View Full Version : Rinfrescarsi la memoria. Le colpe di chi?
In un topic recente, parlando di ONU e interventi unilaterali, sono stato invitato a "rinfrescarmi la memoria", sull'efficacia dell'ONU.
La cosa che mi stupisce è che si parte dalla constatazione che l'ONU "non funziona", come se l'ONU fosse una entità aliena, caduta sulla terra e, soprattutto, assolutamente priva di qualsivoglia rapporto con "quelli che funzionano" (fattivamente, NATO e USA).
Il primo punto di tale rinfrescata fu la tragedia dei Ruanda su cui, effettivamente, una rinfrescatina ci andrebbe.
Il 6 aprile 1994 l'aereo del presidente rwandese Juvenal Habyarimana si schianta presso Kigali, colpito da un missile: comincia così il genocidio dei Tutsi, che porterà alla morte di 800.000 persone in solo 100 giorni, tra l'indifferenza della comunità internazionale e la benevolenza di Parigi...
Si è conclusa oggi in Rwanda la settimana della memoria, dedicata al ricordo di una delle pagine più nere della storia contemporanea: un genocidio terribile, il più sanguinoso dalla seconda guerra mondiale, pianificato ed attuato con metodo ed organizzazione. Ripercorriamo le tappe di un evento che ha cambiato per sempre la storia di un paese.
Storia
Per riuscire a comprendere le ragioni che hanno portato al genocidio, sono necessari alcuni brevi cenni storici: dal 1897 il Rwanda diventa una colonia tedesca, retta però da un monarca locale di origine divina, il mwami. Il paese è diviso in due etnie, i Tutsi, più ricchi e proprietari dei capi di bestiame, e gli Hutu, molto più numerosi e dediti all'agricoltura. La distinzione principale tra i due gruppi è di carattere economico, non tribale: i Tutsi sono più ricchi e ottengono più facilmente i posti di governo, ma i due gruppi parlano la stessa lingua, sottostanno alle medesime regole. Anche i matrimoni misti sono piuttosto frequenti.
La situazione cambia dopo la prima guerra mondiale, quando il Rwanda passa sotto il controllo del Belgio. La divisione tra i due gruppi si fa più marcata, anche perché i Belgi decidono di privilegiare i Tutsi, che vengono educati ai valori della cultura occidentale e conservano le redini del potere. Ogni cittadino riceve una carta d'identità in cui viene fissata definitivamente l'etnia di ognuno, impedendo di fatto l'ntegrazione tra i due gruppi. Cresce il risentimento degli Hutu verso i Belgi, ideatori di questo sistema, e i Tutsi, principali beneficiari.
Nel 1962 il Rwanda ottiene l'indipendenza e con le prime elezioni gli Hutu prendono saldamente il potere. L'antico risentimento sfocia in continue violenze contro i Tutsi, vittime di massacri efferati che attirano l'attenzione della comunità internazionale. I Tutsi nel frattempo si organizzano in gruppi armati che tentano di rovesciare il regime, senza però ottenere risultati. Nel 1973 grazie ad un golpe sale al potere Juvenal Habyarimana, che guida un governo dominato dal partito Hutu Movimento Rivoluzionario Nazionale per lo Sviluppo (MRND).
Il 1990 vede la nascita del Fronte Patriottico Rwandese (RFP), un gruppo armato Tutsi con basi in Uganda che ha lo scopo di rovesciare il governo di Kigali. Le incursioni dei ribelli in territorio rwandese si moltiplicano, seguite per rappresaglia da massacri di civili Tutsi. Nel 1993, grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, si arriva all'accordo di Arusha, che prevede una divisione del potere ed il ritorno al multipartitismo. Per monitorare il rispetto degli accordi viene inviata nel paese una missione dell'ONU, la UNAMIR[b].
Ma l'accordo di Arusha non soddisfa Kigali, gli Hutu al potere non sono disposti a scendere a compromessi con i Tutsi, e un gruppo di politici ed alti ufficiali dell'esercito vicini ad Habyarimana comincia a organizzare la "soluzione finale".
Preparativi
Nei mesi precedenti l'inizio del genocidio in Rwanda affluisce un quantitativo impressionante di armi, tanto che alcuni testimoni dichiareranno anni più tardi che fucili e granate venivano venduti al mercato come fossero frutta e verdura. [b]Il maggior fornitore d'armi è la Francia, che in questo periodo opera una decisa scelta di campo in favore del governo di Habyarimana. Il Credit Lyonnais assicura una fornitura di armi del valore di 6 milioni di dollari proveniente dall'Egitto, mentre arrivano anche armi sequestrate all'Iraq durante la Guerra del Golfo del 1991. La Francia in questo modo agisce consapevolmente contro il trattato di pace di Arusha, che proibisce la vendita e la circolazione di armi nel paese.
La seconda fase prevede l'addestramento di "milizie speciali", specie di corpi scelti che ricevono in primis un indottrinamento politico. Le milize Interahamwe, create nel 90 con lo scopo di proteggere il paese da un eventuale attacco del RFP, vengono ora addestrate a portare attacchi contro i civili. Già nel 92 alcuni giornali rwandesi accusavano le Interahamwe di essere diventate un ricettacolo di assassini.
Ma perché il genocidio raggiunga i suoi obiettivi è necessaria una propaganda martellante, che istighi la popolazione Hutu all'odio contro i Tutsi, in modo che allo scoppio delle ostilità le vittime non possano trovare scampo da nessuna parte. A questo scopo nasce un'emittente radiofonica, Radio Mille Colline, che comincia a diffondere slogan e canzoni che incitano a liberarsi dei Tutsi, a sterminarli. I proclami sono di una tale violenza che sembrano grotteschi, perciò non vengono presi sul serio né dai diplomatici né dall'UNAMIR. In effetti, nessuno si aspetta il massacro che comincerà di lì a poche settimane.
Il piano dei militari Hutu, organizzati in un gruppo chiamato Network Zero, è semplice: impedire in ogni modo la nascita di un governo multipartitico, eliminare il Primo Ministro e scatenare una guerra civile, se necessario attaccare i Caschi Blu dell'ONU per indurre il ritiro del contingente UNAMIR.
La colpe dell'Occidente
Ma in questa organizzazione perfetta, un granello di sabbia rischia di mandare tutto a monte: l'11 gennaio 1994 un uomo che si fa chiamare "Jean-Pierre" entra in contatto con l'UNAMIR. JP addestra gli Interahamwe, ma negli ultimi giorni ha ricevuto l'ordine di identificare tutti i Tutsi di Kigali. JP sospetta che i vertici stiano preparando un massacro, e decide di entrare in contatto con i Caschi Blu.
Secondo JP, gli Interahamwe sarebbero sul piede di guerra e aspetterebbero solo il segnale per dare inizio allla carneficina. La sua unità è capace di uccidere 1.000 persone in venti minuti, e ciò la dice lunga sul pericolo che corrono i Tutsi. Per dimostrare che le proprie dichiarazioni sono credibili, JP fa visitare ad un ufficiale dell'UNAMIR in incognito un nascondiglio di armi, dichiarando di conscerne altri. In cambio della sua collaborazione, chiede la protezione dell'ONU.
Lo stesso pomeriggio il Comandante delle truppe ONU in rwanda, il generale Romeo Dallaire, invia un fax al Palazzo di Vetro chiedendo l'autorizzazione ad attaccare i nascondigli e la protezione per JP. Ma la risposta di New York è gelida: non se ne fa niente, l'UNAMIR contatti il presidente rwandese per discutere della questione. L'operazione salta, JP si eclissa e l'ONU perde l'occasione per evitare una delle più grandi tragedie della storia.
Apocalisse
Il 6 aprile 1994, il massacro ha inizio: nei pressi di Kigali un missile colpisce l'aereo dove viaggiano i presidenti di Rwanda e Burundi. Non è ancora chiaro il ruolo di Habyarimana nella progettazione del genocidio. Il fatto che i maggiori accusati siano i suoi bracci destri fa pensare che non potesse essere all'oscuro del progetto, ma il fatto che sia stato ucciso dagli Interahamwe rimette tutto in discussione.
Quel che è certo è che i membri di Network Zero colgono la palla al balzo: pochi giorni dopo viene ucciso il Primo Ministro, assieme con i dieci Caschi Blu belgi della scorta. La propaganda comincia a tuonare contro i Tutsi, responsabili della morte dell'amato presidente. La macchina infernale si mette in moto, i massacri si susseguono mentre la comunità internazionale sta a guardare.
Belgio e Francia ritirano i propri contingenti pochi giorni dopo lo scoppio delle ostilità, per non subire altre perdite. Al Consiglio di Sicurezza gli USA premono per il ritiro totale delle forze dell'UNAMIR, visto che non sussisterebbero le condizioni per proseguire la missione. Da questo momento gli USA saranno i più strenui sostenitori del non-intervento, nonostante alcuni documenti confidenziali declassificati pochi anni fa dimostrino come la presidenza fosse perfettamente al corrente di cosa stava accadendo in Rwanda.
Resta da raccontare la storia delle vittime, persone di serie B odiate dai loro stessi compatrioti e ignorate dal mondo: storie di madri massacrate a colpi di machete con i loro neonati in braccio, storie di gente radunata per strada e poi uccisa a colpi di granate, storie di ragazze stuprate e poi finite a colpi di lancia o a bastonate. Il genocido rwandese è un monumento alla ferocia umana, che tutti i protagonisti hanno contribuito ad alimentare.
Il Rwanda è ancora alle prese con la sua pesante erdità: nove anni sono pochi, pochissimi per rimarginare una ferita così profonda e per dimenticare l'accaduto. Chi è sopravvissuto spesso ha perso tutto, i familiari, la casa, il lavoro. Il genocidio non ha solo ucciso 800.000 persone, ha anche ucciso il futuro di un paese destinato per chissà quanto tempo a vivere nella miseria e nell'odio.
Resta da sperare che un avvenimento del genere abbia almeno insegnato qualcosa. Nel corso degli anni, l'ONU e l'amminsitrazione Clinton hanno ammesso i propri errori, dichiarando come un'azione tempestiva avrebbe potuto evitare ciò che è successo. Ammissioni che di certo non riporteranno in vita le vittime, ma che sono state apprezzate da chi è sopravvissuto come una sorta di ricompensa morale. Molto più dell'ostinato silenzio francese, che dura ancora oggi...
Matteo Fagotto
Allora, servito il ripassino?
Colpa dell'ONU?... e chi ci stava all'ONU?
Francia e USA fanno parte SOLO dell'ONU?
dimenticavo la fonte:
www.warnews.it
(la memoria delle guerre dimenticate)
Non solo, nel caso dell’abbattimento del Mystere Falcon (francese) con a bordo il presidente Habyarimana che fece da miccia per l’esplosione dei massacri in un’inchiesta ordinata dal parlamento Francese e in uno studio di Wayne Madsen si legge:
“La rivelazione più drammatica riguarda la scatola nera del “Mystere Falcon” (…) fù trasportata al quartirer generale delle O.n.u. a New York, dov’è tuttora conservata (…) secondo le fonti O.n.u. il governo degli U.s.a. ha fatto pressioni perché le informazioni contenute nella scatola nera non venissero divulgate (…) inoltre la Arbour (procuratore capo del tribunale internazionale) ordinò ai propri subordinati (…) di interrompere le indagini quando divenne evidente che stavano portando a una conclusione chiara: il Fronte Patriottico e i suoi sostenitori americani erano coinvolti nell’organizzazione dell’attentato (…) il fronte controllava le tre principali vie d’accesso all’aereoporto e mercenari europei al soldo dei servizi segreti americani usarono un magazzino vicino all’aereoporto per pianificare e lanciare il missile che abbattè il falcon. (…) inoltre negli anni 96-97 l’agenzia canadese CIDA aveva concesso aiuti umanitari di emergenza proprio al fronte, che li aveva usati per acquistare armi (…) “ W.Madsen “UN & Canada complicit in Randa Cover up: America and Rpf Planned and launched aircraft attack” da l’Observatoire del L’Afrique Centrale vol.3, ma anche “Tutzi informants killed rwandan president”
http: ONU: Ong chiedono indipendenza per il Tribunale del Rwanda
lunedì, 18 agosto, 2003
Cmq,
Quattro importanti organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno inviato il 9 agosto scorso una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu chiedendo di assicurare "indipendenza e imparzialità" al Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR). Si tratta di Human Right Watch (HRW), del Lawyers Committee for Human Rights (LCHR) con sede a New-York, della Fédération Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH) di Parigi e di Rencontre Africaine pour la Défense des Droits de l'Homme (RADDHO) di Dakar, Senegal.
Dietro la motivazione ufficiale, però, vi sarebbero le pressioni di Usa e Gran Bretagna affinchè il Tribunale per il Rwanda non persegua per crimini di guerra e crimini contro l'umanità gli ufficiali militari del Rwandan Patriotic Army (RPA), la milizia del Rwandan Patriotic Front (RPF) a maggioranza Tutsi che ha preso il potere nel 1994 dopo il genocidio perpetrato sotto la direzione di ufficiali dell'esercito dell'allora governo di maggioranza Hutu.
La Del Ponte, infatti, ha a più riprese manifestato la sua intenzione di perseguire non solo i responsabili dei massacri operati in quegli anni dall'esercito Hutu, ma anche quelli commessi in rappresaglia dalle milizie Tutsi del Rwandan Patriotic Front, che attualmente ricopre un ruolo centrale nel governo di Kigali.
La Del Ponte che iniziava a indagare su tutti gli eccidi ha perso il mandato.
La risoluzione approvata giovedì è stata redatta dagli Stati Uniti: in essa
si chiede al segretario generale Kofi Annan (appoggiato dagli Usa nella
successione a Boutros Gali) di nominare un nuovo procuratore per il tribunale
incaricato di occuparsi dei genocidi del 1994 in Ruanda.
http://www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=105&sid=4177021
A capo dei servizi segreti militari delle forze ugandesi c’era Paul Kagame addestrato al U.s.Army Command and Staff College di Leavenworth in Lansas.
Nel ‘90 tornò in patria a comandare l’esercito rwandese. (prima dello scoppio della guerra civile e dell’incvasione del Rwanda l’esercito patriottico rwandese faceva parte dell’esercito Ugandese)
E comunque è ampliamente dimostrato che i corpi speciali americani in particolar modo berretti verdi del 3° corpo di base a Fort Bragg e c’era la presenza di consulenti militari nella regione
(da L.Duke, Africans Use Us Military Training in Unexpected Ways scritto sul Washington Post il 14 07 1998)
Rimane il fatto che adesso a Kingali l’inglese ha preso il posto del francese sia al governo che nell’esercito, e anche nell’università di Kinyarwanda, e che il dollaro stà rapidamente rimpiazzando il franco…
neanche l'Onu è senza colpe (ma è sempre un' organizzazione di Nazioni di cui fanno la parte del leone Usa Gb Francia Germania ecc...e in cui esiste una cosa chiamata diritto di veto che blocca qualsiasi risoluzione avversa ad uno dei Grandi...)
Mea culpa dell'Onu sul Ruanda
da "Il Manifesto" del 16 Aprile 2000
NEW YORK
Dopo sei anni, il Consiglio di sicurezza riconosce le responsabilità sul GENOCIDIO SEI ANNI FA, TRA APRILE E MAGGIO, SI CONSUMAVA IL GENOCIDIO IN RUANDA: 800 MILA PERSONE, IN MAGGIORANZA TUTSI MA ANCHE HUTU MODERATI, VENIVANO MASSACRATE NEL MODO PIÙ ATROCE, SOPRATTUTTO A COLPI DI MACHETE, SOTTO GLI OCCHI DISATTENTI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE E DELL'ONU. Ci sono voluti ben sei anni ma ieri, finalmente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha assunto esplicitamente le proprie responsabilità rispetto a quanto accaduto nel 1994. IN UN DIBATTITO ORGANIZZATO DAL CANADA, I MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA HANNO RISPOSTO A UN RAPPORTO SUL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE IN RUANDA CHE ACCUSAVA L'ORGANIZZAZIONE DI ESSERE STATA TROPPO TIMIDA, DISORGANIZZATA E MALDIRETTA PRIMA DEL GENOCIDIO E RESPONSABILE PER IL MANCATO INTERVENTO DOPO CHE IL MASSACRO ERA INIZIATO. LO STESSO SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, KOFI ANNAN, CHE HA COMMISSIONATO L'INCHIESTA, È FINITO SOTTO ACCUSA IN QUANTO ALLORA CAPO DELLA MISSIONE PEACEKEEPING DELL'ONU PER NON AVER PRESO SUL SERIO GLI AVVERTIMENTI DEL GENERALE CANADESE ROMEO DALLAIRE, CHE GUIDAVA LE FORZE ONU. NEL 1994 LE NAZIONI UNITE AVEVANO IN RUANDA 2.500 PEACEKEEPERS MA FURONO RITIRATI SUBITO DOPO L'UCCISIONE DI DIECI SOLDATI BELGI. Il ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy, ha detto che nessuno può ora guardarsi indietro senza provare rimorso e tristezza per non aver aiutato il popolo ruandese quando ne aveva bisogno. "L'inaudita brutalità degli autori del genocidio si sono burlati, ancora una volta, della promessa che non sarebbe successo "mai più", impegno preso dopo l'Olocausto. L'AMBASCIATORE OLANDESE PETER VAN WALSUM, SOSTENENDO CHE L'ONU ERA AGGRAPPATA A UN PROCESSO DI PACE IRRILEVANTE, HA ALLARGATO IL DISCORSO ALLE RESPONSABILITÀ DELLA FRANCIA NELL'"OPERAZIONE TURQUOISE". Alla fine comunque i quindici del Consiglio di sicurezza hanno sottolineato che importante è la lezione da trarre da quanto successo per evitare che si ripeta, soprattutto in Africa, dove il pericolo è ancora presente. Per l'ambasciatore Usa, Richard Holbrooke, il miglior modo di dimostrare di aver appreso la lezione è quello di riportare la pace in Congo. L'ambasciatore ruandese all'Onu, Joseph Mutaboba, ha apprezzato il rapporto e le raccomandazioni espresse ma ha detto che il Consiglio di sicurezza deve fare di più: "non è mai troppo tardi per fare le cose giuste". Il riferimento era alla richiesta di un "mini piano Marshall" per la ricostruzione del suo paese. Peraltroin gennaio le famiglie di due vittime ruandesi avevano avviato un'azione legale contro le Nazioni unite per complicità negli omicidi. Ad avviare la denuncia erano stati due avvocati australiani sulla base delle accuse di due donne sopravvissute alle stragi: la hutu Anonciata Kavaruganda e la tutsi Louise Mushikiwabo. la Kavaruganda è vedova di un giudice hutu della Corte suprema ruandese, assassinato perché considerato "simpatizzante dei tutsi". Secondo le accuse i soldati Onu, del Ghana, avrebbero fatto amicizia con gli attentatori e invece di proteggere la famiglia del giudice avrebbero assistito, senza intervenire, alla tortura della moglie e dei figli. Louise Mushikiwabo, sorella di Lando Ndaswinga, l'unico ministro tutsi del governo ruandese all'epoca, avrebbe visto fuggire la scorta del fratello poco prima che questo fosse trucidato insieme con la madre
grazie a fabio69 per l'ultimo articolo ;)
L'onu è l'unico organismo internazionale che può risolvere le controversie internazionali: dare in mano la gestione delle politiche e delle controversie ad un unica potenza si chiama dittatura e per quanto possa essere illuminata (ci sono pareri discordanti in questo) è sempre una dittatura e ultimamente ci sono "piccolissimi segnali" che sembrano indicare che la cosa non funzioni nemmeno così bene...
Spero che qualcuno che ci capisce qualcosa si prenda la briga di analizzare i motivi della "debolezza" di questa istituzione e ci si metta in testa di rinnovarla...altrimenti vedo il caos diventare ancor più profondo....saluti.:)
non ricordavo certo i dettagli, ma conoscevo già questa situazione che in effetti è una delle pagine più vergognose della politica estera francese ed americana. Uno appoggiava una etnia, l'altro stava con quelli contro, al fine di garantirsi accessi privilegiati ai mercati dei vari minerali... in questa zona non è che si potessero supporre chissà quali altre ipotesi.
Fin qui d'accordo quindi. E' di qui in avanti che la faccenda diventa ostica. Se si potesse risolvere le questioni con dichiarazioni di principio sarebbe facile, poi per la risoluzione dei problemi bisogna fare i conti anche con i dati di fatto da cui è impossibile prescindere... pero' sono discorsi vecchi, vero? :D
Originariamente inviato da Bet
non ricordavo certo i dettagli, ma conoscevo già questa situazione che in effetti è una delle pagine più vergognose della politica estera francese ed americana. Uno appoggiava una etnia, l'altro stava con quelli contro, al fine di garantirsi accessi privilegiati ai mercati dei vari minerali... in questa zona non è che si potessero supporre chissà quali altre ipotesi.
Fin qui d'accordo quindi. E' di qui in avanti che la faccenda diventa ostica. Se si potesse risolvere le questioni con dichiarazioni di principio sarebbe facile, poi per la risoluzione dei problemi bisogna fare i conti anche con i dati di fatto da cui è impossibile prescindere... pero' sono discorsi vecchi, vero? :D
Sì, però non solo questi vecchi discorsi continuano ad essere lasciati incompleti. Ma vengono regolarmente dimenticati dal, diciamo, 70% della popolazione occidentale che è tutt'ora convinta che in Ruanda Hutu e Tutsi si massacravano "perchè si odiavano" (come se fossero nati, così), quando non travisati.
Allora, facciamo anche i conti con i dati di fatto da cui è impossibile prescindere... e vediamo in che modo possiamo continuare a guardarci nello specchio senza sputare.
A me non dispiacerebbe cominciare a fare il conto con questi "dati di fatto". Dopo tutto sono lì, sempre gli stessi e sempre in attesa di soluzione. Mica si sono nascosti.
visto che ti rivolgi a me, ti faccio rilevare che io questi dati non li ho mai nascosti.... tutt'altro: a questi avvenimenti ho fatto riferimento già 3 o 4 volte sul forum :)
forse hai interpretato il mio intervento come una presa di posizione a favore di questo o quello, ma direi proprio che non è così; e quindi non ho nessuna intenzione a partecipare ad una gara del tiro a segno con lo sputo :p
Ho messo solo in guardia dal presentare questioni di principio (peraltro da analizzare) come soluzioni al problema
Veramente mi stavo riferendo alla media degli interventi visti su questa questione.
Poi c'è sempre una mia incapacità a capire dove sarebbe esattamente la "questione di principio".
Tralasciando il fatto che anche i principi andrebbero tradotti in pratica, non fosse altro per non riempirsi la bocca di paroloni come "sicurezza", "civiltà", "progresso" e continuare a masticare a vuoto, a me pare di vedere una situazione semplicissima:
o affrontiamo il dato di fatto o sarà il dato di fatto ad affrontare noi.
A meno che "questione di principio" non significhi "questione sul punto da cui iniziare".
andiamo bene allora, qui è tutto una incomprensione :D
ho postato soprattutto in riferimento all'ultimo intervento di ni.jo
ps: mi vuoi dire che pensi che quello che ha detto ni.jo sia un riempirsi la bocca di paroloni come "sicurezza" , "civiltà" , "progresso" e continuare a masticare a vuoto? :D :p :sofico:
ehi ehi ehi!
sporco pipistrellone, vuoi mettermi contro il cerbero?!?:D :)
bet non bat...:muro:
Originariamente inviato da Bet
andiamo bene allora, qui è tutto una incomprensione :D
ho postato soprattutto in riferimento all'ultimo intervento di ni.jo
ps: mi vuoi dire che pensi che quello che ha detto ni.jo sia un riempirsi la bocca di paroloni come "sicurezza" , "civiltà" , "progresso" e continuare a masticare a vuoto? :D :p :sofico:
Ho già capito che la più difficile missione che dovrà affrontare un ONU riformata sarà dotarmi di un interprete che mi faccia capire quando e perchè si stanno rivolgendo a me...
:D
Originariamente inviato da ni.jo
ehi ehi ehi!
sporco pipistrellone, vuoi mettermi contro il cerbero?!?:D :)
bet non bat...:muro:
ci ho provato :D
pero' il furbone ha svicolato :mc:
Originariamente inviato da Bet
visto che ti rivolgi a me, ti faccio rilevare che io questi dati non li ho mai nascosti.... tutt'altro: a questi avvenimenti ho fatto riferimento già 3 o 4 volte sul forum :)
forse hai interpretato il mio intervento come una presa di posizione a favore di questo o quello, ma direi proprio che non è così; e quindi non ho nessuna intenzione a partecipare ad una gara del tiro a segno con lo sputo :p
Ho messo solo in guardia dal presentare questioni di principio (peraltro da analizzare) come soluzioni al problema
cmq volevo solo darvi il mio modestissimo parere, in disaccordo con molte frasi lette su questo e altri forum che accusano l'onu di inefficenza e inutilità vs un america super efficente e decisionista.
Nessuno ha la soluzione in tasca, ma sarebbe già un risultato ammettere che il ruolo dell'Onu è indispensabile e che la stessa ha bisogno di essere riformata.;)
Originariamente inviato da ni.jo
cmq volevo solo darvi il mio modestissimo parere, in disaccordo con molte frasi lette su questo e altri forum che accusano l'onu di inefficenza e inutilità vs un america super efficente e decisionista.
Nessuno ha la soluzione in tasca, ma sarebbe già un risultato ammettere che il ruolo dell'Onu è indispensabile e che la stessa ha bisogno di essere riformata.;)
Niente è indispensabile. Però, se effettivamente percepiamo il problema (ed è un problema, basta vedere quanto spendiamo ogni anno per gli "efficientissimi" interventi unilaterali) allora occorre uno strumento.
StefAno Giammarco
10-09-2003, 14:36
Mi pare che questa discussione sia un po' il paradigma del perché succedono le guerre :D
Originariamente inviato da StefAno Giammarco
Mi pare che questa discussione sia un po' il paradigma del perché succedono le guerre :D
cioè? (toh, un'altra incomprensione in questa discussione :D )
Originariamente inviato da StefAno Giammarco
Mi pare che questa discussione sia un po' il paradigma del perché succedono le guerre :D
come osi?
:sofico:
Originariamente inviato da cerbert
Niente è indispensabile. Però, se effettivamente percepiamo il problema (ed è un problema, basta vedere quanto spendiamo ogni anno per gli "efficientissimi" interventi unilaterali) allora occorre uno strumento.
credo che in questo momento sia indispensabile, in quanto al attualmente non c'è nulla che possa sostituirla.
io sono d'accordo con cerbert
tutti siamo importanti, nessuno è indispensabile
meglio un uovo oggi che una gallina domani
tanto va la gatta al lardo...
:D
StefAno Giammarco
10-09-2003, 14:48
Originariamente inviato da Bet
io sono d'accordo con cerbert
tutti siamo importanti, nessuno è indispensabile
meglio un uovo oggi che una gallina domani
tanto va la gatta al lardo...
:D
Ma ce l'hai con me? :p
Originariamente inviato da StefAno Giammarco
Ma ce l'hai con me? :p
senti ni.jo, se continui con questo andazzo ti segnalo a un junior member! :mad:
Originariamente inviato da StefAno Giammarco
Ma ce l'hai con me? :p
La tua provocazione è veramente intollerabile.
Ma chi ti credi di essere!
:D :sofico: :D
StefAno Giammarco
10-09-2003, 14:54
Originariamente inviato da cerbert
La tua provocazione è veramente intollerabile.
Ma chi ti credi di essere!
:D :sofico: :D
Eppure mi sembrava chiaro: un anarchico programmatore con spruzzatine di liberismo... ehm cioé... no... volevo dire un analista pragmatico con spruzzatine di ipertiroidismo... beh, insomma, ci siamo capiti :Prrr:
a proposito del titolo del 3d :D
ora che cerbert ci ha "rinfrescato" la memoria (più che altro ci ha fuso il cervello), di chi è la colpa ?
no, perchè io voglio sapere come va a finire
non è che mi metto a leggere un 3d giallo-fantascientico senza sapere com'è il finale ;)
StefAno Giammarco
10-09-2003, 15:01
Originariamente inviato da Bet
a proposito del titolo del 3d :D
ora che cerbert ci ha "rinfrescato" la memoria (più che altro ci ha fuso il cervello), di chi è la colpa ?
no, perchè io voglio sapere come va a finire
non è che mi metto a leggere un 3d giallo-fantascientico senza sapere com'è il finale ;)
Mi pare tu passi troppo tempo in mezzo ai preti per cui niente sai della vita vera. Il colpevole è, ovviamente, il maggiordomo :sofico: :D :cool:
Originariamente inviato da Bet
io sono d'accordo con cerbert
tutti siamo importanti, nessuno è indispensabile
meglio un uovo oggi che una gallina domani
tanto va la gatta al lardo...
:D
gallina a me?sei tutto chiacchiera e distintivo!
bet ha in casa dei farmaci scaduti che in meno di 40 min potrebbe sciogliere nell'acquedotto comunale e produrre flatulenza molesta in tutta la città!fermatelo!
:ahahah:
fine ot.
Originariamente inviato da Bet
a proposito del titolo del 3d :D
ora che cerbert ci ha "rinfrescato" la memoria (più che altro ci ha fuso il cervello), di chi è la colpa ?
no, perchè io voglio sapere come va a finire
non è che mi metto a leggere un 3d giallo-fantascientico senza sapere com'è il finale ;)
Allora:
1) la colpa della degenerazione del thread è sicuramente tua che ti lasci fraintendere da me. Stai attento che alla prossima ti segnalo ai moderatori!
2) veramente io speravo che me lo dicesse qualcun altro di chi era la colpa. Altrimenti avrei scritto: "So di chi è la colpa".
3) (serio) ad accusare l'ONU di "fallire", scaricandogli addosso la patente di inanità di fronte alle peggiori tragedie originate da decenni di politiche estere "allegre", non sono io. Ad avere la risposta alla domanda, infallibile e indiscutibile, sono altri.
Originariamente inviato da cerbert
Allora:
1) la colpa della degenerazione del thread è sicuramente tua che ti lasci fraintendere da me. Stai attento che alla prossima ti segnalo ai moderatori!
2) veramente io speravo che me lo dicesse qualcun altro di chi era la colpa. Altrimenti avrei scritto: "So di chi è la colpa".
3) (serio) ad accusare l'ONU di "fallire", scaricandogli addosso la patente di inanità di fronte alle peggiori tragedie originate da decenni di politiche estere "allegre", non sono io. Ad avere la risposta alla domanda, infallibile e indiscutibile, sono altri.
Stefano, hai visto che acido è cerbert? Tu mi hai svelato che la colpa è del maggiordomo e guarda questo che risposte...
A questo punto aspettiamo von Clausewitz :D che voglio salutare con la sua faccina preferita " :rolleyes: "
(semi-serio: ah! non immagini quanti siano le persone con risposte infallibili!)
x ni.jo: tu scherzi, ma ho veramente la casa piena di medicinali scaduti, quindi okkio! :cool:
StefAno Giammarco
10-09-2003, 15:46
Originariamente inviato da Bet
Stefano, hai visto che acido è cerbert?
Non gli dare peso, è solo invidioso che io lo sapevo e lui no! :D
A parte gli scherzi ho trovato il sito del tribunale internazionale criminale per il Rwanda (che magari già conoscevate)
http://www.ictr.org/default.htm
ma non capendo una fava di inglese non so se vi siano informazioni interessanti. Nel caso qualcuno mi delucidi.
