fabius00
18-03-2004, 18:29
L’enfuvirtide, la molecola che ferma il virus prima che entri nella cellula sana, aiuterà chi non risponde alle altre terapie
Aids, ogni giorno 10 nuovi sieropositivi
Le donne italiane le più colpite in Occidente. Speranze da un nuovo farmaco
di SANDRO IANNI
MILANO - Una stima allarmente: ogni giorno 10 italiani diventano sieropositivi all'Hiv. Non basta: le donne italiane sono le più colpite nel mondo occidentale e rappresentano il 30-35% dei 110-130 mila sieropositivi che vivono oggi nella penisola. Inoltre, su 40.000 pazienti trattati, oltre 5.000 sono “multidrug resistant”, cioè non rispondono bene alle terapie convenzionali.
I dati vengono da Mauro Moroni, docente di Malattie Infettive dell'Università di Milano. Li ha elencati durante la presentazione di un nuovo farmaco, a base di enfuvirtide, capostipite di una nuova categoria di farmaci che dovrebbe agire dove gli altri non funzionano più, e che ora è disponibile anche in Italia.
Solo 2002 le nuove infezioni sono state 3.500-4.000, ma dal 1996 ad oggi vi è stato un drastico calo dei decessi grazie all'impiego dei cocktail di farmaci antiretrovirali (Arv), ha spigato Moroni. Ma se questi farmaci finora usati agiscono dopo che la cellula era stata infettata cercando di impedire il processo di replicazione del virus, l'enfuvirtide promette di fermarlo prima che entri nella cellula sana. Grandi le aspettative dei medici che evidenziano come, grazie ad un meccanismo d'azione totalmente differente rispetto agli attuali Arv, potrebbe spiazzare il virus e agire dove gli altri farmaci non hanno più effetto.
I risultati degli studi (l'Italia ha partecipato con oltre 200 pazienti e circa 90 centri coinvolti) sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine . I dati clinici dimostrano che, dopo 48 settimane, l'utilizzo di enfuvirtide, associato ad una terapia ottimizzata favorisce una riduzione della carica virale doppia rispetto alla sola terapia ottimizzata e un aumento due volte superiore delle le cellule del sistema immunitario. Il farmaco, dicono gli esperti, dovrebbe aiutare chi negli ultimi 10 anni ha già sperimentato le tre classi di farmaci antiretrovirali, e ha visto fallire le cure.
«Il quadro dei colpiti dell’Hiv ne nostro Paese è particolare: inizialmente - spiega Moroni - si ammalavano soprattutto i tossicodipendenti, sia omosessuali sia eterosessuali e questo è il motivo per cui ci sono tante donne. Oggi dobbiamo affrontare il desiderio di molte pazienti di diventare madri senza rischi per il bambino. E anche questo è un problema tutto italiano. Negli anni l’identikit dell’ammalato è molto cambiato: L'Hiv colpisce sempre più gli eterosessuali. Specie uomini, anche over 65 e a volte addirittura 80enni, che tendono a rapporti occasionali trasgressivi, spesso senza protezione, portando il virus tra le mura domestiche e mettendo ancora più in pericolo la partner fissa, vittima inconsapevole».
Il numero delle contagiate è il maggiore d’Europa
Aids, italiane le più colpite
di GIOVANNI REZZA
PUÒ sembrare strano, ma l'attenzione sul fenomeno Aids sembra calare proprio nel momento in cui diventa una malattia normale che colpisce persone "normali". Chi ricorda ormai quando, negli anni 80, si parlava di "peste gay" o i quartieri ghetto di Roma o Milano flagellati dalla tossicodipendenza? Allora l'eroina imperversava e l'Hiv, il virus causa dell'Aids, maramaldeggiava passando da una persona all'altra attraverso siringhe incautamente riutilizzate. L'Aids era considerato la malattia degli emarginati delle città dei Paesi avanzati o dei poveri nel Sud del mondo. Se la seconda affermazione è ancora valida (sappiamo che la maggior parte delle persone infette risiede nell'Africa sub-sahariana), la prima, ovvero che si tratti di una malattia che interessa solo alcuni gruppi sociali, non è più vera. Diminuiscono infatti le nuove infezioni nei tossicodipendenti ma aumenta la trasmissione sessuale.
