ALBIZZIE
18-03-2004, 08:42
Ma un Ministro della Repubblica Italiana, tuttora in carica, che ha fatto solenne giuramento, può saltare al grido "chi non salta Italiano è"???
CHI NON SALTA ITALIANO È
di CLAUDIO RIZZA
«CHI-non-salta-italiano-è-è». S’è tanto divertito il ministro della repubblica padana, Roberto Castelli. Ieri ha accolto centocinquanta giovani leghisti esuberanti davanti a Montecitorio, li ha sentiti gridare contro «Roma ladrona». Chissà, forse ha ripassato mentalmente anche un po’ di storia quella che la Moratti vuole confinare alle elementari ; avrà ripensato alla calata degli unni, dei visigoti o dei lanzichenecchi, mentre i suoi nordisti urlanti invocavano «il sacco di Roma». Il ministro s’è commosso: «Migliore augurio di guarigione a Bossi non si potrebbe dare». «I giovani padani hanno portato il sole a Roma, un sole di speranza».
La speranza dei giovani padani è che gli studenti meridionali non insidino più il loro diritto allo studio, andando a frequentare le università del Nord, beneficiando di alloggi e borse di studio. Fulgido esempio di attaccamento alla cultura, uno dei pilastri del pensiero bossiano applicato al Carroccio.
I soliti comunisti e fascisti hanno protestato per questa manifestazione pacifica di dissenso democratico. A destra ha dato fastidio una scritta solo vagamente polemica: «Fottutissimi amici di Forza Italia e di An basta con i tradimenti. Riforme o tutti a casa». La sinistra ha ripetuto la stanca litania denunciando gli insulti alla Capitale, ancor più gravi se piovono da uno dei partiti di governo. Ha osato persino contestare a Castelli che un ministro della Repubblica italiana non dovrebbe arringare la folla con il megafono e saltare come un ultrà al grido di «chi-non-salta-italiano-è». Ma il ministro gliele ha cantate: «Sono un libero cittadino e, nei limiti consentiti dalla legge, posso manifestare e saltare quanto mi pare e piace». Ben detto.
Nei limiti consentiti dal buon gusto, Castelli s’è rimesso i panni tricolori ed è salito al Quirinale a conferire con Ciampi. Non certo sugli studenti padani “anti terrùn”, ma sulla bocciatura del testo Boato che avrebbe consentito di concedere la grazia ad Adriano Sofri. Fini e An hanno rivendicato il sabotaggio, la Lega ha partecipato volentieri facendo infuriare i garantisti del Polo, Ferrara in testa, e la sinistra.
Ora il problema è evidente: visto il forzato silenzio di Bossi, la Lega ha bisogno di urlare e di farsi sentire. Bisogna galvanizzare i militanti, riempire il vuoto e restare uniti, battere qualche colpo. In attesa che il Senatùr torni a dare man forte.
Allora, c’è da capirlo, Castelli. Che confessa: «Roma ladrona non riguarda i cittadini ma i palazzi del potere. E’ una metafora, che simboleggia il potere corrotto». Ma dove sono i palazzi del potere? Forse a via Arenula, in via XX Settembre, o magari a piazza Colonna? Davanti al Senato, in corso Rinascimento, i romani hanno sorriso ascoltando le urla dei giovani leghisti. Sorrisi ironici, la Roma eterna ne ha viste tante, il Carroccio cigola e passa, ma la Capitale resta. Solo uno ha perso la pazienza e ha gridato l’offesa più velenosa per un nordista doc: «Annate a lavora’». No, non sono più i tempi di una volta.
messaggero.it
:nono:
CHI NON SALTA ITALIANO È
di CLAUDIO RIZZA
«CHI-non-salta-italiano-è-è». S’è tanto divertito il ministro della repubblica padana, Roberto Castelli. Ieri ha accolto centocinquanta giovani leghisti esuberanti davanti a Montecitorio, li ha sentiti gridare contro «Roma ladrona». Chissà, forse ha ripassato mentalmente anche un po’ di storia quella che la Moratti vuole confinare alle elementari ; avrà ripensato alla calata degli unni, dei visigoti o dei lanzichenecchi, mentre i suoi nordisti urlanti invocavano «il sacco di Roma». Il ministro s’è commosso: «Migliore augurio di guarigione a Bossi non si potrebbe dare». «I giovani padani hanno portato il sole a Roma, un sole di speranza».
La speranza dei giovani padani è che gli studenti meridionali non insidino più il loro diritto allo studio, andando a frequentare le università del Nord, beneficiando di alloggi e borse di studio. Fulgido esempio di attaccamento alla cultura, uno dei pilastri del pensiero bossiano applicato al Carroccio.
I soliti comunisti e fascisti hanno protestato per questa manifestazione pacifica di dissenso democratico. A destra ha dato fastidio una scritta solo vagamente polemica: «Fottutissimi amici di Forza Italia e di An basta con i tradimenti. Riforme o tutti a casa». La sinistra ha ripetuto la stanca litania denunciando gli insulti alla Capitale, ancor più gravi se piovono da uno dei partiti di governo. Ha osato persino contestare a Castelli che un ministro della Repubblica italiana non dovrebbe arringare la folla con il megafono e saltare come un ultrà al grido di «chi-non-salta-italiano-è». Ma il ministro gliele ha cantate: «Sono un libero cittadino e, nei limiti consentiti dalla legge, posso manifestare e saltare quanto mi pare e piace». Ben detto.
Nei limiti consentiti dal buon gusto, Castelli s’è rimesso i panni tricolori ed è salito al Quirinale a conferire con Ciampi. Non certo sugli studenti padani “anti terrùn”, ma sulla bocciatura del testo Boato che avrebbe consentito di concedere la grazia ad Adriano Sofri. Fini e An hanno rivendicato il sabotaggio, la Lega ha partecipato volentieri facendo infuriare i garantisti del Polo, Ferrara in testa, e la sinistra.
Ora il problema è evidente: visto il forzato silenzio di Bossi, la Lega ha bisogno di urlare e di farsi sentire. Bisogna galvanizzare i militanti, riempire il vuoto e restare uniti, battere qualche colpo. In attesa che il Senatùr torni a dare man forte.
Allora, c’è da capirlo, Castelli. Che confessa: «Roma ladrona non riguarda i cittadini ma i palazzi del potere. E’ una metafora, che simboleggia il potere corrotto». Ma dove sono i palazzi del potere? Forse a via Arenula, in via XX Settembre, o magari a piazza Colonna? Davanti al Senato, in corso Rinascimento, i romani hanno sorriso ascoltando le urla dei giovani leghisti. Sorrisi ironici, la Roma eterna ne ha viste tante, il Carroccio cigola e passa, ma la Capitale resta. Solo uno ha perso la pazienza e ha gridato l’offesa più velenosa per un nordista doc: «Annate a lavora’». No, non sono più i tempi di una volta.
messaggero.it
:nono: