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View Full Version : Il mondo rinuncia all'istruzione


cerbert
27-11-2003, 09:14
Questo è un comunicato stampa dell'associazione di cui faccio parte.
(www.manitese.it)


Il difficile cammino per raggiungere l’istruzione primaria universale:
c’è ancora molta strada da fare!

Riassumiamo il demoralizzante percorso:

18 novembre 2003

Viene reso pubblico il Rapporto scolastico 2003 "Must Try Harder" realizzato dalla Global Campaign for Education (GCE), di cui la Global March against Child Labour , coordinata per l’Europa da Mani Tese, fa parte.

Il rapporto delinea una situazione molto critica rispetto al problema dei finanziamenti destinati all’istruzione nel mondo: almeno 100 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione e altri 150 milioni non completano nemmeno l’istruzione primaria.

Il ruolo dei Paesi ricchi ( nel rapporto ne vengono analizzati 22) è necessario e fondamentale: se ciascun Paese ricco donasse lo 0,03% del proprio PIL per l’aiuto pubblico all’istruzione, tutti i bambini del mondo potrebbero andare a scuola.

L’Italia nel rapporto occupa il quartultimo posto. (con valutazione "E" il primo posto è ricoperto dall'Olanda, gli USA sono in terza fascia, valutazione: "C")

20 novembre 2003

Alcuni rappresentanti di Mani Tese consegnano al Presidente della Commissione Europea, [...], le oltre 10.000 firme raccolte, con la petizione a lui indirizzata, durante la campagna lanciata da Mani Tese "Dallo sfruttamento all’istruzione". Si chiedeva al Presidente della Commissione Europea di dare effettiva applicazione alla risoluzione adottata dal Parlamento Europeo il 15 maggio 2003 con la quale lo stesso si impegnava ad un significativo aumento dei fondi per garantire l’accesso all’istruzione nei Paesi in Via di Sviluppo.

Il Presidente [...], dopo aver firmato simbolicamente la petizione, esprime tutto il suo rammarico perché non si sta lavorando per risolvere questi problemi, e soprattutto, rispetto alla tematica dell’ istruzione scolastica.

"Solo attraverso l’istruzione si libera l’infanzia" ha commentato, e poi aggiunto "Quando i bilanci degli Stati sono in difficoltà gli aiuti scompaiono. C’è un’assoluta insensibilità rispetto al problema. Vengono fatte delle campagne promozionali assolutamente false, poi di fatto gli aiuti continuano ad essere meno di quanto pattuito".

22 novembre 2003

All’indomani della due giorni del vertice di Oslo tra i Paesi Donatori (20 e 21 novembre 2003) luogo dell’incontro fra i 22 Paesi donatori la situazione appare critica. "I Paesi donatori anche durante la conferenza di Oslo– afferma Anne Jellema, coordinatrice ????delle attività di advocacy per la Global Campaign for Education (GCE) – hanno perso l’opportunità di fornire i fondi necessari all’educazione di base, e facendo questo, hanno abbandonato il mondo dell’infanzia".

L’unica cosa positiva che è uscita dal vertice di Oslo è la creazione del "Catalytic Found". Un fondo per quei Paesi che, pur rientrando nei parametri richiesti dalla Fast Track Iniziative, non hanno ricevuto ancora i fondi promessi.

Ma non basta, molti sono i Paesi che rimarranno isolati.

A questo punto verrebbe da gettare la spugna, ma siamo convinti che attraverso una forte pressione dell'opinione pubblica sulle Istituzioni ed una volontà politica più forte da parte degli Stati il trend possa invertirsi.


Il problema è molto più grave di quanto si pensi.
250 milioni di bambini assolutamente non istruiti sono non solo uno scandalo, ma anche una ipoteca seria sul futuro dei rispettivi paesi. La loro capacità progettuale e la loro crescita civile sarà praticamente pari a zero, inoltre, per quella che NON E' una curiosa coincidenza, al mondo si calcolano 250 milioni di bambini in condizioni di sfruttamento del lavoro infantile. Si badi bene al termine "sfruttamento del lavoro infantile", ovvero impiego DISTRUTTIVO del bambino in opposizione a "lavoro minorile" ovvero impiego PRODUTTIVO del bambino.
Insomma, l'impossibiltà di accedere all'istruzione spesso si lega a doppia mandata con lo sfruttamento, producendo quindi individui che NON SARANNO MAI adulti completi (posto che arrivino alla maggiore età).

Si parla tanto di "paesi che non crescono", per come la penso sarebbe ora di fare.

anonimizzato
27-11-2003, 10:31
Semplicemente raccapriciante. :(

[xMRKx]
27-11-2003, 10:50
e se avessimo un mondo con la quasi totalità di persone laureate ???

GioFX
27-11-2003, 10:53
Originariamente inviato da [xMRKx]
e se avessimo un mondo con la quasi totalità di persone laureate ???

allora è giusto impedire a chi vuole di studiare?!?

[xMRKx]
27-11-2003, 10:58
non fraintendermi , non volevo intendere che al mondo ci debbono essere obbligatoriamente "gli ignoranti" , era semplicemente una domanda di reazione all' articolo .....

Se non ci fossero persone ignoranti , tutti diplomati o laureati , acculturati , tutte le società sarebbero più evolute ? cosa comporterebbe ciò ??

Boh .... a volte fa brutto leggere queste cose ma non riesco ad immaginare altre alternative possibili alla triste realtà ....

max1123
27-11-2003, 10:59
Originariamente inviato da [xMRKx]
e se avessimo un mondo con la quasi totalità di persone laureate ???

Edit

Ho letto solo adesso la tua seconda risposta.

Anakin
27-11-2003, 11:07
il problema non è la laurea..quando non ci siamo nemmeno sul istruzione elementare.

realmente io vedo l'ignoranza come uno dei principali pilastri che causano la miseria degli stati del terzo mondo.
ho sempre ritenuto ideologico ritenere che l'occidente sia una causa di tale poverta'(discorso superficiale a mio parere),ma delle responsabilita' ci sono,e una di queste è il come si investe per quei paesi,quando si dice di volerli aiutare...
l'istruzione è fondamentale.
tanti dei problemi e del mancato sviluppo di quei paesi,sono dovuti ad una popolazione ignorante e soprattutto con una mentalita' troppo legata ad un modo di vivere istintivo.
lo studiare è una cosa fondamentale per uscire da questo.
le missioni non per altro,in genere portano ospedali e scuole,che sono le cose di cui piu' quella gente ha bisogno.

SaMu
27-11-2003, 11:10
Nel comunicato si parla di stati ricchi che destinano fondi insufficienti, oppure che li destinano ma non li erogano.. la conclusione è che è necessaria una pressione sulle istituzioni.

Questa visione del problema, che pur è corretta, a mio avviso è fondamentalmente deresponsabilizzante.. non chiarisce bene alla gente i contorni del problema. In altre parole, non chiarisce bene alla gente da chi debbano "arrivare i soldi".

La gente quando legge "gli stati ricchi" pensa che la cosa riguardi qualcun altro, che i governanti debbano aprire di tasca loro i propri portafogli, o debbano sbloccare risorse inutilizzate nascoste in qualche forziere.

Ovviamente non è così che funziona.. quando si dice "i paesi ricchi devono" in realtà è una perifrasi per dire "i cittadini dei paesi ricchi devono". In altre parole, siamo noi cittadini che "non stiamo mettendo i soldi", non delle entità astratte e impersonali lontane da noi.

dico questo perchè altrimenti i cittadini finiscono per pensare che ci siano degli "egoisti" da qualche parte che non vogliono mettere i soldi, fondamentalmente i governanti che sono quelli che decidono.. come se dovessero metterli di tasca loro.

Ma in realtà, i soldi che mancano sono quelli che i nostri stati non raccolgono da noi, oppure che raccolgono e usano male, guardiamola da ogni punto di vista ma il nocciolo della questione è che c'è uno 0,03% di reddito che dovremmo versare in più allo stato o risparmiare su qualche spesa dello stato, per destinarlo a questi progetti.

Dire "gli stati ricchi non versano lo 0,03% del PIL per l'istruzione in quelli in via di sviluppo" è una parafrasi deresponsabilizzante per i cittadini dei paesi ricchi, cioè noi: sarebbe meglio esprimerla nella forma "le famiglie italiane, cioè noi, non versano lo 0,03% del proprio reddito per l'istruzione in quelli in via di sviluppo".

Questa formulazione non è semplicemente un vezzo lessicale, ma è funzionale a introdurre una soluzione al problema che vada al di là delle generiche enunciazioni di principi o di tristezza.. esiste un modo diretto per bypassare lo stato, un metodo molto democratico per scegliere di destinare dei fondi ad una causa in cui si crede, vale a dire destinare direttamente una quota del proprio reddito alle associazioni che si occupano di quella causa.

In soldoni, se avete un reddito di 20.000€ annui, donandone 6€ all'UNICEF per i progetti esistenti di istruzione nei paesi in via di sviluppo, avrete ottenuto democraticamente ed efficientemente ciò che è l'obiettivo di cui stiamo parlando.

cerbert
27-11-2003, 14:05
Originariamente inviato da SaMu
Nel comunicato si parla di stati ricchi che destinano fondi insufficienti, oppure che li destinano ma non li erogano.. la conclusione è che è necessaria una pressione sulle istituzioni.

