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View Full Version : Charles De Gaulle


ni.jo
03-03-2004, 12:01
Per la gioia di fabio69, logorroico terrore dei galli, :D inauguro un 3d sul più famoso (non me ne vogliano Robespierre Eiffel e...Platinì) francese: Charles De Gaulle.
Cosa ne pensate, è un quasi dittatore, uno che ha trasformato il suo paese da potenza coloniale a potenza economico/politica, un presuntuoso gesuita fascistoide o il salvatore della francia...?
Pupillo di Petain e di Churchill, mediocre soldato o uno che cerco di sostenere l'importanza dell'uso dei mezzi corazzati contro i vecchi caramponi dell'elite militare francese?

Un personaggino pieno di contraddizioni, insomma.
http://biografieonline.it/img/bio/Charles_De_Gaulle.jpg

ni.jo
03-03-2004, 14:26
"Anomalo come militare, anomalo come politico, in meno di un ventennio salvò due volte il suo paese dal disastro.
Sconvolse il panorama politico mondiale col suo modo di agire e con la sua libertà di azione, facendosi guidare solo da ciò che egli considerava l'interesse della Francia, al quale sottometteva qualsiasi altra considerazione. Dimostrò nei fatti un coraggio e una fede illimitati. Chi lo conobbe e ne lasciò memoria lo definì spesso come un uomo di un'arroganza totale e di un carattere intrattabile. Ma nessuno, neanche i suoi più decisi avversari, poterono mai disconoscere la sua grandezza. cronologia.it"

GioFX
03-03-2004, 14:44
ah, il buon Charles... :O

toshiman
03-03-2004, 14:45
pensavo l'aeroporto... :O

ni.jo
03-03-2004, 15:10
Originariamente inviato da GioFX
ah, il buon Charles... :O

in guerra disse ad un comandante di carri di andare ad intercettare i carri tedeschi e che se fosse tornato l'avrebbe ucciso lui stesso. :eekk:

quando la moglie gli raccontò che la nave su cui si sarebbero dovuti inbracare ma che persero (un mercantile polacco) venne affondato dai tedeschi disse qualcosa tipo "bene, ci vediamo dopo"

proprio buono buono non doveva essere...:D

parax
03-03-2004, 15:26
Un esaltato che credeva fermamente nelle grandeur de la france, è lui che l'ha fatta diventare una potenza nucleare, snobbando sia gli americani che la NATO, comunque i francesi tutti devono molto a lui, dal balzo sul carro dei vincitori al realtivo mantenimento di tutto l'impero coloniale francese dopo la guerra, una delle mosse migliori fu quella di riuscire a fare lo sbarco in Normandia assieme agli alleati da pari a pari, inoltre non solo ottenne la pienissima autonomia politico-economica della francia sin da subito ma riuscì addirittura a farsi assegnare la sua bella zona d'occupazione in Germania. Ha cancellato la repubblica di Vichy dalla mente degli alleati come se fosse solo un incubo mai accaduto.

ni.jo
03-03-2004, 15:50
Originariamente inviato da parax
Un esaltato che credeva fermamente nelle grandeur de la france, è lui che l'ha fatta diventare una potenza nucleare, snobbando sia gli americani che la NATO, comunque i francesi tutti devono molto a lui, dal balzo sul carro dei vincitori al realtivo mantenimento di tutto l'impero coloniale francese dopo la guerra, una delle mosse migliori fu quella di riuscire a fare lo sbarco in Normandia assieme agli alleati da pari a pari, inoltre non solo ottenne la pienissima autonomia politico-economica della francia sin da subito ma riuscì addirittura a farsi assegnare la sua bella zona d'occupazione in Germania. Ha cancellato la repubblica di Vichy dalla mente degli alleati come se fosse solo un incubo mai accaduto.

