cerbert
09-12-2003, 10:01
Come dicono i mafiosi da film...
No all'intervento della SACE nella guerra in Iraq
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Le Ong denunciano l´accordo sciagurato che i governi occidentali
intendono
firmare domani a Roma in sostegno agli investimenti delle
multinazionali in
Iraq.
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Rete Lilliput, la Campagna per la riforma della Banca mondiale e la
Campagna Sdebitarsi e la si oppongono al piano del governo italiano e degli altri governi occidentali presenti in Iraq di autorizzare la copertura assicurativa pubblica delle proprie agenzie di credito all´esportazione agli investimenti occidentali in Iraq, fintantoché la guerra non sia finita e non venga costituito un governo legittimo con il sostegno della popolazione irachena.
Secondo quanto dichiarato in settimana dal ministro delle finanze
olandese, domani si riuniranno in gran segreto a Roma, alla presenza della Trade Bank of Iraq e dell´Autorità Provvisoria irachena, rappresentanti di agenzie di credito all´esportazione di numerosi paesi, a partire dalla Eximbank americana fino all´italiana SACE, per definire il quadro operativo per i propri impegni assicurativi in Iraq per i prossimi sei mesi a vantaggio delle multinazionali occidentali che intendono operare nel paese. Ben
500 milioni di dollari la copertura proposta dalla Eximbank, mentre lo
scorso 11 settembre 250 milioni di € sono già stati assegnati alla SACE dal CIPE.
"Di fronte ad un´assenza di prospettiva credibile per l´instaurazione
di un governo democratico in Iraq", ha dichiarato Antonio Tricarico,
coordinatore della Campagna per la riforma della Banca mondiale, "ed il trasferimento dei pieni poteri a questo, è vergognoso che i governi della `coalizione del volere´ si riuniscano in gran segreto a Roma per decidere come assicurare il business delle proprie multinazionali nel paese ancora in guerra. Questa
è una decisione soltanto politica, visto che in passato in analoghe
circostanze di conflitti militari le agenzie di credito
all´esportazione hanno sospeso tutti i loro interventi. Questa proposta di accordi getta un´ombra vergognosa sull´Italia, che, presidente di turno dell´UE, pensa più agli interessi del business proprio ed americano che alla pace.
I governi delle compagnie assicurate nei propri investimenti in Iraq
saranno comunque sicuri di recuperare eventuali indennizzi da pagare a queste, in quanto l´accordo prevederebbe che il Fondo di Sviluppo per l´Iraq, alimentato con i proventi del petrolio esportato e originariamente pensato per lo sviluppo della popolazione irachena, servirà per ripagare appunto i governi occidentali.
"Domani si siglerà l´accordo dell´ipocrisia", ha dichiarato Gualtiero
Via della Rete Lilliput, "Un´impresa petrolifera italiana che investe oggi in Iraq non solo sarà assicurata dallo stato ed i suoi profitti saranno da questo garantiti, ma lo stesso stato, non volendo rimetterci con eventuali indennizzi alle imprese, si arroga il diritto di farsi ripagare con i proventi dell´export petrolifero, realizzato dalle stesse compagnie, che almeno in parte dovrebbero rimanere in Iraq. Insomma, è finalmente chiaro che saranno le multinazionali a beneficiare del fondo di sviluppo iracheno e non gli iracheni: e questo passerà alla storia come l´accordo di Roma."
Tutto questo quando l´Iraq ha un debito di 127 miliardi di dollari
verso i paesi donatori, di cui circa 20 verso le stesse agenzie di credito all´esportazione dei paesi occidentali, ed in particolare almeno 1,3 miliardi di Euro verso la SACE. Inoltre, i 33 miliardi di dollari per la ricostruzione approvati alla conferenza dei donatori di Madrid lo scorso ottobre saranno concessi soltanto sotto forma di prestiti che il futuro governo iracheno dovrà ripagare.
"Questa è la ciliegina finale sulla torta per gli iracheni", ha
aggiunto Gino Barsella, coordinatore della Campagna Sdebitarsi. "Non solo si tentenna a cancellare il debito odioso di Saddam, ma si creano meccanismi per generare nuovo debito che dovrà essere ripagato in ogni caso direttamente dalla popolazione irachena, anche se non ha ancora un governo democratico. Chiediamo al parlamento italiano ed agli altri parlamenti nazionali di opporsi a questo piano sciagurato che condannerebbe gli iracheni alla schiavitù del debito per sempre".
Forse, chi non ha presenti i meccanismi dell'Assicurazione sugli Investimenti Esteri, capirà poco di quanto ci sia di vergognoso in questa manovra.
Cercherò, nelle mie limitate possibilità di aggiungere qualche nozione.