Inoltre, se nella prima fase dell'epidemia erano colpiti soprattutto gli uomini (i tossicodipendenti appartengono in larga maggioranza al sesso "forte"), adesso che l'infezione si trasmette soprattutto sessualmente le donne rappresentano una buona parte delle nuove infezioni (circa il 30%). Quest'aspetto, insieme all'incremento dell'età media che si rileva al momento della diagnosi di infezione, costituisce un aspetto della normalizzazione dell'Aids. Rispetto a 15 anni fa, il malato di oggi ha una buona probabilità di essere di sesso femminile, è mediamente più anziano, a volte straniero. Insomma, il virus sembra comportarsi in maniera molto "democratica", scegliendo chi, fra gli incauti, è più sfortunato.
Nel nostro Paese, rispetto a quanto avviene nel Nord Europa, dove l'infezione ha interessato soprattutto gli omosessuali o le persone provenienti da aree geografiche ad alta incidenza, le donne sono più colpite: ma questo era stato già previsto, in quanto ci si aspettava che l'infezione, prima confinata fra i tossicodipendenti, iniziasse a circolare nelle loro partner per poi diffondersi lentamente nella popolazione generale sessualmente attiva. La normalizzazione dell'Aids può anche avere dei risvolti positivi, se aiuta a combattere la discriminazione delle persone colpite, ma non deve determinare in alcun modo un abbassamento della guardia. Purtroppo, almeno una persona su due, oggi, scopre di essere sieropositiva nel momento in cui viene posta la diagnosi di Aids (la malattia conclamata che insorge anni dopo l'infezione) e oltre il 60% delle persone con Aids inizia la terapia troppo tardi. Si tratta soprattutto di uomini o donne che hanno acquisito l'infezione per via sessuale, e che non pensavano di essere a rischio, magari perché ritenevano, erroneamente, che l'Aids fosse ancora la malattia dei tossicodipendenti.
Le nuove terapie hanno allungato la sopravvivenza e migliorato la qualità della vita, ma forse hanno contribuito a generare un giusto ma pericoloso ottimismo. Purtroppo, l'Aids non è stato definitivamente sconfitto, ed è bene saperlo perché, recita uno slogan un po' vecchio e retorico, prevenire è meglio che curare.
* Direttore Centro operativo Aids
Istituto Superiore della Sanità
Aids, ogni giorno 10 nuovi sieropositivi
Le donne italiane le più colpite in Occidente. Speranze da un nuovo farmaco
di SANDRO IANNI
MILANO - Una stima allarmente: ogni giorno 10 italiani diventano sieropositivi all'Hiv. Non basta: le donne italiane sono le più colpite nel mondo occidentale e rappresentano il 30-35% dei 110-130 mila sieropositivi che vivono oggi nella penisola. Inoltre, su 40.000 pazienti trattati, oltre 5.000 sono “multidrug resistant”, cioè non rispondono bene alle terapie convenzionali.
I dati vengono da Mauro Moroni, docente di Malattie Infettive dell'Università di Milano. Li ha elencati durante la presentazione di un nuovo farmaco, a base di enfuvirtide, capostipite di una nuova categoria di farmaci che dovrebbe agire dove gli altri non funzionano più, e che ora è disponibile anche in Italia.
Solo 2002 le nuove infezioni sono state 3.500-4.000, ma dal 1996 ad oggi vi è stato un drastico calo dei decessi grazie all'impiego dei cocktail di farmaci antiretrovirali (Arv), ha spigato Moroni. Ma se questi farmaci finora usati agiscono dopo che la cellula era stata infettata cercando di impedire il processo di replicazione del virus, l'enfuvirtide promette di fermarlo prima che entri nella cellula sana. Grandi le aspettative dei medici che evidenziano come, grazie ad un meccanismo d'azione totalmente differente rispetto agli attuali Arv, potrebbe spiazzare il virus e agire dove gli altri farmaci non hanno più effetto.
I risultati degli studi (l'Italia ha partecipato con oltre 200 pazienti e circa 90 centri coinvolti) sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine . I dati clinici dimostrano che, dopo 48 settimane, l'utilizzo di enfuvirtide, associato ad una terapia ottimizzata favorisce una riduzione della carica virale doppia rispetto alla sola terapia ottimizzata e un aumento due volte superiore delle le cellule del sistema immunitario. Il farmaco, dicono gli esperti, dovrebbe aiutare chi negli ultimi 10 anni ha già sperimentato le tre classi di farmaci antiretrovirali, e ha visto fallire le cure.