...ma ha anche fatto in modo che successivamente la francia abbandonasse un pò di colonie, e venne odiato dai colonialisti...
(questa è una provocazione - richiamo per fabio....ehehehheheh :Perfido: )

thotgor
03-03-2004, 15:53
beh, io prima ci metterei Napoleone I e III , Tayllerand. ;)

ni.jo
03-03-2004, 16:02
Originariamente inviato da thotgor
beh, io prima ci metterei Napoleone I e III , Tayllerand. ;)
si ma io stò a legge 'a biografia de De Gaulle, mica de Napoleone I...:muro: :D :mc:


cmq questo aveva tanta di quella stortaggine che nè ha fatto un personaggio mooolto controverso....:D

ni.jo
03-03-2004, 16:08
beh ripensandoci anche Talleyrand era un bel tipino, ma apriti un 3d tuo se vuoi parlarne :D :rotfl:

Adric
03-03-2004, 16:09
Tra Usa e Francia non era solo una questione di Nato
Al governo francese non ando' giu' l'intromissione della CIA in Algeria nel 1962 e l'ingerenza Usa in Indocina.
In particolare De Gaulle e Lyndon Johnson non si sopportavano.

Contro De Gaulle ci furono almeno 30 attentati, tutti sventati.

Nell'elenco dei francesi famosi degli anni 60 Alain Delon, Francois Truffaut e Jean Claude Killy non sono da meno :p

ni.jo
03-03-2004, 16:20
Originariamente inviato da Adric
Tra Usa e Francia non era solo una questione di Nato
Al governo francese non ando' giu' l'intromissione della CIA in Algeria nel 1962 e l'ingerenza Usa in Indocina.
In particolare De Gaulle e Lyndon Johnson non si sopportavano.

Contro De Gaulle ci furono almeno 30 attentati, tutti sventati.

Nell'elenco dei francesi famosi degli anni 60 Alain Delon, Francois Truffaut e Jean Claude Killy non sono da meno :p
... ma mica gli hanno intitolato un aereoporto! :sofico:
...allora io ci metto juliette binoche :oink: e edit piaf , non saranno dei pieni '60 ma una è bellissima e l'altra cantava divinamente.:D

cmq, chissà allora cosa pensava di Nixon e sopratutto di Kissinger, che gli confessò come nel 1968 lo staff di Richard Nixon fece di tutto per far fallire i negoziati di Parigi, che l'odiato L. B. Johnson aveva aperto con il Vietnam del Nord e con i vietcong.
Christopher Hitchens, The Trial of Henry Kissinger)
I contatti tra il candidato repubblicano e l'ambasciatore di Hanoi a Parigi erano resi possibili dalle informazioni sui negoziati ottenute attraverso una talpa insospettabile (che apertamente mostrava il più grande disprezzo per Nixon) e cioè Henry Kissinger, allora protegé del repubblicano liberal Nelson Rockfeller.
Una volta fatti fallire i negoziati, con Nixon presidente, Kissinger riprese con ancor più furore guerra e bombardamenti.
Quando Charles de Gaulle gli chiese perché, l'allora consigliere nazionale alla difesa rispose che una pace avrebbe fatto perdere credibilità agli Stati uniti: ovvero, in soldoni, che avrebbe rischiato di far perdere la rielezione a Nixon, e in effetti l'arresto definitivo dei bombardamenti si ebbe solo nel tardo 1972

ni.jo
03-03-2004, 16:57
azz, neanche toccandogli gli states.

fabio, sei raffreddato?:D

Adric, non sono ancora arrivato ai 30 attentati: erano tutti colonialisti (avevano formato una "casinista" formazione terroristica se non erro) o cosa?

Adric
03-03-2004, 17:02
Originariamente inviato da ni.jo
non sono ancora arrivato ai 30 attentati: erano tutti colonialisti (avevano formato una "casinista" formazione terroristica se non erro) o cosa?
Veramente neanche io ci sono ancora arrivato
Fonte: William Blum; il libro nero degli Stati Uniti
è un libro di 900 pagine... se avessi tempo per leggerlo... :(

GioFX
03-03-2004, 17:11
Originariamente inviato da Adric
Fonte: William Blum; il libro nero degli Stati Uniti
è un libro di 900 pagine... se avessi tempo per leggerlo... :(

