jumpermax
10-02-2004, 00:08
Il governo si prepara e mettere mano allo status giuridico dei professori universitari con questa nuova legge delega http://www.istruzione.it/news/2004/sddocenti.shtml che sta scatenando davvero un putiferio nelle università: il nodo della questione? viene eliminata la figura del ricercatore e sostituita con un contratto di collaborazione continuativa (CO.CO.CO... ma non erano stati aboliti? ) di 5 anni rinnovabili per altri 5. Di fatto dopo 3 anni di dottorato, altri 10 anni di totale precariato.
http://www.mariecurie.org/index.php?frame2=/science/ecref2.htm
)IL DDL Moratti
Ultimamente, il Ministero dell'Istruzione ha presentato una bozza
di disegno di legge sul riordino concernente: "Riordino dello
stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari e
istituzione del consiglio superiore dell'istruzione e della
scienza"
Alcuni dei punti salienti di tale decreto sono:
- abolizione della figura del ricercatore con sostituzione
di contratti cococo 5+5
- introduzione di una abilitazione nazionale per i livelli
di associato e di ordinario con successiva valutazione
o procedura di selezione locale e chiamata su un contratto e
tempo determinato della durata di 3+3 anni. Entro tale
periodo le universita', sulla base di una valutazione di merito
secondo modalita' e criteri definiti dall'universita' stessa, possono
nominare in ruolo il medesimo docente ovvero docenti titolari
di incarico presso altri atenei.
-e' abolita la distinzione tra tempo pieno e definito per i docenti
universitari nonche' l'incompatibilita'con lo svolgimento di attivita'
professionali e di consulenza esterna
-e' aumentato il carico didattico.
5) Contraddizione tra DDL Moratti e direzioni europee
Da quanto discusso sopra non e' chiaro in che misura
il nuovo sistema sia in linea con gli orientamenti dell'U.E
Rimangono aperti, non risolti e disattesi i seguenti
punti nodali:
- Non si affronta il tema rilevante e cioe' quello
del doveroso e necessario drastico aumento delle
risorse messe a disposizione della ricerca e dell'universita',
sia dal punto di vista di posti di ricerca sia dal punto di vista
del trattamento economico (che va uniformato alla media europea)
- Non si affronta il punto nodale di rendere piu' attraente la
carriera del ricercatore limitando i periodi a tempo determinato
ed inserendoli in un progetto di carriera e ponendo grande attenzioni
alle condizioni di lavoro del ricercatore. In particolare:\par
1) l'eliminazione del ruolo di ricercatore nella attuale situazione
italiana e senza un congruo e notevole aumento
delle risorse e dei posti nella ricerca, non puo` che peggiorare
lo stato delle cose. E' probabile che il momento dell'entrata
in ruolo si spostera`
ulteriormente. Infatti, l'eta` media dei vincitori di concorso per
professore associato dal 1999 al 2002 si situa intorno ai 40 anni
(CNVSU, Quarto Rapporto sullo stato del Sistema Universitario, Sezione 7,
22 luglio 2003). Notasi: la media e' su tutta l'universita'!
Per alcuni campi di ricerca la media si sposta notevolmente piu'
in la'.
2) La sostituzione del posto di ricercatore con cococo (si veda
Appendice) e' contraria alle indicazioni UE.
Le posizione a tempo determinato infatti possono esistere
(sono i postdoc che esistono in tutti i paesi! E gia' esistono
in Italia sotto forma di assegni di ricerca) ma devono
essere trattate con adeguate garanzie previdenziali e
assistenziali (devono essere contratti di lavoro dipendente
a termine) e devono sfociare ad una eta' non troppo avanzata
o su posizioni accademiche piu' stabili (tenure track o
entrata in ruolo con prova) e su opportunita' di altre
soluzioni lavorative fuori dall'accademia
(il che appare estremamente difficile
nella situazione italiana [6] in cui gia' l'industria tende a non
assumere dottori di ricerca (e sara' ancora piu' difficile dopo
il ddl Moratti dove le posizioni di ricerca in universita'
vengono svalutate a cococo, che l'industria
stessa non usa per i suoi impiegati).