Originariamente inviato da Bet
Stefano, hai visto che acido è cerbert? Tu mi hai svelato che la colpa è del maggiordomo e guarda questo che risposte...
A questo punto aspettiamo von Clausewitz :D che voglio salutare con la sua faccina preferita " :rolleyes: "
(semi-serio: ah! non immagini quanti siano le persone con risposte infallibili!)
x ni.jo: tu scherzi, ma ho veramente la casa piena di medicinali scaduti, quindi okkio! :cool:
Stefano non sa neanche tenere in mano una lente d'ingrandimento e tu ti fidi delle sue conclusioni.
Almeno sette testimoni hanno visto il maggiordomo in cucina mentre Lord Cavenagh veniva crudelmente finito a colpi di fichi molli.
No, c'è un marchio chiaro in questa, vicenda... e se foste stati attenti, avreste visto che fin dal primo thread avevo individuato il colpevole affiggendone il volto...
StefAno Giammarco
10-09-2003, 16:36
Originariamente inviato da cerbert
Stefano non sa neanche tenere in mano una lente d'ingrandimento e tu ti fidi delle sue conclusioni.
Almeno sette testimoni hanno visto il maggiordomo in cucina mentre Lord Cavenagh veniva crudelmente finito a colpi di fichi molli.
No, c'è un marchio chiaro in questa, vicenda... e se foste stati attenti, avreste visto che fin dal primo thread avevo individuato il colpevole affiggendone il volto...
Se mi costringi non ho altra scelta... il colpevole è...
Stanislao Moulinsky, ti ho riconosciuto nonostante il tuo perfetto travestimento da maggiordomo :cool: :p :D
Una sola raccomandazione: l'ultimo chuda la porta! SLAAAAMMMMMMMMM!!! :D
EBBENE SI', MALEDETTO CARTER! HAI VINTO ANCHE QUESTA VOLTA!
:muro: :muro:
:D :D
StefAno Giammarco
10-09-2003, 17:04
Originariamente inviato da cerbert
EBBENE SI', MALEDETTO CARTER! HAI VINTO ANCHE QUESTA VOLTA!
:muro: :muro:
:D :D
CVD :cool:
In ogni caso io non ho bisogno di saper tenere la lente in mano. ho fatto il corso alla Scuola Radio Elettra di Torino (sì, proprio quella di fianco a casa tua) e compreso nel prezzo c'era un reggi lente automatico da detective modello Iron Side :oink: :sofico: :D
E' innegabile che le Nazioni Unite siano sovente impotenti.
I motivi sono imho da ricercare nelle ragioni delle "grandi nazioni" con diritto di veto, che dovrebbero oltre che finanziare e "formare" l'organizzazione anche fornire le truppe.
Ripeto, a mio parere, non esiste oggi un alternativa ad una organizzazione delle nazioni per risolvere le diattribe internazionali: l'altrenativa è l'anarchia totale, che si autoregolamenta come più o meno fà il mercato!(battutina antineoliberista)
Purtroppo senza gli Usa non si fà proprio nulla, credo, e ultimamente mi sembra che la piega presa dall'amministrazione attuale sia di fare a meno dell'Onu, quando l'apporto politico e militare di quella che è stata la nazione fondatrice è ndispensabile.
____________________________________________________
Sul genocidio dei Tutsi da parte degli Hutu in Ruanda, (un milione di morti in un centinaio appena di giorni), alcuni dei quali avevano trovato rifugio nei campi protetti dai caschi blu, prima dell'ordine di abbandonarli al loro destino in quanto le componenti dell'Onu in tutto il casino non trovarono altro che metter sù una controversa missione "torquoise" su cui ancora non credo si sia fatta piena luce, mentre Clinton si tenne ben fermi i marines scottato dalla "missione di pace" in Somalia o occupato in altre più gioiose pratiche...:pig:
I soldati ONU di nazionalità belga, francese e italiana vennero mandati a recuperare i connazionali...
Ho letto di preti suore e funzionari implicati e condannati per genocidio nei link** di fabio69, altra discussione in un altro "mondo" un pò più scuro ;-)
Dalla vicenda escono screditati, anzi svergognati, perché sordidamente conniventi, nell'ordine: il Belgio; la Francia di Chirac; CENSURED gli USA di Clinton.
Bill, commissionò un sondaggio riguardante l'esito che avrebbe avuto sul corpo elettorale americano in procinto di votare il disvelamento del genocidio.
Ne risultò che i democratici avrebbero perso voti, e si attese perciò che tutto fosse finito.
Ma, più ipocrita di ogni altro, Clinton andò poi -non ho capito dopo quanto tempo- in Ruanda a chiedere scusa, e sapete a nome di chi, fa rilevare Alberizzi? Non di se stesso, ma degli Stati Uniti d'America.
....
L'allora inviato del corsera Alberizzi, arrivato sul posto nel maggio del '94 a cose fatte, dice dopo quell'episodio fu chiaro che l'ONU non è in grado di fare nulla se non mobilitando truppe degli Stati Uniti.
qualche anno dopo, i morti musulmani sotto gli occhi di 3000 caschi blu olandesi (oggi sotto processo) a Srebenica sancirono definitivamente l'impotenza dell'ONU in missioni dove ci sono forze militari forti e determinate a combattere.
un ministro del ex governo balldur citato da T.L.Clerc, “who is responsabile for the genocide in Randa” disse:
"Ciò che si dimentica di dire è che se la Francia era su un lato, l’america era dall’altro e armavano i tutzi che armavano gli ugandesi…” tant’è vero che oggidì
http: ONU: Ong chiedono indipendenza per il Tribunale del Rwanda
lunedì, 18 agosto, 2003
Quattro importanti organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno inviato il 9 agosto scorso una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu chiedendo di assicurare "indipendenza e imparzialità" al Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR). Si tratta di Human Right Watch (HRW), del Lawyers Committee for Human Rights (LCHR) con sede a New-York, della Fédération Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH) di Parigi e di Rencontre Africaine pour la Défense des Droits de l'Homme (RADDHO) di Dakar, Senegal.
Dietro la motivazione ufficiale, però, vi sarebbero le pressioni di Usa e Gran Bretagna affinchè il Tribunale per il Rwanda non persegua per crimini di guerra e crimini contro l'umanità gli ufficiali militari del Rwandan Patriotic Army (RPA), la milizia del Rwandan Patriotic Front (RPF) a maggioranza Tutsi che ha preso il potere nel 1994 dopo il genocidio perpetrato sotto la direzione di ufficiali dell'esercito dell'allora governo di maggioranza Hutu.
La Del Ponte, infatti, ha a più riprese manifestato la sua intenzione di perseguire non solo i responsabili dei massacri operati in quegli anni dall'esercito Hutu, ma anche quelli commessi in rappresaglia dalle milizie Tutsi del Rwandan Patriotic Front, che attualmente ricopre un ruolo centrale nel governo di Kigali.
Gli Usa e la Gran Bretagna sono però preoccupati che i procedimenti giudiziari nei confronti di importanti ufficiali del Rwandan Patriotic Front (RPF) possano indebolirne l'immagine, in un momento nel quale il governo di Kigali è considerato un alleato strategico nella "lotta al terrorismo" internazionale nello scacchiere dell'Africa orientale come baluardo del radicalismo islamista del Sudan. L'amministrazione Bush, inoltre, non ha mancato di manifestare a più riprese la propria ostilità verso i tribunali internazionali come la Corte Penale Internazionale favorendo invece tribunali locali, più facilmente controllabili, anche per quanto riguarda gravi violazioni dei diritti umani.
Ci si ricongiunge all'estromissione della Del Ponte, di qualche post sopra, forse...o forse semplicemnte la Del Ponte non poteva mantenere tutti gli impegni che aveva ricevuto.
In effetti una settantina di arrestati mi sembrano pochini.
Spero di non aver urtato nessuno.
Il Censured è mio ed è sull'implicazione degli uomini di chiesa, messa un pò troppo giù dura contro il vaticano.
**Link per chi volesse approfondire:
http://www.unimondo.oneworld.net/article/view/66128/1/
http://www.amnesty.it/campaign/icc/it/icc/crimes/ruanda.html
http://www.sgrtv.it/link/numeroiraq/FortunaDaniele/ruanda.htm
http://www.cestim.org/rassegna%20stampa/00.04/00.04.16/00.04.16_3onu.htm
http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2001/05/20/2177540
A tuo avviso ni.jo il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza andrebbe abolito?
L'assemblea del Consiglio di sicurezza va bene come è ora (alcuni membri permanenti, altri a rotazione) oppure andrebbe allargato a tutte le nazioni che fanno parte dell'ONU in maniera permanente?
Le decisioni come andrebbero prese, a maggioranza?
Originariamente inviato da SaMu
A tuo avviso ni.jo il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza andrebbe abolito?
L'assemblea del Consiglio di sicurezza va bene come è ora (alcuni membri permanenti, altri a rotazione) oppure andrebbe allargato a tutte le nazioni che fanno parte dell'ONU in maniera permanente?
Le decisioni come andrebbero prese, a maggioranza?
no dai stavolta prima dammi il tuo di parere :) :O
Mi sembra che il veto tolga parecchia flessibilità e che sovente se ne abusi.
Credo si possa anche documentare, con un pò di tempo a disposizione.
Esiste qualcosa di equiparabile al veto nelle democrazie?Forse, ma in questo momento mi sfugge (senza ironia).
Il principale nodo da sciogliere è l'eccessiva burocratizzazione di questa risorsa: è un impressione?Forse.
Tutte le nazioni dovrebbero avere una rappresentanza in sede all'Onu in maniera permanente...sennò che nazioni unite sono?
Il nodo da sciogliere è il peso da dare ai singoli voti...in percentuale alla popolazione?In base a quanto si contribuisce economicamente? Al grado di democrazia? E chi deciderebbe questo grado di democrazia?E sopratutto chi vigila che non ci siano spinte di natura strategico-economica di alcuni membri verso altri nella votazione? (altrimenti tanto vale)
L'è un gran casin, tanto più che col cavolo che chi ha diritto di veto lo mollerà per far comodo a ni.jo da bucodiculo in provincia di Torino...:D :D
Tu a cosa pensi?
questa discussione l’ho vista solo ieri sera sul tardi
mi dispiace dirtelo ni.jo , ma così stai facendo solo disinformazione
ne avevamo discusso tempo fa sull’altro forum e credevo d’averti portato del materiale per farti come minimo venire il beneficio del dubbio rispetto alla tua verità precostituita secondo cui gli americani avrebbero recitato in quella vicenda chissà quale ruolo (negativo, naturalmente)
eppure ti avevo prodotto articoli di giornali on line, di associazioni pacifiste e umanitarie al di sopra di ogni sospetto, di testimoni degli avvenimenti, sentenze di tribunale, discussioni di storici ecc. ecc., ma sembra che per te non contino nulla, tu comunque continui a seguire la tua verità precostituita
mah, vediamo innanzitutto cosa scrivi qui
Originariamente inviato da ni.jo
Non solo, nel caso dell’abbattimento del Mystere Falcon (francese) con a bordo il presidente Habyarimana che fece da miccia per l’esplosione dei massacri in un’inchiesta ordinata dal parlamento Francese e in uno studio di Wayne Madsen si legge:
“La rivelazione più drammatica riguarda la scatola nera del “Mystere Falcon” (…) fù trasportata al quartirer generale delle O.n.u. a New York, dov’è tuttora conservata (…) secondo le fonti O.n.u. il governo degli U.s.a. ha fatto pressioni perché le informazioni contenute nella scatola nera non venissero divulgate (…) inoltre la Arbour (procuratore capo del tribunale internazionale) ordinò ai propri subordinati (…) di interrompere le indagini quando divenne evidente che stavano portando a una conclusione chiara: il Fronte Patriottico e i suoi sostenitori americani erano coinvolti nell’organizzazione dell’attentato (…) il fronte controllava le tre principali vie d’accesso all’aereoporto e mercenari europei al soldo dei servizi segreti americani usarono un magazzino vicino all’aereoporto per pianificare e lanciare il missile che abbattè il falcon. (…) inoltre negli anni 96-97 l’agenzia canadese CIDA aveva concesso aiuti umanitari di emergenza proprio al fronte, che li aveva usati per acquistare armi (…) “ W.Madsen “UN & Canada complicit in Randa Cover up: America and Rpf Planned and launched aircraft attack” da l’Observatoire del L’Afrique Centrale vol.3, ma anche “Tutzi informants killed rwandan president”
questo punto l’avevamo gia trattato, e non pare che le cose stiano affatto così
http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda3.htm
MISSILI SCONOSCIUTI
E nel tentativo di sganciare la Francia da qualsiasi responsabilità diretta nel sostegno agli estremisti Hutu, l'ex-Ministro della Difesa Leotard ha "attaccato" sostenendo che i soli responsabili dell'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo in cui viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cipryen Ntaryamira sono i vertici Tutsi del "Fronte Patriottico Ruandese". Leotard ha poi rivelato che, secondo informazioni dei servizi segreti francesi, in quell'aereo -messo a disposizione dalla Francia- doveva salire anche il Presidente zairese Sese Seko Mobutu, e che solo per un contrattempo ciò non avvenne. Sempre secondo Leotard, il missile utilizzato nell'abbattimento dell'aereo era del tipo in dotazione all'esercito ugandese, ma recenti rivelazioni giornalistiche parlano invece del coinvolgimento di un trafficante d'armi belgo-burundese, mathias hitimana, che avrebbe fatto transitare da bruxelles e parigi quel tipo di missile per farlo arrivare nelle mani di esponenti hutu estremisti, contrari alla linea del presidente habyarimana che voleva far partecipare i tutsi al governo del paese.
Da http://www.israt.it/israt/sportello/saggi_did/saggio_william/12.htm
In Africa, invece, nel 1994, in un contesto di guerre "dimenticate", con il loro drammatico strascico di dolore e di morte, fu il Ruanda ad esplodere. In conseguenza di una grave crisi interna provocata dalla morte del Presidente hutu della Repubblica, Juvenal Habyarimana, abbattuto con il suo aereo da due missili sparati da ignoti, si scatenò una spaventosa caccia ai membri della comunità dei Tutsi (secondo gruppo etnico del paese), accusati di essere i responsabili dell'azione (fatto mai dimostrato). La repressione venne organizzata da parte di milizie hutu, Rete Zero (dove per zero si intende zero tutsi) addestrate dal defunto presidente all'odio etnico e sostenute, fino alla morte di habyarimana, militarmente e finanziariamente dal governo francese; e poi dal corpo delle guardie presidenziali, denominato interhamwè. Il risultato fu un vero e proprio genocidio che vide il massacro di circa un milione di persone nel giro di poco più di un mese, in gran parte uccise con i machete in un'orgia collettiva di sangue e panico. Subito dopo centinaia di migliaia di profughi si rifugiarono nei paesi limitrofi provocando una destabilizzazione generale su tutta l'area dei grandi laghi nel cuore del grande continente
Originariamente inviato da ni.jo
http: ONU: Ong chiedono indipendenza per il Tribunale del Rwanda
lunedì, 18 agosto, 2003
a parte il merito, e si è visto nell’altra discussione quanto vale la parola del governo francese, secondo te questo è un indirizzo internet?
Originariamente inviato da ni.jo
Quattro importanti organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno inviato il 9 agosto scorso una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu chiedendo di assicurare "indipendenza e imparzialità" al Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR). Si tratta di Human Right Watch (HRW), del Lawyers Committee for Human Rights (LCHR) con sede a New-York, della Fédération Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH) di Parigi e di Rencontre Africaine pour la Défense des Droits de l'Homme (RADDHO) di Dakar, Senegal.
Dietro la motivazione ufficiale, però, vi sarebbero le pressioni di Usa e Gran Bretagna affinchè il Tribunale per il Rwanda non persegua per crimini di guerra e crimini contro l'umanità gli ufficiali militari del Rwandan Patriotic Army (RPA), la milizia del Rwandan Patriotic Front (RPF) a maggioranza Tutsi che ha preso il potere nel 1994 dopo il genocidio perpetrato sotto la direzione di ufficiali dell'esercito dell'allora governo di maggioranza Hutu
fai come al solito un elenco di sigle probabilmente attingendole da quello che scrive Michel Chossudovsky un economista canadese un pò fissato che dietro ogni avvenimento vede gli USA o la banca mondiale o il capitalismo in generale
ma mi pare da quello che ho potuto leggere che le colpe degli USA nella vicenda ruandese le vede solo lui
di per se quelle sigle non significano niente tutti auspicano l’indipendenza e imparzialità dei tribunali
ancora non mi hai dimostrato con link o altro dove sarebbero state tutte queste fantomatiche pressioni di USA e GB per parare il culo a Kagamè e agli altri del Rwandan Patriotic Front
avevano e hanno altro da pensare…..
Originariamente inviato da ni.jo
La Del Ponte, infatti, ha a più riprese manifestato la sua intenzione di perseguire non solo i responsabili dei massacri operati in quegli anni dall'esercito Hutu, ma anche quelli commessi in rappresaglia dalle milizie Tutsi del Rwandan Patriotic Front, che attualmente ricopre un ruolo centrale nel governo di Kigali.
La Del Ponte che iniziava a indagare su tutti gli eccidi ha perso il mandato.
La risoluzione approvata giovedì è stata redatta dagli Stati Uniti: in essa
si chiede al segretario generale Kofi Annan (appoggiato dagli Usa nella
successione a Boutros Gali) di nominare un nuovo procuratore per il tribunale
incaricato di occuparsi dei genocidi del 1994 in Ruanda.
http://www.swissinfo.org/sit/Swissinfo.html?siteSect=105&sid=4177021
l’articolo non dice proprio quello che vuoi far intendere, forse avresti fatto meglio a postarlo per intero
che la Del Ponte non guardi in faccia a nessuno e indaghi in tutte le direzioni lo si è già visto come ha operato nel tribunale penale internazionale per i crimini nella ex-jugoslavia
ma ancora non hai provato né che gli USA disapprovassero l’operato della Del Ponte, e che Kofi Annan sia un uomo degli americani nel palazzo di vetro
mentre è noto che fra lo stesso Annan e la del Ponte vi fossero attriti anche perché Annan riteneva eccessivo il suo doppio incarico (come procuratore all’Aja e ad Arusha in Tanzania) e abbia a più riprese chiesto al Consiglio di Sicurezza il suo avvicendamento come è scritto anche nell’articolo del link che hai postato
è noto altresì il feeling esistente da sempre fra Annan e i francesi e lo si è visto appunto nella gestione delle tristi vicende della regione dei grandi laghi africani nel 1994
Originariamente inviato da ni.jo
questo è sempre materiale che hai attinto da Michel Chossudovsky
e sul fatto dell’inglese che rimpiazzava il francese, ti avevo postato un punto di vista di uno storico francese che vevdeva questa coosa più che altro come una paranoia ossessiva della Francia che altro
e in ogni caso stai scambiando l’effetto con la causa
Originariamente inviato da ni.jo neanche l'Onu è senza colpe (ma è sempre un' organizzazione di Nazioni di cui fanno la parte del leone Usa Gb Francia Germania ecc...e in cui esiste una cosa chiamata diritto di veto che blocca qualsiasi risoluzione avversa ad uno dei Grandi...)
Mea culpa dell'Onu sul Ruanda
da "Il Manifesto" del 16 Aprile 2000
NEW YORK
Dopo sei anni, il Consiglio di sicurezza riconosce le responsabilità sul GENOCIDIO SEI ANNI FA, TRA APRILE E MAGGIO, SI CONSUMAVA IL GENOCIDIO IN RUANDA: 800 MILA PERSONE, IN MAGGIORANZA TUTSI MA ANCHE HUTU MODERATI, VENIVANO MASSACRATE NEL MODO PIÙ ATROCE, SOPRATTUTTO A COLPI DI MACHETE, SOTTO GLI OCCHI DISATTENTI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE E DELL'ONU. Ci sono voluti ben sei anni ma ieri, finalmente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha assunto esplicitamente le proprie responsabilità rispetto a quanto accaduto nel 1994. IN UN DIBATTITO ORGANIZZATO DAL CANADA, I MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA HANNO RISPOSTO A UN RAPPORTO SUL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE IN RUANDA CHE ACCUSAVA L'ORGANIZZAZIONE DI ESSERE STATA TROPPO TIMIDA, DISORGANIZZATA E MALDIRETTA PRIMA DEL GENOCIDIO E RESPONSABILE PER IL MANCATO INTERVENTO DOPO CHE IL MASSACRO ERA INIZIATO. LO STESSO SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, KOFI ANNAN, CHE HA COMMISSIONATO L'INCHIESTA, È FINITO SOTTO ACCUSA IN QUANTO ALLORA CAPO DELLA MISSIONE PEACEKEEPING DELL'ONU PER NON AVER PRESO SUL SERIO GLI AVVERTIMENTI DEL GENERALE CANADESE ROMEO DALLAIRE, CHE GUIDAVA LE FORZE ONU. NEL 1994 LE NAZIONI UNITE AVEVANO IN RUANDA 2.500 PEACEKEEPERS MA FURONO RITIRATI SUBITO DOPO L'UCCISIONE DI DIECI SOLDATI BELGI. Il ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy, ha detto che nessuno può ora guardarsi indietro senza provare rimorso e tristezza per non aver aiutato il popolo ruandese quando ne aveva bisogno. "L'inaudita brutalità degli autori del genocidio si sono burlati, ancora una volta, della promessa che non sarebbe successo "mai più", impegno preso dopo l'Olocausto. L'AMBASCIATORE OLANDESE PETER VAN WALSUM, SOSTENENDO CHE L'ONU ERA AGGRAPPATA A UN PROCESSO DI PACE IRRILEVANTE, HA ALLARGATO IL DISCORSO ALLE RESPONSABILITÀ DELLA FRANCIA NELL'"OPERAZIONE TURQUOISE". Alla fine comunque i quindici del Consiglio di sicurezza hanno sottolineato che importante è la lezione da trarre da quanto successo per evitare che si ripeta, soprattutto in Africa, dove il pericolo è ancora presente. Per l'ambasciatore Usa, Richard Holbrooke, il miglior modo di dimostrare di aver appreso la lezione è quello di riportare la pace in Congo. L'ambasciatore ruandese all'Onu, Joseph Mutaboba, ha apprezzato il rapporto e le raccomandazioni espresse ma ha detto che il Consiglio di sicurezza deve fare di più: "non è mai troppo tardi per fare le cose giuste". Il riferimento era alla richiesta di un "mini piano Marshall" per la ricostruzione del suo paese. Peraltroin gennaio le famiglie di due vittime ruandesi avevano avviato un'azione legale contro le Nazioni unite per complicità negli omicidi. Ad avviare la denuncia erano stati due avvocati australiani sulla base delle accuse di due donne sopravvissute alle stragi: la hutu Anonciata Kavaruganda e la tutsi Louise Mushikiwabo. la Kavaruganda è vedova di un giudice hutu della Corte suprema ruandese, assassinato perché considerato "simpatizzante dei tutsi". Secondo le accuse i soldati Onu, del Ghana, avrebbero fatto amicizia con gli attentatori e invece di proteggere la famiglia del giudice avrebbero assistito, senza intervenire, alla tortura della moglie e dei figli. Louise Mushikiwabo, sorella di Lando Ndaswinga, l'unico ministro tutsi del governo ruandese all'epoca, avrebbe visto fuggire la scorta del fratello poco prima che questo fosse trucidato insieme con la madre
grazie a fabio69 per l'ultimo articolo
prego, solo che la Germania non è membro (permanente) del Consiglio di Sicurezza, mentre lo sono Russia e Cina che al bisogno non hanno mai mancato di esercitare il loro diritto di veto (solo minacciato o effettiva,mente attuato) però, con tutto il materiale che ti avevo postato tu prendi solo quell’articolo?
e per quali ragione hai scartato gli altri?
sai adesso cosa faccio ni.jo?
faccio un copia e incolla di quello che ti ho postato in quellla discussione dell’altro forum, mantenendo il maiuscolo nei passi che reputo di maggior interesse e classificando sempre gli argomenti per punti
Punto primo: la rivalità fra hutu e tutsi in ruanda è relativamente antica e si è acuita con il disimpegno coloniale belga (almeno per quanto riguarda il ruanda a differenza del burundi dove pur fra tensioni questa rivalità non è mai sfociata in massacri)
Essa ha origine nel 13 secolo, quando genti di stirpe etiope (soprannominati batutsi poi più semplicemente tutsi) stanche del regime oppressivo dell’impero abissino effettuarono una migrazione per stanziarsi nella regione dei grandi laghi (Uganda, Burundi e appunto Ruanda) dove si sovrapposero alle genti preesistenti denominate bahutu o più semplicemente hutu
La superiorità culturale e tecnica dei tutsi s’impose ben presto sugli autoctoni facendone l’etnia dominante malgrado la loro inferiorità numerica
I belgi rispettarono quest’ordine sociale, ma appena dismisero il loro impero coloniale vi fu una cruenta ribellione degli hutu che portò nel 1963 a spaventosi massacri che causarono fra i tutsi non meno di 80.000 vittime e 250.000 profughi la maggior parte rifugiatasi in Uganda e in Burundi dove andarono ad aggiungersi alla preesistente comunità tutsi
Questo solo per dire che gli hutu non erano nuovi a questo genere di massacri
:
Punto secondo: le responsabilità della Francia
io rigiro la piaga sulla Francia perché è una notizia che la riguarda da vicino come ammetti tu stesso e per nessuna altra ragione, anche se io eviterei di demonizzare tout court la politica neocoloniale o postcoloniale: spesso la gestione che di essa è stata fatta dalla Francia ha dato risultati negativi o addirittura nefasti, mentre una più intelligente gestione che di essa è stata fatta dalla Gran Bretagna ha dato al contrario spesso risultati apprezzabili, quindi evitiamo di fare di tutta un erba un fascio altrimenti cadremo in quello che i radicali definiscono “terzomondismo d’accatto”
Ma venendo nello specifico al ruolo della Francia nella vicenda ruandese e del successivo governo Balladur nell’accertare questo ruolo ecco che mi viene in soccorso uno scritto di un associazione umanitario-pacifista come manitese certamente non sospettabile di essere al soldo del Pentagono
Ecco il link e il testo (comincerai a vedere qualche maiuscolo, mi raccomando soffermati su questo maiuscolo): da http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda3.htm
SCOPRIRE LA VERITÀ
di Stefano Squarcina
Il Ruanda agita da alcune settimane la scena politica francese. All'Assemblea Nazionale, infatti, è stata costituita una "Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul genocidio in Ruanda" a cui è stato attribuito il compito di far luce sul ruolo della Francia nel genocidio del 1994. Parigi è sempre stata sospettata di aver sostenuto il governo Hutu al potere a Kigali, di aver saputo per tempo dell'esistenza di un piano particolareggiato per lo sterminio organizzato dei Tutsi, di aver fatto di tutto per combattere comunque il "Fronte Patriottico Ruandese" (FPR) ovvero l'esercito Tutsi che in poche settimane, all'epoca, prese il potere. Non a caso i rapporti tra Ruanda e Francia, e tra Ruanda ed Europa, sono molto agitati ancor oggi, proprio perché Kigali non ha mai perdonato il sostegno di Parigi ai "génocidaires". La Francia, infatti, non ha mai nascosto il fastidio con cui guarda alla penetrazione statunitense nel continente africano, fino a paco fa una specie di "dominio esclusivo" di Parigi, e la battaglia che nel 1994 si giocò tra i Tutsi (sostenuti dagli americani) e gli Hutu (sostenuti fino all'ultimo dai francesi) rimandava proprio ad un più ampio scontro geostrategico largamente dominato dagli Stati Uniti. La cosiddetta "Operazione Tourqoise" con cui Parigi decise allora di intervenire in Ruanda creando delle "zone sicure" per la popolazione era in realtà una operazione militare tesa ad affermare una presenza politica in tutta un'area dell'Africa poi persa con la "caduta" di Kigali, Bujumbura e Kinshasa. DEL RESTO, BASTA PROPRIO GUARDARE A COME PARIGI SOSTENNE FINO ALL'ULTIMO IL DITTATORE MOBUTU PER CAPIRE QUANTO È SPREGIUDICATA LA POLITICA AFRICANA FRANCESE...
AUDIZIONI
La Commissione parlamentare d'inchiesta ha audizionato tutti i responsabili politici dell'epoca, che hanno cercato di accreditare l'immagine di una Francia che "interveniva da sola per far fronte all'emergenza umanitaria senza alcun aiuto". E' questa la tesi sostenuta da Alain Juppé (allora Ministro degli Esteri), Francois Leotard (Difesa) e Michel Roussin (Cooperazione). Il più esplicito è stato l'ex-Primo Ministro Edouard Balladur, che "malgrado i numerosi passi compiuti dalla Francia -ha detto- nessun paese sviluppato si associò all'Operazione Tourquoise", condotta dal 22 giugno al 21 agosto 1994. "Gli Stati Uniti erano traumatizzati dal fallimento della loro operazione in Somalia; il Belgio non dimenticava l'assassinio dei suoi Caschi Blu a Kigali; la Germania non poteva intervenire per ragioni costituzionali; l'Inghilterra riteneva che non si trattasse della sua zona di influenza storica. L'Italia ha accettato il principio di un sostegno che però in pratica non ha messo mai in opera".
MISSILI SCONOSCIUTI
E nel tentativo di sganciare la Francia da qualsiasi responsabilità diretta nel sostegno agli estremisti Hutu, l'ex-Ministro della Difesa Leotard ha "attaccato" sostenendo che i soli responsabili dell'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo in cui viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cipryen Ntaryamira sono i vertici Tutsi del "Fronte Patriottico Ruandese". Leotard ha poi rivelato che, secondo informazioni dei servizi segreti francesi, in quell'aereo -messo a disposizione dalla Francia- doveva salire anche il Presidente zairese Sese Seko Mobutu, e che solo per un contrattempo ciò non avvenne. Sempre secondo Leotard, il missile utilizzato nell'abbattimento dell'aereo era del tipo in dotazione all'esercito ugandese, MA RECENTI RIVELAZIONI GIORNALISTICHE PARLANO INVECE DEL COINVOLGIMENTO DI UN TRAFFICANTE D'ARMI BELGO-BURUNDESE, MATHIAS HITIMANA, CHE AVREBBE FATTO TRANSITARE DA BRUXELLES E PARIGI QUEL TIPO DI MISSILE PER FARLO ARRIVARE NELLE MANI DI ESPONENTI HUTU ESTREMISTI, CONTRARI ALLA LINEA DEL PRESIDENTE HABYARIMANA CHE VOLEVA FAR PARTECIPARE I TUTSI AL GOVERNO DEL PAESE.
COABITAZIONE
MA EDOUARD BALLADUR HA ANCHE VOLUTO CHIAMARE IN CAUSA IL DEFUNTO PRESIDENTE FRANCESE FRANCOIS MITTERAND, CHE GESTIVA DIRETTAMENTE DALL'ELISEO LA POLITICA AFRICANA, E CHE AVEVA MESSO SUO FIGLIO A CAPO DELLA COSIDDETTA "CELLULA AFRICANA". L'EX-PREMIER HA FATTO INTENDERE CHE ALL'ELISEO ESISTEVA "UNA CORRENTE DI PENSIERO" CHE PUNTAVA SULL'UTILIZZO DI MERCENARI PER SOSTENERE GLI HUTU; STANDO ALLE SUE AFFERMAZIONI, DURANTE IL PERIODO DELLA COABITAZIONE MITTERAND-BALLADUR SAREBBERO STATE SOSPESE LE FORNITURE DI ARMI AL RUANDA, "MA NON POSSO ESCLUDERE -HA AGGIUNTO BALLADUR- CHE CON ALTRE VIE ESSE ABBIANO CONTINUATO AD ARRIVARE AGLI HUTU ESTREMISTI". INSOMMA, CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE...