Questa visione del problema, che pur è corretta, a mio avviso è fondamentalmente deresponsabilizzante.. non chiarisce bene alla gente i contorni del problema. In altre parole, non chiarisce bene alla gente da chi debbano "arrivare i soldi".

La gente quando legge "gli stati ricchi" pensa che la cosa riguardi qualcun altro, che i governanti debbano aprire di tasca loro i propri portafogli, o debbano sbloccare risorse inutilizzate nascoste in qualche forziere.

Ovviamente non è così che funziona.. quando si dice "i paesi ricchi devono" in realtà è una perifrasi per dire "i cittadini dei paesi ricchi devono". In altre parole, siamo noi cittadini che "non stiamo mettendo i soldi", non delle entità astratte e impersonali lontane da noi.

dico questo perchè altrimenti i cittadini finiscono per pensare che ci siano degli "egoisti" da qualche parte che non vogliono mettere i soldi, fondamentalmente i governanti che sono quelli che decidono.. come se dovessero metterli di tasca loro.

Ma in realtà, i soldi che mancano sono quelli che i nostri stati non raccolgono da noi, oppure che raccolgono e usano male, guardiamola da ogni punto di vista ma il nocciolo della questione è che c'è uno 0,03% di reddito che dovremmo versare in più allo stato o risparmiare su qualche spesa dello stato, per destinarlo a questi progetti.

Dire "gli stati ricchi non versano lo 0,03% del PIL per l'istruzione in quelli in via di sviluppo" è una parafrasi deresponsabilizzante per i cittadini dei paesi ricchi, cioè noi: sarebbe meglio esprimerla nella forma "le famiglie italiane, cioè noi, non versano lo 0,03% del proprio reddito per l'istruzione in quelli in via di sviluppo".

Questa formulazione non è semplicemente un vezzo lessicale, ma è funzionale a introdurre una soluzione al problema che vada al di là delle generiche enunciazioni di principi o di tristezza.. esiste un modo diretto per bypassare lo stato, un metodo molto democratico per scegliere di destinare dei fondi ad una causa in cui si crede, vale a dire destinare direttamente una quota del proprio reddito alle associazioni che si occupano di quella causa.

In soldoni, se avete un reddito di 20.000€ annui, donandone 6€ all'UNICEF per i progetti esistenti di istruzione nei paesi in via di sviluppo, avrete ottenuto democraticamente ed efficientemente ciò che è l'obiettivo di cui stiamo parlando.

Quanto dici è perfetto ed è un'integrazione doverosa del comunicato stampa.

Non condivido però la conclusione.
Infatti, se vogliamo, tale conclusione sarebbe valida per quasi ogni aspetto della vita sociale. Se voglio delle fognature funzionanti posso anche decidere volontariamente di pagare una percentuale minima del mio reddito ad un consorzio che le realizzi invece di convogliarle nelle tasse. Ma questo mi imporrebbe di spendere una parte inconcepibile del mio tempo a trovare il miglior consorzio, presentarlo a tutti i miei vicini, assicurarmi che nessuno faccia il furbo e versino tutti la loro quota. Per ovviare a questi problemi è nata la politica. E la scelta della cooperazione è una scelta politica e non di pura beneficienza. Il distinguo non è da poco.
Per cui, i firmatari della petizione in oggetto, ritengono che sia doveroso che una parte delle tasse da loro versate venga utilizzata per un certo fine, che può essere garantire l'istruzione universale piuttosto che fognature adeguate, dopodiche spetterebbe ai politici dare un valore "democratico/demografico" a questa esigenza e muoversi di conseguenza assumendo persone e professionalità per valutare il problema, progettare una linea di budget, temperarlo alle necessità già presenti. Tutte cose di cui un cittadino non può avere conoscenza se non spendendo più ore del suo tempo di quante già ne dovrebbe spendere per avere una conoscenza generica dei costi sociali (tremendi come notava Anakin) dell' "istruzione zero" o delle reti fognarie insufficienti (beh, questi però si possono valutare "a naso" :D).
Al cittadino, in una situazione "politica" reale, resta quindi il dovere di partecipare alla spesa pubblica e il dovere di monitorare i risultati prodotti e premiare o sanzionare i politici a seconda della sua valutazione. Con la coscienza che, sebbene valutare i risultati sia sicuramente meno impegnativo che pianificare l'azione, richiede comunque tempo e attenzione.

D'altro canto essere cittadino di una democrazia è certamente più faticoso che essere cittadino di una tirannide.