In Italia esiste un ente, a capitale pubblico, che si chiama SACE (Servizi Assicurativi Commercio Estero) il cui compito è, appunto, fornire servizi assicurativi per chi vuole creare commercio con determinate aree del mondo. I loro fondi di copertura assicurativa sono istituiti con decreti del CIPE (Comitato Interministeriale di Programmazione Economica) e stanziati tramite finanziaria o con decreti ad hoc che devono anche indicare le fonti di copertura (casualmente, capita spesso che queste fonti di copertura siano stanziamenti previsti per il fondo di cooperazione internazionale). La SACE poi stipula polizze con gli imprenditori quindi, parte della sua copertura finanziaria viene da queste polizze, vendute, tra l'altro anche da Banca Intesa in quasi totale esclusività (e già qui si cominciano a annusare pastette...).
Qui però si innestano alcune anomalie... infatti la polizza, al contrario di altre polizze, è quasi totalmente svincolata dal rischio imprenditoriale. Posso commerciare con, per dire l'Islanda, e la polizza potrebbe avere un costo analogo ad una a copertura del commercio col Congo. Questo accade perchè, secondo un meccanismo positivo, la SACE dovrebbe "stimolare" il commercio con l'estero... ma ecco che arriva la fregatura.
Come detto nell'articolo, infatti, in zone di guerra e altre zone "calde", la SACE non fornisce copertura in quanto il rischio è troppo altro, a meno che... a meno che un'autorità finanziaria del paese indicato non fornisca garanzie alla SACE di recuperare le indennità pagate.
In questo caso la SACE assicura, l'azienda investe e, se per malaugurato caso, un terrorista fa saltare l'oleodotto o anche le infrastrutture carenti del paese fanno andare in perdita il progetto, la SACE rimborsa l'imprenditore e l'autorità finanziaria del paese rimborserà la SACE.
Arriviamo quindi all'ultimo punto: esiste un'autorità finanziaria in Iraq. La risposta è: "ovviamente no". Non esiste un governo, non esiste praticamente uno stato... la Trade Bank of Iraq è un ente provvisorio designato da un'autorità provvisoria designata a sua volta dalle forze occupanti. La sua rappresentatività degli irakeni è tutta da discutere... però potrebbe assumersi un impegno ORA che gli irakeni pagheranno POI.
Mi ricorda qualcosa... ma se uso la parola "governo coloniale", tutti qui si indignano... :D
No all'intervento della SACE nella guerra in Iraq
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Le Ong denunciano l´accordo sciagurato che i governi occidentali
intendono
firmare domani a Roma in sostegno agli investimenti delle
multinazionali in
Iraq.
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Rete Lilliput, la Campagna per la riforma della Banca mondiale e la
Campagna Sdebitarsi e la si oppongono al piano del governo italiano e degli altri governi occidentali presenti in Iraq di autorizzare la copertura assicurativa pubblica delle proprie agenzie di credito all´esportazione agli investimenti occidentali in Iraq, fintantoché la guerra non sia finita e non venga costituito un governo legittimo con il sostegno della popolazione irachena.
Secondo quanto dichiarato in settimana dal ministro delle finanze
olandese, domani si riuniranno in gran segreto a Roma, alla presenza della Trade Bank of Iraq e dell´Autorità Provvisoria irachena, rappresentanti di agenzie di credito all´esportazione di numerosi paesi, a partire dalla Eximbank americana fino all´italiana SACE, per definire il quadro operativo per i propri impegni assicurativi in Iraq per i prossimi sei mesi a vantaggio delle multinazionali occidentali che intendono operare nel paese. Ben
500 milioni di dollari la copertura proposta dalla Eximbank, mentre lo
scorso 11 settembre 250 milioni di € sono già stati assegnati alla SACE dal CIPE.
"Di fronte ad un´assenza di prospettiva credibile per l´instaurazione
di un governo democratico in Iraq", ha dichiarato Antonio Tricarico,
coordinatore della Campagna per la riforma della Banca mondiale, "ed il trasferimento dei pieni poteri a questo, è vergognoso che i governi della `coalizione del volere´ si riuniscano in gran segreto a Roma per decidere come assicurare il business delle proprie multinazionali nel paese ancora in guerra. Questa
è una decisione soltanto politica, visto che in passato in analoghe
circostanze di conflitti militari le agenzie di credito
all´esportazione hanno sospeso tutti i loro interventi. Questa proposta di accordi getta un´ombra vergognosa sull´Italia, che, presidente di turno dell´UE, pensa più agli interessi del business proprio ed americano che alla pace.