QUALE VERITÀ
Comunque sia, le prime audizioni della "commissione Ruanda" del Parlamento francese dimostrano che quanto successe nel 1994 a Kigali e dintorni non è stato solo l'affare di "Tutsi contro Hutu" o di "Hutu contro Tutsi" bensì il teatro di più ampi e complicati giochi decisi tra Parigi, Bruxelles, Kigali, Washington, Kampala e Bujumbura. PIÙ PASSA IL TEMPO E PIÙ EMERGONO CHIARE -ANCHE SENZA NECESSITÀ DI PROVE CHE FORSE NON SI TROVERANNO MAI- CHE LA FRANCIA IN PARTICOLARE HA "GIOCATO SPORCO" IN RUANDA, CERCANDO DI UTILIZZARE IL GENOCIDIO PER SALVAGUARDARE UN'INFLUENZA CHE OGGI È QUANTO MAI RIDOTTA IN QUELL'AREA. SI TRATTA DI RESPONSABILITÀ POLITICHE, MILITARI E MORALI CHE CI SI AUGURA LA "COMMISSIONE QUILÉS" CHIARISCA. QUELLA STESSA NECESSITÀ DI STABILIRE LA VERITÀ CHE STA PERCORRENDO IL PARLAMENTO BELGA, DOVE UN'ANALOGA COMMISSIONE STA CHIARENDO LE RESPONSABILITÀ DI BRUXELLES NEL MASSACRO DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE. PERCHÉ UNA PARTE CONSISTENTE DI RESPONSABILITÀ DI QUANTO È SUCCESSO IN RUANDA NEL 1994 VA CERCATA IN EUROPA.
Questo primo link dice alcune cose completamente diverse da quelle che volevi far intendere tu Che poi tu dia retta a un ex ministro francese che tanto per farsi un comodo bidet alla sua coscienza e relativizzare le responsabilità del suo paese rigiri la vicenda in quel modo è cosa singolare per non dire risibile
Non è certo dai francesi che bisogna aspettarsi un giudizio obbiettivo sul loro operato e nemmeno prendere sul serio i loro “bidet” di coscienza, di cui sono peraltro sprovvisti nei loro servizi igienici, almeno fino a quando perdurerà in francia la loro deleteria mentalità gollista in vigore da un quarantennio
incidentalmente il link dice anche che Balladur tirò in ballo il figlio del defunto presidente francese Mitterand a conferma di quello che ho scritto io prima (io andavo a reminiscenze e ricordi di un vecchio articolo del corriere della sera (che mi colpì perché dedico a questo affaire un intera pagina di esteri) di quattro-cinque anni che non sono in grado di produrti perché l’archivio ondine del corriere non arriva fino a quella data) Ma l’elenco dei link sulle responsabilità francesi nella vicenda non è certo finito qui:
Da http://www.amnesty.it/notiziario/02_02/parole4.php3
RUANDA: GENOCIDIO ANNUNCIATO
di Daniele Scaglione
Nella primavera del 1997, in un collegio di Gisenyi e in uno di Kibuye, furono uccise trentatré ragazze e una suora belga settantaduenne. Esponenti dell’hutu power irruppero negli edifici e ordinarono alle donne di separarsi: hutu da una parte, tutsi dall’altra. Ma le giovani si dichiararono tutte "ruandesi" e furono uccise senza distinzioni.
Il genocidio dei tutsi inizia con l’uccisione, il 6 aprile 1994, del presidente ruandese Habyarimana, esponente dell’hutu power e si interrompe con la presa del potere da parte del Fronte patriottico ruandese, il 19 luglio seguente.
Gourevitch, giornalista del New Yorker, fa nomi, ricostruisce il "prima", il "durante" e il "dopo", attribuisce responsabilità, spiega come il genocidio non sia stato causato da sottosviluppo, disagio e povertà, ma sia il frutto di una strategia di sterminio pianificata da anni. ACCUSA LA FRANCIA CHE – ANCORA DURANTE I GIORNI DEL MASSACRO – RIFORNÌ DI ARMI E MILITARI I RESPONSABILI DEL GENOCIDIO, NONCHÉ LE NAZIONI UNITE E L’UNIONE EUROPEA, DISTRATTE DURANTE LA CARNEFICINA, MA PRODIGHE DI AIUTI AI CAMPI PROFUGHI DOVE COMANDAVANO E SI RIORGANIZZAVANO GLI HUTU RESPONSABILI DEL GENOCIDIO E CHE AVREBBERO ANCORA INSANGUINATO IL PAESE, COME TESTIMONIA LA CARNEFICINA DELLE STUDENTESSE DEL 1997.
Ed è proprio con il coraggio di persone come le giovani hutu, che pur di non abbandonare le loro compagne tutsi scelgono la morte, definendosi "ruandesi", che il Ruanda abbandonato a se stesso, può sperare di rinascere
Da http://www.unacitta.it/fondazione-langer/Yolande/Yolande.html
Un genocidio preparato metodicamente, da anni. LA TRAGICA ACCENTUAZIONE IN SENSO ETNICO E RAZZIALE, OPERATA DAI COLONIALISTI BELGI, DI UNA DIFFERENZIAZIONE PER LO PIÙ SOCIALE FRA DUE PARTI DELLA POPOLAZIONE RUANDESE. LA COMPLICITÀ DELLA FRANCIA DI GISCARD E MITTERAND E LA RESPONSABILITÀ DELL’ONU. Un genocidio con la particolarità di essere stato perpetrato dai vicini di casa. Nessun perdono senza verità e giustizia. Intervista a Yolande Mukagasana.(segue il link con l’intervista)
Da http://www.verdi.it/giovaniv/armi/grande.html
Il caso del Ruanda è, da questo punto di vista, l’ esempio più tragico ma non l’ unico.
Il Belgio, del quale il Ruanda era una ex colonia, ha smesso di fornire armi ai paesi in guerra a partire dal 1990. Tuttavia ha continuato a garantire addestramento militare, uniformi e stivali all’ esercito ruandese. MAN MANO CHE LA TEMPERATURA DEL CONFLITTO ETNICO CRESCEVA, PROPRIO NELL’ ARCO DEL 1990, AUMENTAVANO LE ESPORTAZIONI DI ARTIGLIERIA LEGGERA E MORTAI FRANCESI VERSO IL RUANDA, INSIEME A UNA SCHIERA DI CONSIGLIERI MILITARI ESPERTI E QUALCHE MIGLIAIO DI SOLDATI. COMPARVERO DI LÌ A POCO IN RUANDA LE TUTE MIMETICHE DELLA GERMANIA ORIENTALE (IL MURO DI BERLINO ERA CROLLATO SOLO DA POCHI MESI) E I FUCILI AUTOMATICI FABBRICATI IN ROMANIA. IL RUANDA HA ACQUISTATO ARMI DA PIÙ PAESI, MA NON SAREBBE STATO IN GRADO DI FARLO SENZA L’ INTERMEDIAZIONE DI UNA BANCA FRANCESE. LA FRANCIA HA CONTINUATO A ESPORTARE ARMI VERSO IL RUANDA FINO AL 1994, QUANDO LA STAMPA INTERNAZIONALE SI ACCORSE DEL "GENOCIDIO".
Da http://www.lernesto.it/2-00/Africa-77.htm
Ed ecco ancora la Francia di Jospin e di Chirac che sembra aver perso la memoria, incapace di una sola parola di scusa per gli 800 mila ruandesi massacrati sei anni fa' sotto lo sguardo impassibile, e forse compiaciuto, dei parà francesi inviati in Ruanda da Mitterand.
Da http://www.gfbv.it/3dossier/tpip.html (da notare che questo link tratta dei vari misfatti dele grandi potenze in giro per il mondo e con gli USA non è certo tenero, ma non sino ad attribuirgli qualsivoglia responsabilità in quello ruandese)
Francia
Con la sua netta opposizione ad un TPIP indipendente, la Francia si contrappone ai suoi partner dell'Unione europea. D'accordo con gli Stati Uniti la Francia pretende che il TPIP possa indagare soltanto con il consenso degli Stati sovrani che sono toccati dai relativi crimini di guerra. La resistenza del governo francese è chiaramente in linea con il suo rifiuto di far testimoniare davanti al Tribunale dell'Aia ufficiali francesi che erano stati comandanti della missione ONU nella Bosnia-Erzegovina negli anni 1993-1995 e come tali furono testimoni di eccidi. Il generale francese Philippe Mourillon nel mese di marzo 1993 negò gli eccidi serbi a Cerska nell'est della Bosnia dopo la sua entrata nella città caduta. Militari francesi rimasero a guardare inerti quando nel 1993 il vicepresidente bosniaco Hamdija Turajlic venne assassinato in un veicolo dell'ONU. Nell'aprile del 1998 il Ministero della Difesa francese ha ammesso che un ufficiale francese grazie ai suoi contatti con il criminale di guerra Radovan Karadzic, accusato dal Tribunale dell'Aia, ne impedì il suo arresto programmato nel 1997.
Negli anni 1954-1962 la Francia soffocò nel sangue le rivolte in Algeria. Un milione di Algerini morirono, molti di loro durante esecuzioni di massa ed in campi di concentramento. LA FRANCIA NON HA MAI ROTTO CON IL SUO PASSATO COLONIALISTA IN AFRICA, MA HA SOSTENUTO NEGLI ULTIMI DECENNI DIVERSE CRUENTI DITTATTURE AFRICANE. CON UN ECCEZIONALE SOSTEGNO FINANZIARIO E MILITARE AL REGIME DI HABYARIMA IN RUANDA, PARIGI CREÒ I PRESUPPOSTI PER IL GENOCIDIO DEGLI ESTREMISTI HUTU NEI CONFRONTI DI UN MILIONE DI TUTSI E DI HUTU MODERATI NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE AL 4 APRILE 1994. L'INTERVENTO MILITARE FRANCESE, ESEGUITA SU MANDATO DELL'ONU, L'"OPERAZIONE TURQUOISE", INIZIATA IL 23 GIUGNO 1994, NON MIRÓ A PORRE TERMINE AL BAGNO DI SANGUE, MA AL SALVATAGGIO DEI CRIMINALI DALLA CATTURA DA PARTE DELL'ATTUALE GOVERNO RUANDESE. Da anni i diplomatici francesi tentano di porre fine all'isolamento internazionale del regime militare islamico radicale nel Sudan del Nord. Questo regime continua fino ad oggi la guerra e il genocidio che dal 1955 è costata la vita ad un milione di Nuba e Sudanesi del Sud. Parigi fornì al regime di Khartum armi e rilevamenti satellitari delle postazioni del movimento di liberazione sud-sudanese.
Da http://www.saharawi.it/archivio/1998/documenti/2.htm
Africa, Sconfitta o Vincente
Aumenta la dipendenza dalle economie occidentali
Ma si vedono i segni della rinascita
Ne parliamo con gli storici Jean Pierre Chretien e Carlo Carbone
Roma - E’ trascorso poco più di un anno dalla trionfale vittoria di Laurent Desireè Kabila, un tempo compagno d’armi del Che, e quindi liquidatore della dittatura di Mobutu in Zaire, oggi Congo e da sempre nel cuore dell’Africa. Ne sono passati quattro dallo spaventoso genocidio in Ruanda. Sulle ceneri di questi due regimi e con l’entrata in scena prepotente della nuova potenza africana, l’Uganda di Museveni, si sta affermando un nuovo ordine continentale che ruota attorno alla forte presenza del Sudafrica di Nelson Mandela. Clinton, nel suo recente viaggio in Africa, ha appunto benedetto il nuovo assetto.
LA FRANCIA BATTE IN RITIRATE E S’INTERROGA INQUIETA SULLE SUE RESPONSABILITÀ NEL GENOCIDIO IN RUANDA. L’Africa che rappresenta appena il 2% della produzione mondiale, continua ad andare alla deriva ? A 35 anni dalla fondazione (25 maggio 1963, Addis Abeba) dell’Organizzazione per l’Unità Africana il continente si è effettivamente emancipato dal colonialismo o assiste impotente al "passaggio delle consegne" tra Parigi e Washington. Abbiamo tentato di abbozzare alcune risposte raggiungendo a Bujumbura, capitale del Burundi, due storici, Jean Pierre Chretien dell’Università di Parigi e Carlo Carbone dell’Università della Calabria, impegnati in un convegno sulla pace e la democrazia nella regione dei Grandi Laghi. Dunque l’Onu compie 35 anni... "Nel bene e nel male - esordisce Carbone - non mi è mai stata posta la questione della revisione delle frontiere, e ciò vuol dire che nei fatti è stata accettata l’organizzazione statuale ereditata dal colonialismo e i nuovi stati, sulle loro spalle, hanno assunto questa terribile eredità, forti tensioni interne e internazionali. Il fatto che gli stati africani abbiano individuato un forum per discutere i loro problemi è sicuramente un fatto positivo".
"Vi sono fatti positivi, come ad esempio la fine del processo di decolonizzazione soprattutto nell’Africa Australe - aggiunge Jean Pierre Chretien - è finito l’apartheid. Il ruolo dell’OUA difronte ai conflitti che si sono sviluppati si è rivelato tuttavia piuttosto modesto, e ciò ha generato molta frustrazione. E non saprei dire se è grazie all’OUA che la decolonizzazione ha fatto passi avanti". Di certo lo sviluppo economico non decolla, la dipendenza dalle economie più forti dell’Occidente si è accentuata. Buone ragioni per schierarsi con la folta pattuglia degli "afropessimisti"?
"No - osserva Carbone - non è tutto negativo quel che succede, vi sono alcune zone dell’Africa orientale che si stanno sviluppando. L’Uganda registra una crescita del 10% ma è difficile dire quanto ciò significhi uno sviluppo effettivo del paese e non solo una crescita quantitativa di tipo commerciale o puramente industrialistico. In Africa tuttavia c’è più ottimismo". Un effetto anche del viaggio di Clinton ? "IN FRANCIA - RISPONDE CHRETIEN - C’È UNA SORTA DI OSSESSIONE. SI TEME LA CONCORRENZA DEGLI STATI UNITI IN UN CONTINENTE NEL QUALE TRADIZIONALMENTE GLI EUROPEI E SPECIFICATAMENTE LA FRANCIA ERANO MOLTO INFLUENTI. LA VISITA DI CLINTON HA RAPPRESENTATO LA MESSA IN SCENA, IN TERMINI PIUTTOSTO SPETTACOLARI, DI QUESTO NUOVO DEGLI AMERICANI PER L’AFRICA, MA SE SI GUARDA LE CIFRE DEGLI INVESTIMENTI DEGLI STATI UNITI NEI CONFRONTI DEL CONTINENTE AFRICANO SI VEDE CHE GLI IMPEGNI DI WASHINGTON RESTANO AL DI SOTTO DI QUELLI EUROPEI. E poi Clinton è stato in sia Senegal che in Sudafrica ; in Uganda è stato accolto in modo entusiastico. In Sudafrica si è visto che un personaggio come Mandela ha rivendicato la propria indipendenza rispetto alla politica americana. In Francia tuttavia c’è un fantasma che si aggira, ma a mio avviso non è realistico rappresentare un combattimento tra i paesi francofoni e quelli anglofoni. La progressione dell’inglese avviene dappertutto, in tutto il mondo, ma non c’è ad esempio un’espulsione del francese dal Congo o dal Senegal e molti africani stanno diventando bilingui. C’è però crisi della politica francese". "Gli investimenti che vengono proposti oggi - interviene Carlo Carbone - non si differenziano molto da quelli che avvenivano nei decenni passati. Nello Zaire ad esempio sono stati fatti investimenti molto consistenti, ma allora come oggi sono stati orientati verso un’economia di esportazione che finisce inevitabilmente per favorire il paese esportatore di capitali".
TUTTO CIÒ AVVIENE CERTAMENTE ANCHE A CAUSA DEI MOLTI ERRORI COMMESSI DALLA FRANCIA CHE FINO ALL’ULTIMO HA SOSTENUTO MOBUTU ED IL REGIME DI HABYRIMANA IN RUANDA : "L’ERRORE DI APPROCCIO, PER NON DIRE ALTRO, DELLA FRANCIA DI FRONTE AL GENOCIDIO IN RUANDA E AL REGIME DI MOBUTU - AGGIUNGE CHRETIEN - HA APPANNATO L’IMMAGINE DELLA FRANCIA, PER NON PARLARE POI DEL PROBLEMA DEI VISTI LEGATO ALL’IMMIGRAZIONE. C’È UNA CRISI DEI TRADIZIONALI RAPPORTI, DEL TRADIZIONALE PATERNALISMO TRA LA FRANCIA E I SUOI ANTICHI TERRITORI E I DIRIGENTI FRANCESI NE SONO CONSAPEVOLI. Gli Stati Uniti ne hanno approfittato". Carbone non è del tutto di questo avviso : "Qui nella regione dei Grandi Laghi - dice - il viaggio di Clinton viene considerato un fatto positivo, una novità, il nuovo ruolo degli Stati Uniti non viene percepito come la pura e semplice sostituzione tra una media e una grande potenza, ma visto come qualcosa di nuovo del quale tuttavia mi permetto di dubitare. Gli Stati Uniti soprattutto nella regione chiave, il Congo, stanno facendo un’operazione spregiudicata di potere economico, si sono messi d’accordo con quello che solo 10 - 15 anni fa era considerato l’immagine del Male in Africa, Kabila". Ma l’Africa è organizzata per comunità, villaggi, piccole aggregazioni. Quale sarà l’impatto, l’accoglienza e forse il conflitto con il capitale americano che annuncia massicci investimenti, basta pensare alla Coca Cola che sta per investire in Africa 600 milioni di dollari ? "La più formidabile ricchezza dell’Africa, quella culturale - dice Carbone - potrebbe subire una violenza. Sembra tuttavia che gli africani stiano aspettando a braccia aperte l’arrivo della Coca Cola, gli africani sembrano aperti alla trasformazione del rimanente 50% delle loro economie in economie urbane di tipo industrialistico. L’approccio africano alla globalizzazione è del tutto dipendente, ci sono ancora molti padrini, Francia e Stati Uniti. Il confronto è momentaneamente sospeso dopo la visita di Clinton ; la Francia ha preso atto che gli Stati Uniti hanno messo una pesante ipoteca politica su due dei paesi più importanti dell’Africa centro - orientale, l’Uganda e il Congo. A Kinshasa i nuovi dirigenti hanno capito una cosa nuova che i loro predecessori non avevano compreso e cioè che potrebbe favorire la loro fortuna personale senza sfavorire quella del loro paese". "E’ vero - conclude Chretien - che oltre trent’anni dopo l’indipendenza comincia una nuova epoca, ma il capitalismo americano non è certo più virtuoso o disinteressato di quello francese e degli altri. In certi settori, per quanto riguarda ad esempio le telecomunicazioni, società americane ed europee si presentano assieme in Africa".
L’economia cresce di oltre il quattro per cento
Gli usa hanno cambiato la loro strategia e, dopo aver ridotto al minimo gli interventi finanziari, hanno deciso ora di reimpegnarsi.
Calano le dittature : in ventitré paesi su quarantotto si sono svolte le elezioni.
Chiamarlo "miracolo" africano sembra ancora quantomeno prematuro. Ma forse di dovrebbe essere più attenti a ciò che in quel Continente sta cambiando in meglio. Non che non sia sempre un luogo di carestie e di immani tragedie, ma qualche cosa di nuovo c’è. Un dato su tutti : sui 48 paesi dell’Africa nera ben 23 hanno affrontato elezioni più o meno democratiche. Certo, molti paesi che pure si stanno riformando non si possono ancora definire democrazie. Basti pensare che un leader carismatico e apprezzato, considerato come uno dei più lungimiranti della nuova Africa, come il Presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni si è inventato una formula che, a suo parere, verrebbe incontro alle fragili istituzioni politiche del continente e alle divisioni tribali. Ecco la sua ricetta : elezioni si, ma senza partiti. I candidati rappresentano in pratica solo se stessi. Ma se è difficile dare tourt court a Museveni la patente di democratico, figurarsi agli altri : a partire dal presidente dello Zambia che salutato cime rinnovatore democratico nelle elezioni da lui vinte nel 1991, ha sbattuto in prigione di recente il suo predecessore ; o da Kabila, che sconfitto Mobutu, pur comportandosi un po’ meglio di lui, ha preso ad imitarne almeno alcuni metodi. Resta però il fatto che molte efferate dittature stanno iniziando la via delle riforme e che le elezioni si fanno in metà dell’Africa Nera.
Il secondo capitolo del cambiamento riguardo lo sviluppo economico con dati da non sottovalutare. Non saremo alla presenza delle "tigri asiatiche", recentemente andate peraltro in crisi, ma i paesi della fascia subsahariana hanno avuto un tasso di sviluppo pari al 4.6 per cento. Accanto a questo dato positivo, ne va messo un altro che lo evidenzia : la crescita demografica è rimasta contenuta entro il 3 per cento. I tasso di sviluppo economico insomma risulta nettamente superiore a quello della popolazione e questa è una vera e propria inversione di tendenza. Questi e altri dati fanno dire a Jeffrey Sachs, giovane e brillante economista americano che si è cimentato già nell’assistenza ai governi russo e polacco, che "l’Africa sta uscendo dal baratro in cui era sprofondata". E che "alcuni paesi ottengono addirittura risultati brillanti". Anche probabilmente grazie a queste analisi, che ormai circolano abbastanza ampiamente, gli Usa hanno deciso di mutare la propria politica verso il Continente. I loro aiuti infatti all’Africa Nera erano andati nettamente diminuendo negli anni sino a toccare nel 1997 il livello più basso negli ultimi dieci anni con 700 milioni di dollari contro i 2 miliardi dati all’Egitto.
Il recente viaggio di Clinton però ha segnato una vera svolta nell’interesse americano in Africa. Una politica quella del presidente Usa che fa presagire una rapida prossima ulteriore crescita della presenza e del potere americano sul Continente. Ipotesi che non tutti però auspicano, a partire dal presidente della Namibia, grande amico di Mandela, che ha detto di recente : "L’America ha grandi ali e vorrebbe coprire tutto anche qui in Africa". Resta il fatto però che i francesi hanno ormai perso la partita.
Con quest’ultimo link ho esaurito credo in modo esauriente quali siano state le responsabilità francesi nella vicenda
Ma poi, secondo te, perché mai i francesi avrebbero istituito una comissione d’inchiesta su questa incresciosa (per loro, ma soprattutto per centinaia di migliaia di ruandesi) vicenda?
Punto terzo: il genocidio
qui mi voglio soffermare su ciò che ha reso la guerra ruandese diversa da qualsiasi altra guerra tribale africana: un genocidio di proporzioni mai viste che ha cagionato la morte violenta di un ruandese su 4 e le cui stime oscillano fra i 500.000 e gli 800.000 morti
quale credevi che fosse il motivo di differenziazione fra questa e le altre guerre africane?
Ecco i link:
Da http://lanazione.quotidiano.net/art/2000/04/01/780281
RUANDA: UNA SETTIMANA DI LUTTO PER IL GENOCIDIO TUTSI
KIGALI, 1 APRILE - Nel giorno in cui sei anni fa si registrarono i primi morti Tutsi di un genocidio che nessuno è stato ancora in grado di quantificare - fonti ufficiali parlano di «almeno» mezzo milione di persone, ma le agenzie umanitarie portano le cifre da 800.000 a 1 milione - il Ruanda avvia una settimana di lutto in memoria delle vittime di uno sterminio pianificato e sistematico che durò tre mesi.
La radio nazionale di stato ha lanciato un appello perchè la tragedia venga ricordata con dibattiti pubblici e cerimonie in ogni angolo del Paese: bar e discoteche resteranno chiusi e la settimana culminerà venerdì prossimo con una cerimonia di massa in un quartiere di Kigali, Kicukiro, dove i resti di coloro che vennero uccisi a colpi di machete e gettati in una fossa comune verrano esumati per poter dar loro una degna sepoltura.
QUANDO IL MASSACRO FU FERMATO DALLA VITTORIA SUL CAMPO DEL FRONTE PATRIOTTICO RUANDESE NEL LUGLIO DEL 1994, i cadaveri delle vittime vennero frettolosamente seppelliti in fosse comuni, spesso senza essere neanche identificati, per evitare il diffondersi di epidemie. Da allora, ogni anno, nell'anniversario dell'inizio della mattanza, si svolgono cerimonie di esumazione e di appropriata sepoltura in differenti luoghi del Paese.
Il massacro cominciò il 7 aprile, il giorno dopo l'abbattimento dell'aereo che riportava in patria il presidente Juvenal Habyarimana, di etnia hutu, da parte di un commando non identificato. Al diffondersi della notizia, soldati hutu e miliziani precedentemente armati e addestrati cominciarono uno sterminio programmato, senza risparmiare nè donne nè bambini.
A Kicukiro, almeno 2.000 tutsi che si erano rifugiati nella scuola della missione Don Bosco sotto la protezione di un piccolo drappello di caschi blu belgi, furono abbandonati al loro destino e massacrati a colpi di machete. Il governo di Kigali ha sempre accusato l'Onu di non aver saputo nè prevenire nè fermare il genocido: i caschi blu dell'Onu dispiegati in Ruanda a garanzia dell'accordo di pace del 1993, furono ritirati appena cominciarono le uccisioni di massa. Persino i vertici dell'Onu - compreso l'attuale segretario generale, Kofi Annan, allora a capo delle missioni di pace - hanno ammesso che non c'era nel Consiglio di Sicurezza la volontà politica di fermare il massacro.
Dieci caschi blu belgi furono uccisi da soldati governativi la notte tra il 6 e il 7 aprile nel tentativo di proteggere il primo ministro Agathe Uwilingiyimana, una hutu di orientamento moderato, che fu trascinata fuori dalla sua casa e trucidata da unità della guardia presidenziale. I familiari dei 10 soldati dell'Onu, insieme al premier e al ministro degli esteri belgi sono attesi a Kigali per la cerimonia commemorativa.
Da http://www-utenti.dsc.unibo.it/~piatti/ig/storiabasso.htm piccola cronologia della storia ruandese (qui prendo in esame solo il 1994)
1994
gennaio: blocco degli Accordi di Arusha, in ragione di un rifiuto da parte della fazione presidenziale dell'hutu power di includere il Fpr nel governo di transizione;
febbraio: il leader hutu del Pds Felicien Gatabazi e il dirigente del Cdr Martin Bucyana sono assassinati. Violenze provocano decine di morti a Kigali;
4 aprile: l'Onu sollecita ancora una volta l'attuazione degli Accordi di Arusha ed il giorno dopo proroga di 4 mesi il mandato dell'Unamir (2.519 uomini di 23 paesi);
6 aprile: di ritorno da Dar-es-Salam dove hanno partecipato ad un vertice sui problemi della regione dei Grandi Laghi, Juvenal Habyarimana ed il Presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira, vengono uccisi nei pressi di Kigali in una sciagura aerea causata da tiri di mortaio. Immediata e brutale la reazione della Guardia Presidenziale (composta da 700 uomini nativi della regione del Presidente ucciso) che attacca non soltanto i tutsi ma anche gli hutu nel sud e tutti gli avversari del Presidente;
7 aprile: iniziano i massacri a Kigali. Assassinio del Primo Ministro, Agathe Uwilingiyimana, e di dieci caschi blu belgi; vengono liquidati diversi ministri e responsabili politici appartenenti a Psd, Mdr e Pl. Nella notte il Fpr esce dalle sue postazioni di Kigali e alcune unità si muovono dal nord del paese.
9 aprile: mentre le stragi si estendono in tutto il paese, Theodore Sindikumwabo assume l'interim della presidenza e Jean Kambada la guida del governo provvisorio formato, come il precedente dal Mrnd, Mdr, Psd e Pl. La Francia e il Belgio inviano truppe per evacuare i connazionali. La famiglia Habyarimana è portata, con aerei francesi, a Bangui e in seguito a Parigi;
19 aprile: la violenza si estende a Butare, dove il prefetto (che si oppone ai massacri) è arrestato e fatto sparire;
21 aprile: a New York il Consiglio di sicurezza dell'Onu riduce da 2.700 a 450 i caschi blu e gli osservatori presenti in Rwanda, con il compito di mediare un cessate il fuoco e la ripresa degli aiuti umanitari;
17 maggio: il Consiglio di sicurezza vota l'invio di 5.500 caschi blu in Rwanda e impone un embargo sulle armi;
19 maggio: dopo avere conquistato gran parte del nord e dell'est del paese l'Fpr accentua la pressione su Kigali che viene abbandonata in massa dalla popolazione hutu. Il governo provvisorio si rifugia a Gitarama (40 chilometri a sud-ovest delle capitale) e poi a Gisenyi, a ridosso della frontiera con lo Zaire;
22 maggio: il Fpr conquista l'aeroporto di Kigali;
25 maggio: la Commissione dei diritti umani dell'Onu decide di inviare in Rwanda un osservatore, Réné Degni-Ségui, per indagare sulle violazioni dei diritti umani; Mme Michaux-Chevry, Ministro francese dell'Azione umanitaria, pronuncia la parola "genocidio";
8 giugno: la Chiesa cattolica viene decapitata: il Fpr annuncia che tre vescovi e dieci preti cattolici sono stati uccisi da suoi soldati nel vescovado di Kabgayi. Altri dieci sacerdoti sono uccisi dai militari hutu;
16 giugno: Alain Juppé, Ministro francese per gli Affari Esteri, annuncia l'imminenza di un intervento militare francese;
22 giugno: su proposta della Francia il Consiglio di sicurezza dell'Onu autorizza un intervento umanitario armato (risoluzione n.929) in Rwanda. La risoluzione non prevede nessuna azione giuridica contro i responsabili del genocidio;
23 giugno: avuta via libera dal Consiglio di sicurezza dell'Onu la Francia lancia l'operazione Turquoise (un iniziativa autonoma, parallela all'Unamir) per proteggere i civili e garantire la distribuzione degli aiuti. Secondo il Fpr, che la contesta, i fini umanitari mascherano però un intervento a sostegno dei governativi;
28 giugno: il rapporto delle Nazioni Unite sul genocidio dei tutsi e il massacro degli hutu in Rwanda è presentato a Ginevra;
4 luglio: Butare e Kigali cadono nelle mani del Fpr. La Francia crea una zona di sicurezza nel sud-ovest del paese;
13 luglio: inizio dell'esodo massiccio dei rwandesi in direzione di Goma nello Zaire;
15 luglio: gli Usa non riconoscono più il vecchio governo;
17 luglio: il governo di unione nazionale è formato a Kigali. Il colera si diffonde tra i rifugiati di Goma e miete migliaia di vittime;
28 luglio: il Segretario generale delle Nazioni Unite annuncia la creazione di una Commissione di inchiesta incaricata di identificare i responsabili del genocidio;
22 agosto: alla scadenza fissata dal mandato dell'Onu, l'operazione Turquoise giunge alla fine. L'esodo verso Cyangugu è meno massiccio che l'afflusso dei rifugiati a Goma.