«Il quadro dei colpiti dell’Hiv ne nostro Paese è particolare: inizialmente - spiega Moroni - si ammalavano soprattutto i tossicodipendenti, sia omosessuali sia eterosessuali e questo è il motivo per cui ci sono tante donne. Oggi dobbiamo affrontare il desiderio di molte pazienti di diventare madri senza rischi per il bambino. E anche questo è un problema tutto italiano. Negli anni l’identikit dell’ammalato è molto cambiato: L'Hiv colpisce sempre più gli eterosessuali. Specie uomini, anche over 65 e a volte addirittura 80enni, che tendono a rapporti occasionali trasgressivi, spesso senza protezione, portando il virus tra le mura domestiche e mettendo ancora più in pericolo la partner fissa, vittima inconsapevole».
Il numero delle contagiate è il maggiore d’Europa
Aids, italiane le più colpite
di GIOVANNI REZZA
PUÒ sembrare strano, ma l'attenzione sul fenomeno Aids sembra calare proprio nel momento in cui diventa una malattia normale che colpisce persone "normali". Chi ricorda ormai quando, negli anni 80, si parlava di "peste gay" o i quartieri ghetto di Roma o Milano flagellati dalla tossicodipendenza? Allora l'eroina imperversava e l'Hiv, il virus causa dell'Aids, maramaldeggiava passando da una persona all'altra attraverso siringhe incautamente riutilizzate. L'Aids era considerato la malattia degli emarginati delle città dei Paesi avanzati o dei poveri nel Sud del mondo. Se la seconda affermazione è ancora valida (sappiamo che la maggior parte delle persone infette risiede nell'Africa sub-sahariana), la prima, ovvero che si tratti di una malattia che interessa solo alcuni gruppi sociali, non è più vera. Diminuiscono infatti le nuove infezioni nei tossicodipendenti ma aumenta la trasmissione sessuale.
Inoltre, se nella prima fase dell'epidemia erano colpiti soprattutto gli uomini (i tossicodipendenti appartengono in larga maggioranza al sesso "forte"), adesso che l'infezione si trasmette soprattutto sessualmente le donne rappresentano una buona parte delle nuove infezioni (circa il 30%). Quest'aspetto, insieme all'incremento dell'età media che si rileva al momento della diagnosi di infezione, costituisce un aspetto della normalizzazione dell'Aids. Rispetto a 15 anni fa, il malato di oggi ha una buona probabilità di essere di sesso femminile, è mediamente più anziano, a volte straniero. Insomma, il virus sembra comportarsi in maniera molto "democratica", scegliendo chi, fra gli incauti, è più sfortunato.
Nel nostro Paese, rispetto a quanto avviene nel Nord Europa, dove l'infezione ha interessato soprattutto gli omosessuali o le persone provenienti da aree geografiche ad alta incidenza, le donne sono più colpite: ma questo era stato già previsto, in quanto ci si aspettava che l'infezione, prima confinata fra i tossicodipendenti, iniziasse a circolare nelle loro partner per poi diffondersi lentamente nella popolazione generale sessualmente attiva. La normalizzazione dell'Aids può anche avere dei risvolti positivi, se aiuta a combattere la discriminazione delle persone colpite, ma non deve determinare in alcun modo un abbassamento della guardia. Purtroppo, almeno una persona su due, oggi, scopre di essere sieropositiva nel momento in cui viene posta la diagnosi di Aids (la malattia conclamata che insorge anni dopo l'infezione) e oltre il 60% delle persone con Aids inizia la terapia troppo tardi. Si tratta soprattutto di uomini o donne che hanno acquisito l'infezione per via sessuale, e che non pensavano di essere a rischio, magari perché ritenevano, erroneamente, che l'Aids fosse ancora la malattia dei tossicodipendenti.
Le nuove terapie hanno allungato la sopravvivenza e migliorato la qualità della vita, ma forse hanno contribuito a generare un giusto ma pericoloso ottimismo. Purtroppo, l'Aids non è stato definitivamente sconfitto, ed è bene saperlo perché, recita uno slogan un po' vecchio e retorico, prevenire è meglio che curare.
* Direttore Centro operativo Aids
Istituto Superiore della Sanità