è vero, l'ho visto da Feltrinelli, assime al Libro nero della Prima Repubblica (:D)... mi sa che lo prendo, quantomeno per metterlo vicino al libro nero del comunismo tanto amato dal berlusca... :p

ni.jo
03-03-2004, 17:14
Originariamente inviato da GioFX
è vero, l'ho visto da Feltrinelli, assime al Libro nero della Prima Repubblica (:D)... mi sa che lo prendo, quantomeno per metterlo vicino al libro nero del comunismo tanto amato dal berlusca... :p

e ti ascolti il black album dei metallica mentre osservi la composizione? :D

p.s. c'è un libro nero della prima repubblica?? e chi han nominato per fare numero, seveso e vajont? :mbe:

GioFX
03-03-2004, 18:37
Originariamente inviato da ni.jo
c'è un libro nero della prima repubblica?? e chi han nominato per fare numero, seveso e vajont? :mbe:

no, bastano i favori di Craxi a Sua Emittenza per riempire il libro, mi sa... :D

ni.jo
04-03-2004, 10:35
da"il riformista"
RECENSIRE 1. QUAGLIARIELLO SU DE GAULLE: DOPO DI LUI NON CI FU IL DILUVIO
Il gollismo sopravvisse grazie a un delfino
Scegliendo Pompidou il generale regalò lunga vita al suo movimento. Una lezione che Berlusconi ignora