P.S.: sulla "responsabilità" degli stati ricchi. Nella mia formazione etica di "non fedele" ho sempre trovato di impressionante rigore morale il "Mea Culpa" cattolico che chiede perdono non solo per ciò che si è fatto (in negativo) ma anche per ciò che si è "omesso" di fare (in positivo) pur avendone la possibilità.

ni.jo
27-11-2003, 14:10
L'ignoranza comporta più problemi di quanto possa sembrare.
La conoscenza è libertà, dalle schiavitù, dalle ideologie, dai fanatismi, dalle paure a cui si reagisce nel modo sbagliato.
Credo sia più facile esportare conoscenza, che democrazia, e credo che la democrazia non sia altro che la conseguenza della conoscenza.

StefAno Giammarco
27-11-2003, 15:21
Tiro su perché merita. Strano per un 3d di Cerbert.
Arguisco quindi, che tra una vetrina e un bancomat, trovi il tempo anche di interessarti di cose di estrema importanza :D

bananarama
27-11-2003, 15:33
Originariamente inviato da cerbert
Questo è un comunicato stampa dell'associazione di cui faccio parte.
(www.manitese.it)

Insomma, l'impossibiltà di accedere all'istruzione spesso si lega a doppia mandata con lo sfruttamento, producendo quindi individui che NON SARANNO MAI adulti completi (posto che arrivino alla maggiore età).



Ti sei risposto da solo, non potendo fabbricare automi lavoratori si fa questo, basso costo e tanta resa.

La vedo dura cambiare quando si vanno a toccare gli interessi delle multinazionali...:rolleyes:

Ciao

SaMu
27-11-2003, 19:43
Originariamente inviato da bananarama
Ti sei risposto da solo, non potendo fabbricare automi lavoratori si fa questo, basso costo e tanta resa.

La vedo dura cambiare quando si vanno a toccare gli interessi delle multinazionali...:rolleyes:

Ciao

Bravo, hai detto la biip :D Scherzi a parte, specificando che:

-mi riferisco al periodo diciamo dal dopoguerra in poi

-si tratta di un effetto collaterale e non un obiettivo primario delle multinazionali, si tranquillizzino gli antiglobalizzatori non sto sostenendo un obiettivo caritatevole delle multinazionali in cui non crede nessuno

possiamo dire che gli investimenti (costruzione degli impianti e formazione dei lavoratori) della multinazionali hanno costituito il maggiore travaso di conoscenza e istruzione dal mondo industrializzato ai paesi in via di sviluppo.

Probabilmente la tua idea di multinazionale è ferma al "far cucire palloni in Sri Lanka" :p ma se hai voglia e tempo di informarti posso fornirti del materiale ad esempio sulla diffusione di istruzione associata all'apertura di impianti Intel in Malesia Filippine Taiwan, o sui corsi organizzati necessariamente da imprese italiane nell'est europeo per formare i lavoratori che lavorano negli impianti, o ancora sull'istruzione fornita a cittadini locali per formare tecnici in tutti i siti petroliferi/gas, dal medio oriente alle repubbliche ex sovietiche.

Dunque ribadiamolo prima che a qualcuno venga un collasso di bile, trattasi di necessità virtù e non di obiettivo caritatevole delle multinazionali, ma è un dato supportato da una quantità di ricerche che la formazione (di base, tecnica, linguistica, economica, manageriale a seconda delle produzioni e dei ruoli) fornita dalle multinazionali rappresenta da oltre 50 anni il più grosso travaso di formazione e conoscenza dal mondo industrializzato al secondo e terzo mondo.

Nessun altro progetto, statale comunitario ONU o religioso, ha avuto lo stesso impatto e la stessa diffusione. Ci sono paesi (alcuni li ho detti sopra) che sono veri e propri monumenti a questo fatto, paesi in cui la formazione locale necessaria a lavorare in produzioni sempre più complesse come quelle moderne, ha formato isole di conoscenza al livello o addirittura superiori a quelle dei nostri paesi.

Di questo come detto non vanno "ringraziate" le multinazionali, che semplicemente facevano il loro interesse cioè formavano lavoratori perchè avevano bisogno di personale formato, ma non si può neanche sostenere il contrario cioè che l'ignoranza sia un bene di cui usufruiscono perchè significa stravolgere completamente la realtà (anche se mi rendo conto che è un luogo comune abbastanza radicato).

bananarama
27-11-2003, 19:49
Samu capisco benissimo cio' che intendi!;)

Io la vedo cosi': il mondo funziona come una grande bilancia, se togli da una parte l'altra sale e viceversa, capisci a me!;)

Ciao