View Full Version : Nassiriya, bomba al comando dei carabinieri (2)
Originariamente inviato da twinpigs
gliela spiego io? :D
ma si, ma dai
voleva dire che per imbecille non passerà più lui, l'autore del post (quindi non te) bensì colei che egli ha quotato (l'hai letto il quote kilometrico?)
quindi non si riferiva a te! ;)
"E devo pure passare io per un cretino"
"Non solo, ma ci spacciano queste politiche come efficaci o unica possibilità per raggiungere quegli obbiettivi, gli fanno bere una panzana dietro l'altra"
"cercherò di parlare meno e linkare di più, così gli imbecilli diventeranno altri e non dovrò mandare a stendere nessuno"
A me sembra che si stia riferendo a chi non la pensa come lui... e quindi anche il sottoscritto. Se non è così meglio, mi scuso per aver frainteso
twinpigs
16-11-2003, 12:19
imho credo che si tratti di un QUI, QUO, QROD :D
cmq magari aspettiamo le spiegazioni dell'interessato, può darsi che hai ragione te ma non credo volesse offenderti così spudoratamente ;)
Originariamente inviato da cerbert
Giusto per essere spietatamente chiari, la seconda maggiore appaltatrice per la ricostruzione, dopo la Halliburton di Cheney, è la Bechtel. Ditta che, dal 1980 al 1993 (ovvero quando Saddam dava il "meglio" di sè), costruiva oleodotti in Iraq. E, a meno che non vogliamo credere che sotto il regime di Saddam gli appalti fossero trasparenti, questo significa che soldi Bechtel andavano ad arricchire i conti cifrati dell'intelligenza Saddamita. Completando il quadro, nel 1983, un politico di poco conto, sicuramente esautorato per i suoi contatti con il regime terrorista, certo Donald Rumsfeld, patrocinava a Saddam un super-oleodotto a marca Bechtel da aggiungere a quelli già in contratto.
di quali oleodotti vai parlando?
forse di questi?
http://forum.hwupgrade.it/showthread.php?postid=2687304
Originariamente inviato da cerbert
In Iraq, dal 1983 ai primi anni `90, Bechtel partecipò insieme al gruppo turco Enka alla costruzione della diga e della centrale di Bekme (al confine con la Turchia). Sempre nel 1983 Bechtel entrò in trattativa per costruire un oleodotto dall'Iraq al porto giordano di Aqaba. Il progetto fu discusso da Saddam Hussein e da Donald Rumsfeld che si trovava a Baghdad nel dicembre 1983 come inviato di pace in Medio oriente. Per assicurarsi le retrovie, Bechtel fece entrare in questo progetto Bruce Rappoport, un manager svizzero ben introdotto in Israele, per ottenere la promessa che Israele non avrebbe attaccato l'oleodotto. A sua volta Rappoport assunse l'avvocato Robert Wallach, molto vicino a Edwin Meese III, allora ministro della giustizia (Attorney general). Meese fu messo sotto inchiesta, non fu accusato di nulla ma si dimise. L'oleodotto non fu mai costruito.
dopo tutto questo giro di parole si evince che l'oleodotto (perchè di uno stando a quanto hai postato si trattava) in questione non è mai stato costruito
quindi la Bechtel non ha MAI costruito NESSUN oleodotto in iraq
sempre stando a quello che tu hai postasto in altra discussione
però in attesa che tu chiarisca la contraddizione evidente fra i tuoi due post di cui sopra, t'invito ad essere più preciso e coerente in quello che scrivi, perchè potresti indurre in errore chi in buona fede prende per buono o meglio per vero il contenuto dei tuoi post
ps ma com'è che ogni volta che ci sono queste discussioni si sfocia negli immancabili oleodotti fantasma che in realtà non sono MAI stato costruiti?
mi spieghi questo fatto?
Originariamente inviato da Master_of_Puppets
Questi due punti sono di una tragicomicità incredibile.
In pratica, la risoluzione, che ho già definito inutile, invita, anzi esorta gli stati ad inviare truppe, peccato che ci si dimentichi di specificare che il comando delle operazioni sarà sempre degli usa e non dell'ONU.
I punti che definisci tragicomici sono il testo della risoluzione votata all'unanimità dal consiglio di sicurezza.
Se ciò che decide l'ONU è legittimo quando coincide con le tue idee, e tragicomico quando non coincide, mi spieghi come la tua posizione sull'ONU sia diversa da quella di Bush?
A questo punto, passiamo all'incostituzionalità dell'azione militare italiana.
L'invio delle truppe è antecedente alla ridicola risoluzione ONU, quindi l'Italia era in iraq senza nessun mandato, quindi formalmente in guerra.
Ora siamo laggiù col mandato ONU e siamo in "regola" ma l'infrazione è avvenuta prima. Spero che siano chiare le date.
La costituzione italiana stabilisce che l'organo che decide dell'incostituzionalità di leggi e decreti, ed è la Corte Costituzionale.
La corte costituzionale non ha ritenuto incostituzionale questa missione, come non lo aveva fatto per altre in passato.
Anche qui si ripropone la questione: se rispetti la costituzione solo quando coincide con le tue idee, ma non sei pronto a rispettare ciò che dice quando non coincide, e quello che decidono gli organi che la costituzione stessa incarica, allora che rispetto hai della costituzione?
A parte il fatto che magari alla maggioranza degli iracheni poteva anche piacere quella forma di governo, per evitare forzature ho detto "magari".
Mi sembra una tesi orribile.. come si può sostenere che ci sono popoli a cui piace vivere in un regime oppressivo?
A te sarebbe piaciuto? Gli iracheni non si ribellavano perchè gli piaceva, o perchè chiunque diceva "beh" spariva o era fucilato?
Mi sembra paradossale che si arrivino a sostenere tesi come questa, da parte di chi sostiene di lottare per la libertà la democrazia e il bene degli uomini.. siamo arrivati al punto in cui per essere contro a qualcosa, si è disposti a dire che a certi popoli i regimi piacciono.. chissà cosa diresti, se qualcuno sostenesse lo stesso per gli italiani durante il ventennio.. davvero non mi capacito di questa cosa.
Originariamente inviato da ni.jo
ciao fabio
il rumsfeld della foto ma sopratutto dell'articolo è lo stesso di oggi: solo che allora omaggiava il dittatore (che era lo stesso di oggi) e oggi bombarda il suo paese, a differenza del papa :D (che tra l'altro non mi risulta sia andato in iraq)
Il corsivo sottolinea una non indifferente questione: l'errore dell'appoggio al dittatore dato dalle nazioni occidentali* e dagli usa, riconosciuto come errore da correggere, è stato pagato non dal dittatore ma tre volte dal suo popolo.
La cosa che mette in risalto la posizione dei Giudici/esecutori Rumsfeld, e rende tragicomica la foto, è la distanza tra le due posizioni.
*(l'appoggio usa in armamenti fù inferiore alle altre nazioni, russia francia gb ecc.; si parla di appoggio politico.)
ni.jo log out
per una volta cerbert mi viene in soccorso:
http://forum.hwupgrade.it/showthread.php?postid=2687304
Originariamente inviato da cerbert
Il progetto fu discusso da Saddam Hussein e da Donald Rumsfeld che si trovava a Baghdad nel dicembre 1983 come inviato di pace in Medio oriente.
quindi secondo un articolo che ha riportato cerbert, Rumsfeld era in missione di pace (non lo dico io, ma un articolo che ha riportato cerbert eh!)
quello che vorrei sapere da te come da altri è in cosa esattamente e concretamente si sarebbe tradotto l'appoggio americano in questione a saddam
posto che le forniture militari le aveva da altre paesi
che non ha stipulato nessun accordo o trattato col regime iraqeno
che non gli ha fornito aiuti economici d'un qualche tipo
che non ha installato nessuna base sul suo territorio
in cosa in concreto sarebbe sfociato questo "appoggio"?
forse che Rumsfeld col suo sorriso sardonico ha fatto il falso inviato di pace e in realtà abbia detto a saddam: continua così che hai tutto il nostro appoggio?
a parte che questa sarebbe un illazione, mi sembra pochino come appoggio
certo magari l'america non aveva le lacrime agli occhi per quella guerra, ma era stata scatenata contro un paese come l'iran in piena deriva khomeinista che aveva trattenuto 400 americani del personale dell'ambadciata in ostaggio per un paio d'anni e che demonizzava l'america in tutti i modi possibili
poi non è che Rumsfeld abbia detto oggi "bombardiamo" l'iraq così tanto per fare qualcosa
l'amministrazione bush voleva un determinato risultato politico in iraq e tale risultato non era perseguibile o meglio raggiungibile senza un intervento militare (che potrà essere valutato poi nel merito giusto o sbagliato), ma sembra che per te Rumsfeld sia quasi un dottor stranamore che svegliandosi la mattina si chieda: chi bombardiamo?
non è così evidentemente
Ni.jo nel tuo post dici "il suo paese" riferendoti all'Iraq e Saddam.. spero che inconsciamente ti riferissi ad un puro fatto di natalità geografica.. perchè l'Iraq, spero su questo siamo tutti daccordo, è degli iraqueni.
un altro contributo alla discussione:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/11_Novembre/15/moschea.shtml
In moschea a Nassiriya: «Italiani andatevene»
Alcuni iracheni: «I soldati non hanno saputo portarci la pace. La loro presenza mette a rischio anche la nostra gente»
NASSIRIYA - Al momento più sacro della preghiera per il venerdì, sheikh Eause Hafaji davanti alla folla di fedeli genuflessi per la strada lascia un attimo da parte il Corano per parlare degli italiani. «Noi siamo contro l'attentato. I terroristi sono i nostri nemici e i nemici dell'Islam sciita», esclama puntando il dito contro i militanti di Al Qaeda, gli estremisti sunniti. Sembra un gesto di apertura verso il contingente italiano. In realtà subito dopo parte la stoccata: «Sarebbe bene che gli italiani se ne andassero dal Paese. Ma se proprio non lo vogliono fare, almeno escano dalla
Un soldato italiano di stanza a Nassiriya (Ansa)
città e vadano nelle basi degli americani. L'abbiamo visto tutti, la loro presenza in centro disturba il traffico e mette a rischio la vita della nostra gente».
Eause Hafaji non rappresenta certo tutti i circa 3 milioni di sciiti della zona. Ieri un altro sheikh, Mohammad Baker Al Nasser, ha persino indetto una piccola manifestazione a Nassiriya per commemorare le vittime italiane accompagnata da un discorso di cordoglio che sembrava senza ombre.
Eppure non va ignorata la mossa di Hafaji, perché lui rappresenta i gruppi estremisti legati alla corrente di Muqtada al Sadr, che da tempo minaccia di creare milizie armate pronte a lanciare la guerra santa contro gli occidentali nella regione. E infatti anche qui i suoi uomini girano armati, protestando di tanto in tanto contro i tentativi dei carabinieri di sequestrare loro pistole e Kalashnikov. «Gli italiani si presentano come una forza di pace? Ma allora perché non ritirano l'esercito e non mandano invece organizzazioni umanitarie civili? Le accoglieremmo a braccia aperte. Lascino a noi iracheni il compito di provvedere alla nostra sicurezza. Anche perché in verità sino ad ora gli italiani non sono stati in grado di assicurare la pace e la tranquillità della gente. La regione resta infestata da bande di ladri, i gruppi armati agiscono indisturbati. Solo una settimana fa nel villaggio di Dawaya, 60 chilometri da qui, ci sono stati gravi scontri armati tra milizie rivali che hanno lasciato sul campo almeno 2 morti e 3 feriti. E cosa hanno fatto le pattuglie italiane sul posto? Se ne sono andate», aggiunge Hafaji.
Difficile capire quanto le sue posizioni trovino il consenso della popolazione. Però la visita alla centrale di polizia locale apre inquietanti interrogativi. Ieri mattina gli agenti ci hanno accolto con grandi sorrisi. Più di uno è venuto incontro domandando: «Come stanno Paolo e Marco? Siamo amicissimi, tante volte abbiamo mangiato assieme. I soldati italiani sono gente fantastica. Gli assassini non possono essere iracheni, perché nessuno di noi toccherebbe un capello ai nostri amici italiani».
Superati i convenevoli, ecco però arrivare le ombre. Nel cortile gruppi di agenti si lamentano per «l'inefficienza e i ritardi», nella consegna delle armi, delle uniformi, delle auto per le pattuglie. «I carabinieri si sono defilati. Evitano gli scontri a fuoco, non si occupano di dare la caccia a banditi. Da questo punto di vista erano molto più efficienti gli americani», dice un agente poco più che ventenne, Adnan Hussein.