3) La progressione di carriera sembra essere resa confusa, in un
sistema che non sembra avere regole chiare. Il professore associato
e il professore ordinario, che in tutti i paesi
hanno la dignita'e la sicurezza di una posizione
permanente, vengono accomodati su contratti
di 3+3 anni che nella formulazione forse piu' pessimistica
del ddl potrebbero essere addirittura non tenure track
(cioe' dopo 3 o dopo 6 anni potrebbe non esserci
la posizione permanente da ricoprire o la posizione
potrebbe essere data ad un altro candidato). Notiamo qui
che sia il sistema universitario americano che
quelli europei sono differenti dalla proposta
abbozzata in questo ddl.
4) In questa incertezza e casualita' della carriera del ricercatore,
come prospettato nel ddl, e in mancanza di valide opportunita'
al di fuori dell'accademia, si prospetta la realizzazione
di un ulteriore spreco dei ricercatori che pure l'Italia
sa formare a notevoli livelli di eccellenza. E' manifesta
e chiara incompetenza economica investire nella
formazione dei ricercatori (che e' un investimento sociale
oneroso) e poi non sapere fornire a tali ricercatori
delle collocazioni lavorative adeguate nelle quali
possano usare le loro capacita' per beneficare
la nostra societa'. Cio' e' ortogonale
alle direzioni EC che si preoccupano di utilizzare
e recuperare tutte le risorse umane per raggiungere il target
dei 700000 nuovi ricercatori attivi entro il 2010.
5) Si sprecano risorse preziose nel momento in cui si
ingessano le capacita' del ricercatore in un continuo
precariato in tutti i livelli della carriera. Si mancano
cosi' gli obiettivi di favorire l'autonomia scientifica
e la originalita' della ricerca che soli portano a
concreti avanzamenti nella scienza.
6) Si apprezza molto l'intendimento dichiarato nel ddl
di voler attuare una selezione strettamente meritocratica, questo
e' infatti in perfetta linea con le direttive europee e con
l'eccellenza che in ricerca deve essere ed e' l'unico criterio.
Tuttavia la procedura delineata qui con una abilitazione
nazionale ed un successiva procedura di valutazione locale
e successiva chiamata in un ateneo e procedura di conferma
o non conferma in ruolo in tale ateneo senza criteri
chiari e stabiliti per tale conferma e SOPRATUTTO in assenza
di un chiaro, affidabile, moderno e snello sistema di valutazione
dell'attivita' di ricerca scientifica dei vari dipartimenti
non convince. Nei casi peggiori potrebbe non raggiungere
l'obiettivo della selezione meritocratica.
7)un aumento indiscriminato del carico didattico potrebbe
deprimere ulteriormente la ricerca universitaria.
- L'abolizione tra tempo pieno e definito e la rimozione
del divieto di accumulare un numero qualunque di impegni
e posizioni, puo' giovare a chi si dedica ampiamente alle
consulenze e alla libera professione, ma non giova sicuramente
alla ricerca e ai ricercatori che, ricordo, non hanno ne' possono avere
libera professione.
Ricordiamo che sono il reale avanzamento
nella ricerca e le competenze dei
ricercatori il patrimonio su cui sono basati
il progresso e il benessere economico di una societa'
avanzata.
Nello scenario peggiore o piu' pessimistico si prospetta una
situazione che e' in
opposizione a tutte le comunicazioni UE menzionate sopra:
una universita' frequentata solo per le lezioni e vuota per il resto,
in cui una parte dei docenti si appiattira' su ruoli
da scuola media superiore e il resto passera' all'estero
la buona parte dell'anno per fare ricerca. I professori a contratto
potranno gestire una buona parte della didattica.
