sulla superficie renderà difficile lo sci estivo sullo Stelvio.
Le Alpi, senza ghiacciai, diventerebbero deserti di rocce. Una catastrofe per il turismo. Ma a preoccupare ancora di più è l'assottigliarsi della disponibilità di acqua, soprattutto in estate, per scopi agricoli, civili, industriali, tra cui la produzione di energia idroelettrica.
DESERTIFICAZIONE
Secondo le stime dell'Enea, il 30 per cento del territorio nazionale è a rischio di desertificazione. Vengono in mente immagini di sabbia e dune, ma il fenomeno è più sottile: il terreno perde via via fertilità e non è più coltivabile.
Tra le cause, abbattimento indiscriminato delle foreste e cattiva gestione dei sistemi di irrigazione. Il processo è irreversibile. «La Val d'Agri, in Basilicata, la Piana di Sibari in Calabria, quella di Licata in Sicilia, alcune parti della Sardegna sono aree già ampiamente degradate, dove la fertilità sta venendo meno» ricorda Piero Gagliardo, presidente del comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione.
I cambiamenti climatici potrebbero peggiorare le cose. Temperature più alte, con evaporazione più marcata dell'acqua dal suolo, lunghi periodi di siccità, precipitazioni più violente, incendi più frequenti, tutti fenomeni previsti per le nostre aree, contribuiscono alla desertificazione.
fonte: Panorama (http://www.panorama.it/)
Coste sommerse, ghiacciai che si sciolgono, produzione agricola in calo, terreni sempre più aridi...
Le conseguenze dei cambiamenti climatici che possono toccarci più da vicino.
La conferenza dell'Onu di Milano ha riportato alla ribalta i cambiamenti climatici.
L'ultimo documento prodotto dall'Ipcc (International panel on climate change), comitato di scienziati che studia l'andamento del clima, fa previsioni sulle conseguenze che a livello globale l'aumento delle temperature potrebbe avere sul pianeta. I ricercatori sono al lavoro anche per comprendere le ripercussioni locali dei cambiamenti climatici. Si ritiene che la regione del Mediterraneo sia molto vulnerabile.
L'Italia, a cavallo tra la fascia tropicale e quella continentale, è una zona molto a rischio. I dati a disposizione dicono che negli ultimi trent'anni le temperature medie sono aumentate fino a 1-1,5°C tra primavera ed estate. Le precipitazioni si sono ridotte tra il 5 e il 10 per cento. Dai ghiacciai alle spiagge, potrebbe risentirne tutto l'ambiente in cui viviamo.
COSTE
Uno degli effetti più temuti del riscaldamento del clima è l'aumento del livello dei mari. Dati da satellite, anche se controversi, parlano di un accrescimento pari a un centimetro l'anno per oceani e mari. Il Mediterraneo sembra fare eccezione. Ma, secondo gli esperti, molte delle sue zone costiere rischiano di finire sott'acqua, anche se non per effetto diretto dell'innalzamento del livello delle acque. «Altri due fattori complicano la situazione» spiega Fabrizio Antonioli, ricercatore dell'Enea che studia questa materia.
«L'Italia è una zona tettonicamente instabile. Alcune piane costiere sono in discesa per effetto dello scontro tra la zolla africana e l'euroasiatica. Inoltre, il suolo si sta abbassando a causa di un fenomeno detto isostasia: l'Italia è sprofondata di alcuni metri, più a nord che a sud, negli ultimi 6-7 mila anni».
Le aree costiere a rischio, secondo lo studio dell'Enea, sarebbero 33, per un totale di 4.500 chilometri quadrati. La zona che va da Ravenna a Venezia, la piana di Fondi, la Versilia sono quelle che si stanno abbassando di più. Se a questi fenomeni dovesse sommarsi l'innalzamento del livello del mare, ampi tratti delle spiagge italiane potrebbero andare sott'acqua.