Lorenzo Cremonesi
Originariamente inviato da fabio69
Da questo punto di vista erano molto più efficienti gli americani», dice un agente poco più che ventenne, Adnan Hussein.
Questo dev'essere un turbocapitalista amico di Bush :D
Perdonate la battuta di spirito.
Originariamente inviato da SaMu
Questo dev'essere un turbocapitalista amico di Bush :D
Perdonate la battuta di spirito.
questo è uno dei punti che volevo sottolineare
perchè se da un lato l'aproccio soft degli italiani (buonismo anche eccessivo, prudenza con tutti, ecc.) ha dei vantaggi (spesso stempera le tensioni, evita d'inimicarsi questo o quello ecc.) dall'altro ha anche degli svantaggi (non bonifica il territorio, lascia operare fazioni che invece andrebbero messe in condizioni di non nuocere e che eventualmente possono sfociare in incidenti anche gravi, ecc.)
poi in certe situazioni bisogna mostrare polso, come si dice farsi "rispettare"
insomma ci sono dei pro e contro che sono avvertiti come tali anche dalla popolazione iraqena
checchè ne dicano chi parla a loro nome
in questo forum una moltitudine :rolleyes:
jumpermax
16-11-2003, 16:43
Originariamente inviato da fabio69
questo è uno dei punti che volevo sottolineare
perchè se da un lato l'aproccio soft degli italiani (buonismo anche eccessivo, prudenza con tutti, ecc.) ha dei vantaggi (spesso stempera le tensioni, evita d'inimicarsi questo o quello ecc.) dall'altro ha anche degli svantaggi (non bonifica il territorio, lascia operare fazioni che invece andrebbero messe in condizioni di non nuocere e che eventualmente possono sfociare in incidenti anche gravi, ecc.)
poi in certe situazioni bisogna mostrare polso, come si dice farsi "rispettare"
insomma ci sono dei pro e contro che sono avvertiti come tali anche dalla popolazione iraqena
checchè ne dicano chi parla a loro nome
in questo forum una moltitudine :rolleyes:
io non credo affatto che non si facciano rispettare,anzi. E poi comunque anche gli americani fino ad ora hanno adottato una strategia morbida, molto più di quanto gli alleati fossero convinti... ricordo che già ne parlava un nostro generale un paio di mesi fa, quindi in tempi non sospetti.
A me non sembra proprio che i nostri siano colpevoli di qualcosa, in tutti questi mesi la zona presidiata è rimasta tranquilla. Lascia stare le dichiarazioni riportate dal corriere, è chiaro che lì c'è chi vorrebbe avere la possibilità di armarsi e fare a modo suo, o meglio i cavolacci proprio. Cosa che ovviamente non è il caso di lasciare fare...
Originariamente inviato da izutsu
Grazie per l'epiteto, complimenti. Chi non la pensa come te è imbecille... bravo, clap clap
non hai capito proprio: mi è stato quasi dato dell'imbecille, ho deciso di incollare articoli di giornale che la pensavano come me, almeno gli insulti sarebbero andati a loro.
grazie, twinpigs.
Mi riferisco alle allusioni a cervelli sognanti, sempliciotti ecc., facendomi passare per cretino.
"Non solo, ma ci spacciano queste politiche come efficaci o unica possibilità per raggiungere quegli obbiettivi, gli fanno bere una panzana dietro l'altra"
Avevo scritto CI ma ho editato: io le panzane non me le sono bevute. Se vuoi edito di nuovo, metto CI intendendo l'opinione pubblica.Tanto panzane erano e panzane rimangono.
Originariamente inviato da SaMu
Ni.jo nel tuo post dici "il suo paese" riferendoti all'Iraq e Saddam.. spero che inconsciamente ti riferissi ad un puro fatto di natalità geografica.. perchè l'Iraq, spero su questo siamo tutti daccordo, è degli iraqueni.
Beh, certo che suona meglio ma non era così, anche la Russia era di Stalin...niente di più appropriato, Saddam ci faceva quello che voleva della "Sua" nazione, con l'appoggio occidentale, come ci testimonia (il falso?) Andreotti,ex ministro degli esteri, intervista già linkata e snobbata.
Cos'è un appoggio politico lo dice lui.
Fabio oltre guardare la foto leggi l'articolo, per favore.
Ti risponderò a casa sul resto, ora sono al lavoro, ma vi ripeto la mia semplice domanda:
" se al posto del petrolio in iraq ci fossero stati i kaki, le cose sarebbero andate così?"
se volete leggere qualcosa, in edicola c'è limes, costa 12 euro ma le vale:
La saga del petrolio
Margherita PAOLINI
La ricostruzione dell'Iraq si basa sulla ripresa della produzione energetica. Ma gli errori evitabili dell'amministrazione Usa e la strategia mirata della guerriglia stanno ritardando questa prospettiva. Bremer come Lawrence d'Arabia. Lo scontro con l'Opec.
Note ad uso degli esportatori di democrazia
Mauro BUSSANI
L'ideologia che sostiene la possibilità di impiantare le basi delle istituzioni occidentali nello spazio islamico incorre in qualche ingenuità. Le differenze fra la nostra tradizione giuridica e quella coranica. I nostri princìpi non valgono per tutti.
I corridoi energetici di Ankara resteranno un sogno?
Angelantonio ROSATO
La crisi nei rapporti con gli Usa e le incerte conseguenze della guerra in Iraq minacciano il progetto turco dello East-West Energy Corridor. Unica realtà consolidata, il gasdotto Blue Stream. Gli interessi italiani in gioco.
I taliban alla riscossa
Duilio GIAMMARIA
Afghanistan: l'autorità del governo Karzai è circoscritta a Kabul. Nascono nuove alleanze in vista delle prossime elezioni. La questione della Linea Durand, che attraversa le zone tribali dove si riorganizzano al-Qaida, i taliban e le forze di Hekmatyar.
and much more.
AH, il vostro centro di ricerche superpartes:
Istituzione privata, formata aqnche da ex politici e agenti segreti USA, molto vicina al pentagono.
I suoi membri sono i rappresentanti più in vista della destra conservatrice americana e fautori dietro le quinte delle "azioni coperte" dei servizi USA, come James Schlesinger, ex direttore della CIA, Henry Kissinger, ex segretario di stato e Alexander Haig: uno dei direttori del CSIS è stato Ray Cline prima vice direttore della CIA e quindi direttore delle Informazioni al Dipartimento di Stato, ne fa parte anche Penelope Harthland Thumberg e William Hayland, entrambi provenienti dall'intelligence USA, altro membro è Edward Luttwak.
Questo post vuole essere una raccolta di fonti, il discorso quindi è un pò a singhiozzo:spero sia utile alla discussione, mi scuso per la lunghezza ma volevo chiarire alcuni dati e fatti.
Non è la verità assoluta, ma nemmeno "cacca".:)
Che in quella zona ci sia il petrolio, spero non sia in discussione: la geologia ha dato ai quattro paesi vicini all'Arabia saudita due terzi delle riserve mondiali di petrolio conosciute. Ma a rendere inesplicabilmente appetitosa la pizza mediorientale è la natura stessa dei suoi giacimenti: nel mondo i giacimenti conosciuti sono oltre 40.000, ma i 40 supergiganti costituiscono da soli il 50% delle riserve mondiali: 26 di questi sono localizzati nel golfo persico, e a differenza di quelli ubicati in Russia e Usa, che hanno raggiunto il picco, essi sono nella parte crescente della curva di Hubbert.
In particolare, in Iraq il tasso riserve/produzione è di 526/1 (per fare un paragone in Usa è di 10/1, in Arabia saudita di 55/1 negli emirati arabi uniti di 75/1.9 (cfr.Rifkin, "economia all'idrogeno"2002 - Mondadori, ma prima di tacciare di "econirico fantasioso" il Rifkin leggete l'articolo dell'economist (http://www.panorama.it/economia/economist/articolo/ix1-A020001021430)).
Nei prossimi dieci anni la produzione petrolifera graviterà sempre più per il medio oriente, secondo le previsioni del E.I.A.
E non a caso, i nostri cugini d'oltreoceano si stanno ancora esclusivamente concentrando sul come aumentare l'offerta e il consumo di petrolio (180.000 barili al giorno, a 78,6 mlm nel 2003 e nel 2004 di 20.000 barili al giorno a 79,6 mln ) (cfr. idem "economist"), ovviamente con l'aiuto della Cina in crescita (radiorai-EIA (http://www.radio.rai.it/cciss/view.cfm?Q_TIP_ID=0&Q_EV_ID=74602).) Ma d'altronde la priorità dell'acquisizione di nuove riserve di petrolio in territorio straniero è esplicitamente descritto in un rapporto del National Energy policy Development Group pubblicato il 17 Maggio 2001 e redatto pensate un pò dal vicepresidente Richard Cheney, fondatore e molto legato alla Halliburton, società in prima linea nella ricostruzione dell'Iraq, che mette a punto una strategia destinata a far fronte all'aumento dei consumi di petrolio dei prossimi 25 anni. Esso contiene si alcune misure per il risparmio energetico, ma le misure sono in massima parte finalizzate al reperimento di nuove fonti energetiche: che il risparmio energetico non sia il cavallo di battaglia di Bush spero di non doverlo dimostrare. Attenzione, non è un rapporto fine a se stesso, ma l'amministrazione Bush lo sta applicando o cerca di applicarlo: conteneva le nuove prospezioni petrolifere in Alaska, unica regione incontaminata e parco naturale, la cui proposta di legge è accorpata a quella sul riordino del caos delle infrastrutture delle reti elettriche per forzare la mano agli ambientalisti (vedi il treahd sul black out in usa). Conteneva anche i rapporti con la Enron, regolarmente consultata dagli autori del testo, ma attualmente fallita...:D
Nell'ultimo capitolo del testo "Rafforzare le alleanze globali" si fa presente come il greggio importato, che nel 2001 rappresentava il 52% del fabbisogno complessivo, dovrebbe arrivare nel 2020 al 66%. Ma dato che è previsto anche un aumento del consumo totale, nel 2020 gli Stati uniti dovranno importare il 60% di petrolio in più, passando dagli attuali 10,4 milioni di barili al giorno a circa 16,7 milioni (U.S. Department of Energy, Energy Information Administration, International Energy Outlook 2002, Washington, D.C., 2002, pp. 183, 242.). Ora, per attuare questo piano esiste un unico mezzo: convincere i produttori esteri a estrarre più petrolio, e a vendere agli Stati uniti una quota maggiore della loro produzione. Solo che sappiamo dove sono dislocati i maggiori paesi produttori, e molti non intendono investire in pesanti interventi strutturali (e perché dovrebbero) né sopratutto consentire alle aziende americane di entrare da padrone nel loro settore energetico. Stando così le cose il rapporto raccomanda alla Casa Bianca di considerare l'aumento delle importazioni di petrolio "una priorità della nostra politica commerciale ed estera" (National Energy Policy Development Group, op. cit., cap. 8, p.4.). Il rapporto consiglia al governo una duplice strategia: primo aumentare le importazioni dai paesi del Golfo persico, dove si trovano circa due terzi delle riserve energetiche mondiali.In considerazione del fatto che nessun'altra regione del mondo ha le stesse potenzialità estrattive, si incita l'amministrazione a intraprendere vigorosi sforzi diplomatici per persuadere l'Arabia saudita e gli stati vicini ad affidare alle compagnia americane la realizzazione di grandi opere per modernizzare le loro infrastrutture.Secondo obiettivo: accentuare la "diversificazione" geografica delle importazioni, per ridurre in futuro i rischi economici delle turbolenze di una regione cronicamente instabile. Nel rapporto si osserva infatti che "la concentrazione della produzione petrolifera mondiale in una sola regione rischia di aggravare l'instabilità del mercato". Di conseguenza, "una maggior diversificazione delle fonti di approvvigionamento rimane un obiettivo importante (Ibid., cap. 8, p. 6.)".Ma il rapporto Cheney sorvola su una realtà evidente: praticamente tutte le regioni segnalate come potenziali fonti di petrolio (Mar Caspio, soprattutto dall'Azerbaigian e dal Kazakistan), dall'Africa sub-sahariana (in particolare dall'Angola e dalla Nigeria) e dall'America latina (Colombia, Messico e Venezuela) sono cronicamente instabili, e spesso caratterizzate da un diffuso sentimento antiamericano. (L'Iraq nel 1972 ha nazionalizzato l'Iraq Petroleum Company, tenendo praticamente fuori le grandi compagnie petrolifere).
