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View Full Version : joy division


ni.jo
13-09-2003, 16:32
...ho un amico che è = sputato al cantante dei joy division, com'è nell'ultimo video: qualcuno ha una foto di com'è ora?
con google ho pescato solo foto vecchie...thanks!














...ma se avete foto di belle ragazze van bene lo stesso.:oink:

ni.jo
13-09-2003, 19:30
:cry:

eriol
13-09-2003, 19:50
...
ian curtis è morto suicida

ni.jo
13-09-2003, 20:17
Originariamente inviato da eriol
...
ian curtis è morto suicida

ops.:O

Ecco perchè non gli somigliava per nulla.



Foto del nuovo frontman?

buatt
13-09-2003, 20:33
Scusa ma come fai a dire che assomiglia se poi non sai neanche a chi dovrebbe assomigliare? :sofico:

:D

ni.jo
13-09-2003, 20:42
Originariamente inviato da buatt
Scusa ma come fai a dire che assomiglia se poi non sai neanche a chi dovrebbe assomigliare? :sofico:

:D

LOL, no, è sputato al cantante dell'ultimo video, ma con google saltavano fuori le foto di Curtis (che a quanto pare è pure passato a miglior vita) al quale non somiglia per nulla...

ni.jo
13-09-2003, 20:43
...poi magari ho bevuto una birra di troppo e ho visto Simon & Gurfunkel e li ho confusi per i Joy division...:ubriachi:

Ataraxia
15-09-2003, 04:50
...poi magari ho bevuto una birra di troppo e ho visto Simon & Gurfunkel e li ho confusi per i Joy division...

....sono senza parole....povero Ian!

ni.jo
15-09-2003, 07:17
Originariamente inviato da Ataraxia
....sono senza parole....povero Ian!

...uff, il soggetto della discussione è il nuovo frontman...al limite la nuova formazione.;)

ni.jo
15-09-2003, 15:41
nessuno ha sentito nulla di nuovo sui Joy?
Ho sognato davvero?Nessuna news da nessuna parte...bòh.



qualcosa sui "veri" Joy division:

dal sito di mtv
Joy Division
Data di nascita: 1977

Sebbene abbiano realizzato due soli album durante la loro breve carriera, non abbiano mai fatto un tour negli U.S.A., e abbiano concluso in tragedia la loro storia prima di sfondare le classifiche, il gruppo post-punk britannico dei Joy Division è uno dei più acclamati e noti degli ultimi 20 anni.
Grazie ai testi dark e crudi e alla figura enigmatica del cantante Ian Curtis -il cui inaspettato suicidio blocca la crescita del gruppo e simultaneamente li innalza a leggenda- e alla strumentazione distorta del chitarrista Bernard Sumner (conosciuto anche come Bernard Albrecht), del bassista Peter Hook e del batterista Steve Morris, i Joy Division rimangono una cult band celebrata negli anni. Numerosi gruppi post-punk hanno copiato il loro stile, mentre il sound dark dei Joy ha ispirato il movimento rock-gotico.
I Joy Division si formano a Manchester, nel 1976 col nome di Stiff Kittens, includendo Curtis, Sumner, Hook e il batterista Terry Mason che, dopo un concerto dei Sex Pistols, decidono che la musica è la loro strada. Con Tony Tabac alla batteria il gruppo diventa noto col nome di Warsaw e inizia a suonare in Inghilterra, richiamando numerosi fan. Tabac viene sostituito da Steve Brotherdale, a sua volta rimpiazzato dal batterista definitivo Steve Morris, quando la band diventa Joy Division nel 1978, prendendo spunto da un racconto sul nazismo – e scoprendo la presenza di un altro gruppo punk chiamato Warsaw. Lo stesso anno il gruppo realizza l’album di debutto, ma il vero successo arriva nel 1979 con “Unknown Pleasures” prodotto da Martin Hannett. Pubblicato dalla label indipendente Factory, “Unknown Pleasures” vende bene in Inghilterra, nonostante le performance spastiche di Curtis e l’uso dell’immaginario nazi causino polemiche nella stampa musicale. Grazie al plauso della critica inglese i Joy Division vengono contattati da numerose major americane, ma il gruppo decide di pubblicare con la Factory anche il secondo album, “Closer”.
Tristemente, il 18 marzo 1980, il giorno prima dell’inizio del tour statunitense, Ian Curtis si impicca nel suo appartamento. La fama dei Joy cresce con la notizia della sua morte: “Closer” vende centinaia di migliaia di copie in Inghilterra e il singolo “Love Will Tear Us Apart” raggiunge la Top 10. Dopo poco esce “Substance”, una collezione di b-side e demo, e “Still”, un album di registrazioni live.
Contemporaneamente Sumner, Hook e Morris formano la band elettronica dei New Order, che diventa uno dei gruppi più popolari degli anni ’80,