26 agosto: l'Hcr accusa gli hutu di avere instaurato un "regime di terrore" nei campi profughi rwandesi dello Zaire e chiede a Kinshasa di rafforzare la sicurezza;
31 agosto: il nuovo ambasciatore del Rwanda alle Nazioni Unite prende parte per la prima volta ad una seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
11 sett.: il capo della Missione Unamir, Karen Kenny, rassegna le dimissioni per protestare contro la scarsezza dei mezzi con cui sono state dotate le forze di pace;
12 sett.: il Primo Ministro Faustin Twagiramungu annuncia al giornale francese Info Matin un'amnistia generale per fare rientrare i profughi;
16 sett.: alcuni membri delle Ong presenti in un campo profughi dello Zaire annunciano di volere interrompere le operazioni umanitarie in segno di protesta, perché il campo si sta trasformando in una base per le forze leali al vecchio governo. La Banca Mondiale non concede il prestito di 250 milioni di dollari sino a quando il Rwanda non pagherà gli arretrati;
19 sett.: riaprono le scuole per la prima volta da aprile;
23 sett.: l'Onu decide l'invio di nuovi contingenti nel sud-est del paese, dopo i resoconti di nuove atrocità in quelle regioni;
3 ottobre: una Commissione dell'Onu conclude che il genocidio in Rwanda è stato perpetrato da "elementi" hutu ai danni della popolazione tutsi e invita il Tribunale per i crimini di guerra nella ex Yugoslavia ad occuparsi anche delle violazioni nel paese africano;
8 ottobre: un portavoce Onu dichiara che milizie del governo deposto sarebbero nuovamente attive nelle regioni orientali del paese;
31 ottobre: secondo membri delle Ong presenti in Rwanda, l'esercito del Fpr sarebbe l'autore di frequenti episodi di saccheggi e vendette;
9 nov.: il Consiglio di sicurezza dell'Onu decide l'istituzione di un Tribunale internazionale per i crimini commessi in Rwanda; il delegato rwandese vota contro la proposta;
15 nov.: un gruppo di politici hutu dell'ex governo in Zaire annuncia la formazione di un "governo in esilio" guidato da Theodore Sindikubwabo;
25 nov.: a Kigali si insedia l'Assemblea nazionale di transizione, il parlamento ad interim composta da 70 membri;
14 dic.: le forze Onu entrano nei campi del sud-ovest del paese per disarmare i miliziani;
Da http://www.israt.it/israt/sportello/saggi_did/saggio_william/12.htm
In Africa, invece, nel 1994, in un contesto di guerre "dimenticate", con il loro drammatico strascico di dolore e di morte, fu il Ruanda ad esplodere. In conseguenza di una grave crisi interna provocata dalla morte del Presidente hutu della Repubblica, Juvenal Habyarimana, abbattuto con il suo aereo da due missili sparati da ignoti, si scatenò una spaventosa caccia ai membri della comunità dei Tutsi (secondo gruppo etnico del paese), accusati di essere i responsabili dell'azione (fatto mai dimostrato). La repressione venne organizzata da parte di milizie hutu, Rete Zero (dove per zero si intende zero tutsi) ADDESTRATE DAL DEFUNTO PRESIDENTE ALL'ODIO ETNICO E SOSTENUTE, fino alla morte di Habyarimana, MILITARMENTE E FINANZIARIAMENTE DAL GOVERNO FRANCESE; e poi dal corpo delle guardie presidenziali, denominato interhamwè. Il risultato fu un vero e proprio genocidio che vide il massacro di circa un milione di persone nel giro di poco più di un mese, in gran parte uccise con i machete in un'orgia collettiva di sangue e panico. Subito dopo centinaia di migliaia di profughi si rifugiarono nei paesi limitrofi provocando una destabilizzazione generale su tutta l'area dei grandi laghi nel cuore del grande continente.
Da http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/06_Giugno/08/ruanda.shtml
Esteri
E' la prima sentenza di questo tipo al mondo
Belgio: condannate due suore per genocidio
Le religiose ritenute complici dei massacri avvenuti in Ruanda. Con loro giudicati colpevoli un professore e un ex ministro
BRUXELLES (BELGIO) - Una sentenza che non è inesatto definire storica. Sono tutti colpevoli di crimini di guerra i quattro imputati (due suore cattoliche, un ex ministro ed un ex professore di università), processati davanti a un tribunale belga per il genocidio perpetrato nel 1994 in Ruanda: la sentenza è la prima emessa da un tribunale civile per crimini di guerra perpetrati da cittadini stranieri in un altro Paese. I quattro erano accusati di avere aiutato i massacratori di etnia hutu a bruciare vivi migliaia di profughi che avevano cercato rifugio in una chiesa, sette anni fa.
LA VICENDA - La pena sarà comminata la prossima settimana, ma tutti i condannati rischiano l'ergastolo. La vicenda che vide coinvolti suor Maria Visito Mukabutera e suor Gertrude Mukangango insieme a Vincent Ntezimana, ex professore universitario, e Alphonse Higaniro, ex ministro dei trasporti in Ruanda è degna di un film dell'orrore. Le suore avrebbero consegnato agli Hutu dei cittadini Tutsi che si erano rifugiati nel loro convento a Sovu. Avrebbero inoltre fornito il carburante alle milizie Hutu per bruciare circa 500 Tutsi riparati in un garage.
In due mesi di processo, il tribunale del Belgio - ex presenza coloniale in Ruanda - ha ascoltato le testimonianze di numerosi sopravvissuti al genocidio. Gli imputati - che vivevano in Belgio dall’inizio dell’instaurazione di un governo pro-Tutsi in Ruanda - si sono invece dichiarati innocenti dall’inizio dell’inchiesta. Adesso, le organizzazioni umanitarie sperano che l’esito de processo belga stabilisca un precedente per gli altri casi di crimini di guerra ancora impuniti.
Poco prima della sentenza di Bruxelles, il Tribunale Criminale Internazionale per il Ruanda (ICTR) - situato nel Paese africano, ad Arusha - aveva dichiarato innocente Ignace Bagilshema, ex sindaco ruandese accusato del genocidio di 45 mila Tutsi.
Punto quarto: il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda:
Sito Ufficiale: http://www.ictr.org/
E inoltre da http://www.volint.it/scuolevis/dirittiumani/3.1e.htm
Nel novembre del 1994, al fine di punire le atrocità commesse durante la guerra civile, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito, in base al Cap. VII della Carta dell’ONU, il Tribunale Internazionale per la prosecuzione delle persone responsabili di genocidio e di altre serie violazioni delle leggi internazionali umanitarie commesse nel territorio del Ruanda e dei cittadini del Ruanda responsabili di genocidio e di altre gravi violazioni del diritto internazionale commesse negli Stati confinanti.
Il Tribunale ha competenza sui crimini commessi dal 1 gennaio del 1994 al 31 dicembre del 1994.
Tale Tribunale ha sede ad Arusha in Tanzania ed è costituito da tre Collegi di Primo Grado (composti ciascuno da tre giudici) ed un Collegio di Appello (composto da sei giudici).
La prima incriminazione fu emessa dal Tribunale nel novembre del 1995.
Oggi sono in arresto cautelare in Arusha 44 individui.
Nel maggio del 1998 il Tribunale ha condannato all’ergastolo l’ex Primo Ministro del Ruanda, Kambanda, per aver commesso e pubblicamente confessato il crimine di genocidio.
È stata la prima condanna per genocidio mai emessa nei confronti di una persona.
Ancora su questa condanna da http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda1.htm
"SONO COLPEVOLE DI GENOCIDIO"
L'ex-Primo Ministro ruandese Kambanda ammette ad Arusha di aver ordinato il genocidio dei Tutsi. E' la prima ammissione raccolta dal Tribunale penale delle Nazioni Unite incaricato di giudicare i responsabili del massacro nel 1994 di almeno cinquecentomila persone.
a cura di Franco Marzolo
Forse non sarà "famoso" come il "Tribunale ONU per i crimini contro l'umanità compiuti nella Ex-Yugoslavia", ma il "Tribunale penale internazionale sul genocidio compiuto in Ruanda" -anch'esso creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite- sta finalmente rilanciando le sue attività. Compito di tale tribunale è mettere a giudizio i responsabili del genocidio del 1994 compiuto in Ruanda, quando centinaia di migliaia di ruandesi, soprattutto di etnia Tutsi, furono selvaggiamente sterminato per ordine del governo di Kigali. I leaders Tutsi, che ora comandano nella capitale dopo aver preso il potere grazie ad una fulminea campagna militare in cui furono aiutati dagli ugandesi, hanno sempre sostenuto che "esisteva un piano preciso", studiato a tavolino, per compiere il genocidio e far saltare gli "Accordi di Arusha" in base ai quali il Presidente (Hutu) Habyarimana si apprestava a condividere il potere con esponenti Tutsi.
ESTRADATO
Dopo circa quattro anni di criticata inattività, adesso il "Tribunale penale per il Ruanda" (TPR) ha cominciato a giudicare i principali esponenti politici dell'epoca. Ha fatto particolare impressione la testimonianza resa dall'ex-primo ministro ruandese Jean Kambanda, che si è chiaramente dichiarato "colpevole di genocidio". Kambanda occupò la carica di Primo Ministro "ad interim" nel periodo più drammatico della guerra civile che ha provocato la morte di oltre cinquecentomila mila persone e che si è configurata come un genocidio compiuto da membri dell'etnia Hutu contro i Tutsi, in cui trovarono la morte però anche moltissimi Hutu moderati. Kambanda era stato estradato nove mesi fa dal Kenya in Tanzania, dove ha sede il tribunale internazionale costituito sotto gli auspici dell'ONU.
GENOCIDIO
Durante la sua prima udienza , Kambanda si è detto colpevole per tutti i capi di imputazione contestatigli, di cui il più grave è "organizzazione di genocidio". Kambanda è il primo degli imputati comparsi davanti al Tribunale di Arusha a dichiararsi colpevole. Altre 22 persone sono sotto processo. Questo suo atteggiamento potrebbe fare pensare che è pronto a fare rivelazioni su quanto avvenne nel terribile 1994 in Ruanda. Le sue dichiarazioni sono state salutate come "evento storico senza precedenti" dai giudici del Tribunale, perché "è la prima volta nella storia che una persona accusata ha ammesso e dichiarato la propria colpevolezza per il crimine di genocidio di fronte a un tribunale penale internazionale", è stato fatto notare. L'ex-premier (42 anni) si è anche autoaccusato di "cospirazione a commettere genocidio", "complicità in genocidio", "incitamento pubblico e diretto a commettere genocidio", "crimini contro l'umanità". Di fronte alla Corte, composta dai giudici senegalese Laity Kama (presidente), svedese Lennart Aspegren e sudafricano Navanethem Pillay, il difensore di Kambanda, il camerunese Michael Oliver Ingliss, ha quindi aggiunto che il suo assistito è pronto anche a testimoniare contro gli altri imputati che facevano parte del governo da lui presieduto nell'aprile-luglio 1994.
PATTEGGIAMENTO
L'avvocato Ingliss ha poi puntualizzato che la dichiarazione di colpevolezza di Kambanda, che era stato arrestato il 18 luglio 1997 a Nairobi insieme con altri sei esponenti del deposto regime hutu ruandese, è stata decisa "liberamente e volontariamente" dopo la definizione di un "accordo" con la pubblica accusa. Dell'accordo, non sono stati forniti dettagli, ma fonti del Tribunale hanno negato che si tratti di un "patteggiamento" per la riduzione della pena. Per i reati di cui è imputato Kambanda, la massima pena prevista è quella dell'ergastolo, poiché il Tribunale (istituito dalle Nazioni Unite nel novembre 1994) non può comminare sentenze capitali, diversamente da quanto avviene in Ruanda, dove il 24 aprile sono stati pubblicamente giustiziati i primi 22 condannati a morte per il genocidio.
RILANCIO ATTIVITÀ
Le spettacolari ammissioni di Kambanda dovrebbero contribuire a porre fine alle roventi polemiche per la passata gestione del kenyano Adronico Adede, primo "cancelliere capo" del TPR rimosso dopo un'inchiesta interna nel febbraio 1997 per la sua inefficienza come responsabile organizzativo del Tribunale (che a tutt'oggi non ha ancora emesso una sentenza). A indiretto riconoscimento della nuova gestione, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha del resto accolto la richiesta del nuovo "cancelliere capo", il nigeriano Agwu Ukiwe Okali, per la creazione di una terza sezione giudicante, con la nomina di altri tre giudici che vanno ad aggiungersi ai sei colleghi delle due già operanti
Altre condanne eccellenti da http://www.sirio.com/cri-re/diu_agg.htm
Tribunale internazionale: Ruanda, 12 anni all’italiano Ruggiu per genocidio. Giorgio Ruggiu, cittadino italiano nato in Belgio, è stato condannato ieri a dodici anni di carcere dal Tribunale internazionale di Arusha (Tanzania), per il suo coinvolgimento nel genocidio ruandese del 1994. Ruggiu era stato speaker radiofonico a Kigali, capitale del Ruanda. Nei suoi confronti, accuse di istigazione all’odio: il tribunale ha preso atto della sua ammissione di colpevolezza e gli ha risparmiato l’ergastolo. "Mi rincresce e ho deciso di assumere le mie responsabilità – aveva detto Ruggiu durante l’udienza del 15 maggio. – Sono colpevole".
[Corriere della Sera, 2 giugno 2000].
E da http://www.mmc2000.net/mondoaperto/rassegna.php?elemento=458&tipo=rassegna
RUANDA, SI CONSEGNA ALL´ONU IL PRETE ACCUSATO DI GENOCIDIO
ROMA - Alla fine ha scelto di consegnarsi spontaneamente. Senza attendere il decreto della Presidenza del Consiglio o una legge, specifica, del Parlamento. Don Atanasio Sumba Bura, al secolo Athanase Seromba, prete cattolico ruandese di 38 anni, colpito da ordine di cattura internazionale per genocidio, ha lasciato la piccola chiesa di San Mauro a Signa. Ha preso un volo per la Tanzania e ieri pomeriggio è atterrato a Dar es Salam. Lo accompagnavano due funzionari italiani dell´Interpol: una misura di sicurezza che lo stesso sacerdote aveva chiesto alla Questura di Firenze dopo aver preso la decisione di chiudere la partita con il Tribunale internazionale per il Ruanda di Arusha. Non si sa quando don Athanase si consegnerà al Procuratore del Tribunale, istituito nel novembre del 1995, un anno dopo lo spaventoso genocidio in cui vennero inseguiti, braccati, snidati e poi uccisi a colpi di machete quasi 800 mila ruandesi di etnia tutsi e hutu moderati. Ma è certo che la scelta del sacerdote chiude un capitolo difficile e imbarazzante nei rapporti tra il Tribunale internazionale de l´Aja, fratello maggiore di quello di Arusha, e il governo italiano. Indicato da decine di testimoni, tra i quali una decina di sopravvissuti, come il protagonista di una delle stragi più spaventose di tutto il genocidio ruandese, don Athanase Seromba fu colpito da un ordine di cattura internazionale per crimini contro l´umanità, cioè sterminio. Secondo l´atto d´accusa, l´8 aprile del 1994, durante le prime fasi del genocidio, l´allora parroco della piccola chiesa di Nyange, nel distretto di Kivumu, accolse quasi duemila tutsi. C´erano molte donne, vecchi e bambini. Da giorni fuggivano ai rastrellamenti degli Interahamwe, milizie paramilitari degli estremisti hutu. Nascosti nella boscaglia e sulle colline che circondano Kigali, i tutsi vennero esortati ad uscire allo scoperto e a rifugiarsi in chiesa. Don Athanase li fece entrare e garantì loro una sorta di salvacondotto. Ma quel rifugio si rivelò una trappola. Mortale. Per una settimana, i duemila fuggiaschi furono ridotti alla fame e alla sete. Poi, secondo un piano studiato a tavolino, alcuni funzionari della polizia locale, assieme ai dirigenti degli estremisti hutu, chiamarono a raccolta migliaia di Interahamwe.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, grazie ad una disperata resistenza dei prigionieri, il 16 aprile venne sferrato l´attacco finale. Un migliaio di estremisti hutu, tra cui molte donne, tutti armati fino ai denti, fecero irruzione nella parrocchia. I tutsi si rifugiarono all´interno della chiesa. Ma gli assaltanti si arrampicarono sul tetto, tolsero alcune tegole, gettarono al´interno delle granate e versarono della benzina. Si sviluppò un incendio e molti rifugiati morirono tra le fiamme. Alcuni tentarono una fuga disperata. Ma non fecero in tempo ad attraversare il piazzale interno della parrocchia: decine di cecchini, piazzati sul muro di cinta, spararono sui fuggiaschi come in un tiro a segno. E qui le testimonianze accusano padre Athanase di aver svolto un ruolo attivo e determinante. Lui stesso avrebbe imbracciato un fucile a ripetizione iniziando a sparare. Almeno duecento tutsi erano però rimasti all´interno della chiesa in fiamme. Una resistenza che mandò su tutte le furie il parroco. Don Athanase disse a due estremisti hutu di andare in un cantiere vicino e prendere un paio di caterpillar. Quindi ordinò di demolire la piccola chiesa di Nyange e di seppellire sotto le macerie i sopravvissuti. La storia del massacro fu tenuta nascosta per mesi. Un anno dopo, gli investigatori del Tribunale internazionale di Arusha produssero un dossier circostanziato. La vicenda fu ricostruita nei particolari e si indicarono le responsabilità dirette e personali di don Athanase Seromba nella strage. Il Tribunale spiccò un ordine di arresto, ma il sacerdote, nel frattempo, era sparito. Riapparve nel '99 a Firenze, dove celebrava messa in una piccola chiesa. Nell´agosto del 2001 fu segnalato nella parrocchia di San Mauro a Signa. Nuove proteste, questa volta anche da parte del procuratore generale de L´Aja, Carla del Ponte. Il magistrato incontrò Berlusconi a Roma e chiese al premier di collaborare: "L´Italia deve consegneralo al Tribunale internazionale". La Curia di Firenze, imbarazzata, fece quadrato attorno al suo sacerdote. Padre Seromba riflette e spedisce due lettere: una alla stessa Del Ponte e un´altra al cancelliere del Tribunale di Arusha. Annuncia la sua intenzione di costituirsi. Lo dice, sempre per lettera, all´arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli. "Ho gridato in lungo e in largo", scrive , "per giustificare la mia innocenza. Ma il mio grido non è stato ascoltato. Perché davanti alla politica e alla giustizia umana non è sufficiente gridare, ma bisogna provare la propria innocenza davanti ad un´istituzione politico-umana". Ora, finalmente, avrà occasione di farlo.
Daniele Mastrogiacomo – La Repubblica 7.02.2002
Collocazione: Esteri, p. 20
altri copia e incolla
da http://www.tempi.it/archivio/articolo.php3?art=4292
Quei Servizi di "le Monde"
Il quotidiano dei girotondini francesi acquista testate cattoliche, i cui proprietari forse non ricordano le posizioni di Colombani&C. sul genocidio ruandese
La notizia da leccarsi i baffi è la seguente: recentemente il gruppo editoriale Le Monde ha perfezionato l’acquisizione del 30% delle “Publications de la Vie catholique” (Pvc), editore tra l’altro di Télérama e La Vie. In un articolo informativo dello scorso 24 luglio, Le Monde ha voluto far sapere che «la famiglia Hourdin, Michel Houssin, Geneviève Laplagne, François de la Villeguérin e Jacques Bayet (proprietari di Pvc - ndr) cercavano un acquirente per una parte delle loro azioni: un nuovo partner che condivida al loro fianco la preoccupazione per l’indipendenza del gruppo ed il rispetto dei valori del cristianesimo» (in corsivo nel testo originale). I laicissimi proprietari di Le Monde (una cooperativa giornalistica) hanno sottoscritto volentieri l’accordo: come si dice da secoli, Parigi val bene una Messa. Però… C’è almeno un però. Nel 1994 tutta la stampa francese, cattolica e non, denunciò il genocidio dell’etnia tutsi in Ruanda, compiuto da un regime amico della Francia di Mitterrand. L’UNICA ECCEZIONE RELATIVA FU QUELLA DI LE MONDE, CHE TENTÒ SOSPETTI EQUILIBRISMI. NEL 1998 UN LIBRO DELL’AFRICANISTA JEAN-PAUL GOUTEUX (UN GÉNOCIDE SECRET D’ETAT. LA FRANCE ET LE RWANDA 1990-1997, EDITIONS SOCIALES) RACCONTA ALCUNI RETROSCENA DEL GENOCIDIO E PARLA DI UNA VERA E PROPRIA STRATEGIA DI DISINFORMAZIONE DOVUTA IN PARTICOLARE A LE MONDE; DEFINISCE “ONOREVOLI COLLABORATORI” - ESPRESSIONE ABITUALMENTE UTILIZZATA PER DEI GIORNALISTI CHE SEGUONO LE DIRETTIVE DEI SERVIZI SEGRETI - IL DIRETTORE DI LE MONDE JEAN-MARIE COLOMBANI ED I GIORNALISTI DEL QUOTIDIANO JACQUES ISNARD E JEAN HÉLÈNE. PARTE LA QUERELA. SOTTO ACCUSA È IL CAPITOLO INTITOLATO “IL RUOLO DEI SERVIZI SEGRETI”, SOTTOTITOLO: “DEI GIORNALISTI NELL’OMBRA DEI MESSIEURS AFRIQUE”. IN QUEL CAPITOLO GOUTEUX METTE IN EVIDENZA COME GLI ARTICOLI DI LE MONDE ABBIANO DESCRITTO LA SITUAZIONE IN RUANDA COME SE SI TRATTASSE DI UNO SCONTRO A BASE ETNICA TRA DUE AVVERSARI CHE SI COMBATTONO, GLI HUTU E I TUTSI, QUANDO IN REALTÀ IL REGIME DELLA FAMIGLIA HABYARIMANA, AUTORITARIO E RAZZISTA, ERA SALDAMENTE IN MANO AGLI HUTU E MISE IN ATTO UNA VERA E PROPRIA STRATEGIA GENOCIDA CHE COSTÒ LA VITA AD ALMENO 800MILA PERSONE.
DUE ANNI DOPO LE MONDE PERDE LA CAUSA. Nella sentenza del 10 maggio 1999 pronunciata dal Tribunale di Grande Istanza di Parigi e favorevole a Jean-Paul Gouteux, si tiene conto della “testimonianza” di Claude Silberzahn, ex direttore della Direzione Generale della sicurezza esterna (Dgse, i servizi segreti francesi), che nel 1995, nel libro Au Coeur du secret, scritto insieme a Jean Guisnel, a pagina 100, a proposito di due interviste pubblicate da Le Monde scrive: «Il momento della loro pubblicazione è stato a lungo “complottato” con gli amici che ho da molto tempo in questo giornale - ed in particolare Jacques Isnard che le ha realizzate e Jean-Marie Colombani che le ha accolte. La scelta di Le Monde era stata dettata dalla mia volontà di toccare le capitali straniere, l’ambiente decisionale parigino...». Se Jean-Marie Colombani e Jacques Isnard sanno rendersi utili ai “servizi”, scrive il tribunale nella sua sentenza, non può essere messa in dubbio la buona fede di Jean-Paul Gouteux quando li definisce “onorevoli corrispondenti”, termine, come conferma il tribunale, «abitualmente utilizzato nei confronti di giornalisti in relazione con i servizi segreti». La sentenza è stata confermata il 31 marzo del 2000 dalla Corte d’appello di Parigi. Rispetto dei valori del cristianesimo? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò.
di Arrigoni Gianluca
Ancora un link sul genocidio e sul tribunale penale internazionale
Da http://www.amnesty.it/campaign/icc/it/icc/crimes/ruanda.html
Più di 3.000 persone - soprattutto tutsi, ma anche membri hutu di partiti di opposizione - sono state uccise nella Chiesa parrocchiale di Mukarange (Prefettura di Kibungo, nel Ruanda orientale). Le vittime, rinchiuse nell'edificio principale della parrocchia, sono state colpite da un lancio di granate. Circa 2.500 persone sono morte durante l'attacco mentre altre 500 sono state abbattute mentre tentavano di fuggire. Altre 1.000 persone sarebbero state convogliate verso il lago Muhazi mentre gli aggressori continuavano a sparare. Si ritiene che solo 50 persone siano sopravvissute attraversando il lago su fusti di banana. Un giornalista ha raccontato di aver smesso di contare i corpi quando è arrivato a 3.005.
Fino a un milione di persone sono state uccise tra aprile e luglio del 1994. Coloro che hanno ideato il genocidio hanno agito nella convinzione di poter uccidere impunemente. Forse, se ci fosse stato un Tribunale penale internazionale quando hanno predisposto il proprio disegno, sarebbero stati scoraggiati. Se invece avessero continuato, non avrebbero saputo dove nascondersi. Sarebbero stati tempestivamente consegnati al Tribunale penale internazionale oppure processati dallo stato autore dell'arresto o da altra giurisdizione in grado di garantire un processo equo. La giustizia si sarebbe mossa tempestivamente e non ci sarebbe stata una lunga attesa per l'istituzione del Tribunale ad hoc per il Ruanda. Per impedire il ripetersi di siffatte atrocità è necessaria l'istituzione di un Tribunale penale internazionale che garantisca la giustizia e scoraggi i potenziali criminali.
Qualche link sulle magre (eufemismo) figure dell’ONU in quell’anno (1994), che già all’epoca ne aveva collezionato diverse nella ex-jugoslavia, ma che ancora non aveva raggiunto il culmine che toccherà con l’infamia di Sebrenica, l’anno successivo, il 1995
Da http://www.sgrtv.it/link/numeroiraq/FortunaDaniele/ruanda.htm
Ruanda: un genocidio annunciato
di Daniele Fortuna
22/05/03
Le fonti ufficiali parlano di 500 mila vittime. Per le organizzazioni umanitarie il numero dei morti sarebbe di gran lunga superiore: tra 800 mila e un milione di persone. L’unica certezza riguarda la connotazione giuridica: lo sterminio perpetrato in Ruanda nella primavera del 1994 è da considerarsi come un genocidio, cioè una serie di atti diretti alla distruzione di un gruppo nazionale, etnico o religioso, come stabilisce la Convenzione del 1948 sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio.
I leader tutsi hanno sempre sostenuto che esisteva un piano preciso per compiere il genocidio e far saltare gli "Accordi di Arusha" in base ai quali l’allora presidente Habyarimana, di etnia hutu, si apprestava a trovare un accordo con esponenti tutsi, ponendo fine alla guerra civile che si protraeva da quattro anni. Il 6 aprile del 1994 l’aereo su cui viaggiava Habyariama fu abbattuto da alcuni estremisti della sua stessa etnia contrari alle aperture del leader. Fu il pretesto per dare il via al massacro. Nei mesi successivi gli squadroni della morte si accanirono contro i tutsi, massacrando le popolazioni di interi villaggi a colpi di machete. IL GENOCIDIO TERMINÒ NEL LUGLIO DELLO STESSO ANNO, QUANDO IL FRONTE PATRIOTTICO RUANDESE GUIDATO DAI TUTSI PRESE IL CONTROLLO DEL PAESE.
Negazione di uno sterminio
Come nell’ex Jugoslavia, le Nazioni Unite non hanno saputo né prevenire il genocidio, né proteggere la popolazione civile. Tra l’aprile e il maggio del 1994, mentre veniva compiuto lo sterminio, c’era un contingente delle forze di pace delle Nazioni unite sul territorio del Ruanda. Si limitarono a fare da spettatori invocando la natura ispettiva del loro mandato. Il Consiglio di sicurezza tagliò addirittura il numero di soldati impegnati sul territorio ruandese dopo l’uccisione di dieci militari belgi di scorta al premier Agate Uwiliyingimana, un hutu moderato. Il premier fu ucciso e i belgi vennero disarmati e massacrati a colpi di armi da fuoco.
In una riunione del Consiglio di sicurezza dell’aprile 1994 si discusse della crisi ruandese. NESSUNO PARLÒ DI GENOCIDIO: CONSIDERARE LA CARNEFICINA IN ATTO IN RUANDA COME UN GENOCIDIO AVREBBE COMPORTATO PER LE NAZIONI UNITE L’OBBLIGO A INTERVENIRE. RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTO PER LE MISSIONI DI PEACE-KEEPING ERA L’ATTUALE SEGRETARIO GENERALE KOFI ANNAN, CHE SOLO ANNI DOPO AVREBBE AMMESSO LE RESPONSABILITÀ DELLE NAZIONI UNITE.
Nel novembre del 1994 il Consiglio di sicurezza ha istituito il Tribunale penale per il Ruanda, con sede ad Arusha in Tanzania. Dopo quattro anni di inattività sono arrivati i primi arresti. Attualmente 65 persone sono detenute per aver partecipato con ruoli diversi ai massacri del 1994. Si tratta soprattutto di militari e leader politici ma c'è anche il direttore di una radio locale, Rtlm, che istigò gli hutu ad armarsi contro i tutsi.
Da http://www.cestim.org/rassegna%20stampa/00.04/00.04.16/00.04.16_3onu.htm
Mea culpa dell'Onu sul Ruanda
da "Il Manifesto" del 16 Aprile 2000
NEW YORK
Dopo sei anni, il Consiglio di sicurezza riconosce le responsabilità sul GENOCIDIO SEI ANNI FA, TRA APRILE E MAGGIO, SI CONSUMAVA IL GENOCIDIO IN RUANDA: 800 MILA PERSONE, IN MAGGIORANZA TUTSI MA ANCHE HUTU MODERATI, VENIVANO MASSACRATE NEL MODO PIÙ ATROCE, SOPRATTUTTO A COLPI DI MACHETE, SOTTO GLI OCCHI DISATTENTI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE E DELL'ONU. Ci sono voluti ben sei anni ma ieri, finalmente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha assunto esplicitamente le proprie responsabilità rispetto a quanto accaduto nel 1994. IN UN DIBATTITO ORGANIZZATO DAL CANADA, I MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA HANNO RISPOSTO A UN RAPPORTO SUL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE IN RUANDA CHE ACCUSAVA L'ORGANIZZAZIONE DI ESSERE STATA TROPPO TIMIDA, DISORGANIZZATA E MALDIRETTA PRIMA DEL GENOCIDIO E RESPONSABILE PER IL MANCATO INTERVENTO DOPO CHE IL MASSACRO ERA INIZIATO. LO STESSO SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, KOFI ANNAN, CHE HA COMMISSIONATO L'INCHIESTA, È FINITO SOTTO ACCUSA IN QUANTO ALLORA CAPO DELLA MISSIONE PEACEKEEPING DELL'ONU PER NON AVER PRESO SUL SERIO GLI AVVERTIMENTI DEL GENERALE CANADESE ROMEO DALLAIRE, CHE GUIDAVA LE FORZE ONU. NEL 1994 LE NAZIONI UNITE AVEVANO IN RUANDA 2.500 PEACEKEEPERS MA FURONO RITIRATI SUBITO DOPO L'UCCISIONE DI DIECI SOLDATI BELGI. Il ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy, ha detto che nessuno può ora guardarsi indietro senza provare rimorso e tristezza per non aver aiutato il popolo ruandese quando ne aveva bisogno. "L'inaudita brutalità degli autori del genocidio si sono burlati, ancora una volta, della promessa che non sarebbe successo "mai più", impegno preso dopo l'Olocausto. L'AMBASCIATORE OLANDESE PETER VAN WALSUM, SOSTENENDO CHE L'ONU ERA AGGRAPPATA A UN PROCESSO DI PACE IRRILEVANTE, HA ALLARGATO IL DISCORSO ALLE RESPONSABILITÀ DELLA FRANCIA NELL'"OPERAZIONE TURQUOISE". Alla fine comunque i quindici del Consiglio di sicurezza hanno sottolineato che importante è la lezione da trarre da quanto successo per evitare che si ripeta, soprattutto in Africa, dove il pericolo è ancora presente. Per l'ambasciatore Usa, Richard Holbrooke, il miglior modo di dimostrare di aver appreso la lezione è quello di riportare la pace in Congo. L'ambasciatore ruandese all'Onu, Joseph Mutaboba, ha apprezzato il rapporto e le raccomandazioni espresse ma ha detto che il Consiglio di sicurezza deve fare di più: "non è mai troppo tardi per fare le cose giuste". Il riferimento era alla richiesta di un "mini piano Marshall" per la ricostruzione del suo paese. Peraltroin gennaio le famiglie di due vittime ruandesi avevano avviato un'azione legale contro le Nazioni unite per complicità negli omicidi. Ad avviare la denuncia erano stati due avvocati australiani sulla base delle accuse di due donne sopravvissute alle stragi: la hutu Anonciata Kavaruganda e la tutsi Louise Mushikiwabo. la Kavaruganda è vedova di un giudice hutu della Corte suprema ruandese, assassinato perché considerato "simpatizzante dei tutsi". Secondo le accuse i soldati Onu, del Ghana, avrebbero fatto amicizia con gli attentatori e invece di proteggere la famiglia del giudice avrebbero assistito, senza intervenire, alla tortura della moglie e dei figli. Louise Mushikiwabo, sorella di Lando Ndaswinga, l'unico ministro tutsi del governo ruandese all'epoca, avrebbe visto fuggire la scorta del fratello poco prima che questo fosse trucidato insieme con la madre
Notizia curiosa su uno “strano” investigatore ONU
da http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2001/05/20/2177540
RUANDA, ARRESTATO PER GENOCIDIO INVESTIGATORE ONU
KIGALI, 20 MAGGIO 2001 - Il tribunale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra in Ruanda ha arrestato uno dei suoi investigatori, accusato di genocidio. Simeon Nshamihigo è stato identificato da un testimone, che lo ha riconosciuto come uno dei miliziani agli ordini dell'ex comandante hutu Samuel Imanishimwe, che uccisero migliaia di tutsi durante la guerra civile del 1994. Insieme a lui sono stati arrestati con l'accusa di genocidio e crimini contro l'umanità anche due ex funzionari del governo ruandese. Il tribunale dell'Onu ha sede ad Arusha, in Tanzania.
altri contributi
da http://www.ecn.org/cassasolidarietantimilitarista/16.htm
Un "Turchese" rosso sangue
A quattro anni dal massacro in Ruanda, nell’ennesimo anniversario, molti fantasmi aleggiano ancora nell’aria.