Se alcune èlites di questi paesi sono in parte favorevoli, vasti settori della popolazione la osteggiano: gli Stati uniti potrebbero scontrarsi con varie forme di resistenza, che rischiano di degenerare in comportamenti violenti o anche in attacchi terroristici.Ecco perché nel rapporto Cheney è implicita - anche se sottaciuta - una dimensione di sicurezza, di significato non indifferente ai fini della politica militare americana. È qui che salta agli occhi il parallelismo tra la strategia militare e la politica energetica del governo Bush. In effetti, il progetto Usa di garantirsi l'accesso alle riserve petrolifere di regioni cronicamente instabili può essere realistico soltanto a condizione di possedere la capacità di "proiettare" in queste aree la propria potenza militare.Nel rapporto della Quadriennial Defence Review (Qdr) del settembre 2001, il Dipartimento della difesa ha constatato che "gli Stati uniti e i loro alleati continueranno a dipendere dalle risorse energetiche del Medioriente (U.S. Department of Defense, Quadrennial Defense Review Report, Washington DC, 30 settembre 2001, p. 4.)", una regione di importanza vitale, ma esposta a rischi di vario tipo sul piano militare. A questo punto il Qdr specifica le caratteristiche delle truppe e degli armamenti che serviranno agli Stati uniti per far fronte a questi rischi: precisamente quelle enumerate da Bush nelle sue dichiarazioni sopra citate. Il rapporto del Qdr conclude infatti con la constatazione che la strategia militare americana "si fonda sulla capacità delle forze statunitensi di proiettare la propria potenza in tutto il mondo" (Ibid., p. 43.).
La terza, grande priorità dell'amministrazione Bush, la battaglia contro il terrorismo, è stata esplicitata dal presidente in un discorso tenuto davanti al Congresso il 20 settembre 2001, a nove giorni dagli attentati di New York e Washington. Questa lotta, ha detto Bush, non sarà limitata a une serie di operazioni punitive o a una battaglia campale, ma richiederà una "campagna prolungata", che dovrà essere estesa a diversi teatri operativi e protratta finché "anche l'ultimo gruppo terroristico di portata globale sarà stato scoperto, bloccato e sconfitto". Successivamente, il presidente Bush ha inglobato nella guerra contro il terrorismo anche l'Iran e l'Iraq, che rappresenterebbero una minaccia in ragione della loro intenzione di sviluppare armi nucleari, chimiche e batteriologiche. Sottolineerei il fatto accertato che quel che di nucleare c'era in iraq, è stato bombardato dagli israeliani (non piansi per quello…). Sulle bugie un piccolo termometro è uno studio intitolato Pipa-Program on International Policy Attitudes di un'équipe di esperti in sondaggi dell’università del Maryland (34)
L'Iran vuole la sconfitta dei taliban e dell'Iraq (cito Bijan ZARMANDILI di Limes)"Teheran spera che la guerra scatenata da Bin Laden contro l'America si ritorca contro di lui e i suoi protettori di Kabul, storici avversari del regime persiano."
Una strategia del genere richiede un duplice impegno: sul piano dell'intelligence, per individuare le reti terroristiche, e su quello militare, per distruggere i covi dei terroristi e punire gli stati che li proteggono. Sebbene questi due aspetti siano stati presentati come ugualmente importanti ai fini del successo dell'impresa, l'attenzione dei vertici dell'amministrazione si concentra soprattutto su quello militare, dove è più netta la convergenza con le altre due priorità dell'amministrazione. Mentre è sull'intelligence che bisognerebbe concentrare gli sforzi: Con i bombardamenti indiscriminati non si vince (Limes quaderno speciale 01 di Paolo COTTA-RAMUSINO) ma come dice anche Giulietto Chiesa (sempre sul quaderno speciale 01"Cerchiamo la Cupola non la rete islamica" di Giulietto CHIESA): solo un vertice ristretto e coeso, di cui facciano parte alti dirigenti dei servizi segreti di alcuni paesi, può aver progettato l'attacco ai simboli del capitalismo occidentale. Bin Laden ne è forse un esponente, ma non l'unico leader.Che è poi quello che dicevo dandogli del nonnetto dializzato, costatami le reprimende di SaMu. In coda trovate un articolo sul blocco dei beni dei Laden: tardivo, ma direzione giusta.
Molti aspetti della conduzione della guerra in Afghanistan illustrano ad esempio il concetto di "proiezione della potenza", esposto da Bush fin dal 1999, nel suo discorso a The Citadel. La guerra al terrorismo è dunque ormai parte integrante dell'azione americana per salvaguardare le sue vie d'accesso al petrolio, in particolare nel Golfo persico e nel bacino del Mar Caspio.
Vista in questa luce, la guerra in Afghanistan appare come un prolungamento di una guerra segreta in atto in Arabia saudita tra i gruppi radicali e la monarchia al potere, protetta da Washington.
Da quando, dopo l'invasione irachena dell'agosto 1990, il re Fahd decise di autorizzare il dispiegamento delle truppe americane nel suo paese in vista dell'attacco all'Iraq, gruppi di estremisti sauditi, guidati da Osama bin Laden, stanno portando avanti una lotta clandestina per rovesciare la monarchia e cacciare gli americani dal paese. Lo sforzo degli Usa per distruggere la rete di al Qaeda in Afghanistan può quindi essere letto anche come un'azione volta a proteggere la famiglia reale saudita e assicurarsi così l'accesso alle risorse petrolifere di questo paese ( "The Geopolitics of War". The Nation, 5 novembre 2001. Si legga inoltre "Line in the Sand: Saudi Role in Alliance Fuels Religious Tension in Oil-Rich Kingdom", The Wall Street Journal, 4 ottobre 2001.).Qualcuno ha osservato che Bush non fa altro che portare avanti con successo la politica iniziata prima di lui: è vero, durante la presidenza Clinton, il Dipartimento della difesa aveva stabilito rapporti con le forze armate dell'Azerbaigian, della Georgia, del Kazakistan, del Kirghizistan e dell'Uzbekistan, e iniziato ad addestrarle e a rifornirle di armi (Michael Klare, Resource Wars: The New Landscape of Global Conflict, Metropolitan Books/Henry Holt, New York, 2001). A sottolineare che non è più una contrapposizione tra dx e sx…ma gli affari attraversano il tutto in maniera trasversale.
Queste politiche non verrebbero attuate senza l'ascesa dei neoconservatori e della loro ideologia (Limes Vol. 2/03 I cavalieri del nuovo secolo americano, di Franz GUSTINCICH : La resistibile ascesa dei neoconservatori americani, un gruppo assai influente nell'amministrazione Bush. L'idea dell'egemonia benigna dell'America, unico polo di potenza globale. L'irrisione degli europei. Una peculiare concezione del diritto. (in appendice una scheda di Emmanuela C. del RE: Il chi è chi - e dove - del Pnac).Tra le altre cose imho trovo ridicolo questo furore guerresco di Giorgetto, notoriamente imboscatosi nella guardia Texana durante il Vietnam e abbigliatosi da pilota allorché ebbe modo di rendersi ridicolo dicendo "la guerra è finita"…
Gli effetti sulla stabilità: per me, non sono affatto positivi; io vedo il mondo andare a pezzi e vedo l’accelerazione che la politica americana ha dato a questo Trend: è dalla realpolitik in poi che questo gigante si muove dentro una cristalleria con il tatto di un elefante, ancora convinto che per ottenere “A” sia necessario “B” senza prevedere “C”! La situazione attuale la leggete sui giornali, ma era stata prevista, e ci sono altre previsioni inascoltate. [Limes Quaderno speciale 03 di Angelantonio ROSATO (Il grande paese arabo è oggi uno dei migliori alleati degli Stati Uniti, ma l'ideologia del 'nuovo Medio Oriente democratico' inquieta le élite egiziane. La lotta per la successione è già iniziata. Dove si annidano i terroristi.) Limes 4/02 Non sbagliare guerra per non sbagliare pace di Carlo JEAN (Se davvero gli americani attaccheranno l'Iraq, non potranno permettersi di sbagliare nulla. I condizionamenti geopolitici sono talmente forti da rischiare di produrre un disastro. Le scuole di pensiero che si fronteggiano a Washington.) Limes 3/02 Noi arabi stiamo perdendo la pazienza di 'Amr MUSA intervista a cura di Antonella Caruso e Lucio Caracciolo (Conversazione con 'Amr MUSA, segretario generale della Lega Araba.) Limes quaderno speciale 01 - La polveriera saudita di Carlo JEAN (I fragili equilibri dello Stato che domina la penisola arabica. Bin Laden tenta di destabilizzarlo e di affermarvi il suo islamismo radicale. Le lotte interne alla famiglia reale. Fondamentalismo islamico e fondamentalismo americano.] I focolai di terrore ormai diffusi ovunque sono anche una risposta alla presenza Usa nelle zone arabe: questa è la maggiore "giustificazione" adotta da Osama nei suoi proclami.
E non dico che sia la vera motivazione, né che non sia necessario combatterla: solo penso che bombardare un popolo non sia la giusta via, ma il modo per peggiorare la situazione, soprattutto se le motivazioni non sono completamente scevre da secondi fini.
Per contrastare, dopo l'11 settembre l'attivazione del piano del National Energy policy Development Group pubblicato il 17 Maggio 2001 di Richard Cheney si è considerevolmente intensificata, tanto che le basi dell'Uzbekistan e del Kirghizistan vengono ora trasformate in strutture semi-permanenti. Inoltre, gli Stati uniti forniscono mezzi per ristrutturare una "base aerea di importanza strategica" nel Kazakistan.
Il Dipartimento di stato ha dichiarato che quest'ultima mossa ha lo scopo di "migliorare la cooperazione tra Stati uniti e il Kazakistan, installando nel contempo una base americana interforze in questa regione ricca di petrolio (US Department of State, Congressional Budget Justification: Foreign Operations, Fiscal Year 2003, Washington, DC, 2002, p. 309.).Queste iniziative, giustificate con la necessità di agevolare la partecipazione dei paesi interessati alla lotta contro il terrorismo, sono anche parte integrante del piano americano di sorveglianza delle aree di produzione e trasporto del petrolio. Il terrorismo si annida nei pozzi di Saddam Quali che fossero le intenzioni iniziali dei leader politici americani, le tre priorità del governo in materia di sicurezza internazionale - potenziamento dell'apparato militare, ricerca di nuove fonti di petrolio e guerra contro il terrorismo - si sono ormai fuse in un unico obiettivo strategico, tanto che sarà sempre più difficile analizzarle separatamente. (fonte principale Michael Klare, Docente all'università Hampshire, Massachusetts, autore di Resource Wars: the New Landscape of Global Conflict, Metropolitan Books, New York, 2001, colmo di previsioni puntualmente realizzatesi!"In effetti, gli Stati uniti potrebbero essere indotti a una serie di operazioni militari di durata indeterminata, sempre più complesse e perigliose, con la necessità di un impegno crescente di mezzi e di truppe. È precisamente contro questo tipo di strategia che George W. Bush ha messo in guarda l'America prima delle elezioni del 2000")
Devo dilungarmi sull'"aspetto positivo" di una "economia di guerra", per controbattere a chi dice che i costi della guerra sono più pesanti dei vantaggi ottenuti?
Con l'ombrello protettivo della lotta al terrorismo, ogni contestazione diventa impossibile: il terrorismi si annida nei pozzi di Saddam, nonostante non ci siano mai state prove di collegamento tra Al quaeda e Saddam (che ha di sicuro propagandisticamente finanziato le famiglie dei "martiri" palestinesi e che oltre alle calorose shakerate di mano dell'articolo -leggetelo!- e della foto è stato cittadino onorario di Detroit del 1980.).
Anzi esistevano prove dei servizi segreti britannici su come Saddam e Osama si odiassero, un dossier di almeno tre settimane prima del discorso all'Onu e di cui erano a conoscenza il premier Tony Blair e pochi altri, che diceva che non solo "quel collegamento non esiste, ma che Saddam e Bin Laden sono divisi da ideologie incompatibili ed entrambi si diffidano a vicenda"
(la repubblica-BBC (http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqventidue/bbc/bbc.html
)), a differenza dei rapporti con i mujaeddin finanziati ed addestrati dalla RealPolitik di Kissinger e Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, entrambi membri del rinomato CSIS. L'ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan trasformò una semplice guerra civile sovvenzionata da Washington in una jihad, in cui i mujaheddin (`sacri guerrieri') si ergevano a difensori unici della sovranità afghana contro l'esercito degli invasori stranieri. Brzezinski accorse rapidamente al Khyber Pass, dove non disdegnava di farsi fotografare con un turbante mentre gridava `Allah è dalla vostra parte'. Al contempo, i fondamentalisti afghani venivano celebrati, alla Casa Bianca e a Downing street, come combattenti per la libertà.