Joy Division


Fabrizio Roych


Joy Division, il nome delle baracche femminili dei lager tedeschi trasformate in bordello dai nazisti, valse alla band la prima di molte accuse di nazismo.


Quattro anni di vita, tra il 1977 e il 1980, due album e una manciata di registrazioni. Un cantante epilettico e sofferente, morto suicida a 23 anni, a un passo dalla tournée americana della consacrazione, pochi giorni prima della pubblicazione del secondo disco, quello della maturità. Una storia tragica che sa di punk, ma che nel punk c'è solo nata. I Joy Division nascono come Warsaw, ma c'è ancora da lavorare. I live fanno crescere i Warsaw, gli spettacoli dilettanteschi formano la band di Manchester, dal sasso grezzo la trasformano nell'obelisco opaco del debutto discografico. Ma quello è già il '79. Diventare Joy Division per Curtis (voce e mente) significò in quel maggio del 1977 lasciare il punk goffo dei Warsaw, per un post-punk sposo, se non fratello, della New Wave.

Ci sarebbero un paio di demo sbrindellati, ma val la pena di accompagnare l'infanzia della band passo passo, ancora dal vivo. Dunque, Ian Curtis aveva un'idea di live che offrisse al pubblico il mood delle sue liriche. Testa bassa, poche luci, spesso nessuna, e la famosa danza. Le convulsioni di un'epilessia sempre più fuori controllo divenne il clou di esibizioni che riuscivano a spiccare anche in quegli ultimi anni '70, gli anni del parossismo punk. E a proposito di punk. Man mano che cresceva, la band perdeva di vista i primi ispiratori, Buzzocks e Sex Pistols, per andare a trovare i vecchi maestri, Iggy Pop e Velvet Underground. La New Wave dei Joy Division è un punk privo di istrionismo, dove la musica inscena gli stucchi scrostati della tradizione del rock. E anche questo sarebbe punk... Difficile inquadrare la musica dei Joy Division, colta e disperata, elementare ma curiosa, pronta a sfruttare i nuovi suoni elettrici dei sintetizzatori, a rappresentare del gotico sia le ombre che le guglie lucenti. La linea è quella dei Doors, di Jim Morrison agli inizi, quando lo sciamano non aveva ancora cognizione di sé ed era solo voce e turbamento. I Doors, né blues, né rock, né psichedelia. Un rock ombroso e ingenuo, che Ian Curtis raccolse e amplificò.