Sotto la copertura fornita dal piano di aggiustamento strutturale della Banca Mondiale, attraverso l’utilizzo di fondi di investimento destinati a privati, il governo ruandese avrebbe finanziato il genocidio che ha devastato il paese nel ’94 (oltre 500.000 ruandesi uccisi).
I dati agghiaccianti emergono da un rapporto delle Nazioni Unite, che doveva rimanere segreto, e riguardano l’investimento di fondi della Banca Mondiale destinati allo sviluppo economico del paese che sono stati utilizzati per acquistare più di 580 tonnellate di machetes, considerate "armi bianche", senza destare alcun sospetto nella comunità internazionale.
Il passaggio appare cristallino nella sua sotterranea macchinazione: i paesi "civilizzati", attenti sostenitori della Banca Mondiale, investono denaro in questa che dovrebbe "incentivare" lo sviluppo economico di paesi in difficoltà. Nessuno si accorge che più dell’80% del fondo destinato tra il ’90 ed il ’94 al Ruanda servì per acquistare armamenti dai paesi "civilizzati" (gli stessi sostenitori della Banca Mondiale)? Il regime Hutu, le forze armate governative, le milizie hanno avuto anni per affilare i loro machetes.
Come non accorgersi che i militari francesi, insediatisi in Ruanda dal ’90 al ’94 per "evacuare i francesi", addestrarono inoltre indisturbati l’esercito e le milizie che poi portarono a termine il genocidio, il terzo del secolo dopo quello di armeni ed ebrei? La missione "TURQUOISE" ("Turchese") appare in realtà assumere colori ben più cupi, di morte.
A volte le nostre analisi sembrano anche a noi stessi viaggiare nei cieli lontani dell’astrattezza. Purtroppo è la realtà stessa che si prende la briga di dimostrarci che quando sosteniamo che sono gli stati ed il capitale (soprattutto quelli di casa nostra) a provocare le guerre, stiamo solo descrivendo una tragica normalità.
e da http://www.ecn.org/bandierarossa/dossier/africa/testi_africa/4_africa.html
Crisi nel Kivu e in Ruanda
Aiuto umanitario, vendita di armi e intervento militare di Eric Toussaint (26 novembre 1966)
Dal genocidio del 1994 alla crisi dell'ottobre/novembre 1996
Negli ultimi due anni, gran parte dell'aiuto umanitario fornito ufficialmente ai profughi ruandesi ad est dello Zaire è servito in realtà per acquisti di armi. Le milizie razziste hutu e quel che resta dell'esercito genocida del vecchio regime di Habyarimana hanno usato il denaro dell'aiuto umanitario per impedire per anni che nel loro paese rientrassero svariate centinaia di migliaia di ruandesi.
I miliziani estremisti hutu e i militari dell'ex esercito ruandese organizzavano una vera e propria dittatura nei campi dei rifugiati. I governi imperialisti ne erano al corrente. Il governo francese è direttamente complice. Prima, durante e dopo il genocidio, le industrie di armi del Nord hanno fornito le loro merci mortifere ai responsabili del genocidio (cfr. Scheda 1).
Antecedenti: dal 1990 al 1993
A partire dal 1990, la dittatura di Habyariana ha accolto un piano di riassetto strutturale imposto dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Una parte rilevante del denaro prestato da queste istituzioni multilaterali è stata usata dal regime dittatoriale per acquistare le armi servite a organizzare il genocidio che ha provocato oltre un milione di morti in tre mesi a partire dall'aprile 1994 (cfr. successivo articolo di Sabine Legrand).
La politica di riassetto imposta dalla BM e dal FMI ha privato del loro reddito i piccoli produttori di caffè (perlopiù hutu) trasformandoli in una riserva di reclutamento per l'esercito ruandese (i cui effettivi sono quadruplicati tra il 1990 e il 1994) e le milizie estremiste hutu. La paga dei militari e dei miliziani proveniva dai soldi ricevuti come prestito. In questo periodo veniva minuziosamente preparato il piano del genocidio.
Attualmente
Il nuovo regime ruandese è costretto dalla BM e dal FMI a rimborsare il denaro che è servito ad armare il braccio degli artefici del genocidio.
Di una parte rilevante delle ricchezze del Ruanda sia appropriano istituzioni e governi che hanno chiuso gli occhi di fronte ai preparativi del genocidio. La Francia si fa rimborsare un aiuto bilaterale che è servito ad acquistare armi dalle industrie francesi.
Il ritorno massiccio dei rifugiati verso il Ruanda possibile grazie allo sbandamento delle milizie estremiste hutu e dell'ex esercito genocida a partire da metà novembre del 1966 (cfr. articolo di Colette Braeckman) ha per il momento sventato i piani degli strateghi militari del Nord, che sognavano di mandare nella zona una forza militare straniera di 12.000 persone.
Scandalosamente, però, i governi del Nord si guardano bene dall'aprire le proprie borse per fare arrivare, senza i propri militari, l'aiuto umanitario di cui ha urgente bisogno la popolazione civile. I governi del Nord (a partire dalla Francia) sono soprattutto preoccupati per la destabilizzazione del regime di Mobutu e manovrano per salvarlo ancora una volta.
Va fatta completamente luce su tutti gli aiuti passati e presenti all'operazione di genocidio. Le milizieestremiste hutu e l'ex esercito ruandese vanno disarmati. I responsabili del genocidio vanno processati in Ruanda.
No all'intervento militare straniero.
Inoltro immediato dell'aiuto umanitario ai rifugiati senza passare per l'invio di un corpo di spedizione straniero.
Appoggio internazionale agli sforzi delle autorità ruandesi di reinserire il meglio possibile i rifugiati che rientrano nel paese.
Annullamento del debito del Ruanda e blocco delle politiche di riassetto strutturale.
Organizzazione di un programma internazionale di distribuzione in favore delle famiglie vittime del genocidio. Versamento di rimborsi e interessi alla popolazione ruandese da parte dei governi del Nord e delle istituzioni multilaterali corresponsabili del genocidio.
Per quanto riguarda lo Zaire, bisogna aiutare la popolazione a liberarsi direttamente di Mobutu: esproprio dei beni detenuti da Mobutu e dal suo entourage all'estero e restituzione di questi al popolo zairese cui sono stati rubati.
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Scheda 1- Nuove rivelazioni sulla vendita di armi ai responsabili del genocidio in Ruanda
Inghilterra - La società britannica Mil Tec Corporation ha garantito in pieno genocidio l'invio di armi all'esercito ruandese. Secondo il «Times» (18.11.'96), il 17 aprile 1994, a undici giorni di distanza dall'inizio del genocidio, questa società ha consegnato all'esercito ruandese munizioni provenienti da Israele; il 3 maggio, invio di fucili AK47 e di mortai; il 9 maggio, 2.500 fucili AK47, 500.000 munizioni e 2.000 mortai da mm 60 provenienti dall'Albania; il 18 maggio (mentre l'ONU aveva decretato l'embargo sulle vendite di armi il 17 maggio), altro stock di armi comprendenti lanicarazzi RPG7; il 13 luglio, altra vendita fatta passare da Tirana per Kinshasa prima di arrivare a Goma, controllata dall'esercito francese nel quadro dell'"Operazione Turchese".
Il «Times» cita il passo di una lettera della MIL Tec Corporation ai militari ruandesi: «Abbiamo sostenuto il vostro governo da oltre cinque anni [...] Dovete rendervi conto che abbiamo derogato per assistere il vostro ministero all'occorrenza».
Belgio - La Fabbrica Nazionale di Herstal (la FNH-Belgique appartiene all'azienda pubblica francese GIAT) avrebbe venduto 1.500 kalshnikov cinesi e rumeni agli estremisti hutu ruandesi rifugiati nel Kivu grazie a una licenza d'esportazione per l'Arabia Saudita. Si sarebbe trovata traccia di parte della vendita - stando al rapporto ONU sui traffici di armi - nell'isola di Iwawa, sul lago Kivu, sottratta agli ex soldati ruandesi dall'Esercito patriottico del Ruanda. La Commissione ONU incaricata dell'inchiesta avrebbe richiesto spiegazioni al Ministero degli Esteri belga, ma sembra non abbia ancora ricevuto risposta.
Francia - La scoperta nel campo i Mugunga di una lettera della società parastatale SOFREMS, che propone il 5 maggio 1994, in pieno genocidio, la vendita di parti di blindati all'Esercito ruandese, mette in luce l'attualità del sostegno militare e diplomatico della Francia all'Hutu Power, sostegno sul quale da oltre due anni sono disponibili diversi elementi (cfr. François-Xavier Verschave in Rapport 1995 de l'"Observatoire permanent de la cooperation française", Desclées de Brouwer, maggio 1995). Alla fine di maggio del 1995, l'organizzazione Human Rights Watch ha pubblicato una Relazione d'inchiesta che segnalava in particolare la consegna all'aeroporto di Goma di cinque carichi di armi per l'Hutu Power, verso fine maggio-inizi giugno del 1994 - dopo il voto all'ONU dell'embargo sulle armi. I carichi comprendevano artiglieria, mitragliatrici, fucili d'assalto e munizioni forniti dal governo francese. Jean-Claude Urbano, allora console francese a Goma, ha giustificato questi carichi spiegando che erano frutto della conclusione di contratti stipulati con l'esercito ruandese prima dell'embargo... Successivamente ha protestato con la HRW ma poi ha desistito (il 9 settembre 1996), subito prima del processo (da un comunicato di «Agir Ici» del 20.11.'96). (Eric Toussaint)
- Zaire
CRONACA DI UN DISASTRO TANTO ANNUNCIATO
di Sabine Legrand (Bruxelles, novembre 1996)
Lo si dimentica troppo presto: in soli quattro mesi, nel 1994 in Ruanda sono state assassinate quasi un milione di persone: per intensità, uno dei più rilevanti genocidi che mai l'umanità abbia conosciuto. La popolazione tutsi è stata sterminata per oltre la metà perché la cricca intorno al dittatore Habyarimana si rifiutava di dividere il potere con l'opposizione e con i ribelli dell'FPR . Per salvare il regime, questa cricca ha predisposto il massacro fin nei minimi particolari ed è probabile che sa anche responsabile dell'assassinio dello stessi Habyarimana. Il genocidio si è fermato solo perché l'FPR era riuscito a conquistare militarmente il paese. I 2.700 caschi blu presenti nel paese non hanno fatto niente per impedire la carneficina. I loro effettivi sono addirittura stati ridotti a 450.
In compenso, un mese dopo, l'ONU decideva di nuovo di mandare sul posto 5.000 caschi blu, decretando inoltre l'embargo alla vendita d'armi al Ruanda. Il Consiglio d'iniziativa ha espresso il proprio accordo all'invio di truppe francesi per «proteggere e portare cibo» alle popolazioni. Non una parola sul genocidio in queste risoluzioni dell'organizzazione internazionale. L'intervento francese (l'operazione "turchese") viene lanciata proprio nel momento in cui l'FPR sta chiaramente per avere la meglio. I militari francesi (e senegalesi) creano una «zona umanitaria» grazie a cui gli artefici criminali del genocidio possono «umanamente» sfuggire a qualsiasi condanna. La zona umanitaria però accoglie anche masse di hutu in fuga. I miliziani estremisti hutu e i residui dell'esercito ruandese in rotta costringono infatti gruppi di popolazione a lanciarsi con loro sulle vie dell'esodo.
E' così che migliaia di rifugiati ruandesi si sono arenati in campi nel Kivu.
Quanto ai caschi blu, sono arrivati con quattro mesi di ritardo sulla decisione di inviarli e sono sbarcati... in Ruanda... dove l'FPR ha preso il potere e il genocidio è terminato.
Nei campi del Kivu le milizie hutu potranno riorganizzarsi tranquillamente. Impediscono ai rifugiati di rientrare nel loro paese. Si riforniscono di armi grazie all'esercito zairese. Stando a un rapporto dell'ONU, anche alcuni paesi occidentali hanno riarmato i criminali, in particolare la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia.
Non solo quindi i miliziani hutu sono riusciti a salvare la pelle ma hanno potuto riprendere la lotta per riconquistare il Ruanda. A partire dal Kivu, essi scagliano regolarmente attacchi in territorio ruandese, per destabilizzare il regime... e sopprimere fisicamente testimoni del genocidio. Per il nuovo regime ruandese è una situazione intollerabile.
La fine di un regno
Il secondo elemento al centro della crisi è la crisi nello stesso Zaire. Lo Zaire e un paese ottanta volte più grande del Belgio. Strategicamente situato al centro dell'Africa, è ricchissimo anche di risorse naturali, per cui ha sempre interessato da questo punto di vista le potenze occidentali.
Mobutu è sempre stato un servo astuto e devoto dell'Occidente. Lo Zaire era uno dei paesi di testa dell'"anticomunismo" in Africa; ha appoggiato ad esempio la lotta delle potenze occidentali contro il Movimento popolare di liberazione dell'Angola (MPLA) e contro l'African National Congres (ANC) in Sudafrica.
Dopo il crollo del blocco dell'Est e l'abolizione dell'apartheid, Mobutu è diventato meno utile ai suoi padroni. D'altro canto, le sue concessioni alla democrazia esclusivamente formali creavano difficoltà agli Stati Uniti nell'appoggiarlo incondizionatamente, per cui si sono messi alla ricerca di altri potenziali uomini di paglia. Di fronte a simili mutamenti, Mobutu non è rimasto inattivo. Combinando repressione e promozione a posti di responsabilità, è riuscito a mantenere divisa e a neutralizzare l'opposizione. E per dimostrare di essere l'ultimo baluardo contro il caos, lo ha creato lui stesso.
Già nel 1993, di fronte ai tragici eventi ruandesi, il Nord-Kivu costituiva già il teatro di scontri armati. Furono cacciati o assassinati dei Banyaruanda : si contarono varie migliaia di morti. Con la scusa dell'aiuto umanitario, Mobutu ha finanziato i dirigenti che organizzavano questi massacri. Ancora oggi può trarre vantaggio dagli scontri (cfr. oltre, intervista a Colette Braeckman).
Kivu
L'operazione "Turchese" ha determinato il raduno di circa mezzo milione di rifugiati nel Kivu. Gli estremisti hutu non sono stati disarmati: L'esercito zairese approfitta, rubando e rivendendo l'aiuto umanitario, come pure le armi. Il rientro dei profughi veri nel loro paese avrebbe liquidato gli estremisti e ridotto le possibilità di traffici per i militare zairesi. Già nel 1994 l'esercito si era opposto ai tentativi di volontari di rientrare in Ruanda. Il Primo ministro, Kengo Wa Dondo diede all'epoca l'ordine di consentire ai volontari di superare di nuovo le frontiere, e alcuni lo fecero. E' questa la situazione in cui si è consolidata l'alleanza tra gli estremisti hutu e l'esercito dello Zaire. Gli estremisti hutu intendono creare un "hutuland" nel Kivu, a spese della locale popolazione zairese. L'esercito dello Zaire, da parte sua, già da anni vive alle spalle di questa popolazione, razziando i risparmi della gente e i raccolti di caffè.
Insieme, militari zairesi e miliziani hutu hanno attaccato i Tutsi , veri o presunti. Hanno abbattuto bestiame, assassinato la gente o l'hanno cacciata dalle loro terre.
I ribelli
Nel settembre 1996 ha cominciato a svilupparsi la resistenza dei Banyaruanda. Alcuni sono scappati in Ruanda e sono ritornati con le armi e addestrati. Con l'aiuto dell'esercito ruandese, la resistenza è riuscita ad impadronirsi delle principali città del Kivu.
Questa resistenza rappresenta la fusione tra diversi movimenti raggruppati nell'Alleanza Democratica dei Popoli. Il portavoce, Desiré Kabila, ha dichiarato che si sono organizzati contro gli attacchi e i massacri nonché contro la dittatura di Mobutu.
Lo stesso Kabila era un leader del Partito della Rivoluzione Popolare (PRP), un partito che si richiama al «marxismo-leninismo» ed è presente nel Kivu da vari decenni. Kabila aveva avuto un ruolo nella insurrezione rivoluzionaria mulelista del 1964-'65. Il Ruanda appoggia il movimento perché vuole farla finita con gli estremisti hutu e le loro aggressioni.
Ormai i campi di confine sono vuoti. I miliziani hutu sono riusciti a costringere le popolazioni a penetrare insieme a loro più a fondo in territorio zairese, dove si costituiscono nuovi campi. I fuggiaschi che sono riusciti a separarsi dai miliziani sono autorizzati a tornare in Ruanda quando incontrano i ribelli. Sono stati creati per loro appositi campi.
Il portavoce dell'Alto Commissariato per i Rifugiati (HCR) ha dichiarato: «grandi concentramenti di rifugiaiti si verificano a prescindere dalle milizie, a quanto ne sappiamo, per gruppi di quaranta o cinquanta persone; possiamo raggiungerli rapidamente e potrebbero ritornare subito in Ruanda senza che ci sia bisogno per questo di una forza internazionale d'intervento».
Mobutu vince una prima battaglia
Mobutu è stato operato di tumore alla prostata, ma sembra essersi rimesso abbastanza da riprendere in mano la situazione. Ha già preso contatti con certe cerchie dirigenti francesi per discutere un intervento militare nel caso in cui il suo potere venisse minacciato. Le campagne razziste contro tutti quelli che sono di origine tutsi nello Zaire sono una manna per il dittatore. La gente viene cacciata, perde il lavoro. Kengo viene accusato di essere di origine tutsi e più è minacciata la posizione di Kengo più si rafforza quella di Mobutu; anche all'interno dell'opposizione di Kinshasa, dove ci sono ora tendenze che pensa che le rivalità con Mobutu vadano sotterrate, in nome del nazionalismo zairese. Il Kivu è sempre stata una zona difficile da controllare per il regime dello Zaire. La rete di organizzazioni civili è molto fitta. Il problema è sapere che cosa ne resterà dopo questi tragici eventi.
Intervento militare?
Il dramma umano rischia di assumere dimensioni enormi se non cambia nulla al più presto. I rifugiati portati con loro dai miliziani non possono rientrare in Ruanda. I ribelli lasciano passare gli aiuti con il contagocce, naturalmente per rafforzare la propria posizione nelle trattative. In ogni caso l'aiuto umanitario va urgentemente distribuito.
Ma quale può essere il ruolo di un intervento militare nella zona? Disarmare i ribelli, le milizie o l'esercito zairese? Impossibile rimanere neutrali al riguardo. La comunità deve immediatamente ricavare gli insegnamenti dalle proprie avventure umano-militari. Ricordiamo il caos somalo, la spartizione etnica della Bosnia, la complicità con i criminali ruandesi... altrettanti retaggi degli interventi militari.
L'unica volta in cui l'ONU è intervenuto come tale nello Zaire il ruolo che ha svolto è stato tutt'altro che limpido.
L'ONU si era impegnato ad inviare truppe per aiutare il legittimo governo di Lumumba a garantire l'integrità del paese di fronte alla secessione del ricco Katanga, appoggiato dal Belgio. L'ONU ha mandato le sue truppe solo per imporre una tregua nel momento in cui l'esercito governativo stava avendo la meglio. La secessione del Katanga ha potuto durare così parecchi anni. L'insurrezione di Mulele, da parte sua, è stata repressa dal Belgio con l'aiuto degli americani, e questo ha permesso a Mobutu di rimanere al potere. Ancora, nel 1978, le truppe francesi e marocchine hanno salvato la vita a Maréchal, provocando migliaia di morti nella popolazione civile. Accanto all'inoltro di un aiuto umanitario vanno intrapresi sforzi per una soluzione strutturale dei problemi.
Va interrotta la fornitura di armi ai miliziani. I rifugiati debbono potersene tornare a casa. Il Ruanda deve essere aiutato ad accogliere i rifugiati e ricevere mezzi per il rilancio della propria economia. I responsabili del genocidio vanno processati. Non è possibile la pace finché i criminali godranno dell'impunità. I paesi che li ospitano debbono consegnarli al tribunale internazionale, che deve subito ottenere i mezzi finanziari indispensabili per funzionare efficacemente.
Non si può dare appoggio al Congo o a Mobutu. Va sorretta la democrazia. Le elezioni previste nello Zaire debbono svolgersi. I conti in banca e le ricchezze di Mobutu in Occidente vanno confiscati per poter provvedere alla ricostruzione del paese e della società civile.
Vanno prese iniziative per l'insieme della regione dei Grandi Laghi. L'Africa non può più continuare ad essere la riserva di caccia degli interessi economici occidentali. L'Occidente deve bloccare la politica di saccheggio del continente. Bisogna farla finita con lo scandalo costituito dal flusso di denaro che va dall'Africa verso il Nord sotto forma di pagamento degli interessi del debito. Il continente africano deve avere la possibilità di compiere le proprie scelte economiche.
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Kivu
LE METASTASI DEL GENOCIDIO
Intervista a Colette Braeckman, africanista ed autrice del libro Terre africaine (Fayard, Parigi).
Inprecor - I ribelli hanno il sostegno della popolazione nel Kivu?
Colette Braeckman - Ne dubito. La gente si stupisce del comportamento corretto dei ribelli rispetto a quello cui è abituata da parte dell'esercito zairese, ma i ribelli non conquisteranno l'appoggio della popolazione con l'"educazione popolare". La popolazione locale è da tempo ostile ai Banyaruanda, che sono del resto hutu non meno che tutsi. Questi si spiega con il fatto che il Kivu è una regione sovrappopolata in cui ci sono come conseguenza conflitti per la terra, fonte di cibo. Si indirizza la propria insoddisfazione verso gente di cui si dice che abbiano nazionalità "dubbia". Nel resto del paese non c'è sicuramente un problema di appoggio ai ribelli.
Imprecor - Kabila, il capo dei ribelli, è stato tirato fuori dal cassetto per imprimere una coloritura locale alla ribellione, come sostiene il professor Reyntjens?
C. B. - E' anche un po' quello che ritengo io. C'era sì nella zona una specie di guerriglia dormiente che si occupava di traffico d'oro. Ma Kabilia era ormai inattivo politicamente. Non ha partecipato alla lotta per la democratizzazione né alla Conferenza nazionale. Kigali ha trovato un ribelle locale da ostentare per imprimere un'aura zairese agli avvenimenti. L'opposizione, a Kinshasa, non prende sul serio la rivolta. Quel che c'è da fare è continuare a lavorare a preparare elezioni in tutto il paese, risolvere il problema dei profughi, mantenere l'unità del paese.
Inprecor - Dunque non c'è solidarietà tra l'opposizione a Kinshasa e i ribelli?
C. B. - No. Sbagliano a Kigali o altrove quanti pensano che una rivolta di tutta la popolazione zairese seguirà alla liberazione del Kivu.
Inprecor - Si può parlare di una "Santa Alleanza" intorno a Mobutu per salvare l'unità del paese?
C. B. - Si può parlare di un autentico nazionalismo. La gente pensa che i ruandesi debbano lasciare il paese. Vi sono anche avversari decisi del mobutismo che fanno collette per sostenere la popolazione del Kivu e che richiede l'intervento dell'esercito.
Inprecor - C'è ancora un'opposizione critica nei confronti di Mobutu?
C. B. - Certamente. Il dottor Sondji del Fronte patriottico dice ad esempio che la rivolta è forse un'avventura insensata che fa il gioco di Mobutu, ma che bisogna stare attenti e non dimenticare chi è il nemico principale.
Inprecor - C'è un conflitto tra Mobutu e Kengo?
C. B. - Kengo vuole che le elezioni si tengano e quindi che i rifugiati rientrino. Ha firmato accordi in questo senso. Per Mobutu invece i rifugiati rappresentano una carta diplomatica e politica. I generali gbandi, in particolare il cognato di Mobutu, percepiscono una percentuale sull'aiuto umanitario e si arricchiscono con il commercio delle armi. C'è quindi chiaramente un gioco di interessi diversi. Per Mobutu i rifugiati possono restare più a lungo. Ma a Kinshasa si esige che Kengo se ne vada. Mobutu dipende troppo all'aiuto straniero, in particolare da quello francese, per buttare fuori Kengo. L'Occidente e la Francia vogliono che Kengo rimanga.
Inprecor - La cosa va bene per Mobutu che potrebbe rinviare le elezioni con la scusa del caos nel Kivu?
C. B. - Dipende. Le organizzerebbe, se fosse sicuro di vincerle. La Commissione elettorale indipendente sostiene di volere fare in modo che le elezioni si svolgano correttamente. Se cos' sarà, credo che Mobutu perderà le elezioni. Non può vincerle senza brogli. Se Mobutu si accorge di non potere imbrogliare, vorrà il rinvio. Ma nel caos attuale è facile il broglio.
Inprecor - Kengo ha buoni rapporti con gli Stati Uniti?
C. B. - Li ha soprattutto con la Francia, ma anche con gli Stati Uniti e con le istituzioni finanziarie internazionali, perché paga i debiti.
Inprecor - Gli Stati Uniti lascerebbero cadere Mobutu per Kengo?
C. B. - In effetti puntano su di lui. E' l'uomo dell'Occidente. Il problema però è che nessuno nello Zaire lo sostiene. Non ho incontrato un solo zairese che si dichiari favorevole a Kengo.
Inprecor - Si parla anche dell'ex capo di Stato Maggiore Mayele come eventuale uomo forte...
C. B. - Mayele è stato emarginato da Mobutu nel 1993. Era favorevole al processo di democratizzazione. Egli quindi non ha truppe ai suoi ordini, per il momento, ma è molto popolare. Si dice che se fosse capo di Stato Maggiore i problemi nel Kivu si risolverebbero in pochi giorni.
Inprecor - Quali sono le lagnanze degli studenti che manifestano contro Kengo?
C. B. - Sono scontenti di Kengo per quel che succede nel Kivu e per tutto il resto, in particolare per il programma di austerità. Al tempo stesso, rendono omaggio a Tsisekedi, quindi non si mobilitano in appoggio a Mobutu. Tranne nel caso in cui - e nello Zaire non si può escludere niente - Mobutu operasse una svolta e dicesse: «Ora facciamo un governo con il Primo Ministro che volete. Prendiamo Tsisekedi, mettiamo Mayele a capo dell'esercito, riconquisteremo il Kivu e io rimango al mio posto». In questo caso potrebbe anche vincere le elezioni.
Inprecor - Dov'è in questo momento Etienne Tsisekedi (il principale leader dell'opposizione)?
C. B. - A casa sua. E ‘ molto deludente. Non ha alcuna iniziativa. Non vuole parlare con nessuno, diplomatici o giornalisti che siano. Neanche con me, che conosce da anni.
Inprecor - Come te lo spieghi?
C. B. - Probabilmente pensa di non dovere più partecipare a niente.
Inprecor - Eppure è questo il momento per svolgere un ruolo.
C. B. - Lo penso anche io. E' un problema grosso, soprattutto per i suoi militanti.
Inprecor - C'è il rischio di vedere esplodere lo Zaire?
C. B. - Non credo. A mio avviso c'è un a volontà vera di salvaguardare l'unità del paese, un nazionalismo autentico e un'identità zairese. Minacce all'unità del paese potrebbero venire solo da fuori.
Inprecor - Possono essere disarmate senza intervento militare le milizie estremiste hutu?
C. B. - L'unico che possa farlo, e lo sta facendo, è l'esercito ruandese.
Inprecor - E' un protagonista importante nel Nord del Kivu, per il momento?
C. B. - Naturalmente. Sta facendo quel che nessuno osava fare. Forse è il motivo per cui non sono ammessi giornalisti nel Kivu in questo momento.
Inprecor - Il professor Reyntjens sostiene che sicuramente in Sudan c'è petrolio ed è questo che spiega l'interesse USA per la zona?
C. B. - C'è petrolio in Sudan, ma ci sono risorse anche nel Kivu, molti minerali importanti per l'industria aeronautica e le tecnologie di punta. Si parla di ideologia, ma secondo me il Kivu costituisce soprattutto una riserva di ricchezze che è ancora appena dischiusa e che si intende sfruttare.
Inprecor - Quali sono i rapporti degli Stati Uniti con il Ruanda? Non puntano un po' sul Ruanda per poter costituire un contrappeso nella zona rispetto alla Francia?
C. B. - Gli USA appoggiano il Ruanda perché ne vogliono garantire la stabilità e lo sviluppo. Un po' come con l'Uganda. Vogliono creare una zona stabile nella regione.
Inprecor - Come si spiega che la Spagna voglia oggi inviare truppe?
C. B. - Pur avendo un ruolo marginale, l'amicizia tra Chirac e Aznar è una parte della spiegazione. Non va neppure dimenticato che in Spagna ci sono i conservatori al potere. La lobby cattolica (specie l'Opus Dei) ha un peso rilevante in questo.
Inprecor - Sulla stampa belga si dice che le milizie hutu non inquadrano più i rifugiati. E' esatto?