Il gollismo? Comincia con Georges Pompidou. L'ipotesi può sembrare paradossale. Possibile che un movimento politico anomalo, singolare, basato sul carisma del leader, privo di strutture partitiche tradizionali, privo persino di ideologia, se non alcuni valori guida e l'idea quasi salvifica di nazione, insomma, una forma la cui sostanza si identifica con il suo capo, il generale Charles de Gaulle, possa essere definito dal delfino? Eppure, per molti aspetti è proprio così. Ed è la conclusione alla quale conduce il volume di Gaetano Quagliariello, (De Gaulle e il gollismo, il Mulino) un'opera di oltre 800 pagine, una delle più complete su un fenomeno politico tra i più originali dei nostri tempi.
Se il gollismo in Francia esiste ancora e governa, a 34 anni dalla scomparsa del suo fondatore, è grazie al fatto che de Gaulle scelse per tempo il successore e lo scelse bene, non tra compagnons de la liberation, ma in un uomo con grandi esperienze prepolitiche (Pompidou si era fatto le ossa alla corte dei banchieri Rotschild), e nello stesso tempo con una grande senso della politica e delle istituzioni. Fu lui, in fondo, che ripescò la Francia dopo la rottura del maggio '68, lui che impostò non una reazione del sistema, ma una risposta riformista, recuperando anche alcune delle spinte propulsive dei gauchiste e soprattutto trattando con i sindacati e con le imprese. La grande modernizzazione è cominciata allora e continua, con alti e bassi, fino ad oggi. «Pompidou - scrive Quagliariello - prese atto con realismo della necessità di tener conto degli effetti maggioritari provocati dalle istituzioni della V Repubblica…fin dal 1965 l'azione di Pompidou si pose l'obiettivo di far accettare al movimento le conseguenze politiche delle riforme golliste. Egli comprese che era necessario acquisire questa consapevolezza e tradurla in atti concreti, affinché il gollismo potesse sopravvivere al Generale». Nacque così una nuova destra in Francia, dalle «tre destre» (come le ha chiamate lo storico René Remond) che si sono avvicendate nel secolo precedente: gli ultras della controrivoluzione, i liberali conservatori frutto dell'orleanismo e il bonapartismo. Non solo.
La V Repubblica ha garantito una alternanza senza fratture, cosa mai avvenuta prima in Francia, dove pressoché ogni cambio di equilibri politici ha coinciso con una rottura rivoluzionaria o istituzionale. François Mitterrand, che aveva denunciato come «colpo di stato permanente» la svolta gollista, una volta diventato presidente, nel 1981, si è comportato come un «gollista di sinistra».
Il pensiero non può non correre all'Italia della seconda repubblica, a un movimento conservatore anch'esso peculiare e leaderistico, come la Forza Italia di Silvio Berlusconi. E alle convulsioni politiche e istituzionali che attraversa. Il centrodestra cerca un delfino. E l'Italia, in fondo, sta cercando anch'essa un Pompidou.
«Gli scritti dedicati al gollismo possono riempire una biblioteca intera». Gaetano Quagliariello quasi si schermisce in apertura del primo capitolo. Il suo volume vale la pena di aggiungersi alla intera biblioteca, non solo perché analizza un fenomeno politico in qualche modo ancora da spiegare nella sua complessità, ma perché sfata o ridimensiona alcuni luoghi comuni. Per esempio il mito della «grandeur» che gli stessi seguaci gollisti hanno cercato di rinverdire (per ultimo Jacques Chirac). Il generale era un nazionalista, questo è noto. Le stesse ideologie erano per lui «sovrastrutture, paraventi dietro i quali si celavano interessi ed ambizioni nazionali». Il comunismo, ad esempio, era impregnato fortemente del nazionalismo russo (quanto meno con la vittoria di Stalin) e «dietro l'avvento al potere di Hitler c'era la voglia di riscatto di tutto un popolo». Ma quello di Charles de Gaulle era «un nazionalismo cosmopolita» che ne faceva un realista in politica estera. «Egli sapeva bene che dopo i due conflitti mondiali la Francia non poteva più ambire ad essere una superpotenza».
La stessa universalità dell'idea di nazione «che trovava la sua tradizione in uno scenario internazionale multipolare fondato sulla centralità dello Stato nazione, finiva con l'accorciare le distanze tra i più potenti e più deboli». La sua critica al colonialismo è basata sulla convinzione «che la spinta verso l'indipendenza nazionale costituisse una dinamica storica irrefrenabile». Quando torna al potere nel 1958, come salvatore dell'onore francese, per la terza volta (dopo il 18 giugno 1940 e il suo appello alla resistenza e dopo il 1947), legittima l'uscita dall'Algeria in questo fermissimo credo, una dei pochi veri principi universali della sua politica, che per il resto è pragmatica e concreta.
Come nella travagliata relazione con gli Stati Uniti. Il generale de Gaulle è filoamericano finché la Casa Bianca non sceglie di puntare sulla Terza forza moderata che avrebbe meglio garantito il rapporto con i sindacati, chiave di volta per il successo del piano Marshall. E' anticomunista, tanto che il successo dell'Rpf, la prima formazione politica gollista, avviene proprio per «fermare il comunismo» e contrastare il Pcf. Ma è convinto che la Francia debba trattare con l'Unione sovietica, anche autonomamente. E lui stesso non smette mai di considerare il partito comunista un interlocutore all'insegna della comune lealtà repubblicana.
Il generale è un politico anomalo (e questo è forse il suo aspetto più moderno). Ma non pratica l'anti-politica. Odia il partitismo e non ama i partiti. Ma costruisce una formazione politica che gli sopravviverà. Punta sempre a un cambiamento delle istituzioni, talvolta le forza, ma non opera fuori dalle istituzioni. Crede che l'unica fonte di legittimità democratica sia la sovranità popolare, tanto che per lui i referendum sono uno strumento superiore alle leggi parlamentari. E' convinto che la forma di governo migliore sia una «monarchia repubblicana», di qui la scelta presidenzialista. Lo stesso carisma che sarà la vera forza del generale è basato su un primo gran rifiuto, quello del 18 giugno 1940, e sugli altri rifiuti che de Gaulle seppe opporre quando la situazione politica non gli era più favorevole. Gli abbandoni, i silenzi, le assenze spesso contarono più delle sue presenze, persino nei drammatici giorni del maggio '68. Ma se il gollismo esiste ancora senza de Gaulle e con un personaggio a lui lontanissimo come Jacques Chirac, si deve al fatto che il generale, sia pur quando ne è stato tentato, non ha mai osato pronunciare la fatidica frase di Luigi XV: Après moi, le déluge.