La carriera del ricercatore potrebbe essere affossata
in questo scenario
(la retribuzione finanziaria e le soddisfazioni di carriera
saranno legati ad incarichi esterni -cosa possibile
per chi esercita la professione ma NON per i ricercatori).
E il settore di ricerca che e' la parte piu' rilevante e strategica
di un paese moderno potrebbe esserne ucciso.
Tutto cio' avra' preoccupanti ricadute sul futuro economico dell'Italia.
In questo scenario le universita' anziche' centri del sapere e
parti strategiche nella evoluzione economica e sociale di un paese
potrebbero quindi diventare istituzioni prive di ruolo e di scopo,
in contrapposizione con la direzione UE.
- Opportunita' per le carriere dei giovani.
preoccupa che abolendo la terza fascia di fatto, in questo
regime transitorio, le prossime tornate di concorsi per
l'idoneita' siano naturalmente dominate dagli attuali ricercatori,
consegnando probabilmente un'intera generazione al precariato. Oppure
preparando la strada per l'ennesima sanatoria o ope legis
(nulla di piu' nefasto per la ricerca che si fonda sul principio
di eccellenza, in linea con tutte le direttive UE).
- Valutazione
Nessuna seria riforma del sistema universitario puo' prescindere
dalla costruzione di un meccanismo di valutazione nazionale e
locale della qualita' della ricerca e della didattica, in cui
l'assegnazione della maggior parte dei fondi di ricerca dipende
strettamente dal risultato di tale valutazione. Questo meccanismo
e' presente, in varie forme, in tutti i paesi scientificamente
avanzati ed e' l'unico in grado di garantire una selezione del
personale di ricerca basata sul merito.
Tutto questo nel ddl e' quasi assente. In
particolare, non si fa accenno a criteri di qualita` per il
reclutamento dei giovani ricercatori e per la valutazione del
loro operato.
*RIASSUNTO*:
Il ddl Moratti cosi' come si presenta ora, unitamente al fatto
che in Italia gli stipendi per il personale di ricerca e in particolare
il personale di ricerca non di ruolo sono tra i piu` esigui
dell'Unione Europea, e le opportunita' di lavoro per persone formate nella
ricerca sono estremamente esigue e inversamente proporzionali al livello
di qualificazione apre propspettive preoccupanti per tutto il settore di ricerca.
Questo ddl scoraggera' ulteriormente
i giovani ad intraprendere la carriera della ricerca e indurra'
molti di essi a cercare condizioni piu` dignitose
all'estero o in carriere piu' remunerative, alimentando il fenomeno dei
"Cervelli in fuga" o fuori dalla ricerca. Si pregiudichera` in maniera
preoccupante il ricambio generazionale negli atenei, ponendo le
basi per un deciso depauperamento delle risorse umane universitarie.
*Raccomandazioni*:
Deciso aumento delle risorse (finanziarie ed umane), valutazione
chiara, decisa e trasparente dei dipartimenti e della loro attivita'
di ricerca, opportunita' al merito e alle capacita', una carriera
in grado di attrarre, mantenere e dare soddisfazione ai ricercatori
di talento, l'eccellenza scientifica come principio di ogni scelta:
questi sono i fattori chiave da implementare in una riforma e di
questi non si vede al momento corrispondenza nel presente ddl.
Se questi punti verranno implementati nel ddl, in maniera concreta
e in linea con tutte le direttive citate,
allora il sistema di ricerca e di universita' italiano potra'
sopravvivere e fiorire e questo comportera' la sopravvivenza e lo
sviluppo economico del nostro paese.
Una riforma del sistema universitario italiano e' sicuramente necessaria,
proprio perche' esso appare essere sottodimensionato, sottopagato,
sottoconsiderato, sottoimpiegato e privato delle opportunita'
che sono concesse ai sistemi universitari e di ricerca degli altri
paesi e che contribuiscono alla fine a costruire il benessere
economico di tali paesi.