Joy Division, il nome delle baracche femminili dei lager tedeschi trasformate in bordello dai nazisti, valse alla band la prima di molte accuse di nazismo. Lo scandalo era visibilità, faceva gioco al punk, ma un'ideologia come il nazismo e anche un movimento come il punk non facevano parte del mondo di assenza e sconfitta approntato da Ian Curtis. Nelle sue canzoni Curtis canta l'Apocalisse, ma un'Apocalisse già avvenuta. Si contemplano le macerie, si assiste a una ricostruzione impossibile, si accetta la vittoria delle cose e lo spirito sconfitto. Una contemplazione che non è un'arringa, e perciò è priva di aggressività. Non c'è bisogno di convincere nessuno, bisogna solo enunciare il dramma e la prostrazione. Mettere il dito dove fa male, con naturalezza, gelida e desolata. Di queste sensazioni Curtis fu maestro e poeta, anche se la figura di talento maledetto non ricordava David Bowie o Lou Reed. Loro fecero arte, mentre Curtis si scottò e arse fino ad annientarsi.

"Unknown Pleasures", prima ancora di finire nello stereo, si guadagna lo status di album storico per la copertina. Le dieci canzoni custodite dietro una copertina così impegnativa iniziano l'estetica dei Joy Division, scandendo prospettive sinistre con i testi e la voce di Ian Curtis.


Ian Curtis si suicidò tra il 17 e il 18 maggio 1980. Si impiccò nella sua camera d'albergo, prima che l'America scoprisse il simposio dolente che erano i suoi live. La musica che ha lasciato in dono aveva avuto un Natale imperfetto l'anno prima, con "Unknown Pleasures". Il primo vero album della band, se si escludono le piccole e trascurabili produzioni precedenti, nasce come un classico. Meno di quaranta minuti di musica veloce e immediata, che già pareva domandare più raffinatezza, più cura, e una scelta musicale ancora più personale. Eppure, tante imperfezioni lo hanno mantenuto caldo e penetrante, forse più del capolavoro eletto, "Closer", un anno più tardi.

"Unknown Pleasures", prima ancora di finire nello stereo, si guadagna lo status di album storico per la copertina. Fortunatamente, la band rinunciò alle proprie idee e lasciò fare a Peter Saville. Il risultato è un quadrato nero, con sopra la rappresentazione grafica del segnale di una stella che sta per esplodere e diventare una supernova. Le dieci canzoni custodite dietro una copertina così impegnativa iniziano l'estetica dei Joy Division, scandendo prospettive sinistre con i testi e la voce di Ian Curtis, e grazie alla produzione di Martin Hannett. Il produttore dei Buzzocks ha dato professionalità alla band, e l'ha resa degna protagonista del catalogo Factory. La chitarra di Bernard Albrecht, il basso di Peter Hook e la batteria di Stephen Morris hanno completato l'opera. Il suono dilatato e distante, ma rapido alla maniera punk, si preparava a superare la scena indie per influenzare il dark, il rock e persino il pop del ventennio a seguire. Il basso abbraccia il resto della strumentazione, ma chitarra e batteria si fanno sentire singolarmente. Un equilibrio al limite del caos, un rumorismo che non trascende, e serve il cantato di Curtis, anche se non ne dipende. Indisciplina e coesione, e una passione incipiente per i rumori e le prospettive dei sintetizzatori.

"Closer" porta il neon nella musica dei Joy Division. Le chitarre e le batterie, e la voce di Curtis, erano come lumi e fuochi nel buio di un mondo brullo e diroccato. I barbagli della fiamma con "Closer" si trasformano in luci fredde e precise, per osservare ancora meglio gli incubi dei Joy Division. I sintetizzatori contribuiscono al monte rumori, e insieme intonacano le pareti grezze di una musica ancora debitrice al punk. La superficie dura di "Closer", tra ritmi scanditi e rumori aspri, esalta la matrice morrisoniana di Ian Curtis. I timbri bassi e l'enunciazione diretta e immediata, fanno lavorare parole di un uomo che si è arreso. Per questo, Ian Curtis non è Jim Morrison, e le sue parole non sono moniti. I versi dei Joy Division sono angoscia, tensione, e la disperazione del vuoto, da cui non c'è salvezza.

ni.jo
15-09-2003, 15:58
Che piciu.
Erano i Jane's addiction...moan moan...
:muro: :O :D