I governi delle compagnie assicurate nei propri investimenti in Iraq
saranno comunque sicuri di recuperare eventuali indennizzi da pagare a queste, in quanto l´accordo prevederebbe che il Fondo di Sviluppo per l´Iraq, alimentato con i proventi del petrolio esportato e originariamente pensato per lo sviluppo della popolazione irachena, servirà per ripagare appunto i governi occidentali.
"Domani si siglerà l´accordo dell´ipocrisia", ha dichiarato Gualtiero
Via della Rete Lilliput, "Un´impresa petrolifera italiana che investe oggi in Iraq non solo sarà assicurata dallo stato ed i suoi profitti saranno da questo garantiti, ma lo stesso stato, non volendo rimetterci con eventuali indennizzi alle imprese, si arroga il diritto di farsi ripagare con i proventi dell´export petrolifero, realizzato dalle stesse compagnie, che almeno in parte dovrebbero rimanere in Iraq. Insomma, è finalmente chiaro che saranno le multinazionali a beneficiare del fondo di sviluppo iracheno e non gli iracheni: e questo passerà alla storia come l´accordo di Roma."
Tutto questo quando l´Iraq ha un debito di 127 miliardi di dollari
verso i paesi donatori, di cui circa 20 verso le stesse agenzie di credito all´esportazione dei paesi occidentali, ed in particolare almeno 1,3 miliardi di Euro verso la SACE. Inoltre, i 33 miliardi di dollari per la ricostruzione approvati alla conferenza dei donatori di Madrid lo scorso ottobre saranno concessi soltanto sotto forma di prestiti che il futuro governo iracheno dovrà ripagare.
"Questa è la ciliegina finale sulla torta per gli iracheni", ha
aggiunto Gino Barsella, coordinatore della Campagna Sdebitarsi. "Non solo si tentenna a cancellare il debito odioso di Saddam, ma si creano meccanismi per generare nuovo debito che dovrà essere ripagato in ogni caso direttamente dalla popolazione irachena, anche se non ha ancora un governo democratico. Chiediamo al parlamento italiano ed agli altri parlamenti nazionali di opporsi a questo piano sciagurato che condannerebbe gli iracheni alla schiavitù del debito per sempre".
Forse, chi non ha presenti i meccanismi dell'Assicurazione sugli Investimenti Esteri, capirà poco di quanto ci sia di vergognoso in questa manovra.
Cercherò, nelle mie limitate possibilità di aggiungere qualche nozione.
In Italia esiste un ente, a capitale pubblico, che si chiama SACE (Servizi Assicurativi Commercio Estero) il cui compito è, appunto, fornire servizi assicurativi per chi vuole creare commercio con determinate aree del mondo. I loro fondi di copertura assicurativa sono istituiti con decreti del CIPE (Comitato Interministeriale di Programmazione Economica) e stanziati tramite finanziaria o con decreti ad hoc che devono anche indicare le fonti di copertura (casualmente, capita spesso che queste fonti di copertura siano stanziamenti previsti per il fondo di cooperazione internazionale). La SACE poi stipula polizze con gli imprenditori quindi, parte della sua copertura finanziaria viene da queste polizze, vendute, tra l'altro anche da Banca Intesa in quasi totale esclusività (e già qui si cominciano a annusare pastette...).
Qui però si innestano alcune anomalie... infatti la polizza, al contrario di altre polizze, è quasi totalmente svincolata dal rischio imprenditoriale. Posso commerciare con, per dire l'Islanda, e la polizza potrebbe avere un costo analogo ad una a copertura del commercio col Congo. Questo accade perchè, secondo un meccanismo positivo, la SACE dovrebbe "stimolare" il commercio con l'estero... ma ecco che arriva la fregatura.
Come detto nell'articolo, infatti, in zone di guerra e altre zone "calde", la SACE non fornisce copertura in quanto il rischio è troppo altro, a meno che... a meno che un'autorità finanziaria del paese indicato non fornisca garanzie alla SACE di recuperare le indennità pagate.
In questo caso la SACE assicura, l'azienda investe e, se per malaugurato caso, un terrorista fa saltare l'oleodotto o anche le infrastrutture carenti del paese fanno andare in perdita il progetto, la SACE rimborsa l'imprenditore e l'autorità finanziaria del paese rimborserà la SACE.
Arriviamo quindi all'ultimo punto: esiste un'autorità finanziaria in Iraq. La risposta è: "ovviamente no". Non esiste un governo, non esiste praticamente uno stato... la Trade Bank of Iraq è un ente provvisorio designato da un'autorità provvisoria designata a sua volta dalle forze occupanti. La sua rappresentatività degli irakeni è tutta da discutere... però potrebbe assumersi un impegno ORA che gli irakeni pagheranno POI.
Mi ricorda qualcosa... ma se uso la parola "governo coloniale", tutti qui si indignano... :D