cagnaluia
26-10-2003, 13:01
Repubbica:
ROMA - "Una sentenza aberrante. Che va cancellata al più presto". Durissima, senza sfumature, la reazione del ministro del Welfare Roberto Maroni alla decisione del tribunale dell'Aquila sulla rimozione del crocifisso dalle aule. Un gesto, una presa di posizione del tutto "inaccettabile" perché un giudice, secondo Maroni, "non può cancellare millenni di storia".
Ma il ministro leghista non grida isolato allo scandalo. La sentenza con cui il giudice Mario Montanaro ha imposto la rimozione del simbolo cristiano dall'aula della scuola statale "Antonio Silveri" di Ofena (Aq), accogliendo la richiesta di Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia, fa insorgere non solo la Cei che giudica "illegale" la sentenza, ma scatenata un fuoco trasversale di "no", da cattolici e laici, da centrodestra e centrosinistra.
Chi la ritiene una bestemmia, chi una decisione priva di intelligenza e comunque "fuorilegge". Che la prospettiva sia cattolica o laica, comunque la sentenza del giudice Montanaro suscita malcontento da una parte e dall'altra. Da cattolico, Roberto Calderoli, coordinatore della segreteria nazionale della Lega Nord e vicepresidente del Senato, la considera una "bestemmia" e "ancor più gravi - dice - le motivazioni della sentenza in cui fra l'altro si dice: '...la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno a una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale dell' espressione di fede..'. Dopo il mancato inserimento nella Convenzione europea delle radici cristiane - prosegue Calderoli - ora si cerca di eliminare tali radici anche dalla nostra Costituzione dimenticandosi degli art. 7 e 8 della carta".
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Il vicepresidente del Senato va poi oltre, criticando la "passiva accettazione di religioni che negano la libertà religiosa e individuano come nemici coloro che credono in un dio diverso dal loro". "Tra Maometto, guerre di religione, Bin Laden e soci, io e la Lega - conclude Calderoli - staremo sempre dalla parte del Crocifisso, daremo battaglia e su tutti i fronti".
Togliere il crocifisso dalle aule non è solo "sbagliato" e "sconcertante" per il capogruppo dell'Udc alla Camera, Luca Volontè, ma anche "illegale". Ricorda infatti Volontè che "proprio un anno fa il ministro Moratti aveva riconfermato a seguito di un'interrogazione del nostro gruppo la validità delle leggi vigenti. Il crocifisso nelle aule scolastiche è legittimo proprio perché è il simbolo dei valori civili del nostro paese". "L'interpretazione delle leggi vigenti da parte di un giudice - prosegue Volontè - non può portare alla negazione delle norme stesse. Invito pertanto l'Avvocatura dello Stato e il ministro Moratti ad intervenire in sede giudiziaria per tutelare le leggi e la morale civile della nazione italiana".
Un "errore storico e culturale", che "non aiuta l'integrazione e interpreta in modo sbagliato il pluralismo religioso". Boccia la sentenza del giudice Montanaro il segretario dei popolari dell'Udeur Clemente Mastella per il quale "togliere oggi il crocifisso dalle aule delle scuole significa non avere rispetto per valori che per noi sono fondamentali". Al contrario, ricorda Mastella, di quanto la Dc ha fatto nella prima Repubblica, "rispettando la laicità: massima in quegli anni è stata la tolleranza nei confronti di chi non condivideva i nostri principi". Non contano le differenze poilitiche, avverte Mastella, perché "quei valori cattolici sono espressione di larga parte della società italiana".
Insorge la Cei con il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Giuseppe Betori che giudica la sentenza in contraddizione con
La decisione del tribunale rischia - ha aggiunto - di aprire la strada ai "fondamentalismi religiosi più estremi".
Seppur con argomenti diversi, la bocciatura alla sentenza arriva anche dal centrosinistra, con il Presidente dei deputati della Margherita, Pierluigi Castagnetti, che la definisce "priva di
intelligenza, buonsenso e legittimità". "Il giudice - conclude - può solo applicare la legge e se ha dei rilievi da sollevare lo può fare solo rivolgendosi alla Corte Costituzionale".