Il ruolo di Washington nella guerra afghana non è mai stato un segreto, ma il libro di John Cooley (33) è il primo resoconto sistematico e dettagliato del modo in cui gli Stati Uniti utilizzarono i servizi di intelligence egiziani, sauditi e pakistani per creare, addestrare, finanziare e armare una rete internazionale di militanti islamisti disposti a combattere i russi in Afghanistan.
Come la presidenza Carter intervenne nella guerra dei Mujaheddin?
Per quasi dieci anni, a partire dal dicembre 1979 fino al febbraio 1989, l'Afghanistan ha vissuto una guerra feroce che è stata da molti considerata il Vietnam dell'allora Unione Sovietica. Ci persero la vita non meno di 14 mila soldati russi, mentre i morti afghani superarono il mezzo milione. Per concludere il prima possibile il conflitto i Russi, seguendo l'esempio del napalm utilizzato dalla Air Force americana contro i vietcong, impiegarono gli arsenali chimici inondando l'Afghanistan di gas tossici, gas nervini, micotossine e la micidiale "pioggia gialla". Per diversi anni, il mondo intero ha creduto che quella guerra fosse stata voluta e coordinata dai russi e che gli americani avessero agito in modo limitato per supportare la resistenza mujaheddin. Ma così non è stato. Se nulla può far intendere che i russi non avrebbero comunque sferrato l'attacco, il ruolo degli Stati Uniti fu decisamente diverso. L'anziano direttore della CIA Robert Gates nel 1998 affermò nel suo libro di memorie dal titolo «From the Shadows» che gli Americani, a differenza di quanto si era detto e creduto per anni, cominciarono ad aiutare i Mujaheddin circa sei mesi prima dell'inizio della guerra. Nello stesso anno, in un'intervista al giornale francese Le Nouvel Observateur, l'ex consigliere per la sicurezza dell'amministrazione Carter Zbigniew Brzezinski disse: «Secondo la versione ufficiale della storia, l'aiuto dato ai mujaheddin sarebbe cominciato nel 1980, quindi dopo l'invasione del 24 dicembre 1979. Ma la realtà, tenuta segreta finora, è tutt'altra: fu in effetti il 3 luglio 1979 che il presidente Carter firmò la prima direttiva sull'assistenza clandestina alle fazioni che si opponevano al regime filosovietico di Kabul». «Fu proprio in quella circostanza», sottolinea Brzezinski, «che io scrissi un appunto al presidente in cui facevo notare che probabilmente quella nostra azione avrebbe causato un intervento sovietico». E poi aggiunge: «Certo non abbiamo costretto l'Unione sovietica ad intervenire, ma abbiamo reso questa eventualità molto più probabile».
Quando l'URSS entrò in guerra ufficialmente affermò che l'invasione era stata resa necessaria dall'infiltrazione dell'intelligence americano nel territorio strategico dell'Afghanistan. Le autorità americane chiaramente negarono qualunque attribuzione. Alla domanda da parte del giornalista che sottolineava dunque questo aspetto e chiedeva se Brzezinski si sentisse in qualche modo responsabile di tutti quei morti, l'ex consigliere per la sicurezza rispose: «Non mi sento assolutamente in colpa. Il giorno dello scoppio della guerra scrissi personalmente a Carter dicendogli come avessimo avuto l'occasione di dare ai Russi il loro Vietnam».Ma l'amministrazione americana non riconosceva di aver sbagliato nell'aver favorito il dilagare dell'integralismo islamico, tramite il supporto di intelligence, la vendita di armi di distruzione di massa, e l'aiuto essenziale a quelli che sarebbero divenuti i futuri terroristi?
Questa fu la risposta di Brzezinski: «Ma scusi, che cosa è più importante per il mondo? I talebani o la lotta al potere sovietico? Qualche estremista islamico o la fine della guerra fredda?».
Io col senno di poi risponderei con un'altra domanda: è più pericoloso un nemico con un arma a cui sei superiore e di cui conosci la posizione o mille nemici con mille armi che non sai dove siano?
É quasi paradossale che quelli definiti dal responsabile alla sicurezza della presidenza Carter come «qualche estremista islamico» avrebbero organizzato, almeno a quanto gli stessi americani sostengono, l'attentato alle Torri Gemelle l'11 Settembre 2001 in cui morirono migliaia di americani. Quell'attentato, è costato anche una nuova guerra in Afghanistan ed ora è la ragione principale della guerra al terrorismo globale ha portato all'escalation di oggi.
Per prevenire la smentita, in un intervista su 'Le Nouvel Observateur' (Francia), 15-21 gennaio 1998, pag. 76. Brzezinski, consigliere sulla sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter,
Domanda: L'ex direttore della CIA Robert Gates, nelle sue memorie ["From the Shadows"] ha affermato che i servizi d'intelligence americani iniziarono ad aiutare i Mujahadeen in Afghanistan sei mesi prima dell'intervento sovietico. In quel periodo lei era consigliere sulla sicurezza nazionale del presidente Carter, pertanto ha giocato un ruolo in questa vicenda. È esatto?
Brzezinski: Sì. Secondo la versione ufficiale della storia, l'aiuto della CIA iniziò durante il 1980, vale a dire, dopo che l'esercito sovietico invase l'Afghanistan, il 24 dicembre 1979. Ma la realtà, custodita segretamente sino ad ora, è completamente diversa: in realtà, fu il 3 luglio 1979 che il presidente Carter firmò la prima direttiva per aiutare segretamente gli oppositori del regime filosovietico di Kabul. E quel giorno stesso, io scrissi una nota al presidente, nella quale gli spiegavo che secondo me questo aiuto avrebbe indotto i sovietici ad intervenire militarmente.
D: Malgrado questo rischio, lei era un sostenitore di questa azione coperta. Forse che lei stesso desiderava questa entrata in guerra dell'Unione Sovietica e ha cercato di provocarla?
B: Non è affatto così. Non abbiamo spinto i sovietici ad intervenire, ma incrementammo consapevolmente la possibilità che lo facessero.
D: Quando i sovietici giustificarono il loro intervento affermando che intendevano combattere contro un segreto coinvolgimento degli Stati Uniti in Afghanistan, la gente non ci credette. Tuttavia, c'era un fondo di verità. Oggi non si pente di nulla?
B: Pentirmi di cosa? Quell'operazione segreta fu un'idea eccellente. Ebbe l'effetto di trascinare i russi nella trappola afgana e lei vorrebbe che me ne pentissi? Il giorno che i sovietici attraversarono ufficialmente il confine, scrissi al presidente Carter: adesso abbiamo l'opportunità di dare all'Unione Sovietica la sua guerra del Vietnam. In effetti, per quasi dieci anni, Mosca dovette condurre una guerra insostenibile dal governo, un conflitto che contribuì alla demoralizzazione e infine al collasso dell'impero sovietico.
Zbigniew Brzezinski è quello che scrive nel 1997, "che la potenza capace di controllare l'area mediorientale che si estende all'Afghanistan e all'insieme dell'Asia Centrale ex sovietica condizionerà in maniera determinante l'evoluzione degli altri due centri della produzione mondiale rappresentati dall'Europa e dal Giappone (Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera, Longanesi, Milano 1998. )
Adesso, assieme a 2 mila talebani e a 3 mila mujaheddin di Gulbuddin Hekmatyar, il signore della guerra che è passato indenne attraverso cento padroni e oggi è approdato all'Isi, l'onnipotente servizio segreto pachistano.
Ma soprattutto Bin Laden deve dare ispirazione e linfa alla nuova missione: l'Iraq del dopo Saddam Hussein come confermato nel messaggio diffuso il 10 settembre. I due campi di battaglia della «guerra santa contro gli infedeli e i loro schiavi» hanno come protagonisti soprattutto i gruppi della galassia di Al Qaeda che si dividono e si mobilitano secondo le necessità del momento. Anche il dividersi in due fronti, invece di completare la prima operazione…non mi pare una furbata.
Iraq e terrorismo: a differenza dei rapporti accertati tra i Bush e la famiglia Laden, Saaddam e Osama non erano affatto alleati anzi: erano più docuementati i vecchi rapporti tra la famiglia petrolifera dei Bush e quella dei Laden, come dal Daily Mail, ripreso da Panorama 24-09-1999 "Bush in affari con il fratello di Bin Laden", dove si dice come il futuro presidente americano e il fratello del terrorista saudita, Salem Bin Laden, fondarono insieme nel Texas una compagnia petrolifera, la "Arbusto Energy", e divennero soci in affari. Salem, uno dei 54 fratelli di Osama, morto nel 1983 in un incidente aereo nel Texas, avrebbe investito gran parte del suo capitale ereditato dal padre, in diverse compagnie petrolifere. Incidente che immagino Osama non abbia mai ritenuto tale. Nel 1978 Laden nominò James Bath, un intimo amico di George W. Bush, come suo rappresentante a Houston. Fu Bath ad investire la somma di 50 mila dollari nelle azioni della 'Arbusto Energy' e, sempre per conto di Salem Bin Laden, acquistò l'aeroporto della 'Houston Gulf'. Nonchè avere in comune il medesimo finanziatore, tale Bin Mahfouz, banchiere saudita finanziatore sia dei Laden che dei Bush (testo integrale sul "Il Venerdì" - 28 marzo 2003 n.784 supplemento "La Repubblica", vedi anche inchiesta del giornalista francese Enric Laurent, La guerra dei Bush, ) o con la CIA (cfr. 'Le Figaro' 1 November 2001 CIA AGENT ALLEGEDLY MET BIN LADEN IN JULY By Alexandra Richard Page 2, October 31st, 2001)
Comunque, direte è passato e c’erano altre motivazioni.
Adesso in iraq,l'Ufficio per la Ricostruzione e l'Assistenza Umanitaria, un dipartimento creato ad hoc dal Pentagono per controllare la fase immediatamente successiva la guerra, ha già chiesto a cinque compagnie statunitensi, la Betchel Group, la Fluor, la Louis Berger Group, la Parsons e la Kellog Brown & Root, quest'ultima controllata dalla Halliburton, ex società del vicepresidente Dick Cheney, di presentare costi e piani logistici per la ricostruzione dell'Iraq del dopo-Saddam. Il progetto, che prevede la riparazione di 2800 chilometri di strade, la costruzione di ospedali, la riapertura di scuole, la costruzione di 3.000 nuove abitazioni e la riparazione di altre 5.000. Ma, come azione principale, a cui viene dedicato il 90% degli sforzi, si punta sulla privatizzazione dell'Iraq Petroleum Company (Ipc), la compagnia di stato irachena nazionalizzata nel 1973 e del ministero del Petrolio, i cui nuovi funzionari dovrebbero essere affiancati da consiglieri Usa.
Bremer ha rivelato che alcuni recenti contratti prevedono la vendita di tutta dalla tecnologia petrolifera, dai servizi di trasporto, alle telecomunicazioni, ai ministeri Irakeni. La liquidazione delle compagnie Irakene di proprietà dei ministeri avverrà entro un anno ("Promoting privatization," 3 Febbraio 2003, International Consortium of Investigative Journalists.), e questo è contro la costituzione irakena, e quindi, contro la convenzione di Ginevra che impone allo stato occupante di rispettare la costituzione della nazine occupata.
Ma a questo porrà rimedio la nuova costituzione in preparazione (corriere.it (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/08_Agosto/28/ricostruzione.shtml) Tim Carney (ex ambasciatore USA in Sudan e Haiti)il consulente del Ministero irakeno dell'Industria e dei minerali – dopo l'insediamento dei ministri irakeni – disse che dozzine di compagnie statali dovrebbero essere privatizzate entro un anno (9 giugno 2003, BBC). Precedentemente le forze di occupazione USA avevano detto avrebbero aspettato fino all'elezione del nuovo governo Irakeno prima di iniziare le privatizzazioni (Il collasso delle compagnie irakene e dei ministeri è classificato in tre tipologie: quelle che potrebbero essere privatizzate presto (fast-track), quelle che "dovrebbero" rimanere e quelle che "dovrebbero" essere sciolte, o fuse prima di essere vendute.
L'ostilità verso le Nazioni unite e gli organismi di sviluppo non governativi non tenta neppure di essere celata:«Sarebbe controproduttivo» si legge, «permettere ai burocrati Onu (...) di governare l'industria petrolifera».