CONFITEOR
07-03-2006, 17:44
L’ULTIMO MONARCA SOCIALISTA

François Mitterrand (Mitterand, nella solita errata grafia italiana) nasce nel sud ovest della Francia, nella cittadina di Jarnac, il 26 ottobre 1916, durante la battaglia di Verdun, una delle più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. In questa piccola località della provincia profonda della Francia frequenta scuole cattoliche e inizia la sua attività politica nella Croix de feu (Croce di Fuoco), organizzazione della destra francese antitedesca, ma non antisemita.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è nell’esercito francese e viene catturato dai tedeschi e deportato in Germania da dove tenterà di fuggire, senza risultati, un paio di volte: solo al terzo tentativo riesce a raggiungere Parigi dove diventerà un ufficiale del governo collaborazionista di Vichy fondato e guidato dal Maresciallo Pètain. Sono questi anni oscuri della biografia del futuro presidente socialista, durante i quali matura una rapida conversione verso gli ideali della sinistra repubblicana e socialista.

A partire dal 1942, dopo un incontro con il generale Charles De Gaulle, entra a far parte delle fila della Resistenza francese, come testimoniato dallo stesso generale. Nel 1943 è a capo di una rete spionistica in supporto logistico ai partigiani e comincia ad organizzare una fitta ragnatela di rapporti all’interno della pubblica amministrazione con il fine di organizzare gli organi burocratici e periferici della Francia in vista della quasi imminente liberazione assicurando la fiducia di funzionari, burocrati e prefetti alla nuova repubblica francese, la Quarta della storia del paese transalpino, di cui sarà uno dei più importanti esponenti politici alla guida di un piccolo partito radicalsocialista, l’Union democratique et socialiste de la Resistence (Unione democratica e socialista della Resistenza, Udgr), e ricoprendo importanti incarichi di governo.

Nel 1947, a soli 31 anni, è il più giovane ministro di Francia avendo assunto il dicastero per gli affari dei reduci nei governi del socialista Paul Ramadier (Sfio) e del democristiano Robert Schuman (Mrp). Nel 1957, durante gli infuocati giorni della tensione con l’Algeria, ricopre la carica di Ministro degli Interni nel gabinetto guidato dal radicale Pierre Mendes-France (pronuncerà in questo ruolo la fatidica frase “Il solo negoziato possibile è la guerra, – che chiamerà semplicemente les evenements – poiché l’Algeria è Francia).

Nel successivo governo guidato dal socialista Guy Mollet (Sfio) sarà Ministro di Grazia e Giustizia e, pur continuando ad opporsi alla separazione della Francia dall’Algeria, combatterà ogni violazione dei diritti umani perpetuata nel paese africano dalle autorità civili e militari francesi.
Il perpetuarsi della crisi algerina e l’aggravarsi della situazione interna conducono alla fine della Quarta Repubblica ed all’avvento al governo dl Generale Charles de Gaulle che, ottenuti i pieni poteri per 6 mesi (misura votata dal Parlamento con l’opposizione dei soli comunisti e di pochi altri deputati radicali e socialisti tra cui lo stesso Mitterrand) e una volta concessa l’indipendenza all’ex colonia, riformerà dalle fondamenta lo stato francese in senso presidenzialista: nasce la Quinta Repubblica francese di cui Mitterand sarà fortemente avverso, tanto da definirla con lo sprezzante epiteto di “colpo di stato permanete”.

L’avvento al potere di de Gaulle mettono in secondo piano la figura di Mitterrand che diventerà strenuo avversario del generale tanto da sfidarlo nelle prime elezioni presidenziali a suffragio popolare diretto del 1965 come candidato delle sinistre. Contrariamente a tutte le previsioni ottiene un ottimo risultato: costringe de Gaulle ad un imprevisto ballottaggio nel quale, seppur sconfitto, ne esce avendo ottenuto un ragguardevole 45 % dei voti. Dalla sconfitta elettorale impara una lezione fondamentale: la sinistra francese, se vuole sconfiggere de Gaulle e il suo partito, deve riorganizzarsi in un solo partito della sinistra non comunista e collaborare con lo steso Partito Comunista Francese cercando, però, di subentrargli nell’egemonia e nella guida dell’intera area progressista francese.