C. B. - No, è completamente falso. Ciò che accade è un fenomeno di cattura di ostaggi tra i più grandi della storia. I profughi continuano ad essere inquadrati dalle milizie. Sono arrivate in Ruanda persone con ferite da macete sulla schiena e si dice che sono state le milizie, tentando di impedire che rientrassero nel loro paese. Solo l'esercito ruandese può mettere fine a questa situazione, e penso sia questa la convinzione della stessa comunità internazionale, anche se non osa dichiararlo apertamente. Il Ruanda intende farla finita, per motivi ben noti. Nessun altro paese è disposto a inviare l'esercito per eliminare questa cancrena.
Inprecor - Perché la Francia invia truppe nel Congo-Brazzeville, proprio di fronte a Kinshasa?
C. B.- Per garantire il ritorno di Mobutu. Su questo non c'è il minimo dubbio.
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- Zaire
LA FINE DELLA CATTURA DI OSTAGGI
di Colette Braeckman («Le Soire», 16 novembre 1996)
Il peggio non era scontato: i profughi ruandesi, che si credevano dispersi nell'immenso Zaire, in fuga eterna nella boscaglia impervia, erano in realtà ostaggi. Ostaggi di un'odiosa propaganda ideologica genocida, inculcata da anni; ostaggi dei miliziani e dei militari, responsabili di un milione di morti e che, da due anni, approfittavano dell'assistenza internazionale per prelevare imposte di guerra e prepararsi alla vendetta.
Il rientro massiccio dimostra che i profughi altro non erano che prigionieri e che, una volta allentata la presa che i criminali esercitavano su di essi, hanno compiuto una scelta razionale, calcolando i rischi, soppesando paure e speranze: alla fuga incerta attraverso uno Zaire ostile hanno preferito il rientro nel loro paese, malgrado incertezze e timori.. In certo senso, il confine ha funto da setaccio: i profughi "civili" hanno deciso di rientrare, come avevano fatto nell'agosto scorso i compatrioti rifugiati in Burundi, mentre miliziani e militari, dopo la sconfitta ad opera dei "ribelli" (e verosimilmente di fronte all'esercito di Kigali) hanno ripiegato verso Masisi e soprattutto verso Kisangani.
Il modo in cui si è svolta questa gigantesca cattura di ostaggi getta una luce differente sull'atteggiamento della comunità internazionale: se le pressioni di certi paesi desiderosi di intervenire al più presto avessero funzionato, la pesante morsa sui campi non sarebbe stata ancora allentata, mentre al contrario la situazione attuale consente di capire meglio le "tergiversazioni" americane.
Tutto è avvenuto come se, tergiversando, gli Stati Uniti aspettassero che nei campi avvenisse l'indispensabile vaglio tra i criminali e gli altri.
Così stando le cose, restano aperti parecchi problemi, in primo luogo quello dell'impiego della forza internazionale che si pensava ricercasse i profughi attraverso lo Zaire. Se le sue motivazioni erano realmente umanitarie non ha più altro da fare che aiutare i rimpatriati la dove si trovano, cioè in Ruanda. E lì c'è ancora tutto da fare: se infatti questo rientro è un successo per Kigali, il Ruanda resta pur sempre un paese povero e sovrappopolato, con le prigioni piene, con la giustizia che non ha ancora cominciato a funzionare.
L'aiuto internazionale deve ora curare che i profughi recuperino sicurezza e dignità, e l'antidoto migliore contro l'ideologia fautrice del genocidio resta lo sviluppo. Le promesse del governo di Kigali, che assicurava di auspicare il ritorno dei profughi, devono ora essere prese in parola minuziosamente.
l di là del rientro, che rappresenta la fine vera e propria della guerra in Ruanda, resta quindi il futuro di questo martoriato paese. Resta anche quello che diventa il principale problema della subregione: la stabilità dello Zaire. Quest'ultimo "eredita un esercito" di estremisti, ripiegato nelle montagne del Masisi, che terrorizzeranno le popolazioni locali come ieri i contadini hutu: chi dunque libererà lo Zaire dalla minaccia che essi rappresentano?
Si pone inoltre il problema delle rivolte che hanno preso il potere nel Kivu e dei movimenti che probabilmente compariranno a Kisangani e nello Shaba nei prossimi giorni: si tratta di movimenti centrifughi rispetto a Kinshasa, forieri di un possibile smembramento del paese, o piuttosto, stando alle dichiarazioni degli interessati, di movimenti di opposizione alla dittatura, che ambiscono a porre fine all'interminabile transizione per entrare finalmente nel dopo-mobutismo?
Questa sfida condiziona il futuro dell'intera Africa Centrale: la comunità internazionale che invia 12.000 uomini nello Zaire identificherà tali movimenti con un tentativo di liberazione o, con la scusa della stabilità, rafforzerà l'apparato di Mobutu?
Quanto all'opposizione zairese, che resiste a stento alla tentazione nazionalista se non xenofoba, sarà in grado di individuare il nemico principale e di approfittare della breccia che oggi si è aperta?
Caro fabio, forse ni.jo starà facendo confusione.
Però ricordo benissimo che nel post che mi ha spinto a "rinfrescarmi la memoria" ricordavi che la relazione della missione di Peace Keeping in cui si evito accuratamente di parlare di "genocidio" era firmata da Kofi Annan che così si adeguava alla linea, mantenuta, anzi caldamente supportata poi dagli USA, come scritto nel mio articolo di apertura di "non intervento" e confermato in questo rapporto (in inglese, scusate) della Commissione Usa per i Rifugiati (USCR) ovvero l'organo di cooperazione USA con UNHRC.
http://www.refugees.org/news/testimony/050598b.htm
Così, per questo massacro, non ha chiesto scusa solo l'ONU, ammettendo una incapacità tutt'ora non risolta, ma chiese scusa, grazie al cielo, anche il Presidente Clinton a nome del Governo Americano nel 1998.
Ma, dopo le scuse, è stato risolto qualcosa?
Leggendo i documenti che posti, direi proprio di no, se non vi sono interessi diretti, i singoli stati NON intervengono e se intervengono spesso peggiorano le cose. Che facciamo, allora?
Originariamente inviato da fabio69
questa discussione l’ho vista solo ieri sera sul tardi
mi dispiace dirtelo ni.jo , ma così stai facendo solo disinformazione
ne avevamo discusso tempo fa sull’altro forum e credevo d’averti portato del materiale per farti come minimo venire il beneficio del dubbio rispetto alla tua verità precostituita secondo cui gli americani avrebbero recitato in quella vicenda chissà quale ruolo (negativo, naturalmente)
eppure ti avevo prodotto articoli di giornali on line, di associazioni pacifiste e umanitarie al di sopra di ogni sospetto, di testimoni degli avvenimenti, sentenze di tribunale, discussioni di storici ecc. ecc., ma sembra che per te non contino nulla, tu comunque continui a seguire la tua verità precostituita
mah, vediamo innanzitutto cosa scrivi qui
ciao Fabio, non ho preso solo quello (ho messo anche gli altri link) quell'articolo l'ho messo per intero perchè non sosteneva che l'Onu fosse la perfezione e gli usa il diavolo, se leggi sotto il post** non cerco di nascondere nessuna colpa.
Sul ruolo usa mi hai tolto qualche dubbio e qualche altro mi è rimasto, contariamente a come dici non ho certezze, ne uno che fà "disinformazione" posta un documento contro la sua teoria...ho si prende la briga di riconoscere i meriti dell'oggetto di "demonizzazione" come le parti in grassetto mi pare dimostrino.
Una delle cose che ancora penso è che Kagame sia un uomo degli usa, l'altra che per suo tramite un qualche ruolo, seppur minore di Francia e Belgio, il governo usa lo abbia e continui a giocarlo, a parte il mancato intervento per cui è stato chiesto scusa.
sulla del Ponte ecco un pezzo significativo dal link (riportare tutto è un ottimo modo per non far leggere nulla, mi sa)
Mandati separati su proposta USA
All’ora attuale, la Del Ponte, che ha portato sul banco degli imputati l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, detiene ancora entrambi i mandati. Della durata di quattro anni, i mandati scadranno il 14 settembre.
Per il prossimo quadriennio, il Consiglio di Sicurezza ha deciso di scindere le due funzioni. La risoluzione approvata giovedì è stata redatta dagli Stati Uniti: in essa si chiede al segretario generale Kofi Annan di nominare un nuovo procuratore per il tribunale incaricato di occuparsi dei genocidi del 1994 in Ruanda. Secondo le aspettative al Palazzo di Vetro, il nuovo incarico dovrebbe essere affidato ad un magistrato africano.
Pressioni dal Ruanda
La raccomandazione di sdoppiare i mandati dei due tribunali era stata fatta nelle scorse settimane da Annan anche in seguito a pressioni del governo del Ruanda, che aveva criticato l'inefficienza della corte nonostante i suoi 16 giudici, oltre 800 membri dello staff e un bilancio di circa cento milioni di dollari l'anno.
Per i ruandesi, la Del Ponte si sarebbe occupata più intensamente del suo lavoro all’Aja, trascurando il compito in Africa. «Questo genocidio è stato affidato ad un procuratore a tempo parziale» ha dichiarato a swissinfo Valentine Rujwabiza, ambasciatore del Ruanda in Svizzera. «Carla Del Ponte avrà passato sì e no 30 giorni all’anno ad Arusha».
Le critiche maggiori però Rujwabiza le rivolge al tribunale nel suo complesso. «Il problema più grande è la sua lentezza: in nove anni il tribunale ha giudicato appena 15 persone. A perdere la vita nel genocidio sono stati quasi un milione di esseri umani».
Mancanza di cooperazione
Qualche tempo fa, Carla Del Ponte aveva a sua volta accusato il governo ruandese di non cooperare in modo costruttivo alle indagini.
«Vorrei che la politica fosse meno coinvolta», aveva detto la Del Ponte in giugno alla Televisione della Svizzera tedesca. «Quando ci sono delle indagini in corso, dovrebbe essere il magistrato a decidere il da farsi e non i politici».
In particolare, la Del Ponte sostiene che il governo, guidato dall’etnia Tutsi, ha tentato di ostacolare il suo lavoro al tribunale da quando si è cominciato ad indagare su crimini commessi con tutta probabilità dai militari Tutsi.
Poi per carità può essere una coincidenza e comunque come fai notare al limite in questo caso gli usa hanno appoggiagiato i giusti, ma nell'altra discussione quello che volevo dimostrarti è che raramente l'azione a fatta per ottenere b non produce qualche effetto secondario imprevisto....
adesso in quella zona c'è una guerra chiamata prima guerra mondiale africana, e guardacaso il nostro amico kagame ci gioca un ruolo fondamentale...ancora non stò a giudicare in bene o in male, faccio notare che c'è invischiato.
ma più avanti ho anche capocciato sul muro per il basso numero di condanne.
Si forse ho le idee un pò confuse, capita se non ti intestardisci su un unica teoria ma accogli elementi di dubbio.:D
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Originariamente inviato da ni.jo
E' innegabile che le Nazioni Unite siano sovente impotenti.
I motivi sono imho da ricercare nelle ragioni delle "grandi nazioni" con diritto di veto, che dovrebbero oltre che finanziare e "formare" l'organizzazione anche fornire le truppe.
Ripeto, a mio parere, non esiste oggi un alternativa ad una organizzazione delle nazioni per risolvere le diattribe internazionali: l'altrenativa è l'anarchia totale, che si autoregolamenta come più o meno fà il mercato!(battutina antineoliberista)
Purtroppo senza gli Usa non si fà proprio nulla, credo, e ultimamente mi sembra che la piega presa dall'amministrazione attuale sia di fare a meno dell'Onu, quando l'apporto politico e militare di quella che è stata la nazione fondatrice è ndispensabile.
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Sul genocidio dei Tutsi da parte degli Hutu in Ruanda, (un milione di morti in un centinaio appena di giorni), alcuni dei quali avevano trovato rifugio nei campi protetti dai caschi blu, prima dell'ordine di abbandonarli al loro destino in quanto le componenti dell'Onu in tutto il casino non trovarono altro che metter sù una controversa missione "torquoise" su cui ancora non credo si sia fatta piena luce mentre Clinton si tenne ben fermi i marines scottato dalla "missione di pace" in Somalia o occupato in altre più gioiose pratiche...:pig:
I soldati ONU di nazionalità belga, francese e italiana vennero mandati a recuperare i connazionali...
Ho letto di preti suore e funzionari implicati e condannati per genocidio nei link** di fabio69, altra discussione in un altro "mondo" un pò più scuro ;-)
Tanto per riordinarmi un po’ le idee andiamo per punti: sarà sicuramente lungo, mi spiace, ma oggi inizio a lavorare solo alle 16.00 ;)
buona parte dei contributi sono tuoi, a significare che le nostre posizioni divergono solamente sul ruolo del governo USA nella vicenda: come già ti dissi non è mia intenzione sminuire le colpe di Francia, Belgio,Onu e Chiesa, che tu hai eloquentemente illustrato…
Per questo motivo, quoto tutti i link che hai postato su xion, perché ci sono evidenti ammissioni di intervento “coloniale” di tutti i paesi (non solo degli Stati Uniti, anzi gli altri han fatto peggio) a cui sono contrario perché attualmente ci si è resi conto che ci si stanno rivoltando contro e che producendo vantaggi economici hanno lo spiacevole effetto secondario di seminare morte ovunque, compreso nei paesi che hanno messo in atto questi interventi.
Più precisamente, dobbiamo domandarci se la cosiddetta “americanizzazione” del globo non possa rivoltarsi contro la stessa America, e per conseguenza contro di noi atlantici. Da tempo gli Stati Uniti tessono intorno al pianeta una fitta tela di organizzazioni economiche, commerciali e strategiche per affermare gli interessi americani sui mercati mondiali in nome del libero scambio, che è ne più ne meno che la prosecuzione delle politiche coloniali che han portato ai disastri di cui stiamo parlando.
-punto secondo non intendo sminuire nemmeno le responsabilità americane (che poi era l’oggetto del 3d su Xion), e agli usa ci si arriva per via diretta tramite Kagame e i berretti verdi di Fort Bragg.
KAGAME. Che abbia studiato negli usa in effetti non vuol dire granché, solo se il suo corso di studi fosse stato teoria del urbanistica tzigana o oceonagrafia tibetana o storia dell’arte talebana…in realtà Paul Kagame è stato addestrato al U.s.Army Command and Staff College (CGSC) di Leavenworth in Kansas. http://www-cgsc.army.mil/
L’ U.s. Army Command and Staff College è un college molto particolare, che si è meritato il soprannome molto affettuoso di “fucina di dittatori”.
Fabio Pipinato
Fabio Pipinato e' stato fino a poco tempo fa direttore dell'eccellente sito di "Unimondo", ed e' attualmente cooperante in Africa.
Para Boletín "La non violenza e' in cammino"
cut
Tra i moltissimi misfatti compiuti dal colonialismo viene ricordata, tra le altre, l'occupazione belga del Congo. Tra il 1880 ed il 1920 fu compiuto un vero e proprio olocausto nel Congo con milioni di morti. Il documento di Dakar termina con la richiesta di compensazione che secondo il diritto internazionale trova legittimita' in un precedente caso di 200.000 ebrei schiavizzati dal regime nazista; recentemente, i diretti o i discendenti, hanno avuto un qualche risarcimento.
Prima la schiavitu' e poi il colonialismo hanno, senza ombra di dubbio, devastato la dignita' e l'economia continentale, ma solo gli ingenui possono pensare che le colpe stanno tutte a nord del mar Mediterraneo. Ancor oggi i dittatori presenti nella Regione dei Grandi Laghi, solo per rimanere nell'esempio, compiono brutalita' non inferiori agli ex-coloni. Uno di questi, Paul Kagame, autoproclamatosi Presidente del Rwanda, capo delle forze armate e quant'altro, ha giustamente alzato la voce a Durban contro le nazioni europee ree di aver diviso i popoli africani. Il Belgio in particolare, afferma Kagame, ha responsabilita' sino al genocidio rwandese del 1994.
E' tutto vero ma non dimentichiamo che il suo Rwanda sta partecipando, con gli alleati anglofoni, Burundi ed Uganda, alla conquista della Repubblica Democratica del Congo, causando una tragedia non inferiore al genocidio rwandese o ai massacri perpetrati dai belgi. La sistematica violazione dei diritti umani nelle prigioni rwandesi non ha eguali al mondo. Non solo. Kagame accusa l'Europa ma si guarda bene dall'attaccare gli Stati Uniti ove e' stato preparato in una Scuola Militare gia' soprannominata "fucina di dittatori".
Nè si guarda bene dal prendere le distanze dal suo tenente colonnello Ibingira, l’esecutore del massacro degli hutu a Kibeho, che invece di subire in prigione la pena ridicola di 18 mesi che gli è stata inflitta è tuttora nelle sue funzioni e ha mantenuto tutti i suoi diritti di ufficiale superiore e i suoi poteri. Proprio a lui, agli inizi del 1997, è stato affidato il compito di organizzare la sicurezza delle prefetture della città di Kigali e della Kigali rurale.
Sempre nel college si insegnano tralaltro tecniche di controguerriglia, applicate contro i zapatisti,
= Both Special Warfare and The Professional Bulletin of the U.S. Army, John F. Kennedy Special Warfare Center and School, Fort Bragg, NC; U.S. Army Field Manual 100-20, "Stability and Support Operation," U.S. Army Command and General Staff College, Ft. Levenworth, KS (1997).
Da un documento ufficiale (1) delle forze armate USA, i GAFE furono addestrati direttamente nel Fort Bragg, in North Carolina, da esperti della CIA in dottrine di "contro-guerriglia" e questo non è l'unico indizio della partecipazione dei servizi USA nella repressione in Loxicha: nel 96, "...si scoprì che istruttori dell'FBI organizzarono nella città di Oaxaca, un corso per la polizia stanziata in differenti località" (La Jornada 26/04/98).
Con interessanti muatazioni genetiche da sicurezza nazionale a interessi economici (ps il manifesto l’hai citato anche tu, eh)
= il manifesto
Si scrive «oil», si legge «sicurezza nazionale» di RITT GOLDSTEIN(il manifesto del 13/11/2002)
Anche gli Usa hanno gli ispettori tra i piedi: quelli del Congresso che indagano sul crack Enron. La Casa bianca nega loro i documenti sulla base del fatto che la sicurezza energetica «è» sicurezza nazionale. E il Pentagono deve garantirla, specie nei posti dove c'è petrolio. A costo della guerraPer parecchi mesi, a partire dall'aprile 2001, è stata prodotta una raffica di documenti politici militari e governativi che miravano a legittimare l'uso delle forze armate americane per garantire l'approvvigionamento di petrolio e gas. Contemporaneamente, la task force sull'energia del vicepresidente Dick Cheney si è attivata per affrontare la minaccia di una crisi petrolifera americana, mentre sono state esercitate pressioni ad alto livello perché nel gruppo fosse incluso anche il dipartimento della difesa. Sintetizzando efficacemente il ruolo futuro delle forze armate Usa, nell'estate 2001 l'Army War College ha affermato che «la sicurezza è qualcosa di più che proteggere il paese dalle minacce esterne; sicurezza è anche sicurezza economica». L'articolo, apparso sulla rivista del War College, Parameters, continuava auspicando che «le forze armate possano essere utilizzate per qualcosa di più che proteggere semplicemente un paese e il suo popolo dalle minacce tradizionali».Concentrando l'attenzione su questa nuova evoluzione del pensiero strategico Usa, le pubblicazioni dell'Army War College e del suo General and Command Staff College hanno cominciato a sostenere che, quando sono in gioco petrolio e gas, «dove vanno gli affari Usa, là seguono gli interessi nazionali». Contemporaneamente, la rivista dello Us Army's Command and General Staff College, Military Review, ha messo in luce la ricchezza energetica del Mar Caspio e dell'Asia Centrale e la sua importanza per la sicurezza economica degli Usa. Un documento politico congiunto di due dei principali istituti di ricerca americani, il Council on Foreign Relations e il James A. Baker III Institute for Public Policy, ha confermato ulteriormente questa nuova prospettiva. La sicurezza energetica è stata equiparata alla sicurezza nazionale.Praticamente in contemporanea con queste iniziative, il generale Tommy Franks, comandante delle forze armate Usa responsabili per l'area del Golfo persico/Asia meridionale, ha sottolineato il sostegno militare a questa ricerca di approvvigionamenti energetici. In un resoconto del 13 aprile 2001 sulla testimonianza del generale al Congresso, l'ufficio stampa dell'esercito ha definito la missione chiave del suo comando come «l'accesso a queste risorse energetiche (della regione)». Nei mesi precedenti l'11 settembre, un coro virtuale di policy-makers governativi e di militari americani è andato costruendo in misura via via crescente contesti militari per questioni energetiche. Confermando esplicitamente il rafforzamento del legame tra forze armate e questione energetica, un documento politico ad alto livello commissionato dall'amministrazione Bush - Strategic Energy Policy Challanges for the 21st Century -- ha dato parere favorevole all'«intervento militare» per assicurare le forniture energetiche. Il rapporto è stato preparato congiuntamente dal Council on Foreign Relations e dal James A. Baker III Institute for Public Policy, e il progetto era coordinato da un colonnello dell'esercito Usa.
KAGAME, a capo dei servizi segreti militari delle forze ugandesi, nel ‘90 tornò in patria a comandare l’esercito rwandese. (prima dello scoppio della guerra civile e dell’invasione del Rwanda l’esercito patriottico rwandese faceva parte dell’esercito Ugandese). L’Uganda, da metà degli anni ’80 era governata da Yoweri Museveni, che era in ottimi rapporti con gli usa, e da dove è iniziata la “guerra di liberazione”, che come fai giustamente notare anche tu, pose fine al genocidio al posto delle NU...
Ma d’altronde tu mi chiedi di citare anche gli altri documenti che hai postato e io eseguo:il maiuscolo è tuo, il grassetto è mio.
http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda3.htm
SCOPRIRE LA VERITÀ
di Stefano Squarcina
Il Ruanda agita da alcune settimane la scena politica francese. All'Assemblea Nazionale, infatti, è stata costituita una "Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul genocidio in Ruanda" a cui è stato attribuito il compito di far luce sul ruolo della Francia nel genocidio del 1994. Parigi è sempre stata sospettata di aver sostenuto il governo Hutu al potere a Kigali, di aver saputo per tempo dell'esistenza di un piano particolareggiato per lo sterminio organizzato dei Tutsi, di aver fatto di tutto per combattere comunque il "Fronte Patriottico Ruandese" (FPR) ovvero l'esercito Tutsi che in poche settimane, all'epoca, prese il potere. Non a caso i rapporti tra Ruanda e Francia, e tra Ruanda ed Europa, sono molto agitati ancor oggi, proprio perché Kigali non ha mai perdonato il sostegno di Parigi ai "génocidaires". La Francia, infatti, non ha mai nascosto il fastidio con cui guarda alla penetrazione statunitense nel continente africano, fino a paco fa una specie di "dominio esclusivo" di Parigi, e la battaglia che nel 1994 si giocò tra i Tutsi (sostenuti dagli americani) e gli Hutu (sostenuti fino all'ultimo dai francesi) rimandava proprio ad un più ampio scontro geostrategico largamente dominato dagli Stati Uniti. La cosiddetta "Operazione Tourqoise" con cui Parigi decise allora di intervenire in Ruanda creando delle "zone sicure" per la popolazione era in realtà una operazione militare tesa ad affermare una presenza politica in tutta un'area dell'Africa poi persa con la "caduta" di Kigali, Bujumbura e Kinshasa. DEL RESTO, BASTA PROPRIO GUARDARE A COME PARIGI SOSTENNE FINO ALL'ULTIMO IL DITTATORE MOBUTU PER CAPIRE QUANTO È SPREGIUDICATA LA POLITICA AFRICANA FRANCESE...
Il Ruanda, che non ha miniere di oro nel suo territorio è diventato il secondo esportatore africano di oro. Qualche giorno fa, riferendosi ai massacri nella Regione dell’Ituri in Congo,
Presidente della Conferenza episcopale Congolese, Card. Etsou, “Denunciamo con fermezza i Presidenti del Ruanda Paul Kagame e dell’Uganda Yoweri Museveni, per il calvario che impongono al popolo Congolese”
http://www.warnews.it/ita/r_d_congo06.html
KAGAME. Non è in vena di scherzi il presidente ruandese, che alla conferenza di Durban arriva con un rimprovero ben preciso alla Nazioni Unite: non aver ricordato abbastanza nell’agenda della Conferenza, così come nella bozza di dichiarazione finale, la tragedia del genocidio del ‘94, perpetrato dagli hutu estremisti ai danni dei tutsi. "Un genocidio - ricorda Kagame - le cui origini vanno cercate anche nelle discriminazioni introdotte dai colonialisti europei".
Le ultime elezioni in Rwanda, vinte con una percentuale superiore al 95 % da Kagame
Considerazioni prima
Hutu e tutsi ricominciano dalle urne Oggi in Ruanda alle sei in punto si sono aperti i seggi. Sono le prime elezioni dal 1994. Le prime dal grande massacro dei tutsi e degli hutu moderati. Dopo nove anni “di transizione”, come prescritto dagli accordi di Arusha, quasi 4 milioni di elettori (su 8 milioni di abitanti) sono chiamati a scegliere il loro presidente. Il risvolto della medaglia è che il nome del vincitore è scontato: Paul Kagame, 45 anni, occhialini e viso affilato, l’ex capo della guerriglia tutsi del Fronte Patriottico Ruandese che nel luglio 1994 liberò Kigali, da nove anni uomo forte del governo e dal 2000 (quando a votare furono solo i suoi ministri) ufficialmente presidente. Vincerà lui, dicono tutti gli osservatori. L’unico candidato dell’unica opposizione, Faustin Twagiramungu, 58 anni, hutu moderato, tornato in giugno da un esilio di otto anni in Belgio, denuncia la campagna di intimidazioni a cui è stato sottoposto da quello che definisce “il regime dittatoriale” guidato da Paul Kagame. Dodici suoi sostenitori sono stati arrestati sabato in un bar di Kigali con l’accusa di fomentare disordini.
E dopo il voto.
http://www.oneworld.net/article/view/66888/1/
L'arma più potente e più utilizzata dal regime di Kigali è il "genocidio". Paul Kagame, presidente del Rwanda, ancora a settembre, di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha giustificato l'invasione del Congo, la guerra e le violazioni con la necessità di proteggere le frontiere del suo paese da un possibile genocidio.
Conferenza episcopale americana 12/1998 mons. Kataliko, arcivescovo di Bukavu,
"Possiamo fare tutta la fatica che vogliamo a lamentarci delle violazioni dei nostri diritti più elementari di persone e di popoli; il mondo è sordo perché è stata messa in circolazione un'ideologia più grande, di fronte alla quale tutto il resto è relativo. Il genocidio, diventato 'ideologico' funziona come un assegno in bianco offerto dall'attuale amministrazione Usa alla comunità tutsi per fare qualsiasi cosa a tutte le comunità confinanti e in tutta impunità"
Si riferiva agli appoggi finanziari e militari degli Usa ai tutsi rwandesi, documentati nello stesso scritto.
-I berretti verdi.
Agenzia France Presse; “un team di 10 membri, proveniente dal III Gruppo Forze Speciali di Fort Bragg, North Carolina, stava addestrando ufficiali Rwandesi fin dal 15 luglio 1998. Da quando l'RPF (Fronte Patriottico Rwandese) ha preso il potere, l'addestramento militare USA e la fornitura delle armi si sono intensificati.
Una bozza interna cronologica del Pentagono, preparata come risposta alle domande del Congresso sul ruolo degli USA in Rwanda, ha rivelato che il ruolo militare degli USA e' maggiore di quanto si sappia (...)”
Stessa cosa da
L.Duke, Africans Use Us Military Training in Unexpected Ways scritto sul Washington Post il 14/07/1998
“ è ampliamente dimostrato che i corpi speciali americani in particolar modo berretti verdi del 3° corpo di base a Fort Bragg e c’era la presenza di consulenti militari nella regione”
Il genocidio del Ruanda iniziò nel 1994, un anno dopo l’inizio della “guerra di liberazione”.
La guerra di liberazione ebbe il vuia libera dei servizi segreti inglesi
[quote] Africa Direct in “submission to the UN tribunal on Rwanda” http://www.junius.co.uk/africa-direct/tribunal.html) <<a partire dal 1989 l’america sostenne gli attacchi del fronte patriottico rwandese –ugandese al Rwanda….nel 1981 negli archivi del dipartimento di Stato Usa c’erano almeno 56 “dossier” su questi attacchi…con la piena approvazione dei servizi segreti inglesi>>
Ufficiali Ugandesi vennero addestrati dai corpi speciali us nell’ambito del progetto Africa Crisis Reaction Iniziative, con la collaborazione del Military Professional Resourrces Inc.
-La scintilla che diede il “la” fù l’abbattimento dell’aereo “Mystere Falcon” con a bordo Habyarimana.
Tu parli di recenti rivelazioni giornalistiche io cito un’inchiesta ordinata dal parlamento Francese corroborata (uno dei bidet per la coscienza, concordo con te) e due studi di Wayne Madsen, (giornalista investigativo di Washington), nonchè la testimonianza di Paul Mugabe (ex membro degli Alti comandi del Fronte) in “The shooting Down of the aircraft Carryng Rwandan President Habyarimana” in una testimonianza all’International Strategic Studies Association Alexandria Virginia 24/04/2000:
“ W.Madsen “UN & Canada complicit in Randa Cover up: America and Rpf Planned and launched aircraft attack” da l’Observatoire del L’Afrique Centrale vol.3, ma anche “Tutzi informants killed rwandan president”
“La rivelazione più drammatica riguarda la scatola nera del “Mystere Falcon” (…) fù trasportata al quartirer generale delle O.n.u. a New York, dov’è tuttora conservata (…) secondo le fonti O.n.u. il governo degli U.s.a. ha fatto pressioni perché le informazioni contenute nella scatola nera non venissero divulgate (…) inoltre la Arbour (procuratore capo del tribunale internazionale) ordinò ai propri subordinati (…) di interrompere le indagini quando divenne evidente che stavano portando a una conclusione chiara: il Fronte Patriottico (era coinvolto) nell’organizzazione dell’attentato (…) il fronte controllava le tre principali vie d’accesso all’aereoporto e mercenari europei al soldo dei servizi segreti americani usarono un magazzino vicino all’aereoporto per pianificare e lanciare il missile che abbattè il falcon. (…) inoltre negli anni 96-97 l’agenzia canadese CIDA aveva concesso aiuti umanitari di emergenza proprio al fronte, che li aveva usati per acquistare armi (…)
Nello stesso documento si legge che l’allora sotto segretario dell’Onu Kofi Annan, responsabile del dipartimeto di Peace keeeping, era in stretto contatto con Madeleine Albright ambasciatrice Usa all’Onu con funzioni di sicurezza nazionale, e che Boutros Gali venne tenuto all’oscuro e rimosso dalla carica nel 96
International Strategic Studies Association Alexandria Virginia 24/04/2000, testimonianza di P.Mugabe
La decisione di Paul Kagame di abbattere l' aereo del prcsidente Habyarimana fece da caralizzatore a un dramma senza precedenti nella storia rwandese; il gcnerale ne era pienamente consapevole.
(Cut)
Kagame è in grado di spiegare al popolo rwandese perchè ha inviato Claude Dusaidi e Charles Muligande a New York e Washington per bloccare l'intervento militare delle Nazioni Unite, che doveva proteggere la popolazione del Rwanda dal genocidio? Il motivo era permettere ai capi del Fronte pattiottico di assumere il controllo del governo a Kigali e mostrare al mondo che erano loro -il Fronte patriottico rwandese -a fermare il genocidio Tutti ricordano che il genocidio è durato tre mesi, persino Kagame ha detto che era in grado di fermarlo la prima settimana, dopo l'incidente aereo. Il generale Kagame può spiegare perche ha chiesto alla MINUAR di lasciare immediatamente il territorio rwandese, mentre le Nazioni Unite stavano esaminando la possibilità di aumentare la presenza di truppe in Rwanda per fermare il genocidio?