La Bp, la Shell e la ExxonMobil, tre delle quattro compagnie straniere che avevano partecipazioni nella Ipc prima di essere liquidate con lauti compensi (la quarta era la Total), hanno avanzato richieste di risarcimento chiedendo il monopolio dello sfruttamento del petrolio iracheno.
Il greggio iracheno verrebbe slegato dall'Opec sia in termini di produttività (non più quote di estrazione) che in quelli di vendita (prezzi più bassi del mercato corrente). In tal modo le immense riserve nazionali (seconde solo a quelle saudite) verrebbero spremute e la produzione, dagli attuali 2,8 milioni di barili al giorno si innalzerebbe a 5 milioni entro il 2005. La ricetta Bush trasformerebbe l'Iraq ad una stazione di pompaggio Usa in Medio Oriente. Sempre che si riesca a uscire dalla situazione attuale, ovviamente.In effetti sotto la giustificazione della ricostruzione (in questo il CSIS spinge assai) corriere della sera (http://sole.ilsole24ore.com/radiocor/preconmin/Mag03Dos/Ildopo-Saddamicostieilbusiness.htm) i costi della guerra salgono e salgono: tanto da far venire un dubbio: applicati in modo più coscienzioso, quei miliardi di dollari, (1600 miliardi i pessimisti) non sarebbero stati più efficaci per contrastare un regime che ha ridotto in ginocchio il suo popolo, da meritarsi l’odio dello stesso?Creare prima una opposizione e non abbandonarla a se stessa nel momento opportuno, inficiandone la ricrescita ora che sarebbe servita, sarebbe o no costato meno?BOH.
Gli scenariche vennero tracciati del Centre for Strategic and International Studies (Csis) per i costi finanziari di breve periodo sarebbero quasi esclusivamente a carico degli Usa (tra i 55 ed il 120 miliardi di dollari nel 2003-2004) mentre quelli economici di medio e lungo termine graverebbero in gran misura sui paesi importatori di greggio. Una guerra lunga ed inconcludente porterebbe a 80 dollari al barile le quotazioni del petrolio, mettendo in ginocchio paesi come l'Italia. Nell'ipotesi di una guerra della durata di sei mesi-un anno, il greggio si assesterebbe mediamente a 40 dollari al barile; un aumento del 25% della nostra bolletta petrolifera. Ma l'analisi più completa è quella di William Nordhaus dell'Università di Yale;per i costi diretti ed indiretti del conflitto vero e proprio, numerosi gli scenari elaborati a Yale: da 120 miliardi (il più ottimista) a 1600 miliardi di dollari (il più pessimista) per l'economia mondiale.
Le risorse impegnate a proteggere e ampliare la produzione di petrolio sono ingenti e hanno come risultato il raggiungimento dei 4/5 del livello di petrolio erogato prima della guerra: in marzo era di 2,5 milioni di barili al gg, ora si attesterebbe sui 2 milioni(cfr.Adnkronos /aki 6 Novembre 2003)
Dal Limes Quaderno speciale 03, si legge come Bush abbia scaricato sul mercato il fardello dei rincari petroliferi (articolo di Margherita PAOLINI)
Per il dopo-Saddam l'America prepara il rientro delle majors nel paese. Ma incombe il rischio di scontri fra diversi gruppi etnico-politici per il controllo delle risorse energetiche.
L'America forse non vuole solo eliminare Saddam e ridisegnare il Medio Oriente per il petrolio, ma con il petrolio. L'obiettivo è l'indipendenza energetica, ed è un obiettivo esplicato in chiaro da Cheney, non da me. Il braccio di ferro con i sauditi, che dovrebbe portare allo smantellamento delle basi USA in A.Saudita, sono imho un altro motivo di intervento in Iraq: le basi erano a guardia della zona, ma con un iraq asservito non sono più necessarie anzi, sono sempre state fonte di tensione per la monarchia Saudita, accusata di asservimento agli 'infedeli' (Limes 2/04 Marco Hammam) Per ultima una chicca: gli interessi Italiani nell'Iraq 'liberato' (Limes Vol. 4/02 di Mauro DE BONIS; Prima della guerra del Golfo, l'Italia era il quarto partner commerciale dell'Iraq. Al di là del petrolio, per il quale l'Agip è da tempo al lavoro, buone prospettive potrebbero aprirsi nei settori meccanico, agroalimentare, chimico, con in appendice un'intervista ad Adolfo URSO - 'C'è spazio per noi'. E' di questi giorni la notizia (da "Il Sole 24 Ore" di giovedì 13 novembre
Claudio Gatti da New York) che da tempo l'ENI abbia gli occhi sui campi petroliferi di Nassiriya. All'ENI quel giacimento da 300mila barili al giorno e con riserve tra i 2 e i 2,6 miliardi di barili interessa dai tempi del regime di Saddam, ma dopo la guerra l'azienda italiana ha riaperto il negoziato con gli americani di Paul Bremer e con il ministero del Petrolio irakeno.
A giugno una delegazione dell'ENI si è recata a Baghdad a bordo di un aereo militare italiano per discutere nei dettagli.
"La trattativa per l'affidamento di quei pozzi all'ENI non è stata conclusa, ma senza dubbio gli italiani sono in pole position", dice al "Sole 24 Ore" una fonte americana.
Ma quello di Nassiriya è un investimento "pesante", sia sul fronte finanziario - si parla di quasi 2 miliardi di dollari - che su quello delle risorse umane. Ed è chiaro che, qualora fosse affidato all'ENI, l'azienda italiana non potrebbe non tener conto della questione sicurezza.
Ecco quindi l'interesse degli attentatori a trasformare Nassiriya in un inferno in cui sarebbe troppo rischioso avventurarsi. Cosa che oggi l'ENI si è trovata costretta a riconoscere.
"Noi avevamo un interesse per quella zona e lo confermiamo - ha dichiarato l'amministratore delegato Vittorio Mincato - Contavamo di chiudere i colloqui in corso entro l'anno ma i fatti di oggi confermano quanto temevamo: se ne parlerà l'anno prossimo".
Per approfondire Personaggi e interpreti:
Osama Bin Laden (18) (21) (32) (9) (10)
Saddam Hussein (5) (12) (13) (26)
Georgetto Bush jr.: (2)
Guerra al Terrore: «O con noi o con i terroristi». (11) (14) (15) (17) (18) (19) (22)
11/9 (16) (18) (20)
Stabilità Mediorientale (30)
Dick Cheney (vicepresidente)
Condolceeza Rice (Sicurezza Nazionale): dal 1991 al 2000 manager della Chevron Kaki;consigliere per la sicurezza nazionale.
Bin Mahfouz, banchiere saudita finanziatore sia dei Laden che dei Bush (2)
Salem Bin Laden (1)
Paul Wolfowitz, sottosegretario alla difesa americano
Rumsfeld, ministro della Difesa americano
L. Paul Bremer III vicerè Americano dell'Iraq
Comic Powell, segretario di Stato burlone (6) (13) (14)
CIA (19)
Neoconservatori (23)
petrolio (24)(27)
I sauditi: amici prima nemici del futuro? (31)
mujaeddin & talebani combattenti e terroristi (9) (10)
Jessica Lynch, soldatessa Usa catturata dagli iracheni (3)
James Bath, un intimo amico di George W. Bush padre di George Jr., rappresentante a Houston dal sig. Sadem Laden (1)
Henry Kissinger (premio nobel per la pace e imho criminale di guerra&pace (4)
Zbignew Brzezinski (membro del csis, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter...)
Dana Rohrabacher, senatrice sabotatrice (7)
1)Daily Mail, ripreso da Panorama 24-09-1999 "Bush in affari con il fratello di Bin Laden"
Il futuro presidente americano e il fratello del terrorista saudita, Salem Bin Laden, comprarono insieme una compagnia petrolifera in Texas alla fine degli anni '70.
TUTTI GLI ERRORI COMMESSI DALL'FBI
WASHINGTON – George W. Bush e uno dei fratelli di Osama Bin Laden fondarono insieme nel Texas una compagnia petrolifera, la "Arbusto Energy", e divennero soci in affari.
La rivelazione del quotidiano britannico Daily Mail mette in imbarazzo
l'America. Salem Bin Laden e George W. Bush fondarono la società
petrolifera in perfetto accordo.Salem, uno dei 54 fratelli di Osama, morto nel 1983 in un incidente aereo nel Texas, avrebbe investito gran parte del suo capitale ereditato dal padre, in diverse compagnie petrolifere. Nel 1978 nominò James Bath, un intimo amico di George W. Bush, come suo rappresentante a Houston. Fu Bath ad investire la somma di 50 mila dollari nelle azioni della 'Arbusto' e, sempre per conto di Salem Bin Laden, acquistò l'aeroporto della 'Houston Gulf'.
(2) testo integrale sul "Il Venerdì" - 28 marzo 2003 n.784 supplemento "La Repubblica", vedi anche inchiesta del giornalista francese Enric Laurent, La guerra dei Bush,
(3) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/04_Aprile/03/jessica.shtml e http://www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=143&sid=4427332
(4) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2002/12_Dicembre/03/kissinger.shtml
(5) http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqventidue/bbc/bbc.html
(6) http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqventidue/attacco/attacco.html
(7) 'Le Figaro' 1 November 2001 CIA AGENT ALLEGEDLY MET BIN LADEN IN JULY By Alexandra Richard (Page 2, October 31st, 2001)
(8) http://digilander.libero.it/limesclub/conferenze/mondo_bin_laden.html: "il fondamentalismo non e' l'effetto di una sconfitta, ma il frutto di una relazione mal definita su cosa significa esercitare la leadership su queste comunita''
(9) http://www.panorama.it/mondo/reportage/articolo/ix1-A020001020694
(10) http://www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=143&sid=4459641
(11) http://www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=143&sid=4461875
(12) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/11_Novembre/16/rivendicazione.shtml
(13) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/02_Febbraio/11/powellosama.shtml
(14) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2002/10_Ottobre/08/bush.shtml («L'America non può tollerare l'inganno»), «il tempo delle menzogne è passato» bush che cita Kennedy.
(15) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/09_Settembre/21/noioterroristi.shtml
(16) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2002/05_Maggio/18/usabush.shtml
(17) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/12_Dicembre/28/peshawar.shtml http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/12_Dicembre/26/osamadove.shtml "cucù"
(18) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/11_Novembre/11/cassetta-osama.shtml
(19) il premio per il fallimento: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/10_Ottobre/21/cia.shtml
(18) http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/10_Ottobre/14/consegnaosama.shtml e http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/09_Settembre/19/bush.shtml Limes quaderno speciale 01 Cerchiamo la Cupola non la rete islamica di Giulietto CHIESA (Solo un vertice ristretto e coeso, di cui facciano parte alti dirigenti dei servizi segreti di alcuni paesi, può aver progettato l'attacco ai simboli del capitalismo occidentale. Bin Laden ne è forse un esponente, ma non l'unico leader. Sarà una guerra lunga e difficile.)
(19) era ora http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/09_Settembre/24/benibinladen.shtml
(20) http://www.cnn.com/SPECIALS/2001/trade.center/build.map.html
(21) http://www.cnn.com/SPECIALS/2001/trade.center/binladen.section.html
(22) Limes Vol. 4/03 Il patto segreto, di Pepe ESCOBAR (La rapida resa di Baghdad è stata frutto di un'intesa stipulata fra i comandanti della Guardia repubblicana e dei fedayn di Saddam con gli americani. In cambio della desistenza, soldi, promesse di impunità e qualche possibilità di contare nel 'nuovo Iraq'). Limes quaderno speciale 01 Con i bombardamenti indiscriminati non si vince di Paolo COTTA-RAMUSINO e Maurizio MARTELLINI (È ormai dimostrato che l'Occidente è estremamente vulnerabile. È possibile anche un attentato nucleare. Ciò spinge a fermare in ogni modo la diffusione di queste armi. Gli europei devono indurre gli americani alla freddezza necessaria per sconfiggere i terroristi.)
(23) Limes Vol. 2/03 I cavalieri del nuovo secolo americano, di Franz GUSTINCICH (La resistibile ascesa dei neoconservatori americani, un gruppo assai influente nell'amministrazione Bush. L'idea dell'egemonia benigna dell'America, unico polo di potenza globale. L'irrisione degli europei. Una peculiare concezione del diritto. (in appendice una scheda di Emmanuela C. del RE: Il chi è chi - e dove - del Pnac)
(24)Limes Vol. 2/03 La ricetta dell'America: battere Osama e contenere la Cina di Thomas DONNELLY (La Casa Bianca ha un doppio obiettivo strategico: stroncare l'estremismo islamico e impedire che Pechino diventi una potenza mondiale. Quindi vuole soprattutto evitare connessioni fra i suoi due nemici. Come istituzionalizzare l'unipolarismo.)