FORESTE E AGRICOLTURA
Temperature in aumento e piogge in calo: quali conseguenze possono scaturire da questo binomio per il verde e le coltivazioni dell'area mediterranea? In futuro, diminuzione dei raccolti e delle aree verdi, secondo i ricercatori. Per ora la situazione pare andare controcorrente rispetto a queste previsioni a causa di un fattore: l'anidride carbonica.
Ritenuto il primo responsabile dei cambiamenti climatici, questo gas serra è anche il principale substrato per il processo di fotosintesi. Un suo aumento, dunque, favorisce lo sviluppo delle biomasse, in pratica il ritmo di crescita delle piante. «A partire dagli anni 60» osserva Giuseppe Scarascia Mugnozza, direttore dell'Istituto di biologia agroambientale e forestale del Cnr, «si sono visti aumenti della produzione agricola e forestale tra il 10 e il 30 per cento.
Questa tendenza globale è stata messa in relazione con l'aumento delle temperature e della concentrazione di anidride carbonica». In Italia, nella Pianura Padana, negli ultimi trent'anni è cresciuta la produzione di grano.
Che cosa ci aspetta per il futuro? «Si potrebbe avere un'inversione di tendenza» ipotizza Scarascia Mugnozza. «Le zone svantaggiate potrebbero essere proprio quelle mediterranee, con cali della produzione agricola tra il 10 e il 40 per cento e una diminuzione della produzione forestale, a causa di una maggiore frequenza di periodi di siccità, come si è già visto nell'estate 2003.
Altro grave pericolo per le foreste sono gli incendi, causati dall'uomo ma favoriti da temperature alte e scarsa pioggia».
GHIACCIAI
Nell'ultima torrida estate i ghiacciai alpini hanno perso un miliardo e mezzo di metri cubi d'acqua: più o meno come il Lago d'Orta. «È preoccupante» afferma Luca Bonardi, coordinatore scientifico del servizio glaciologico lombardo.
La tendenza allo scioglimento, in atto da almeno 150 anni, si è aggravata negli ultimi 15. Resta da vedere quanto sia dovuta alla naturale variabilità del clima e quanto all'effetto serra di origine antropica, ma i segnali paiono allarmanti.
La scorsa estate, le temperature sono state 3-4°C oltre le medie. «Un incremento eccezionale» dice Bonardi.
Tra gli esempi più lampanti di deglaciazione vi è quello del ghiacciaio del Belvedere, nel gruppo del Monte Rosa, sulla cui superficie si forma da tre anni un lago che deve essere svuotato con le idrovore. «A questo ritmo di fusione molte aree, come quelle della Val Chiavenna, potrebbero perdere il loro patrimonio glaciale nel giro di 20-30 anni» prevede Bonardi.
Già l'anno prossimo l'apertura di crepacci sulla superficie renderà difficile lo sci estivo sullo Stelvio.
Le Alpi, senza ghiacciai, diventerebbero deserti di rocce. Una catastrofe per il turismo. Ma a preoccupare ancora di più è l'assottigliarsi della disponibilità di acqua, soprattutto in estate, per scopi agricoli, civili, industriali, tra cui la produzione di energia idroelettrica.
DESERTIFICAZIONE
Secondo le stime dell'Enea, il 30 per cento del territorio nazionale è a rischio di desertificazione. Vengono in mente immagini di sabbia e dune, ma il fenomeno è più sottile: il terreno perde via via fertilità e non è più coltivabile.
Tra le cause, abbattimento indiscriminato delle foreste e cattiva gestione dei sistemi di irrigazione. Il processo è irreversibile. «La Val d'Agri, in Basilicata, la Piana di Sibari in Calabria, quella di Licata in Sicilia, alcune parti della Sardegna sono aree già ampiamente degradate, dove la fertilità sta venendo meno» ricorda Piero Gagliardo, presidente del comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione.
I cambiamenti climatici potrebbero peggiorare le cose. Temperature più alte, con evaporazione più marcata dell'acqua dal suolo, lunghi periodi di siccità, precipitazioni più violente, incendi più frequenti, tutti fenomeni previsti per le nostre aree, contribuiscono alla desertificazione.
fonte: Panorama (http://www.panorama.it/)