(26 ottobre 2003)
ROMA - "Una sentenza aberrante. Che va cancellata al più presto". Durissima, senza sfumature, la reazione del ministro del Welfare Roberto Maroni alla decisione del tribunale dell'Aquila sulla rimozione del crocifisso dalle aule. Un gesto, una presa di posizione del tutto "inaccettabile" perché un giudice, secondo Maroni, "non può cancellare millenni di storia".
Ma il ministro leghista non grida isolato allo scandalo. La sentenza con cui il giudice Mario Montanaro ha imposto la rimozione del simbolo cristiano dall'aula della scuola statale "Antonio Silveri" di Ofena (Aq), accogliendo la richiesta di Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia, fa insorgere non solo la Cei che giudica "illegale" la sentenza, ma scatenata un fuoco trasversale di "no", da cattolici e laici, da centrodestra e centrosinistra.
Chi la ritiene una bestemmia, chi una decisione priva di intelligenza e comunque "fuorilegge". Che la prospettiva sia cattolica o laica, comunque la sentenza del giudice Montanaro suscita malcontento da una parte e dall'altra. Da cattolico, Roberto Calderoli, coordinatore della segreteria nazionale della Lega Nord e vicepresidente del Senato, la considera una "bestemmia" e "ancor più gravi - dice - le motivazioni della sentenza in cui fra l'altro si dice: '...la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno a una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale dell' espressione di fede..'. Dopo il mancato inserimento nella Convenzione europea delle radici cristiane - prosegue Calderoli - ora si cerca di eliminare tali radici anche dalla nostra Costituzione dimenticandosi degli art. 7 e 8 della carta".
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Il vicepresidente del Senato va poi oltre, criticando la "passiva accettazione di religioni che negano la libertà religiosa e individuano come nemici coloro che credono in un dio diverso dal loro". "Tra Maometto, guerre di religione, Bin Laden e soci, io e la Lega - conclude Calderoli - staremo sempre dalla parte del Crocifisso, daremo battaglia e su tutti i fronti".
Togliere il crocifisso dalle aule non è solo "sbagliato" e "sconcertante" per il capogruppo dell'Udc alla Camera, Luca Volontè, ma anche "illegale". Ricorda infatti Volontè che "proprio un anno fa il ministro Moratti aveva riconfermato a seguito di un'interrogazione del nostro gruppo la validità delle leggi vigenti. Il crocifisso nelle aule scolastiche è legittimo proprio perché è il simbolo dei valori civili del nostro paese". "L'interpretazione delle leggi vigenti da parte di un giudice - prosegue Volontè - non può portare alla negazione delle norme stesse. Invito pertanto l'Avvocatura dello Stato e il ministro Moratti ad intervenire in sede giudiziaria per tutelare le leggi e la morale civile della nazione italiana".
Un "errore storico e culturale", che "non aiuta l'integrazione e interpreta in modo sbagliato il pluralismo religioso". Boccia la sentenza del giudice Montanaro il segretario dei popolari dell'Udeur Clemente Mastella per il quale "togliere oggi il crocifisso dalle aule delle scuole significa non avere rispetto per valori che per noi sono fondamentali". Al contrario, ricorda Mastella, di quanto la Dc ha fatto nella prima Repubblica, "rispettando la laicità: massima in quegli anni è stata la tolleranza nei confronti di chi non condivideva i nostri principi". Non contano le differenze poilitiche, avverte Mastella, perché "quei valori cattolici sono espressione di larga parte della società italiana".
Insorge la Cei con il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Giuseppe Betori che giudica la sentenza in contraddizione con
La decisione del tribunale rischia - ha aggiunto - di aprire la strada ai "fondamentalismi religiosi più estremi".
Seppur con argomenti diversi, la bocciatura alla sentenza arriva anche dal centrosinistra, con il Presidente dei deputati della Margherita, Pierluigi Castagnetti, che la definisce "priva di
intelligenza, buonsenso e legittimità". "Il giudice - conclude - può solo applicare la legge e se ha dei rilievi da sollevare lo può fare solo rivolgendosi alla Corte Costituzionale".
(26 ottobre 2003)