(25) Limes Vol. 2/03 Riyad sotto pressione gioca la carta delle riforme liberali di Marco HAMAM (L'annunciato smantellamento delle maggiori basi Usa in Arabia Saudita serve alla monarchia per respingere le accuse di asservimento agli 'infedeli' americani. La grande partita sul petrolio iracheno. I tentativi di cambiamento in senso occidentale.)
(26)Un'invenzione mal riuscita: la parabola storica dello Stato iracheno Lorenzo TROMBETTA (Ripercorrendo la vicenda dell'Iraq moderno incontriamo le fragilità e i problemi evidenziati oggi dalla guerra americana. Dal dominio ottomano a quello britannico agli otto decenni di relativa indipendenza, le costanti geopolitiche che segnano la Mesopotamia.)
(27) Limes Quaderno speciale 03 - Bush ha scaricato sul mercato il fardello dei rincari petroliferi di Margherita PAOLINI (Per il dopo-Saddam l'America prepara il rientro delle majors nel paese. Ma incombe il rischio di scontri fra diversi gruppi etnico-politici per il controllo delle risorse energetiche.) Limes 4/02 il Quarto Mare di Margherita PAOLINI (L'America non vuole eliminare Saddam e ridisegnare il Medio Oriente per il petrolio, ma con il petrolio. L'obiettivo è l'indipendenza energetica. Il braccio di ferro con i sauditi, la ricerca di un'intesa con i russi e la partita energetica in Asia centrale.) Limes Vol. 4/02 I nostri interessi nell'Iraq 'liberato' di Mauro DE BONIS (Prima della guerra del Golfo, l'Italia era il quarto partner commerciale dell'Iraq. Al di là del petrolio, per il quale l'Agip è da tempo al lavoro, buone prospettive potrebbero aprirsi nei settori meccanico, agroalimentare, chimico. (in appendice un'intervista: Adolfo URSO - 'C'è spazio per noi')
(30) Limes Quaderno speciale 03 - L'Egitto teme la fine dello status quo di Angelantonio ROSATO (Il grande paese arabo è oggi uno dei migliori alleati degli Stati Uniti, ma l'ideologia del 'nuovo Medio Oriente democratico' inquieta le élite egiziane. La lotta per la successione è già iniziata. Dove si annidano i terroristi.) Limes 4/02 Non sbagliare guerra per non sbagliare pace di Carlo JEAN (Se davvero gli americani attaccheranno l'Iraq, non potranno permettersi di sbagliare nulla. I condizionamenti geopolitici sono talmente forti da rischiare di produrre un disastro. Le scuole di pensiero che si fronteggiano a Washington.) Limes 3/02 Noi arabi stiamo perdendo la pazienza di 'Amr MUSA intervista a cura di Antonella Caruso e Lucio Caracciolo (Conversazione con 'Amr MUSA, segretario generale della Lega Araba.) Limes quaderno speciale 01 - La polveriera saudita di Carlo JEAN (I fragili equilibri dello Stato che domina la penisola arabica. Bin Laden tenta di destabilizzarlo e di affermarvi il suo islamismo radicale. Le lotte interne alla famiglia reale. Fondamentalismo islamico e fondamentalismo americano.)
(40) Limes Quaderno speciale 03 - Dentro il Talibanistan, lo Stato parallelo degli anti-Musharraf di Massimo FRANCO (Dopo la vittoria elettorale islamica dell'ottobre 2002, nelle regioni del Pakistan confinanti con l'Afghanistan si è costituito un potere informale di tono jihadista. Un rifugio per i taliban e per al-Qa da. E intanto l'India si infiltra nelle terre afghane.)
(31)Limes Vol. 4/02 Il sogno hashemita di Giovanni CASTELLANI PASTORIS (Nel difficile tentativo di garantire stabilità all'Iraq dopo Saddam, alcuni americani (e inglesi) pensano di riportare sul trono di Baghdad un membro della casa reale che oggi regge la Giordania. Una mossa esplicitamente antisaudita. )
(32) L'Iran vuole la sconfitta dei taliban di Bijan ZARMANDILI (Teheran spera che la guerra scatenata da bin Laden contro l'America si ritorca contro di lui e i suoi protettori di Kabul, storici avversari del regime persiano.)
(33)1) John K.Cooley, Una guerra empia. La Cia e l'estremismo islamico, Eleuthera, 2002.
(34) Beata ignoranza,Paul Kennedy
internazionale.it, rassegna stampa on line (www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=4516)
Originariamente inviato da ni.jo
Allora sembra che nessuno si senta di rispondere 'si' alla domanda 'sarebbe stata ugualmente guerra se al posto del petrolio in iraq si producessero kaki?'
Io penso di sì, ma non ho la sfera di cristallo come molti altri, quindi potrei anche sbagliarmi. Cmq quello che non ha senso, e che x me è più importante, è che ogni conflitto sia sistematicamente interpretato con i soliti schemi di tipo economico. E qui si aprirebbe un altro discorso, ma viste le probabilità di capirsi, non ritengo opportuno proseguire :)
majin mixxi
19-11-2003, 13:30
Originariamente inviato da Bet
Io penso di sì, ma non ho la sfera di cristallo come molti altri, quindi potrei anche sbagliarmi. Cmq quello che non ha senso, e che x me è più importante, è che ogni conflitto sia sistematicamente interpretato con i soliti schemi di tipo economico. E qui si aprirebbe un altro discorso, ma viste le probabilità di capirsi, non ritengo opportuno proseguire :)
hai visto conflitti che non avevano una base economica nel mondo?
Originariamente inviato da majin mixxi
hai visto conflitti che non avevano una base economica nel mondo?
moltissimi: la parte economica è uno dei motivi, e non sempre la prevalente... ma appunto, penso che non ci capiremo mai perchè partiamo da presupposti lontanissimi. Sappi che non sono il solo a pensarla così, e non mi riferisco certo a politici o opinion-maker, ma a storici :)
Originariamente inviato da Bet
Io penso di sì, ma non ho la sfera di cristallo come molti altri, quindi potrei anche sbagliarmi. Cmq quello che non ha senso, e che x me è più importante, è che ogni conflitto sia sistematicamente interpretato con i soliti schemi di tipo economico. E qui si aprirebbe un altro discorso, ma viste le probabilità di capirsi, non ritengo opportuno proseguire :)
Quello che volevo sottolineare era di non essere un "retrogado sognatore, ma di avere un minimo di base per i miei imho, che non significa vaere la sfera di cristallo, ma districarsi in questo casino: io non dico che potrei sbagliarmi, mi sbaglio sicuramente, ma ci stò provando...e ho rivisto molte delle mie posizioni.
Ognuno ha i suoi pareri e come dici se li mantiene: a me interessa conoscerli, e rivedere se necessario le cose che ritenevo giuste.
Il discorso infatti imho non è inficiato dalla impossibilità di capirsi, ma dallo sminuire l'interlocutore, che porta a reazioni (di cui mi scuso) e incomprensioni :).
guarda ni.jo, non è che sia sempre d'accordo con quello che dici, ma per ora sei una delle poche persone con cui penso si possa ancora discutere, per lo meno senza cadere nei soliti slogan.
La cosa non era indirizzata precisamente a te, ma ho preferito postarla qui: avrei potuto scriverlo altrove, ma il clima mi da altre parti mi sembra pessimo.
Cmq di quello che hai scritto ho letto pochissimo in realtà ma mi permetto di consigliarti di essere più sintetico perchè è impossibile (almeno x me) su un forum perdersi nell'analisi di tutto quello che hai scritto. Un po' il concetto l'ho capito ed è quello delle prime righe: ma non ho la forza, né probabilmente le competenze, per controbattere. Cio' che hai scritto mi sembra più una interpretazione della realtà che la descrizione della realtà, nella quale hai scelto certi campi d'indagine escludendone altri.
Ci sono letture diverse dalle tue... ora per discutere con te dovrei prepararmi bene e non ho neppure il tempo: pero' mi ricordi di analisi precise (di storici) circa la situazione dell'evoluzione della cultura di quei paesi che ha determinato il sorgere di situazione che danno ampio spazio a possibilità di dittature e terrorismo.
E' solo un accenno, senza nessuna particolare pretesa.
E poi in genere tendo a concordare con quello che dice fabio, circa il fatto che ci si perde a spaccare il capello in quattro su questioni che pero' sono state scelte (mentre ne sono state accantonate preventivamente altre) perdendo di vista le questioni essenziali :)
Originariamente inviato da Bet
guarda ni.jo, non è che sia sempre d'accordo con quello che dici, ma per ora sei una delle poche persone con cui penso si possa ancora discutere, per lo meno senza cadere nei soliti slogan.
La cosa non era indirizzata precisamente a te, ma ho preferito postarla qui: avrei potuto scriverlo altrove, ma il clima mi da altre parti mi sembra pessimo.
Cmq di quello che hai scritto ho letto pochissimo in realtà ma mi permetto di consigliarti di essere più sintetico perchè è impossibile (almeno x me) su un forum perdersi nell'analisi di tutto quello che hai scritto. Un po' il concetto l'ho capito ed è quello delle prime righe: ma non ho la forza, né probabilmente le competenze, per controbattere. Cio' che hai scritto mi sembra più una interpretazione della realtà che la descrizione della realtà, nella quale hai scelto certi campi d'indagine escludendone altri.
Ci sono letture diverse dalle tue... ora per discutere con te dovrei prepararmi bene e non ho neppure il tempo: pero' mi ricordi di analisi precise (di storici) circa la situazione dell'evoluzione della cultura di quei paesi che ha determinato il sorgere di situazione che danno ampio spazio a possibilità di dittature e terrorismo.
E' solo un accenno, senza nessuna particolare pretesa.
E poi in genere tendo a concordare con quello che dice fabio, circa il fatto che ci si perde a spaccare il capello in quattro su questioni che pero' sono state scelte (mentre ne sono state accantonate preventivamente altre) perdendo di vista le questioni essenziali :)
Anch'io ovviamente non intendevo difendermi da te, apprezzo sempre i tuoi interventi come quelli di Samu, jumpemax ( :D ), ecc...Fabio trovo sia molto stimolante...pure troppo, mannaggia!:muro: Il mega post è più una raccolta di documenti e fonti, in realtà di mio c'è poco.E' una reazione, più che altro, all'accusa di pochezza delle argomentazioni.
Direi che le lo scopo è mettere in pari la dignità di certe tesi con le altre, a prevenire le frasi tipo "ancora a pensare al petrolio"...lo sò che non è l'unica motivazione, ma a sminuirla nel parlare di Medio Oriente si cade nell'assurdo, per me.
Ripartirei da qui per le analisi, con la promessa di essere meno logorroico sempre che alcuni fatti non vengano più descritti come fossero "baggianate"...
Mi spiace anche che sia nel 3d dei caduti di Nassirya: ma non è completamente o.t: leggete in coda.
Mah! Io ribadisco quanto ho scritto sopra. Casualmente proprio in questi periodi sto leggendo di alcuni grossi eventi storici su testi non proprio di tipo divulgativo. E le considerazioni date sono quelle che ho già espresso: tra l'altro uno dei più grossi errori che viene rimarcato è quello di applicare categorie contemporanee a fenomeni del passato dove queste categorie erano decisamente più marginali. Il fatto poi di porre oggi la categoria di tipo economico alla base alla base di ogni conflitto e di metterla sistematicamente al primo posto è tutto da dimostrare che sia un "dato di fatto" e abbia un fondamento scientifico: questa abitudine nasce, diciamo, dal XIX secolo quando sono sorte determinate correnti di pensiero che hanno più la caratteristica di pensiero filosofico e di ipotesi (e nelle sue degenerazioni, di ideologia) che la caratteristica di analisi storigrafica... cmq sono discorsi noiosi, soprattutto per un forum... mi basta che precisare che certe conclusioni che si danno per certe sono invece tutt'altro che scontate :)
Originariamente inviato da Bet
...mi basta che precisare che certe conclusioni che si danno per certe sono invece tutt'altro che scontate :)
sono assolutamente d'accordo.
Infatti senza la pretesa di escludere completamente la questione petrolifera non mi sarei andato a cercare cosa ne pensavano corriere, limes, repubblica ma sopratutto il sig. Cheney.