Il tuo contributo sull’abbattimento dell’aereo è stato (sempre dalla stessa fonte):
MISSILI SCONOSCIUTI
E nel tentativo di sganciare la Francia da qualsiasi responsabilità diretta nel sostegno agli estremisti Hutu, l'ex-Ministro della Difesa Leotard ha "attaccato" sostenendo che i soli responsabili dell'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo in cui viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cipryen Ntaryamira sono i vertici Tutsi del "Fronte Patriottico Ruandese". Leotard ha poi rivelato che, secondo informazioni dei servizi segreti francesi, in quell'aereo -messo a disposizione dalla Francia- doveva salire anche il Presidente zairese Sese Seko Mobutu, e che solo per un contrattempo ciò non avvenne. Sempre secondo Leotard, il missile utilizzato nell'abbattimento dell'aereo era del tipo in dotazione all'esercito ugandese, MA RECENTI RIVELAZIONI GIORNALISTICHE PARLANO INVECE DEL COINVOLGIMENTO DI UN TRAFFICANTE D'ARMI BELGO-BURUNDESE, MATHIAS HITIMANA, CHE AVREBBE FATTO TRANSITARE DA BRUXELLES E PARIGI QUEL TIPO DI MISSILE PER FARLO ARRIVARE NELLE MANI DI ESPONENTI HUTU ESTREMISTI, CONTRARI ALLA LINEA DEL PRESIDENTE HABYARIMANA CHE VOLEVA FAR PARTECIPARE I TUTSI AL GOVERNO DEL PAESE.
COABITAZIONE
MA EDOUARD BALLADUR HA ANCHE VOLUTO CHIAMARE IN CAUSA IL DEFUNTO PRESIDENTE FRANCESE FRANCOIS MITTERAND, CHE GESTIVA DIRETTAMENTE DALL'ELISEO LA POLITICA AFRICANA, E CHE AVEVA MESSO SUO FIGLIO A CAPO DELLA COSIDDETTA "CELLULA AFRICANA". L'EX-PREMIER HA FATTO INTENDERE CHE ALL'ELISEO ESISTEVA "UNA CORRENTE DI PENSIERO" CHE PUNTAVA SULL'UTILIZZO DI MERCENARI PER SOSTENERE GLI HUTU; STANDO ALLE SUE AFFERMAZIONI, DURANTE IL PERIODO DELLA COABITAZIONE MITTERAND-BALLADUR SAREBBERO STATE SOSPESE LE FORNITURE DI ARMI AL RUANDA, "MA NON POSSO ESCLUDERE -HA AGGIUNTO BALLADUR- CHE CON ALTRE VIE ESSE ABBIANO CONTINUATO AD ARRIVARE AGLI HUTU ESTREMISTI". INSOMMA, CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE...
A chi legge valutare le fonti.
Ma comunque sia, l’avesse abbattuto il figlio di Mitterand in persona quell’aereo, non toglierebbe che in una regione Africana miglia e miglia lontana da Usa e Francia ci sia stato un macello immane e che l’occidente ci abbia generosamente messo lo zampino.
Continuo con lo stesso documento giornalistico:
QUALE VERITÀ
Comunque sia, le prime audizioni della "commissione Ruanda" del Parlamento francese dimostrano che quanto successe nel 1994 a Kigali e dintorni non è stato solo l'affare di "Tutsi contro Hutu" o di "Hutu contro Tutsi" bensì il teatro di più ampi e complicati giochi decisi tra Parigi, Bruxelles, Kigali, Washington, Kampala e Bujumbura. PIÙ PASSA IL TEMPO E PIÙ EMERGONO CHIARE -ANCHE SENZA NECESSITÀ DI PROVE CHE FORSE NON SI TROVERANNO MAI- CHE LA FRANCIA IN PARTICOLARE HA "GIOCATO SPORCO" IN RUANDA, CERCANDO DI UTILIZZARE IL GENOCIDIO PER SALVAGUARDARE UN'INFLUENZA CHE OGGI È QUANTO MAI RIDOTTA IN QUELL'AREA. SI TRATTA DI RESPONSABILITÀ POLITICHE, MILITARI E MORALI CHE CI SI AUGURA LA "COMMISSIONE QUILÉS" CHIARISCA. QUELLA STESSA NECESSITÀ DI STABILIRE LA VERITÀ CHE STA PERCORRENDO IL PARLAMENTO BELGA, DOVE UN'ANALOGA COMMISSIONE STA CHIARENDO LE RESPONSABILITÀ DI BRUXELLES NEL MASSACRO DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE. PERCHÉ UNA PARTE CONSISTENTE DI RESPONSABILITÀ DI QUANTO È SUCCESSO IN RUANDA NEL 1994 VA CERCATA IN EUROPA.
Gli altri tuoi documenti mni han convinto della colpevolezza dell’europa, ne prendo uno a caso;
Da http://www.amnesty.it/notiziario/02_02/parole4.php3
RUANDA: GENOCIDIO ANNUNCIATO
di Daniele Scaglione
Nella primavera del 1997, in un collegio di Gisenyi e in uno di Kibuye, furono uccise trentatré ragazze e una suora belga settantaduenne. Esponenti dell’hutu power irruppero negli edifici e ordinarono alle donne di separarsi: hutu da una parte, tutsi dall’altra. Ma le giovani si dichiararono tutte "ruandesi" e furono uccise senza distinzioni.
Il genocidio dei tutsi inizia con l’uccisione, il 6 aprile 1994, del presidente ruandese Habyarimana, esponente dell’hutu power e si interrompe con la presa del potere da parte del Fronte patriottico ruandese, il 19 luglio seguente.
Gourevitch, giornalista del New Yorker, fa nomi, ricostruisce il "prima", il "durante" e il "dopo", attribuisce responsabilità, spiega come il genocidio non sia stato causato da sottosviluppo, disagio e povertà, ma sia il frutto di una strategia di sterminio pianificata da anni. ACCUSA LA FRANCIA CHE – ANCORA DURANTE I GIORNI DEL MASSACRO – RIFORNÌ DI ARMI E MILITARI I RESPONSABILI DEL GENOCIDIO, NONCHÉ LE NAZIONI UNITE E L’UNIONE EUROPEA, DISTRATTE DURANTE LA CARNEFICINA, MA PRODIGHE DI AIUTI AI CAMPI PROFUGHI DOVE COMANDAVANO E SI RIORGANIZZAVANO GLI HUTU RESPONSABILI DEL GENOCIDIO E CHE AVREBBERO ANCORA INSANGUINATO IL PAESE, COME TESTIMONIA LA CARNEFICINA DELLE STUDENTESSE DEL 1997.
Mentre dopo essere stato “cazziato” per aver descritto un passaggio di consegne tra Washington e Parigi in Africa leggo, sempre da un tuo post:
Da http://www.saharawi.it/archivio/1998/documenti/2.htm
Africa, Sconfitta o Vincente
Aumenta la dipendenza dalle economie occidentali
Ma si vedono i segni della rinascita
Ne parliamo con gli storici Jean Pierre Chretien e Carlo Carbone
Roma - E’ trascorso poco più di un anno dalla trionfale vittoria di Laurent Desireè Kabila, un tempo compagno d’armi del Che, e quindi liquidatore della dittatura di Mobutu in Zaire, oggi Congo e da sempre nel cuore dell’Africa. Ne sono passati quattro dallo spaventoso genocidio in Ruanda. Sulle ceneri di questi due regimi e con l’entrata in scena prepotente della nuova potenza africana, l’Uganda di Museveni, si sta affermando un nuovo ordine continentale che ruota attorno alla forte presenza del Sudafrica di Nelson Mandela.Clinton, nel suo recente viaggio in Africa, ha appunto benedetto il nuovo assetto.
LA FRANCIA BATTE IN RITIRATE E S’INTERROGA INQUIETA SULLE SUE RESPONSABILITÀ NEL GENOCIDIO IN RUANDA. L’Africa che rappresenta appena il 2% della produzione mondiale, continua ad andare alla deriva? A 35 anni dalla fondazione (25 maggio 1963, Addis Abeba) dell’Organizzazione per l’Unità Africana il continente si è effettivamente emancipato dal colonialismo o assiste impotente al "passaggio delle consegne" tra Parigi e Washington.
Come ti ho detto anche nell’altro 3d, sul colonialismo che
ni.jo: Probabilmente per te è un fenomeno in calo, per me ha solo cambiato forma, virando ad un colonialismo meramente economico...che è senz'altro meglio del colonialismo tout-court, forse.
ti faccio osservare che l’ingresso dell’america nel dominio africano e la cacciata degli europei non è affatto indolore: al giorno d’oggi come ti dicevo c’è una guerra chiamata “prima guerra mondiale africana”, in cui Kagame (che non è un santerello come dimostra il massacro degli hutu a Kibeho, in cui il suo colonnello Ibingira, l’esecutore del massacro ha subito una condanna ridicola a 18 mesi ma è tuttora nelle sue funzioni e ha mantenuto tutti i suoi diritti di ufficiale superiore e i suoi poteri) gioca un ruolo fondamentale.
Sono pronto a mangiarmi il cappello se prima o poi non sarà necessario intervenire per fermare il massacro che si stà perpetrando in Africa anche ora.Anzi, no non scommetto perché ho il sospetto che li si lascerà scannare come animali anche ‘sta volta.
Sui machete riprendo di nuovo il tuo post su hwupgrade.uk:
da http://www.ecn.org/cassasolidarietantimilitarista/16.htm
Un "Turchese" rosso sangue
A quattro anni dal massacro in Ruanda, nell’ennesimo anniversario, molti fantasmi aleggiano ancora nell’aria.
Sotto la copertura fornita dal piano di aggiustamento strutturale della Banca Mondiale, attraverso l’utilizzo di fondi di investimento destinati a privati, il governo ruandese avrebbe finanziato il genocidio che ha devastato il paese nel ’94 (oltre 500.000 ruandesi uccisi).
I dati agghiaccianti emergono da un rapporto delle Nazioni Unite, che doveva rimanere segreto, e riguardano l’investimento di fondi della Banca Mondiale destinati allo sviluppo economico del paese che sono stati utilizzati per acquistare più di 580 tonnellate di machetes, considerate "armi bianche", senza destare alcun sospetto nella comunità internazionale.
Il passaggio appare cristallino nella sua sotterranea macchinazione: i paesi "civilizzati", attenti sostenitori della Banca Mondiale, investono denaro in questa che dovrebbe "incentivare" lo sviluppo economico di paesi in difficoltà. Nessuno si accorge che più dell’80% del fondo destinato tra il ’90 ed il ’94 al Ruanda servì per acquistare armamenti dai paesi "civilizzati" (gli stessi sostenitori della Banca Mondiale)? Il regime Hutu, le forze armate governative, le milizie hanno avuto anni per affilare i loro machetes.
Come non accorgersi che i militari francesi, insediatisi in Ruanda dal ’90 al ’94 per "evacuare i francesi", addestrarono inoltre indisturbati l’esercito e le milizie che poi portarono a termine il genocidio, il terzo del secolo dopo quello di armeni ed ebrei? La missione "TURQUOISE" ("Turchese") appare in realtà assumere colori ben più cupi, di morte.
A volte le nostre analisi sembrano anche a noi stessi viaggiare nei cieli lontani dell’astrattezza. Purtroppo è la realtà stessa che si prende la briga di dimostrarci che quando sosteniamo che sono gli stati ed il capitale (soprattutto quelli di casa nostra) a provocare le guerre, stiamo solo descrivendo una tragica normalità.
Che strano questo accostamento della Banca Mondiale e del Fmi alla Francia….io ho sempre pensato che il paese più influente nelle politiche di questo ente fosse il governo statunitense…mi sarò sbagliato.
Trovo invece pertinente e plausibile il documentato intervento di una banca francese cui accenni da qualche parte: è chiaro che i Francesi sentendosi sfuggire la regione di mano armarono quei criminali.
Per me, cerca di capire, è l’azione che è sbagliata non chi la compie: armare due persone che lottano non ti garantisce che quelle stesse armi non ti si rivoltino contro fisicamente o politicamente.E questa, mi spiace, è proprio la tattica messa in opera da decenni dal governo americano, dai vari Kissinger per dirne uno.
Questo passaggio dei tuoi link poi è cristallino, avrei dovuto postarlo io (metto un grassetto per i più pigri, ‘sto post è diventato abnorme…:muro:
Dal genocidio del 1994 alla crisi dell'ottobre/novembre 1996
Negli ultimi due anni, gran parte dell'aiuto umanitario fornito ufficialmente ai profughi ruandesi ad est dello Zaire è servito in realtà per acquisti di armi
Le milizie razziste hutu e quel che resta dell'esercito genocida del vecchio regime di Habyarimana hanno usato il denaro dell'aiuto umanitario per impedire per anni che nel loro paese rientrassero svariate centinaia di migliaia di ruandesi.
I miliziani estremisti hutu e i militari dell'ex esercito ruandese organizzavano una vera e propria dittatura nei campi dei rifugiati. I governi imperialisti ne erano al corrente. Il governo francese è direttamente complice. Prima, durante e dopo il genocidio, le industrie di armi del Nord hanno fornito le loro merci mortifere ai responsabili del genocidio (cfr. Scheda 1).
Antecedenti: dal 1990 al 1993
A partire dal 1990, la dittatura di Habyariana ha accolto un piano di riassetto strutturale imposto dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Una parte rilevante del denaro prestato da queste istituzioni multilaterali è stata usata dal regime dittatoriale per acquistare le armi servite a organizzare il genocidio che ha provocato oltre un milione di morti in tre mesi a partire dall'aprile 1994 (cfr. successivo articolo di Sabine Legrand).
La politica di riassetto imposta dalla BM e dal FMI ha privato del loro reddito i piccoli produttori di caffè (perlopiù hutu) trasformandoli in una riserva di reclutamento per l'esercito ruandese (i cui effettivi sono quadruplicati tra il 1990 e il 1994) e le milizie estremiste hutu. La paga dei militari e dei miliziani proveniva dai soldi ricevuti come prestito. In questo periodo veniva minuziosamente preparato il piano del genocidio.
Attualmente
Il nuovo regime ruandese è costretto dalla BM e dal FMI a rimborsare il denaro che è servito ad armare il braccio degli artefici del genocidio.
Di una parte rilevante delle ricchezze del Ruanda sia appropriano istituzioni e governi che hanno chiuso gli occhi di fronte ai preparativi del genocidio.La Francia si fa rimborsare un aiuto bilaterale che è servito ad acquistare armi dalle industrie francesi.
Il ritorno massiccio dei rifugiati verso il Ruanda possibile grazie allo sbandamento delle milizie estremiste hutu e dell'ex esercito genocida a partire da metà novembre del 1966 (cfr. articolo di Colette Braeckman) ha per il momento sventato i piani degli strateghi militari del Nord, che sognavano di mandare nella zona una forza militare straniera di 12.000 persone.
Scandalosamente, però, i governi del Nord si guardano bene dall'aprire le proprie borse per fare arrivare, senza i propri militari, l'aiuto umanitario di cui ha urgente bisogno la popolazione civile. I governi del Nord (a partire dalla Francia) sono soprattutto preoccupati per la destabilizzazione del regime di Mobutu e manovrano per salvarlo ancora una volta.
Va fatta completamente luce su tutti gli aiuti passati e presenti all'operazione di genocidio. Le milizieestremiste hutu e l'ex esercito ruandese vanno disarmati. I responsabili del genocidio vanno processati in Ruanda.
No all'intervento militare straniero.
Inoltro immediato dell'aiuto umanitario ai rifugiati senza passare per l'invio di un corpo di spedizione straniero.
Appoggio internazionale agli sforzi delle autorità ruandesi di reinserire il meglio possibile i rifugiati che rientrano nel paese.
Annullamento del debito del Ruanda e blocco delle politiche di riassetto strutturale.
Organizzazione di un programma internazionale di distribuzione in favore delle famiglie vittime del genocidio. Versamento di rimborsi e interessi alla popolazione ruandese da parte dei governi del Nord e delle istituzioni multilaterali corresponsabili del genocidio.
Per quanto riguarda lo Zaire, bisogna aiutare la popolazione a liberarsi direttamente di Mobutu: esproprio dei beni detenuti da Mobutu e dal suo entourage all'estero e restituzione di questi al popolo zairese cui sono stati rubati.
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Scheda 1- Nuove rivelazioni sulla vendita di armi ai responsabili del genocidio in Ruanda
Inghilterra – La società britannica Mil Tec Corporation ha garantito in pieno genocidio l'invio di armi all'esercito ruandese. Secondo il «Times» (18.11.'96), il 17 aprile 1994, a undici giorni di distanza dall'inizio del genocidio, questa società ha consegnato all'esercito ruandese munizioni provenienti da Israele; il 3 maggio, invio di fucili AK47 e di mortai; il 9 maggio, 2.500 fucili AK47, 500.000 munizioni e 2.000 mortai da mm 60 provenienti dall'Albania; il 18 maggio (mentre l'ONU aveva decretato l'embargo sulle vendite di armi il 17 maggio), altro stock di armi comprendenti lanicarazzi RPG7; il 13 luglio, altra vendita fatta passare da Tirana per Kinshasa prima di arrivare a Goma, controllata dall'esercito francese nel quadro dell'"Operazione Turchese".
Il «Times» cita il passo di una lettera della MIL Tec Corporation ai militari ruandesi: «Abbiamo sostenuto il vostro governo da oltre cinque anni [...] Dovete rendervi conto che abbiamo derogato per assistere il vostro ministero all'occorrenza».
Belgio – La Fabbrica Nazionale di Herstal (la FNH-Belgique appartiene all'azienda pubblica francese GIAT) avrebbe venduto 1.500 kalshnikov cinesi e rumeni agli estremisti hutu ruandesi rifugiati nel Kivu grazie a una licenza d'esportazione per l'Arabia Saudita[ /b] Si sarebbe trovata traccia di parte della vendita - stando al rapporto ONU sui traffici di armi - nell'isola di Iwawa, sul lago Kivu, sottratta agli ex soldati ruandesi dall'Esercito patriottico del Ruanda. La Commissione ONU incaricata dell'inchiesta avrebbe richiesto spiegazioni al Ministero degli Esteri belga, ma sembra non abbia ancora ricevuto risposta.
Francia - La scoperta nel campo i Mugunga di una lettera della società parastatale SOFREMS, che propone il 5 maggio 1994, in pieno genocidio, la vendita di parti di blindati all'Esercito ruandese, mette in luce l'attualità del sostegno militare e diplomatico della Francia all'Hutu Power, sostegno sul quale da oltre due anni sono disponibili diversi elementi (cfr. François-Xavier Verschave in Rapport 1995 de l'"Observatoire permanent de la cooperation française", Desclées de Brouwer, maggio 1995). Alla fine di maggio del 1995, l'organizzazione Human Rights Watch ha pubblicato una Relazione d'inchiesta che segnalava in particolare la[b] consegna all'aeroporto di Goma di cinque carichi di armi per l'Hutu Power, verso fine maggio-inizi giugno del 1994 - dopo il voto all'ONU dell'embargo sulle armi. I carichi comprendevano artiglieria, mitragliatrici, fucili d'assalto e munizioni forniti dal governo francese. Jean-Claude Urbano, allora console francese a Goma, ha giustificato questi carichi spiegando che erano frutto della conclusione di contratti stipulati con l'esercito ruandese prima dell'embargo... Successivamente ha protestato con la HRW ma poi ha desistito (il 9 settembre 1996), subito prima del processo (da un comunicato di «Agir Ici» del 20.11.'96). (Eric Toussaint)
Altro illuminante passaggio, sempre tra i tuoi link,sempre grassetto per i pigri:
- Zaire
CRONACA DI UN DISASTRO TANTO ANNUNCIATO
di Sabine Legrand (Bruxelles, novembre 1996)
Lo si dimentica troppo presto: in soli quattro mesi, nel 1994 in Ruanda sono state assassinate quasi un milione di persone: per intensità, uno dei più rilevanti genocidi che mai l'umanità abbia conosciuto. La popolazione tutsi è stata sterminata per oltre la metà perché la cricca intorno al dittatore Habyarimana si rifiutava di dividere il potere con l'opposizione e con i ribelli dell'FPR . Per salvare il regime, questa cricca ha predisposto il massacro fin nei minimi particolari ed è probabile che sa anche responsabile dell'assassinio dello stessi Habyarimana. Il genocidio si è fermato solo perché l'FPR era riuscito a conquistare militarmente il paese. I 2.700 caschi blu presenti nel paese non hanno fatto niente per impedire la carneficina. I loro effettivi sono addirittura stati ridotti a 450.
In compenso, un mese dopo, l'ONU decideva di nuovo di mandare sul posto 5.000 caschi blu, decretando inoltre l'embargo alla vendita d'armi al Ruanda Il Consiglio d'iniziativa ha espresso il proprio accordo all'invio di truppe francesi per «proteggere e portare cibo» alle popolazioni. Non una parola sul genocidio in queste risoluzioni dell'organizzazione internazionale. L'intervento francese (l'operazione "turchese") viene lanciata proprio nel momento in cui l'FPR sta chiaramente per avere la meglio. I militari francesi (e senegalesi) creano una «zona umanitaria» grazie a cui gli artefici criminali del genocidio possono «umanamente» sfuggire a qualsiasi condanna. La zona umanitaria però accoglie anche masse di hutu in fuga. I miliziani estremisti hutu e i residui dell'esercito ruandese in rotta costringono infatti gruppi di popolazione a lanciarsi con loro sulle vie dell'esodo.
E' così che migliaia di rifugiati ruandesi si sono arenati in campi nel Kivu.
Quanto ai caschi blu, sono arrivati con quattro mesi di ritardo sulla decisione di inviarli e sono sbarcati... in Ruanda... dove l'FPR ha preso il potere e il genocidio è terminato.
Nei campi del Kivu le milizie hutu potranno riorganizzarsi tranquillamente. Impediscono ai rifugiati di rientrare nel loro paese. Si riforniscono di armi grazie all'esercito zairese. Stando a un rapporto dell'ONU, anche alcuni paesi occidentali hanno riarmato i criminali, in particolare la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia [b]
Non solo quindi i miliziani hutu sono riusciti a salvare la pelle ma hanno potuto riprendere la lotta per riconquistare il Ruanda. A partire dal Kivu, essi scagliano regolarmente attacchi in territorio ruandese, per destabilizzare il regime... e sopprimere fisicamente testimoni del genocidio. Per il nuovo regime ruandese è una situazione intollerabile.
La fine di un regno
Il secondo elemento al centro della crisi è la crisi nello stesso Zaire. Lo Zaire e un paese ottanta volte più grande del Belgio. Strategicamente situato al centro dell'Africa, è ricchissimo anche di risorse naturali, per cui ha sempre interessato da questo punto di vista le potenze occidentali.
Mobutu è sempre stato un servo astuto e devoto dell'Occidente.[b] Lo Zaire era uno dei paesi di testa dell'"anticomunismo" in Africa; ha appoggiato ad esempio la lotta delle potenze occidentali contro il Movimento popolare di liberazione dell'Angola (MPLA) e contro l'African National Congres (ANC) in Sudafrica.
Dopo il crollo del blocco dell'Est e l'abolizione dell'apartheid, Mobutu è diventato meno utile ai suoi padroni. D'altro canto, le sue concessioni alla democrazia esclusivamente formali creavano difficoltà agli Stati Uniti nell'appoggiarlo incondizionatamente, per cui si sono messi alla ricerca di altri potenziali uomini di paglia . Di fronte a simili mutamenti, Mobutu non è rimasto inattivo. Combinando repressione e promozione a posti di responsabilità, è riuscito a mantenere divisa e a neutralizzare l'opposizione. E per dimostrare di essere l'ultimo baluardo contro il caos, lo ha creato lui stesso.
Già nel 1993, di fronte ai tragici eventi ruandesi, il Nord-Kivu costituiva già il teatro di scontri armati. Furono cacciati o assassinati dei Banyaruanda : si contarono varie migliaia di morti. Con la scusa dell'aiuto umanitario, Mobutu ha finanziato i dirigenti che organizzavano questi massacri. Ancora oggi può trarre vantaggio dagli scontri (cfr. oltre, intervista a Colette Braeckman).
Cut
L'ONU si era impegnato ad inviare truppe per aiutare il legittimo governo di Lumumba a garantire l'integrità del paese di fronte alla secessione del ricco Katanga, appoggiato dal Belgio. L'ONU ha mandato le sue truppe solo per imporre una tregua nel momento in cui l'esercito governativo stava avendo la meglio. La secessione del Katanga ha potuto durare così parecchi anni. L'insurrezione di Mulele, da parte sua, è stata repressa dal Belgio con l'aiuto degli americani, e questo ha permesso a Mobutu di rimanere al potere. Ancora, nel 1978, le truppe francesi e marocchine hanno salvato la vita a Maréchal, provocando migliaia di morti nella popolazione civile. Accanto all'inoltro di un aiuto umanitario vanno intrapresi sforzi per una soluzione strutturale dei problemi.
Sempre dai tuoi post (mi sono risparmiato una bella ricerca…per cui purtroppo non ho assolutamente il tempo), :muro:
Kivu
LE METASTASI DEL GENOCIDIO
Intervista a Colette Braeckman, africanista ed autrice del libro Terre africaine (Fayard, Parigi).
Cut
C.B. Quel che c'è da fare è continuare a lavorare a preparare elezioni in tutto il paese, risolvere il problema dei profughi, mantenere l'unità del paese.
Inprecor - Dunque non c'è solidarietà tra l'opposizione a Kinshasa e i ribelli?
C. B. - No. Sbagliano a Kigali o altrove quanti pensano che una rivolta di tutta la popolazione zairese seguirà alla liberazione del Kivu.
Inprecor - Si può parlare di una "Santa Alleanza" intorno a Mobutu per salvare l'unità del paese?
C. B. - Si può parlare di un autentico nazionalismo. La gente pensa che i ruandesi debbano lasciare il paese. Vi sono anche avversari decisi del mobutismo che fanno collette per sostenere la popolazione del Kivu e che richiede l'intervento dell'esercito.
cut
Inprecor - C'è un conflitto tra Mobutu e Kengo?
C. B. - Kengo vuole che le elezioni si tengano e quindi che i rifugiati rientrino. Ha firmato accordi in questo senso. Per Mobutu invece i rifugiati rappresentano una carta diplomatica e politica. I generali gbandi, in particolare il cognato di Mobutu, percepiscono una percentuale sull'aiuto umanitario e si arricchiscono con il commercio delle armi. C'è quindi chiaramente un gioco di interessi diversi. Per Mobutu i rifugiati possono restare più a lungo. Ma a Kinshasa si esige che Kengo se ne vada. Mobutu dipende troppo all'aiuto straniero, in particolare da quello francese, per buttare fuori Kengo. L'Occidente e la Francia vogliono che Kengo rimanga.
Inprecor - La cosa va bene per Mobutu che potrebbe rinviare le elezioni con la scusa del caos nel Kivu?
C. B. - Dipende. Le organizzerebbe, se fosse sicuro di vincerle. La Commissione elettorale indipendente sostiene di volere fare in modo che le elezioni si svolgano correttamente. Se cos' sarà, credo che Mobutu perderà le elezioni. Non può vincerle senza brogli. Se Mobutu si accorge di non potere imbrogliare, vorrà il rinvio. Ma nel caos attuale è facile il broglio.
Inprecor - Kengo ha buoni rapporti con gli Stati Uniti?
C. B. - Li ha soprattutto con la Francia, ma anche con gli Stati Uniti e con le istituzioni finanziarie internazionali, perché paga i debiti.
Inprecor - Gli Stati Uniti lascerebbero cadere Mobutu per Kengo?
C. B. - In effetti puntano su di lui. E' l'uomo dell'Occidente. Il problema però è che nessuno nello Zaire lo sostiene. Non ho incontrato un solo zairese che si dichiari favorevole a Kengo.
in questo passo do atto che l’esercito rwandese è l’unico soggetto che può disarmare gli Hutu:
Inprecor - Possono essere disarmate senza intervento militare le milizie estremiste hutu?
C. B. - L'unico che possa farlo, e lo sta facendo, è l'esercito ruandese
Inprecor - Il professor Reyntjens sostiene che sicuramente in Sudan c'è petrolio ed è questo che spiega l'interesse USA per la zona?
C. B. - C'è petrolio in Sudan, ma ci sono risorse anche nel Kivu, molti minerali importanti per l'industria aeronautica e le tecnologie di punta. Si parla di ideologia, ma secondo me il Kivu costituisce soprattutto una riserva di ricchezze che è ancora appena dischiusa e che si intende sfruttare.
Inprecor - Quali sono i rapporti degli Stati Uniti con il Ruanda? Non puntano un po' sul Ruanda per poter costituire un contrappeso nella zona rispetto alla Francia?
C. B. - Gli USA appoggiano il Ruanda perché ne vogliono garantire la stabilità e lo sviluppo. Un po' come con l'Uganda. Vogliono creare una zona stabile nella regione.
Inprecor - Come si spiega che la Spagna voglia oggi inviare truppe?
C. B. - Pur avendo un ruolo marginale, l'amicizia tra Chirac e Aznar è una parte della spiegazione. Non va neppure dimenticato che in Spagna ci sono i conservatori al potere. La lobby cattolica (specie l'Opus Dei) ha un peso rilevante in questo. .
Inprecor - Sulla stampa belga si dice che le milizie hutu non inquadrano più i rifugiati. E' esatto?
C. B. - No, è completamente falso. Ciò che accade è un fenomeno di cattura di ostaggi tra i più grandi della storia. I profughi continuano ad essere inquadrati dalle milizie. Sono arrivate in Ruanda persone con ferite da macete sulla schiena e si dice che sono state le milizie, tentando di impedire che rientrassero nel loro paese. Solo l'esercito ruandese può mettere fine a questa situazione, e penso sia questa la convinzione della stessa comunità internazionale, anche se non osa dichiararlo apertamente. Il Ruanda intende farla finita, per motivi ben noti. Nessun altro paese è disposto a inviare l'esercito per eliminare questa cancrena.
Inprecor - Perché la Francia invia truppe nel Congo-Brazzeville, proprio di fronte a Kinshasa?
C. B.- Per garantire il ritorno di Mobutu. Su questo non c'è il minimo dubbio.
- Zaire
LA FINE DELLA CATTURA DI OSTAGGI
di Colette Braeckman («Le Soire», 16 novembre 1996)
cut
Il modo in cui si è svolta questa gigantesca cattura di ostaggi getta una luce differente sull'atteggiamento della comunità internazionale: se le pressioni di certi paesi desiderosi di intervenire al più presto avessero funzionato, la pesante morsa sui campi non sarebbe stata ancora allentata, mentre al contrario la situazione attuale consente di capire meglio le "tergiversazioni" americane
Tutto è avvenuto come se, tergiversando, gli Stati Uniti aspettassero che nei campi avvenisse l'indispensabile vaglio tra i criminali e gli altri.