Tale opinione si rafforza dopo il ’68, il famoso Maggio francese, tanto da condurlo nel 1971 alla fondazione di una nuova unica ed unitaria formazione partitica della sinistra francese, il Parti Socialiste (Partito Socialista, Ps) che, nato dalle ceneri della vecchia Sfio, con l’innesto di elementi tradizionalmente socialisti, radicali e repubblicani (come il Psu di Rocard, il Ucgr di Savary e l’Ucgs di Poperan) e nuovi innesti di origine cristiano-sociale (come il futuro Ministro delle Finanze e Presidente dell’Unione Europea Jacques Delors), in un decennio condurrà François Mitterrand alla conquista della più alta e importante tappa della sua già lodevole carriera politica, la conquista dell’Eliseo e con essa della Presidenza della Repubblica francese.

La massima carica della Francia repubblicana, che gli era sfuggita nel 1965 contro de Gaulle e nel 1974 (e per soli 212.300 voti!) contro il candidato di centro-destra Valery Giscard d’Estaign, viene conquistata nel 1981 nel ballottaggio contro il presidente uscente Giscard d’Estaign. Una volta insediatosi all’Eliseo Mitterrand avviò una politica di nazionalizzazioni in settori chiave dell’economia e di riforme a favore dei diritti sociali (riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e aumento del numero di giorni di ferie pagate) e civili (abolizione della pena di morte), ma le elezioni politiche del 1986 riportarono al governo una coalizione di centrodestra guidata da Chirac. Seguì il periodo detto della “coabitazione”, per la contemporanea presenza all’Eliseo di un socialista e al governo di un conservatore: Mitterrand non perse occasione per opporsi e ostacolare l’azione di questo governo di cui non condivideva la linea politica.

Le elezioni presidenziali del 1988 confermarono Mitterrand e costrinsero alle dimissioni Chirac (che, candidatosi contro il presidente uscente viene da questo sconfitto con il 54 % dei voti) che fu sostituito dal socialista Michel Rocard, cui nel 1991 è succeduta Edith Cresson.

Dopo 14 anni di Presidenza della Repubblica Mitterrand viene sostituito nel 1995 proprio da neogollista Jacques Chirach e muore dopo una lunga malattia lunedì 8 gennaio 1996.

Si può legittimamente affermare che la Francia in questo dopoguerra sia stata rappresentata da De Gaulle e Mitterrand, rappresentanti di due diverse concezioni della stessa “idea della Francia”, la grandeur, secondo cui il bene della Nazione corrisponde al bene assoluto. Per il generale tale grandeur corrispondeva alla tradizione conservatrice e bonapartistica della forza militare della Francia per cui era inevitabile una superiorità francese - a dimensione elitaria- non solo nei confronti delle altre potenze europee, in concorrenza chiara con la Germania, ma pari agli Stati Uniti d’America. Per il Presidente socialista, invece (pur in seguito condivisa la visione di De Gaulle) la grandezza della Francia discendeva direttamente dal mito rivoluzionario del 1789, dall’Illuminismo, da Voltaire e da Rousseau: la Francia sarebbe stata tanto più grande, quanto più grandi e più liberi sarebbero stati i francesi.

Degno erede dei giacobini e del Fronte Popolare di Léon Blum, Mitterrand seppe, tra molte contraddizioni e lati oscuri, rappresentare al meglio quella tradizione secondo cui “la Francia ha condannato gli uomini a vivere liberi”.
Ultimo monarca repubblicano, ultimo re rosso, Mitterrand è stato uno degli uomini più illustri e più importanti del secolo non solo per la Francia, ma anche per la democrazia e per la sinistra internazionale. Ha detto Giorgio Napolitano “Nella storia francese della seconda metà del secolo, la sua figura giganteggia accanto a quella di Charles De Gaulle. Alla sinistra egli ha dato l’esempio e l’apporto di una tenacia irriducibile nel perseguire e costruire la vittoria, l’insediamento al vertice dello stato, nel cuore dell’Europa. Senza di lui non sarebbe progredita, in una fase cruciale, l’unione europea.”.