Questo perchè a differenza di altri la considero affatto secondaria, (anzi!) nell'ottica dell'esaurimento delle risorse e della cronica instabilità della regione e dell'"assedio" terroristico in atto, della minaccia economico/militare di una Cina in crescita...
Diciamo che imho l'intenzione era di creare un Iraq democratico, che possa esportare a prezzi ragionevoli senza gassare il "suo" popolo o invadere il vicino considerato un lascito coloniale da riottenere, sopratutto in funzione dei "nuovi" rapporti con l'alleato Saudita.
E' un progetto di riorganizzazione del Golfo, per rendere la zona stabile, scevra da terroristi (che però in iraq non c'erano...) e diventare indipendenti energeticamente senza essere più alla mercee di un A.S. finora abbastanza allineata (ricordate il prezzo del p. tenuto basso in occasione della 1a guerra?Un bel contributo alla guerra) ma pericolosamente vicina alle fonti finanziarie dei terroristi.
E sempre imho, si cerca l'indipendenza energetica anche per far fronte ad un altro prossimo grosso avversario: la Cina.
Non penso che il tutto sia insensato: io da profano, storco il naso in alcuni aspetti dell'operazione; la pochezza della diplomazia usata con gli alleati e coi nemici, le commistioni economiche degli interessati (presidente, vice presidente, consigliere per la sicurezza nazionale ecc... tutti con le mani nel petrolio, seppur in usa il conflitto di interessi sia una cosa presa molto seriamente), i costi immani dell'operazione in $ e vite che forse si potevano impiegare meglio, la forte contrapposizione con il mondo arabo, ma sopratutto l'aspetto unilaterale della politica di Bush, in qualsiasi cosa: "o con me o contro di me", l'idea di abbattere le api terroriste infilando un bastone in due alveari contemporaneamente...sopratutto, e quì arriva il discorso Afghanistan: penso che quelle basi dovessero essere smantellate, ma critico l'aver aperto un secondo fronte col primo in netta difficoltà e mi spaventa il cronico disinteresse per gli effetti secondari delle azioni intraprese.
Tu cosa ne pensi?
Originariamente inviato da Proteus
Ti pongo qualche quesito :
Secondo tua opinione le guerre tribali dei primi uomini da cosa erano causate, da ideologie o da dominio e possesso dei territori più produttivi ?, la religione è stata una vera ragione di guerra o solo il solito pretesto atto a fornire copertura, per le menti "semplici" e credulone degli appartenenti al popolo, a ben altre istanze che erano la reale causa del conflitto ?. Da allora cosa è cambiato per poter affermare che i comportamenti umani sono mutati ?.
Io diffido, per questo analizzo con molta ferocia i loro scritti, di quanti propongono visioni nuove, per la quasi totalità delle occasioni la molla che li spinge non è certo l'amore di verità ma, che combinazione, la solita molla economica, consensi, libri pubblicati e fama portano soldi e quindi vantaggi. Non ti pare una buonissima ragione per diffondere idee in controtendenza ?, pensa, se ne desideri un esempio, a tutti i libri in contro tendenza che sono stati pubblicati, l'ultimo evento notevole di cui hanno avuto modo di occuparsi è l'11 settembre, ed ai lauti guadagni di coloro che li hanno scritti.
Ciao
P.S. Prudenza nello sposare linee che pretendono di gettare nuova luce su cose vecchie come l'umanità stessa.
Caro Proteus, mi scuserai se ti rispondo con una domanda, ma c'è un motivo che ti ho già detto. Purtroppo per essere più convincente dovrei rispondere con esempi che farebbero un baffo :D alla lunghezza dei post di ni.jo... ma evidentemente la cosa non è praticabile, quindi mi limito a porre il dubbio (ed è già molto) in persone che abbiano voglia di porsi di dubbi piuttosto che ancorarsi su certezze di quì all'eternità.
Sei sicuro che io stia parlando di "visioni nuove" ed in realtà non sia più nuova un tipo di lettura nata da teorizzazioni (come quella che hai proposto) che nascono in tempi relativamente recenti?
Cmq non mi riferisco certo a battaglie tribali, ma alla quasi totalità dei conflitti storici: vedo cmq continui, secondo me, a commettere proprio quell'errore che citavo prima e cioè applicare categorie che sono nostre e prevalentemente dell'età contemporanea a periodi passati dove le concezioni, la cultura e il modo di pensare non era uguale al nostro. Non sono i comportamenti che sono cambiati (beh, in parte anche questi): sono i criteri di lettura che possono cambiare :)
Non è difficile proporre letture parziali, basta presentare alcuni aspetti (economici) e dimenticare gli altri (culturali).
I testi che ho sottomano cmq sono tutto tranne che bestseller :D e penso proprio che gli autori/autrici non ci camperanno con quei testi, a differenza invece dei testi che hai citato tu, sul quale cmq ho lo stesso parere tuo :)
Per finire: non ho certamente alcuna pretesa di sconvolgere i criteri di lettura che uno si è costruito, ma almeno di insinuare il dubbio... e penso che dubitare delle proprie certezze sia sempre una cosa intelligente. Mi consigli prudenza: fai bene, ma tengo solo a precisare che mi pare di essere tra i pochi che è tutt'altro che certo di un'unica causa. Non sarebbe male dire "prudenza" a chi da una interpretazione univoca (e sono moltissimi... sono i più) e la porta avanti come una Bibbia.
mo' arrivo ni.jo... devo sbrigare alcune cosette :)
Originariamente inviato da Proteus
Se gli scannamenti perpetrati dalle tribù dei nostri progenitori al fine di controllare i territori più redditizi mascherata spessissimo da motivazioni religiose o altri pretesti non sono sufficientemente antichi e consolidati è evidente che io non sono ferrato sull'argomento, io pensavo che l'antichità fosse sufficiente,:D e che devo quindi ritirarmi in buon ordine a fronte della vostra enciclopedica sapienza.:ave: :ave: .
Scherzi a parte non si convalida un concetto con post kilometrici, anzi se essio ha una validità reale non abbisogna di tante circonlocuzioni per venire avvalorato essendo ovvia la sua validità. Invece tanto più un concetto è complesso da descrivere e, di conseguenza, ingarbugliato, tanto più odora di costruzione artefatta o di volo pindarico. Non affermo che questo sia l'essenza di quei concetti a cui hai accennato ma ti invito, se puoi, a semplificarli e sottoporli. Affermare che originerebbero post kilometrici è velleitario, spessissimo siamo noi, con i nostri limiti, a non trovare la via semplice per rendere semplici, come in genere sono in realtà, le cose.
Ciao.
P.S. Attendo che tu sottoponga questi concetti perchè vi sono assai interessato.
il mio post iniziale era molto più laconico:
"...se al posto del petrolio in iraq producessero kaki, sarebbe stata la stessa cosa?"
:D
e se togli le fonti di appoggio, il concetto è quello che ho esposto nel post precedente.
x Proteus:
evidentemente negli ultimi tempi sbaglio registro :(
Non era mia intenzione mostrare alcuna enciclopedica sapienza che peraltro non ho assolutamente. Sui fatti specifici riguardanti l'argomento del 3d, giusto o sbagliato che siano i giudizi, sono molto più informate altre persone, tra le quali c'è sicuramente ni.jo e per citarne uno di parte opposta c'è fabio69. Non mi sogno neppure di addentrarmi in dettagli con loro. Anche perchè alla fin fine i miei campi d'interesse si rivolgono decisamente altrove. E anche sui fatti storici, le cose che so le conosco incidentalmente in quanto incrociano altri campi di mio interesse. Concordo con te che spesso la lunghezza dei post porta a una fumosità sospetta, e prima ho parlato di lunghezza in riferimento ad esempi a supporto delle idee che uno porta.
Altra premessa indispensabile: non escludo assolutamente il fattore economico, solamente lo considero come uno dei fattori. E' questo che ho sempre voluto rimarcare.
Detto questo, esempli flash: secondo te i conflitti tra Israele e paesi limitrofi (di questi ultimi cinquant'anni) sono dovuti solo a motivi economici? L'umiliazione che ricevette la Germania dopo la I G.M. dopo un secolo passato in una cultura romantica ma soprattutto "risorgimentale" (e qui sarebbe bello leggere un po' di scritti di pensatori tedeschi) non c'entra con la II G.M.? Le conquiste di Alessando Magno erano dettati da fattori economici? E qui apro una parentesi: spesso si compiono indagini sociologiche sulle guerre, valide per carità, ma si dimentica che spesso soprattutto nel passato, l'importanza del singolo (sovrano o condottiere che fosse) con le sue idee, aveva un peso decisamente superiore a quello della società. Lo stesso impero romano, perchè non ha attaccato l'impero persiano ben più ricco e fertile di molti altri territori posseduti? Secondo le tue teorie sarebbe stato logico. Eppure l'impero islamico se l'è pappato in quatto e quattr'otto. E sempre queste teorie anche oggi ci sarebbero molti altri territori ricchi di materie prime da attaccare e che causerebbero meno grattacapi che il medioriente.
Molte guerre (molte, non tutte) combattute in seno all'europa dal rinascimento in poi sono dovute a fattori economici?
Potrei passare anche alla situazione attuale del medioriente ma vi accenno solo perchè l'argomento è troppo hot e non ho voglia di vedere apparire da parte di terzi i soliti slogan: uno dei motivi e non secondari rispetto a quelle situazioni di instabilità nel medioriente secondo molti storici è dovuto ad una ormai secolare chiusura della cultura islamica... cultura non economia; chiaro che poi c'è stato il riflesso economico. Inizialmente non era così, anzi si trattava di una delle culture più aperte che si conoscessero e testimonianza ne sono i moltissimi scambi con l'occidente, poi pero' ci fu all'interno delle diverse correnti, il prevalere di forme più autoritarie e restrittive che hanno causato un stop che oggi pagano a livello di disagi d'ogni tipo (democratico, economico, religioso ecc.). L'espansione islamica degl inizi era certo derivata anche da un incremento demografico ma il motivo delle loro conquiste e delle loro guerre non stava solo in fatti economici.
Sono pochi esempi, e non sono miei, ci tengo a precisare. La lunghezza di cui ti accennavo all'inizio deriva dal fatto che ste cose messe così dicono relativamente poco: bisognerebbe entrare nei dettagli.
Perchè oggi si sentono frasi del tipo "dipende solo da fattori economici", "è per il petrolio" ecc. ecc. Perchè sono subentrate delle letture (perchè sempre di letture si tratta... la realtà non la si descrive mai, la si interpreta) che hanno posto solo il fatto economico quale unico criterio interpretativo della realtà. Ti dice niente frasi del tipo "è l'insieme dei rapporti economici che determina la realtà e la struttura di una società, il resto è sovrastruttura che serve per giustificare la propria posizione dominante"? Certo, poi è stata corretta con interpretazioni di tipo darwiniano, poi ancora altri correttivi, ma la radice è quella. Ma se non si passa dal concetti di sovrastruttura (non detto apertamente ma sottointeso) a quello di civiltà non si capiranno mai le concause dei conflitti. IMHO
ps: dimenticavo e aggiungo ora. Il conflitto nei Balcani. Se è vero che tra le cause recenti vi è il fattore economico, è altrettanto vero (e in questo senso è un ottimo esempio) di come vi siano una quantità pazzesca di altri fattori. Su questo basta leggersi un po' di storia sugli slavi del sud.
di certo la causa dei conflitti raramente è una sola.
Ognuno valuta in coscienza quale prevale sulle altre.
La chiusura del islam degli ultimi decenni, è un fattore come lo è l'aspetto "religioso" e quello del "martirio" anche se non è la parola adatta.
Faccio solo notare che in questo caso, il principio guida di questa vicenda è contenuto nel rapporto di Cheney, che non nasconde nulla sulle motivazioni economiche che spingono le nuove politiche militari, nè Bush si fà scrupolo di sottolineare l'importanza del benessere del suo popolo (inteso come mantenimento dell'attuale livello di ricchezza o di miglioramento dello stesso) mettendolo al di sopra di ogni altra considerazone, compresi accordi già firmati e alleanze secolari...poi la vicenda è complicata all'inverosimile da altri fattori (cina, religione, divergenze e aspetti culturali, "ideologia sulla democrazia" arabia saudita, terrorismo, crisi delle riserve di energia, ristagno e crisi economica, rigetto e disimpegno europeo per la guerra, interessi ecomnomici della stessa europa ecc...) alcuni dei quali come la protezione del terrorismo sembrano prevalere sulle altre.
a proposito, ecco la ricostruzione che avevo visto: questa è in prospettiva, quella della tv dall'alto ma il sneso è quellO: sono entrati nel perimetro.
http://www.repubblica.it/speciale/2003/carabinieri/grafici_1.html
LONDRA - La democrazia è un prodotto da esportazione, anche in Medio Oriente. E la guerra è uno strumento che gli Stati Uniti e i loro alleati devono essere pronti a utilizzare. Bush jr, oggi.