La riforma pero' deve essere in linea con le direzioni UE (che
sono essenzialmente manifestazioni di capacita' e preveggenza economica)
nei modi e nelle maniere concrete qui prospettate.
http://www.galileonet.it/archiviop/magazine.asp?id=5261&versione=PRINT
http://www.mariecurie.org/index.php?frame2=/science/ecref2.htm
)IL DDL Moratti
Ultimamente, il Ministero dell'Istruzione ha presentato una bozza
di disegno di legge sul riordino concernente: "Riordino dello
stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari e
istituzione del consiglio superiore dell'istruzione e della
scienza"
Alcuni dei punti salienti di tale decreto sono:
- abolizione della figura del ricercatore con sostituzione
di contratti cococo 5+5
- introduzione di una abilitazione nazionale per i livelli
di associato e di ordinario con successiva valutazione
o procedura di selezione locale e chiamata su un contratto e
tempo determinato della durata di 3+3 anni. Entro tale
periodo le universita', sulla base di una valutazione di merito
secondo modalita' e criteri definiti dall'universita' stessa, possono
nominare in ruolo il medesimo docente ovvero docenti titolari
di incarico presso altri atenei.
-e' abolita la distinzione tra tempo pieno e definito per i docenti
universitari nonche' l'incompatibilita'con lo svolgimento di attivita'
professionali e di consulenza esterna
-e' aumentato il carico didattico.
5) Contraddizione tra DDL Moratti e direzioni europee
Da quanto discusso sopra non e' chiaro in che misura
il nuovo sistema sia in linea con gli orientamenti dell'U.E
Rimangono aperti, non risolti e disattesi i seguenti
punti nodali:
- Non si affronta il tema rilevante e cioe' quello
del doveroso e necessario drastico aumento delle
risorse messe a disposizione della ricerca e dell'universita',
sia dal punto di vista di posti di ricerca sia dal punto di vista
del trattamento economico (che va uniformato alla media europea)
- Non si affronta il punto nodale di rendere piu' attraente la
carriera del ricercatore limitando i periodi a tempo determinato
ed inserendoli in un progetto di carriera e ponendo grande attenzioni
alle condizioni di lavoro del ricercatore. In particolare:\par
1) l'eliminazione del ruolo di ricercatore nella attuale situazione
italiana e senza un congruo e notevole aumento
delle risorse e dei posti nella ricerca, non puo` che peggiorare
lo stato delle cose. E' probabile che il momento dell'entrata
in ruolo si spostera`
ulteriormente. Infatti, l'eta` media dei vincitori di concorso per
professore associato dal 1999 al 2002 si situa intorno ai 40 anni
(CNVSU, Quarto Rapporto sullo stato del Sistema Universitario, Sezione 7,
22 luglio 2003). Notasi: la media e' su tutta l'universita'!
Per alcuni campi di ricerca la media si sposta notevolmente piu'
in la'.
2) La sostituzione del posto di ricercatore con cococo (si veda
Appendice) e' contraria alle indicazioni UE.
Le posizione a tempo determinato infatti possono esistere
(sono i postdoc che esistono in tutti i paesi! E gia' esistono
in Italia sotto forma di assegni di ricerca) ma devono
essere trattate con adeguate garanzie previdenziali e
assistenziali (devono essere contratti di lavoro dipendente
a termine) e devono sfociare ad una eta' non troppo avanzata
o su posizioni accademiche piu' stabili (tenure track o
entrata in ruolo con prova) e su opportunita' di altre
soluzioni lavorative fuori dall'accademia
(il che appare estremamente difficile
nella situazione italiana [6] in cui gia' l'industria tende a non
assumere dottori di ricerca (e sara' ancora piu' difficile dopo
il ddl Moratti dove le posizioni di ricerca in universita'
vengono svalutate a cococo, che l'industria
stessa non usa per i suoi impiegati).
3) La progressione di carriera sembra essere resa confusa, in un
sistema che non sembra avere regole chiare. Il professore associato
e il professore ordinario, che in tutti i paesi
hanno la dignita'e la sicurezza di una posizione
permanente, vengono accomodati su contratti
di 3+3 anni che nella formulazione forse piu' pessimistica
del ddl potrebbero essere addirittura non tenure track
(cioe' dopo 3 o dopo 6 anni potrebbe non esserci
la posizione permanente da ricoprire o la posizione
potrebbe essere data ad un altro candidato). Notiamo qui
che sia il sistema universitario americano che
quelli europei sono differenti dalla proposta
abbozzata in questo ddl.
4) In questa incertezza e casualita' della carriera del ricercatore,
come prospettato nel ddl, e in mancanza di valide opportunita'
al di fuori dell'accademia, si prospetta la realizzazione
di un ulteriore spreco dei ricercatori che pure l'Italia
sa formare a notevoli livelli di eccellenza. E' manifesta
e chiara incompetenza economica investire nella
formazione dei ricercatori (che e' un investimento sociale
oneroso) e poi non sapere fornire a tali ricercatori
delle collocazioni lavorative adeguate nelle quali
possano usare le loro capacita' per beneficare
la nostra societa'. Cio' e' ortogonale
alle direzioni EC che si preoccupano di utilizzare
e recuperare tutte le risorse umane per raggiungere il target
dei 700000 nuovi ricercatori attivi entro il 2010.
5) Si sprecano risorse preziose nel momento in cui si
ingessano le capacita' del ricercatore in un continuo
precariato in tutti i livelli della carriera. Si mancano
cosi' gli obiettivi di favorire l'autonomia scientifica
e la originalita' della ricerca che soli portano a
concreti avanzamenti nella scienza.
6) Si apprezza molto l'intendimento dichiarato nel ddl
di voler attuare una selezione strettamente meritocratica, questo
e' infatti in perfetta linea con le direttive europee e con
l'eccellenza che in ricerca deve essere ed e' l'unico criterio.
Tuttavia la procedura delineata qui con una abilitazione
nazionale ed un successiva procedura di valutazione locale
e successiva chiamata in un ateneo e procedura di conferma
o non conferma in ruolo in tale ateneo senza criteri
chiari e stabiliti per tale conferma e SOPRATUTTO in assenza
di un chiaro, affidabile, moderno e snello sistema di valutazione
dell'attivita' di ricerca scientifica dei vari dipartimenti
non convince. Nei casi peggiori potrebbe non raggiungere
l'obiettivo della selezione meritocratica.
7)un aumento indiscriminato del carico didattico potrebbe
deprimere ulteriormente la ricerca universitaria.
- L'abolizione tra tempo pieno e definito e la rimozione
del divieto di accumulare un numero qualunque di impegni
e posizioni, puo' giovare a chi si dedica ampiamente alle
consulenze e alla libera professione, ma non giova sicuramente
alla ricerca e ai ricercatori che, ricordo, non hanno ne' possono avere
libera professione.
Ricordiamo che sono il reale avanzamento
nella ricerca e le competenze dei
ricercatori il patrimonio su cui sono basati
il progresso e il benessere economico di una societa'
avanzata.
Nello scenario peggiore o piu' pessimistico si prospetta una
situazione che e' in
opposizione a tutte le comunicazioni UE menzionate sopra:
una universita' frequentata solo per le lezioni e vuota per il resto,
in cui una parte dei docenti si appiattira' su ruoli
da scuola media superiore e il resto passera' all'estero
la buona parte dell'anno per fare ricerca. I professori a contratto
potranno gestire una buona parte della didattica.
La carriera del ricercatore potrebbe essere affossata
in questo scenario
(la retribuzione finanziaria e le soddisfazioni di carriera
saranno legati ad incarichi esterni -cosa possibile
per chi esercita la professione ma NON per i ricercatori).