:uh:
Originariamente inviato da Proteus
No Bet, stavo un poco scherzando perchè la troppa serietà nuoce, come il tabacco, gravemente alla salute. :D
Tornando a noi posso dire che abbiamo chiarito i nostri punti di vista che, a grandi linee, sono assonanti perchè la base di tutti i conflitti è indubbiamente il predominio che passa, volenti o nolenti, per l'economia ma quest'ultima, anche se rappresenta la base su cui appoggia il teorema non è certamente ne l'unica ne la sola.
Ciao.
P.S. Mi pare che pure Ni.Jo sia, riguardo questo argomento, sulla stessa linea di pensiero nonostante la, IMHO eccessiva, semplificazione che ne ha fatto.
:ahahah: ...o sono logorroico o semplifico troppo...:muro: :)
riparto con i collegamenti incrociati? :D
LittleLux
21-11-2003, 12:31
Volevo offrire uno spunto di riflessione, sempre che non sia già stato fatto, sulle dichiarazioni (passate sotto silenzio dalla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione...chissà perchè:rolleyes: ) del nostro (ormai ex) rappresentante governativo presso la coalizione alleata in Irak, il quale si è dimesso in aperto dissenso con questa affermando che gli alleati rappresentano solo un gruppo affaristico e nulla più.
Ciao
wmaverick
21-11-2003, 13:11
...Non mandatemi in malora...ma se per caso qualche altro carabiniere e/o soldato fosse ucciso in Iraq qui in Italia ci sarebbe un altro lutto nazionale???
In guerra è destino che muoiano in continuazione soldati...dal mio punto di vista in futuro quando la morte sarà consuetudine anche queste brutte notizie andranno in secondo piano....e ci si farà l'abitudine...:( :(
Originariamente inviato da Proteus
Premettendo che mai ho affermato tu sia logorroico desidero precisare che essere prolissi non significa non semplificare i concetti, potrebbe anche essere una tecnica, ovviamente inconscia, atta al confondere l'interlocutore. La dimostrazione, mai ne servisse una, la si trova nei discorsi dei politici che per descrivere qualcosa che potrebbe essere liquidato con tre parole, le più frequenti per definire quanto dicono e pensano sarebbero : è una fesseria, parlano parlano parlano senza nulla aggiungere sino allo sfinimento di coloro che li ascoltano.
Come puoi constatare un post prolisso non significa necessariamente abbia contenuti che ne giustificano la lunghezza.
Ciao.
P.S. Preciso, onde evitare che qualcuno possa risentirsi di quantoi ho testè scritto, non è riferito direttamente ad alcuno ma solamente un discorso generico comprendente qualsiasi post di qualsiasi utente me compreso.
:)
A proposito di semplicistiche interpretazioni, l’Independent ritiene che il messaggio di Blair alla nazione di qualche giorno fà in occasione della visita di Bush, sia stato «un’analisi semplicistica della guerra, che aveva veramente poco a che fare con quello che era successo poche ore prima in Turchia».
Il quotidiano di Londra rifiuta l’idea espressa dal premier, secondo cui «l’Iraq è il campo di battaglia principale della guerra di cui le bombe di Istanbul sono solo l’ultima manifestazione», ma in realtà, «è la guerra in Iraq che è solo un aspetto marginale della lotta ad al Qaeda, e questo solo perché l’intervento angloamericano ha creato la connessione. L’invasione e l’occupazione dell’Iraq stanno facilitando il reclutamento di martiri pronti a morire per il loro odio verso i non musulmani, soprattutti gli americani, gli inglesi e gli israeliani. Il legame tra Istanbul e Bagdad è solo questo, ed è ben più complessa del semplice “loro odiano la libertà”». Sempre sull’Independent, Robert Fisk ritiene che a differenza degli attentati alle sinagoghe, che erano mirati contro la Turchia, le nuove stragi volevano colpire la Gran Bretagna: «Stiamo pagando il prezzo di un ingenuo tentativo di risistemare il Medio Oriente.Gli australiani hanno scontato la loro alleanza con Bush a Bali, gli italiani a Nassiriya. E adesso tocca a noi».
In un lungo articolo pubblicato sul Times, Simon Jenkins scrive che le bombe non cesseranno di colpire nuovi obiettivi finché «l’occidente non capirà di non poter imporre i suoi sistemi ai popoli arabi». Jenkins espone anche il suo pensiero circa la strategia adottata dai terroristi: «Il loro scopo non è solo uccidere, ma far funzionare il moltiplicatore del terrore attraverso gli attentati, sfruttare le risposte, volontarie e involontarie, dei soggetti che colpisce» «Hanno ottenuto esattamente quello che volevano, traumatizzando l’America e provocando una reazione che sta diffondendo l’antiamericanismo nel mondo islamico. Non si trattava solo di un affronto, ma di un invito alla guerra. Io – prosegue Jenkins – credevo allora e credo tutt’ora che l’occidente avrebbe dovuto declinare l’invito.Non avrebbe mai dovuto promuovere al Qaeda all'affascinante successore dell’impero del male sovietico. Al Qaeda era un’organizzazione criminale di fanatici e andava sconfitta con le spie, la corruzione e le trattative segrete».Il quotidano inglese pubblica anche un commento dal tono particolarmente scoraggiato di Philip Stephens: «L’unica certezza che abbiamo è che il disordine mondiale in cui ci siamo svegliati due anni fa è ancora spaventoso quanto lo era allora».
(articoli raccolti da Claudio Rossi Marcelli, internazionale.it)
twinpigs
24-11-2003, 10:08
Originariamente inviato da ni.jo
A proposito di semplicistiche interpretazioni, l’Independent ritiene che il messaggio di Blair alla nazione di qualche giorno fà in occasione della visita di Bush, sia stato «un’analisi semplicistica della guerra, che aveva veramente poco a che fare con quello che era successo poche ore prima in Turchia».
Il quotidiano di Londra rifiuta l’idea espressa dal premier, secondo cui «l’Iraq è il campo di battaglia principale della guerra di cui le bombe di Istanbul sono solo l’ultima manifestazione», ma in realtà, «è la guerra in Iraq che è solo un aspetto marginale della lotta ad al Qaeda, e questo solo perché l’intervento angloamericano ha creato la connessione. L’invasione e l’occupazione dell’Iraq stanno facilitando il reclutamento di martiri pronti a morire per il loro odio verso i non musulmani, soprattutti gli americani, gli inglesi e gli israeliani. Il legame tra Istanbul e Bagdad è solo questo, ed è ben più complessa del semplice “loro odiano la libertà”». Sempre sull’Independent, Robert Fisk ritiene che a differenza degli attentati alle sinagoghe, che erano mirati contro la Turchia, le nuove stragi volevano colpire la Gran Bretagna: «Stiamo pagando il prezzo di un ingenuo tentativo di risistemare il Medio Oriente.Gli australiani hanno scontato la loro alleanza con Bush a Bali, gli italiani a Nassiriya. E adesso tocca a noi».
In un lungo articolo pubblicato sul Times, Simon Jenkins scrive che le bombe non cesseranno di colpire nuovi obiettivi finché «l’occidente non capirà di non poter imporre i suoi sistemi ai popoli arabi». Jenkins espone anche il suo pensiero circa la strategia adottata dai terroristi: «Il loro scopo non è solo uccidere, ma far funzionare il moltiplicatore del terrore attraverso gli attentati, sfruttare le risposte, volontarie e involontarie, dei soggetti che colpisce» «Hanno ottenuto esattamente quello che volevano, traumatizzando l’America e provocando una reazione che sta diffondendo l’antiamericanismo nel mondo islamico. Non si trattava solo di un affronto, ma di un invito alla guerra. Io – prosegue Jenkins – credevo allora e credo tutt’ora che l’occidente avrebbe dovuto declinare l’invito.Non avrebbe mai dovuto promuovere al Qaeda all'affascinante successore dell’impero del male sovietico. Al Qaeda era un’organizzazione criminale di fanatici e andava sconfitta con le spie, la corruzione e le trattative segrete».Il quotidano inglese pubblica anche un commento dal tono particolarmente scoraggiato di Philip Stephens: «L’unica certezza che abbiamo è che il disordine mondiale in cui ci siamo svegliati due anni fa è ancora spaventoso quanto lo era allora».
(articoli raccolti da Claudio Rossi Marcelli, internazionale.it)
completamente daccordo ...
una visione chiara ed obiettiva
al confronto le menzogne e gli :mc: di B.B. si dimostrano non più "convincenti" e da "avallare" da parte degli Stati "amici".
Tutto ciò farà moltiplicare i Kamikaze che sono alimentati dalla sempre più diffidenza ed odio degli arabi che vivono in quelle terre
Washington Post
Italia fu messa in guardia su attacco Nassiriya
MILANO (Reuters) - L'intelligence italiana avrebbe messo in guardia per tre volte, con un mese di anticipo, sulla possibilità di un "attacco imminente" contro la base dei carabinieri a Nassiriya, in Iraq, indicando anche i nomi dei seguaci di Saddam Hussein che stavano tramando per colpire il contingente italiano. Lo afferma il Washington Post citando, in un servizio da Baghdad, alcuni brani di rapporti di intelligence italiani.
Secondo il quotidiano Usa, gli avvertimenti furono comunicati alla catena di comando italiana, ma "non produssero alcuna precauzione al quartier generale" in Iraq prima della strage del 12 novembre.
L'attentato contro la sede dei carabinieri a Nassiriya è costato la vita a 19 italiani - 17 militari e due civili - e nove iracheni.
I documenti del Sismi ottenuti dal quotidiano statunitense contraddicono la versione del ministero della Difesa italiano, secondo il quale non ci fu nessun tipo di avvertimento specifico prima dell'attacco.
Oggi la Difesa non è stata disponibile per un commento sulle notizie diffuse dal Post.
Tra il materiale citato dal giornale Usa, c'è una informativa che citava nomi di esponenti delle milizie Fedayn fedeli all'ex dittatore Saddam Hussein che, secondo il Sismi, si stavano occupando di preparare attacchi contro gli italiani.
Il rapporto avrebbe dettagliato anche il ruolo negli attacchi dell'organizzazione fondamentalista Ansar al Islam, ritenuta legata alla rete di Al Qaeda e al movimento dei talebani afghani.
Il Washington Post cita anche un'audizione del direttore del servizio d'intelligence militare, Nicolò Pollari, del 18 novembre, in cui il militare aveva sottolineato gli alti rischi per la presenza italiana nel sud dell'Iraq.
Il pericolo per gli italiani presenti nel Paese dopo il sanguinoso attentato a Nassiriya era stato inoltre evidenziato dal presidente del Comitato parlamentare per i servizi di sicurezza Enzo Bianco, secondo il quale da luglio le segnalazioni del Sismi sul rischio di attacchi contro il contingente italiano si erano intensificate.
Il Sismi aveva comunque detto che era "destituita di fondamento la notizia di una segnalazione specifica... di un possibile attentato al contingente italiano" a Nassiriya il 12 novembre, come avevano riportato alcune indiscrezioni della stampa italiana.
la repubblica (http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/esteri/iraq10/esclusi/esclusi.html)
Il Pentagono: niente contratti per Francia, Germania, Russia
Interventi assicurati per Gran Bretagna, Italia e Spagna
Iraq, esclusi dalla ricostruzione
i Paesi che dissero no alla guerra
ROMA - Niente appalti per i Paesi che si opposero alla guerra in Iraq. Francia, Germania e Russia saranno escluse dalla suddivisione dei ventisei principali contratti per la ricostruzione del Paese, per un valore complessivo di 18,6 miliardi di dollari, che saranno pubblicizzati nei prossimi giorni. La decisione è stata annunciata in un documento firmato dal vicesegretario alla Difesa americano Paul Wolfowitz.
:rolleyes:
"E' necessario, per la protezione degli interessi essenziali di sicurezza degli Stati Uniti, limitare la competizione per i contratti primari a società americane, dell'Iraq e dei partner della coalizione", ha affermato Wolfowitz, per giustificare la decisione.
http://us.i1.yimg.com/us.yimg.com/i/mesg/emoticons/33.gif :wtf: http://www.coolfrenchcomics.com/lofcat6.gif :rotfl:
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