E il settore di ricerca che e' la parte piu' rilevante e strategica
di un paese moderno potrebbe esserne ucciso.
Tutto cio' avra' preoccupanti ricadute sul futuro economico dell'Italia.
In questo scenario le universita' anziche' centri del sapere e
parti strategiche nella evoluzione economica e sociale di un paese
potrebbero quindi diventare istituzioni prive di ruolo e di scopo,
in contrapposizione con la direzione UE.
- Opportunita' per le carriere dei giovani.
preoccupa che abolendo la terza fascia di fatto, in questo
regime transitorio, le prossime tornate di concorsi per
l'idoneita' siano naturalmente dominate dagli attuali ricercatori,
consegnando probabilmente un'intera generazione al precariato. Oppure
preparando la strada per l'ennesima sanatoria o ope legis
(nulla di piu' nefasto per la ricerca che si fonda sul principio
di eccellenza, in linea con tutte le direttive UE).
- Valutazione
Nessuna seria riforma del sistema universitario puo' prescindere
dalla costruzione di un meccanismo di valutazione nazionale e
locale della qualita' della ricerca e della didattica, in cui
l'assegnazione della maggior parte dei fondi di ricerca dipende
strettamente dal risultato di tale valutazione. Questo meccanismo
e' presente, in varie forme, in tutti i paesi scientificamente
avanzati ed e' l'unico in grado di garantire una selezione del
personale di ricerca basata sul merito.
Tutto questo nel ddl e' quasi assente. In
particolare, non si fa accenno a criteri di qualita` per il
reclutamento dei giovani ricercatori e per la valutazione del
loro operato.
*RIASSUNTO*:
Il ddl Moratti cosi' come si presenta ora, unitamente al fatto
che in Italia gli stipendi per il personale di ricerca e in particolare
il personale di ricerca non di ruolo sono tra i piu` esigui
dell'Unione Europea, e le opportunita' di lavoro per persone formate nella
ricerca sono estremamente esigue e inversamente proporzionali al livello
di qualificazione apre propspettive preoccupanti per tutto il settore di ricerca.
Questo ddl scoraggera' ulteriormente
i giovani ad intraprendere la carriera della ricerca e indurra'
molti di essi a cercare condizioni piu` dignitose
all'estero o in carriere piu' remunerative, alimentando il fenomeno dei
"Cervelli in fuga" o fuori dalla ricerca. Si pregiudichera` in maniera
preoccupante il ricambio generazionale negli atenei, ponendo le
basi per un deciso depauperamento delle risorse umane universitarie.
*Raccomandazioni*:
Deciso aumento delle risorse (finanziarie ed umane), valutazione
chiara, decisa e trasparente dei dipartimenti e della loro attivita'
di ricerca, opportunita' al merito e alle capacita', una carriera
in grado di attrarre, mantenere e dare soddisfazione ai ricercatori
di talento, l'eccellenza scientifica come principio di ogni scelta:
questi sono i fattori chiave da implementare in una riforma e di
questi non si vede al momento corrispondenza nel presente ddl.
Se questi punti verranno implementati nel ddl, in maniera concreta
e in linea con tutte le direttive citate,
allora il sistema di ricerca e di universita' italiano potra'
sopravvivere e fiorire e questo comportera' la sopravvivenza e lo
sviluppo economico del nostro paese.
Una riforma del sistema universitario italiano e' sicuramente necessaria,
proprio perche' esso appare essere sottodimensionato, sottopagato,
sottoconsiderato, sottoimpiegato e privato delle opportunita'
che sono concesse ai sistemi universitari e di ricerca degli altri
paesi e che contribuiscono alla fine a costruire il benessere
economico di tali paesi.
La riforma pero' deve essere in linea con le direzioni UE (che
sono essenzialmente manifestazioni di capacita' e preveggenza economica)
nei modi e nelle maniere concrete qui prospettate.
http://www.galileonet.it/archiviop/magazine.asp?id=5261&versione=PRINT