Così stando le cose, restano aperti parecchi problemi, in primo luogo quello dell'impiego della forza internazionale che si pensava ricercasse i profughi attraverso lo Zaire. Se le sue motivazioni erano realmente umanitarie non ha più altro da fare che aiutare i rimpatriati la dove si trovano, cioè in Ruanda. E lì c'è ancora tutto da fare: se infatti questo rientro è un successo per Kigali, il Ruanda resta pur sempre un paese povero e sovrappopolato, con le prigioni piene, con la giustizia che non ha ancora cominciato a funzionare.
cut
Questa sfida condiziona il futuro dell'intera Africa Centrale: la comunità internazionale che invia 12.000 uomini nello Zaire identificherà tali movimenti con un tentativo di liberazione o, con la scusa della stabilità, rafforzerà l'apparato di Mobutu?
Quanto all'opposizione zairese, che resiste a stento alla tentazione nazionalista se non xenofoba, sarà in grado di individuare il nemico principale e di approfittare della breccia che oggi si è aperta?
Infine su Michel Chossudovsky, che a te farà impallidire ( e in alcune considerazioni fa impallidire anche me ), scrive esattamente le stesse condanne a Fmi e Wto che hai linkato e non è un piciu qualsiasi: professore di economia all'università di Ottawa, consigliere economico per governi di paesi in via di sviluppo e per numerose organizzazioni internazionali compreso il programma di sviluppo di Nazioni Unite (UNDP), la Banca di sviluppo africana, l'istituto africano delle Nazioni Unite per sviluppo economico e la progettazione (AIEDEP), il fondo monetario della popolazione delle Nazioni Unite (UNFPA), l'organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), la Commissione economica delle Nazioni Unite per l'america latina ed i Caraibi (ECLAC). Chossudovsky è presidente dell'associazione canadese degli studi dei Caraibi e dell'America latina. È membro di un certo numero di organismi di ricerca compreso il comitato della riforma monetaria ed economica (COMER), la vigilanza geopolitica della droga (OGD) e del Consiglio internazionale di salute della gente (IPHC).
In coda posto un interessante contributo preso da LIMES, rivista di geopolitica.
'Noi restiamo una potenza europea'
JAMES Addison Baker III, di Houston, Texas, 63 anni e 8 figli, è considerato un grande negoziatore sia tra avvocati che tra ministri degli Esteri, entrambi suoi pari. Baker è stato il sessantunesimo segretario di Stato nell'amministrazione del repubblicano George Bush e, prima, segretario al Tesoro con Ronald Reagan. È uno degli uomini che hanno elaborato e portato a compimento la strategia vincente dell'Occidente nei confronti dell'Unione Sovietica; è forse colui che maggiormente si è impegnato, a fianco di Reagan prima e di Bush poi, a favore della perestrojka di Gorbacev; che si è speso in prima persona durante la guerra del Golfo; che, a Madrid, ha gettato le basi dell'accordo che avrebbe portato ai colloqui di pace tra Israele e l'Olp. Nel crepuscolo della guerra fredda che tutto ha cambiato e nell'attesa di un nuovo assetto di relazioni internazionali di là da venire, Baker è tra coloro in grado di leggere freddamente il presente. E di raccontarlo. Lo abbiamo intervistato.
LIMES Signor segretario, fu proprio lei che, dopo la guerra del Golfo e la caduta del comunismo, contribuì a elaborare la teoria di un nuovo ordine mondiale. Da allora sono passati appena tre anni. Le chiedo, lei vede un qualche ordine nel mondo attuale?
BAKER Lasci che le spieghi che cosa voleva dire quell'espressione nel modo in cui venne usata. Voleva dire che i paesi - quasi tutti i paesi del mondo - stavano abbracciando i princìpi e i valori che l'Occidente aveva fatto suoi per gli ultimi quarant'anni, sarebbe a dire democrazia e libero mercato. Voleva dire che il comunismo era crollato, che l'Unione Sovietica era implosa. Ogni paese - nell'America Latina, eccetto Cuba, nella maggior parte dell'area del Pacifico, in Africa e in Medio Oriente - tutti stavano accettando democrazia e mercato. E questo è quanto quella locuzione implicava. Ma senza escludere tensioni tecniche, conflitti, il riemergere di vecchie animosità tradizionali. E infatti, di queste, ne abbiamo viste a profusione!
LIMES Siamo alla svolta del secolo: lei pensa che esista un pericolo di declino per l'Occidente?
BAKER Penso, in effetti, che la questione sia molto importante. Una delle scommesse che ha di fronte a sé l'Occidente è di rafforzare l'alleanza occidentale. Una cosa che va fatta è ridefinire la missione della Nato per esser certi di mantenerla come il più efficace strumento di sicurezza degli ultimi quarant'anni. Ma per questo l'Alleanza deve ridefinire la sua missione. Dobbiamo assicurarci, ora che non c'è una singola superiore minaccia alla nostra esistenza - voglio dire la minaccia nucleare dell'Unione Sovietica - di non lasciar emergere difficoltà commerciali ed economiche che creino divisioni nel campo occidentale. Credo che l'Ovest in quanto entità - le democrazie industriali, o il G7 se vuole - possa continuare ad essere efficace politicamente ed economicamente nella promozione di crescita, pace, prosperità e stabilità. Ma bisogna lavorare per far sì che, come ho detto, non affondiamo sulle secche delle diversità commerciali ed economiche che naturalmente esisteranno tra noi.
LIMES Scusi signor Baker, facciamo qualche caso concreto. Lei è a favore di una Russia forte o debole?
BAKER Credo che vorremmo tutti vedere, soprattutto, una Russia stabile, che vada avanti nelle riforme politiche ed economiche. Una Russia che sia in buoni rapporti con l'Occidente.
LIMES Ma lei che credito dà a Boris Elcin quando afferma che, alla fine, la Russia sarà cambiata anche se lui dovesse lasciare il potere?
BAKER Non solo lo credo quando lo dice. Ma lo so. Lo so per l'esperienza che ho avuto trattando con lui: so che è un riformatore, ci crede, pensa che quella sia la via sulla quale deve camminare la Russia. Allo stesso tempo - come capita a molti leader - sta subendo un bel po' di resistenza. Certo sono disturbato nel vedere che gente come Gajdar e Fedorov abbia lasciato il governo, ma penso che il presidente Elcin creda sempre nelle riforme e in buone relazioni con l'Ovest; e non nella via su cui vorrebbero portare la Russia gli ultranazionalisti e anche i fascisti come Vladimir Zirinovskij.
LIMES Quali sarebbero le eventuali alternative a Elcin?
BAKER Penso che siano in molti ad essere impegnati a favore delle riforme - ricordiamo che probabilmente il 75% dei piccoli esercizi è stato privatizzato. Si sono sviluppati dei mercati rudimentali in tutta la Russia e sono quindi in tanti ad essere interessati alle riforme. Quanto ai nomi, non escluderei - in aggiunta a quelli già menzionati come Egor Gajdar o Boris Fedorov - il primo ministro Viktor Cernomyrdin. E ce ne sono altri. Tuttavia ci sono anche, sfortunatamente, coloro che cercano di capitalizzare le difficoltà di un paese che è stato messo sottosopra politicamente, economicamente e socialmente.
LIMES Che effetto farebbe, agli Stati Uniti, una Germania che guidasse politicamente l'Europa?
BAKER La posizione degli Stati Uniti è che abbiamo appoggiato l'integrazione europea e continueremo ad appoggiarla. Come debba aver luogo l'integrazione, francamente, è affare degli europei, non sta agli Stati Uniti deciderlo. Noi abbiamo molti amici in Europa, paesi che sono forti sostenitori della Nato come l'Italia e la Germania, ma come l'Europa si sviluppi in termini di integrazione, è affar suo.
LIMES Anche con una Germania forte?
BAKER Ma la Germania è già forte, economicamente.
LIMES Ma non compiutamente dal punto di vista politico.
BAKER Be', penso che lo sia anche in termini politici, per come spinge verso l'integrazione europea. E il modo di ancorare la Germania all'Europa è proprio quello di vedere realizzata l'integrazione. È stata opinione degli Stati Uniti, per qualche tempo, che la Germania dovesse assumere responsabilità commisurate al suo potenziale economico. Quindi benvenuta, senza l'esclusione di alcun paese e dentro un'Europa integrata.
LIMES Lei, signor segretario, è stato uno dei maggiori protagonisti al tempo della caduta del Muro di Berlino. C'è niente oggi che, se potesse, farebbe in modo diverso?
BAKER Be', penso che saremmo dovuti essere più rapidi nel dare l'assistenza che avevamo promesso ai riformatori dell'Unione Sovietica. Detto questo devo ricordare anche i miei tempi da ministro del Tesoro e dire che certi vincoli posti dal Fondo monetario erano appropriati. Sarebbe stato un errore versare grandi quantità di danaro in assistenza, senza prima richiedere che i russi raggiungessero degli standard minimi, di pari passo con le riforme.
LIMES L'attuale segretario di Stato Warren Christopher ha detto che le passate amministrazioni Usa sono state troppo eurocentriche. Lei che ne dice?
BAKER Che non sono d'accordo. Penso che gli Stati Uniti siano una potenza europea. Lo siamo stati per lungo tempo. Siamo anche una potenza del Pacifico. E penso che si possano coniugare entrambe queste due realtà senza che l'una escluda l'altra. Non è necessario essere eurocentrici o asiacentrici. Ricordo che durante l'amministrazione Bush è accaduto qualcosa di incredibile in Europa. Il mondo intero è cambiato, con la caduta del Muro, con l'integrazione della Germania, con il crollo dell'Urss; e con il negoziato su alcuni fondamentali trattati sul controllo delle armi. Per non dire della guerra del Golfo e dell'apporto che l'Europa fornì a quell'impresa.
LIMES Alcuni leader europei, dopo gli accordi Nafta, temono che gli Usa guardino solo verso il Pacifico e non prestino più molta attenzione a loro. Lei che ne pensa?
BAKER Penso che neanche ciò sia vero. Penso, di nuovo, che noi siamo una potenza europea e una potenza del Pacifico e che dobbiamo sviluppare entrambi questi interessi. E dobbiamo farlo in un modo che non sia di mutua esclusione.
LIMES Ma i paesi asiatici del Pacific Rim sono Est od Ovest?
BAKER Oh, penso che si tratti di una falsa scelta. Il Giappone ha chiaramente fatto parte dell'alleanza occidentale per lungo tempo. È una democrazia, certamente ha un'economia basata sul libero mercato; ha adottato, per la maggior parte, princìpi e valori dell'Occidente; è membro dell'Ocse. E ci sono altri paesi nel Pacific Rim che possono raggiungere questi obiettivi. Pertanto penso che chiedersi che sta a Ovest e chi sta a Est sia solo uno slogan.
LIMES Si può spiegare meglio?
BAKER Ricordo quando l'Unione Sovietica fu al collasso e si crearono paesi come il Tagikistan, il Kurdistan e l'Uzbekistan. Avemmo una interessante discussione al Dipartimento di Stato per decidere se questi paesi sarebbero ricaduti nella sfera dell'Ufficio degli Affari europei oppure in quella degli Affari est-asiatici. Be', io pensavo già allora che quello fosse un dibattito sterile. Per me ciò che conta sono i valori e i princìpi di un paese.
EDITORIALE - E se gli africani colonizzassero l'Africa ?
1. Prendiamo un paese africano a caso, il Camerun. dati appresi sui banchi di scuola: 475 mila kilometri quadrati di superficie; circa 12 milioni di abitanti, capitale Yaoundé, città principali Douala nel Sud-Ovest e Garoua nel Nord, indipendente dal 1960. Sappiamo poi che la “pentola camerunese”, quest'Africa in miniatura, riunisce nello stesso territorio duecento etnie. Georges R. Tadonki, il corrispondente di Limes dal Camerun, ci informa che la retorica ufficiale vi consacra le nozioni di “autoctono” e di “allogeno”, eredità dei colonialisti, i quali distinguevano fra abitanti originari delle città e immigrati (dalla campagna). Tadonki ci spiega che i camerunesi praticano correntemente - nella pubblica amministrazione, nelle imprese, per la strada - l'osservazione etnologica: scrutare le differenze, valorizzare o deprezzare per tal via partner o vicini. Insomma ci sono i fratelli e gli altri. Peggio: queste rappresentazioni sono assimilate già nelle scuole. Lo testimonia una discussione recentemente organizzata a Yaoundé fra un alunno di 11 anni, una sua compagna di scuola che ha 12 anni e una studentessa di 18 anni. I risultati sono riassunti nella tabella della pagina seguente. Constatazione di Tadonki: questo “bestiario tribalista” che mette all'indice e respinge, cova una violenza di cui il genocidio ruandese è stata l'ultima manifestazione. Schematicamente si potrebbe dire che il Camerun a un tempo esiste e non esiste.
2. Pure, non tutto è nero nell'Africa Nera. Al di là del relativo afrottimismo della World Bank (si veda l'articolo di Callisto Madavo e Jean-Louis Sarbib) e del crescente spazio che la grande stampa americana e internazionale concede agli affari africani - non solo nella cronaca dei genocidi - il contesto geopolitico subsahariano è in movimento. Le vecchie griglie interpretative - “anglofoni” versus “francofoni”, “clienti” degli Stati Uniti, della Francia o, fino al 1991, dell'Unione Sovietica - hanno perso di senso. Di più: a quasi quarant'anni dalla cosiddetta “decolonizzazione” - cioè dal tentativo delle potenze occidentali di continuare a controllare l'Africa in via indiretta, attraverso marionette autoctone - un'epoca nuova comincia ad emergere. Non occorre aderire alla fenomenologia hegeliana dello spirito e alla sua evocativa rappresentazione della dialettica servo/padrone per notare che la manipolazione è reciproca: da una parte le agenzie occidentali o le imprese multinazionali con concreti interessi nelle materie prime della regione, dall'altra gli ex afromarxisti convertiti a più o meno improbabili obbedienze “democratiche”, che giocano in Africa centrale il sostegno americano e la decomposizione del “basso impero” francese l'uno contro l'altro, avendo imparato che per affermarsi conviene dividere.
L'Africa è senza dubbio dittatura, carestia, genocidio artigianale (e perciò forse percepito come qualcosa di più terrificante di genocidi compiuti altrove), ma è anche gestazione di nuovi soggetti geopolitici. Anzitutto, il continente dispone per la prima volta nella storia di una potenza riconosciuta e rispettata su scala mondiale: il Sudafrica. Malgrado le gigantesche incognite del dopo-Mandela - partiti etnici, partiti divisi su base etnica? - esso vuole ritagliarsi, in quanto potenza nera, una sua vasta sfera d'influenza ben al di là dei suoi confini, verso il cuore stesso dell'Africa centrale. Fino a trovarsi faccia a faccia con il leader ugandese Yoweri Museveni - il “Bismarck dei Grandi Laghi” - che si appoggia sull'ex capo dei suoi servizi segreti e attuale uomo forte del Ruanda, il vicepresidente Paul Kagame, e sul leader della nuova Repubblica democratica del Congo (già Zaire), Laurent Kabila.
Museveni parla apertamente di “Stati Uniti d'Africa”. Egli rimarca il carattere africano del progetto, “che si realizzerà, è solo questione di tempo”: “L'Africa non è né anglofona né francofona. Il mio nome è Yoweri Museveni, figlio di Kaguta. Sono un bantufono e non un anglofono, perché dal Camerun fino al Sudafrica parliamo lingue bantu”. La dominazione occidentale sull'Africa è per lui dovuta “più alla debolezza e alla disorganizzazione delle forze indigene che non alla forza degli stranieri” (conversazione con Philip Gourevitch, The New Yorker, 4/8/1997, p. 46).
La ricetta di Museveni è il federalismo (si veda l'intervista di John Gitongo al Sole-24 Ore del 22/8/1997, p. 7). Federalismo significa nel contesto centrafricano una sorta di “impero tutsi” capace di costituire un contrappeso all'influenza sudafricana e alle ambizioni di altre aspiranti potenze regionali come la Nigeria o l'Angola. La “democrazia senza partiti” cara a Museveni non è esattamente nella linea di Montesquieu e di Kelsen, ma è il tentativo di costruire in Africa qualcosa che assomigli allo Stato. Un esperimento faustiano destinato a governare dall'alto e in un insieme più vasto i tribalismi e i razzismi da cui scaturiscono massacri come quello ruandese (tra i 500 mila e gli 800 mila morti nel 1994) o quello burundese (150 mila morti fra il 1993 e il 1997).
97301010: Antichi imperi, culture e stati africani97302011: L'Africa nel 1914
Museveni disprezza gli ideologi occidentali della democrazia come modello universale: “Quei signori sembrano affermare che le regioni sviluppate e quelle sottosviluppate possono essere gestite in modo uniforme. È la loro linea politica e io credo - a essere buono - che si tratti di immondizia pura, giacché non è possibile gestire alla stessa maniera società radicalmente differenti” (cfr. The New Yorker, cit.).
Modello sudafricano e modello ugandese si affrontano nello heartland dei futuribili “Stati Uniti d'Africa”, in Burundi. La sanguinosa contesa fra tutsi (15% della popolazione) e hutu (84%, il restante 1% sono pigmei twa), in cui per la prima volta un gruppo di Stati africani, che ha identificato nell'ex leader tanzaniano Julius Nyerere il suo rappresentante speciale, tenta di risolvere un conflitto sanguinoso quanto paradigmatico. Se infatti si applicasse rigidamente il principio democratico “una testa un voto”, il Burundi diventerebbe uno “Stato” hutu più o meno etnicamente puro. Il risultato sarebbe analogo se invece si accettasse l'idea di Museveni che la democrazia in Africa è ipocrisia e che quindi i partiti non possono che essere etnici. Dunque gli hutu voterebbero un partito hutu e i tutsi un partito tutsi. Risultato: avremmo probabilmente la spartizione del Burundi, e in prospettiva dell'intera regione, in uno Hutuland e in un Tutsiland, come vorrebbero gli estremisti dei due campi.
Una via di uscita la potrebbe offrire l'approccio seguito dai mediatori italiani della Comunità di Sant'Egidio, in appoggio all'iniziativa di Nyerere. Una soluzione vicina al modello sudafricano (o anche a quello applicato con successo dagli stessi negoziatori nel caso del Mozambico), che prende atto della persistenza di una divisione etnico-tribale, incentivata dalle piccole élite hutu e tutsi che si contendono il potere, e quindi tempera la “democrazia” con meccanismi di protezione e garanzia delle minoranze. Nel caso del Sudafrica si trattava di garantire i bianchi, qui i tutsi.
3. Per concludere, l'amaro scetticismo di Ali A. Mazrui, curatore di L'Africa a partire dal 1935 (ottavo volume della Storia dell'Africa pubblicata dall'Unesco). L'autore kenyota evoca una perfettamente plausibile ricolonizzazione del continente “sotto la bandiera dell'umanitarismo” (“Si può evitare la ricolonizzazione?”, Jeune Afrique, n. 1756, 1-7 settembre 1994).
Mazrui prosegue però individuando in Africa dei “Piemonti” capaci di riorganizzare le loro “sub-regioni”. E conclude: “Meglio sarebbe ricorrere all'autoconquista. Ma ciò presuppone un autocontrollo e una disciplina di cui l'Africa ha dato raramente prova prima del colonialismo”. Finalmente una geopolitica lucida e soprattutto… africana.
La prima guerra africana.
http://lanazione.quotidiano.net/art/2001/01/17/1723282
Caos in Congo: le forze in campo
ROMA, 17 GENNAIO - La situazione di incertezza che fa seguito all'uccisione del presidente Laurent Desirè Kabila fa da sfondo alla profonda crisi della Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), da oltre tre anni devastata da una guerra che ha lasciato sul terreno oltre 100 mila morti. Nel sanguinoso conflitto, definito la «prima guerra mondiale africana», sono coinvolti ben sette stati e numerose milizie e etnie. Ecco una scheda delle forze in campo.
- FORZE ARMATE CONGOLESI (Fac, esercito governativo): circa 70.000 uomini, in maggioranza provenienti dal movimento ribelle di Kabila che riuscì nel 1997 a rovesciare Mubutu. Arruolano anche gendarmi del Katanga (ora Shaba), tutsi congolesi addestrati in Uganda e Ruanda, uomini di Mobutu 'rieducatì, elementi di varie tribù minori del paese. Sono dotate soprattutto di armi leggere e di missili terra-aria.
- ALLEATI DI KABILA: le milizie hutu, responsabili in gran parte dei massacri perpetrati contro i tutsi nel Ruanda nel 1994 e rifugiatisi in seguito nel Congo. Il numero di questi miliziani è variabile, secondo il Ruanda sono 5.000-25.000. I Mai-Mai, combattenti congolesi che operano nell'est del paese e nel Kivu, sono alleati degli hutu contro il comune nemico tutsi.
- I RIBELLI: il Movimento per la liberazione del Congo (Mlc) diretto da Jean-Pierre Bemba. L'Mlc opera nella regione del centro-nord ricevendo sostegni dall'Uganda. Il gruppo conterebbe su circa 10.000 uomini. Il Raggruppamento congolese per la democrazia (Rcd-Goma), ramo principale della fazione ribelle che si è scissa in due. È diretto da Emile Ilunga e conta tra 10.000 e 15.000 uomini. I suoi capi sono ufficiali congolesi ribelli, spesso tutsi. L'Rcd-Goma è sostenuta dal Ruanda. Il Raggruppamento congolese per la democrazia-Movimento di liberazione (Rcd-Ml) diretto da Ernest Wamba dia Wamba, conta circa 3.500 uomini, agisce nei territori nei quali sono presenti truppe dell'Uganda.
- ESERCITO PATRIOTTICO RUANDESE: dominato dai tutsi, combatte a fianco dei ribelli anti-Kabila - ma aveva appoggiato Kabila nella guerra contro Mobutu. Circa 10.000 soldati.
- ESERCITO PATRIOTTICO UGANDESE: in precedenza sostenitore di Kabila contro Mobutu, ora sta con i ribelli. Ha circa 9.000 soldati. Il 15 giugno scorso l'Uganda aveva annunciato il ritiro delle sue truppe.
- BURUNDI: anche se il paese afferma di non avere interesse nel conflitto, si batte contro gli hutu favorevoli a Kabila. Non è noto il numero dei suoi soldati.
- FORZE DELLO ZIMBABWE: il presidente Robert Mugabe è stato il più solido alleato di Kabila nella guerra. Ha circa 10.000 soldati.
- FORZE DELL'ANGOLA: il governo dell'Angola, alle prese con una guerra civile da oltre 25 anni contro l'Unita, ha aiutato Kabila contro Mobutu (quest'ultimo aiutava invece i ribelli angolani dell'Unita che, dalle basi nell'ex Zaire, combattevano contro il loro governo). Circa 2.000 soldati.
- FORZE DELLA NAMIBIA: anche se situata lontana dalle frontiere del Congo la Namibia è un'alleata dell'Angola e quindi di Kabila. Ha circa 2.000 soldati.
http://www2.unicatt.it/unicatt/seed/gestion_cattnews.vedi_notizia?id_cattnewsT=2136
Ruanda: la minoranza Tutsi ha sempre combattuto contro il regime Hutu, sorto subito dopo l'indipendenza nel 1962. Nel 1994 i governanti Hutu hanno pianificato e attuato il genocidio sistematico di un milione di Tutsi. La reazione è stata altrettanto violenta e dopo mesi di combattimenti e altre migliaia di morti, i Tutsi hanno conquistato Kigali, la capitale e il governo del Paese. Massacri con centinaia di migliaia di morti sono continuati da entrambe le parti, coinvolgendo anche i rifugiati Hutu provenienti dal Burundi.
Fiammata di violenza
tra hutu e tutsi: 67 morti
25 aprile 2000
Articolo messo in Rete alle 19:59 ora italiana (17:59 GMT)
http://www.cnnitalia.it/2000/MONDO/africa/04/25/burundi/
BUJUMBURA (CNN) -- Violenti scontri infiammano nuovamente la guerra civile che dal 1993 affligge il Burundi: duri combattimenti sono segnalati nei dintorni della capitale, Bujumbura, e secondo l'esercito durante il fine settimana sono state uccise 67 persone, tra cui almeno 27 civili uccisi dai ribelli del gruppo etnico Hutu (che costituisce la grande maggioranza del Paese, ma storicamente non ha mai detenuto il potere).
L'esercito del Burundi, dominato dalla minoranza Tutsti, ha lanciato nei giorni scorsi una nuova offensiva contro le postazioni dei ribelli. Questa mattina nella capitale Bujumbura potevano essere uditi gli echi di bombardamenti e scambi di armi pesanti, mentre i ribelli avrebbero radunato unità di combattenti a sud della città.
Secondo il portavoce dell'esercito, il colonnello Longin Minani, 40 ribelli sono stati uccisi e 18 feriti domenica in un combattimento avvenuto al confine con la Tanzania.
Il portavoce ha anche accusato i ribelli di aver ucciso 16 civili in un attacco contro un campo profughi presso il villaggio meridionale di Mushara e altri quattro nella provincia di Bujubura Rurale, attorno alla capitale.
Secondo la stessa fonte i ribelli "continuano ad uccidere persone inermi, soprattutto bambini e anziani".
Uno dei gruppi ribelli, il Partito della liberazione della gente Hutu (Palipehutu), ha confermato l'attacco governativo alle proprie postazione, ma ha affermato che questo non servirà a provocare una ritirata.
I ribelli Hutu hanno abbracciato le armi nel 1993 quando le truppe Tutsi hanno assassinato il primo presidente democraticamente eletto del paese, che era un Hutu. La guerra civile ha provocato fino ad oggi circa 200.000 vittime, per la maggior parte civili. I diversi tentativi di avviare colloqui di pace hanno fallito l'obiettivo di raggiungere almeno un cessate il fuoco.
L'ex presidente sudafricano Nelson Mandela, che ha assunto lo scorso anno il ruolo di mediatore, è atteso venerdì per la sua prima visita in Burundi, dove incontrerò il presidente Pierre Buyoya e alcuni alti funzionari governativi.
Un nuovo round di negoziati è in programma per il prossimo mese nella città tanzaniana di Arusha.
:muro:
Che dire? e chi ha il tempo per leggersi tutta questa roba? :(
Purtroppo il 99% degli occidentali non sa che una minima parte di come stanno le cose ...
Originariamente inviato da Max2
Che dire? e chi ha il tempo per leggersi tutta questa roba? :(
Purtroppo il 99% degli occidentali non sa che una minima parte di come stanno le cose ...
mi spiace sia lungo.:(
Possiamo iniziare con le considerazioni, se vi và.
Io ho solo l'impressione che l'occidente abbia dato il via ad un casino senza uscita, in cui non vedo un buono nemmeno con il lumicino.
La Francia e il Belgio han messo sù uno scempio immane, l'Onu ha subito uno scacco totale (in un link di fabio69 c'è un funzionario dell'Onu condannato per genocidio) grazie all'immobilismo di alcune grandi nazioni che sotto il tappeto facevano di tutto, la Chiesa, gli Usa, nemmeno l'Italia è esente da colpe.:muro:
x Fabio, lo sò che la Germania non è membro permanete, ma rimane una delle più grandi potenze economico-politiche mondiali, mentre Russia e Cina hanno diritto di veto quanto Usa e Gb e Francia.
ni.jo però non ti capisco
se parzialmente i link che ti ho dato ti han fatto cambiare idea, essendo identici a quelli dell'altra discussione (anzi da ivi copiati), vuol dire che come minimo li avevi letto poco o non li avevi letti affatto :p
o altrimenti se non erano stati sufficienti a convincerti allora non vedo perchè ti debbano convincere adesso
e dire che ci avevo speso mezza domenica per raccoglierli
vabbe ti posterò le mie considerazioni conclusive a riguardo delle tue nuove convinzioni
fammi raccogliere le idee però, che con tutto quello che hai scritto me le stai confondendo un pò
Originariamente inviato da fabio69
ni.jo però non ti capisco
se parzialmente i link che ti ho dato ti han fatto cambiare idea, essendo identici a quelli dell'altra discussione (anzi da ivi copiati), vuol dire che come minimo li avevi letto poco o non li avevi letti affatto :p
o altrimenti se non erano stati sufficienti a convincerti allora non vedo perchè ti debbano convincere adesso
e dire che ci avevo speso mezza domenica per raccoglierli
vabbe ti posterò le mie considerazioni conclusive a riguardo delle tue nuove convinzioni
fammi raccogliere le idee però, che con tutto quello che hai scritto me le stai confondendo un pò
a-ah!Chi è che ha le idee confuse?! :D :) :p
confesso di non averli letti così approfonditamente per mera mancanza di tempo e perchè mi lasciava un pò sconcertato il tuo postare alcuni riferimenti alla presenza usa nella regione, (subdoravo un vil trabbocchetto :D ) che era poi un pò quello che volevo dimostrare :confused: e il continuo rifarsi alle colpe Francesi, come se le avessi negate.
Cmq, non chiamarle nuove convinzioni, mi hai messo a conoscenza di fatti che non conoscevo perdendoci una mezza domenica, ma adesso non fare lo sborone...:sofico:
Originariamente inviato da cerbert
Sì, però non solo questi vecchi discorsi continuano ad essere lasciati incompleti. Ma vengono regolarmente dimenticati dal, diciamo, 70% della popolazione occidentale che è tutt'ora convinta che in Ruanda Hutu e Tutsi si massacravano "perchè si odiavano" (come se fossero nati, così), quando non travisati.
invece è principalmente per questo che si massacravano
perchè si odiavano
infatti:
Originariamente inviato da fabio69
Punto primo: la rivalità fra hutu e tutsi in ruanda è relativamente antica e si è acuita con il disimpegno coloniale belga (almeno per quanto riguarda il ruanda a differenza del burundi dove pur fra tensioni questa rivalità non è mai sfociata in massacri)
Essa ha origine nel 13 secolo, quando genti di stirpe etiope (soprannominati batutsi poi più semplicemente tutsi) stanche del regime oppressivo dell’impero abissino effettuarono una migrazione per stanziarsi nella regione dei grandi laghi (Uganda, Burundi e appunto Ruanda) dove si sovrapposero alle genti preesistenti denominate bahutu o più semplicemente hutu
La superiorità culturale e tecnica dei tutsi s’impose ben presto sugli autoctoni facendone l’etnia dominante malgrado la loro inferiorità numerica
I belgi rispettarono quest’ordine sociale, ma appena dismisero il loro impero coloniale vi fu una cruenta ribellione degli hutu che portò nel 1963 a spaventosi massacri che causarono fra i tutsi non meno di 80.000 vittime e 250.000 profughi la maggior parte rifugiatasi in Uganda e in Burundi dove andarono ad aggiungersi alla preesistente comunità tutsi
Questo solo per dire che gli hutu non erano nuovi a questo genere di massacri
:
Originariamente inviato da cerbert Allora, facciamo anche i conti con i dati di fatto da cui è impossibile prescindere... e vediamo in che modo possiamo continuare a guardarci nello specchio senza sputare.
A me non dispiacerebbe cominciare a fare il conto con questi "dati di fatto". Dopo tutto sono lì, sempre gli stessi e sempre in attesa di soluzione. Mica si sono nascosti.
sono qui proprio per questo
solo per dire che questi "dati di fatto" non li vedo o non mi sono molto chiari
Originariamente inviato da cerbert
Veramente mi stavo riferendo alla media degli interventi visti su questa questione.
Poi c'è sempre una mia incapacità a capire dove sarebbe esattamente la "questione di principio".
Tralasciando il fatto che anche i principi andrebbero tradotti in pratica, non fosse altro per non riempirsi la bocca di paroloni come "sicurezza", "civiltà", "progresso" e continuare a masticare a vuoto, a me pare di vedere una situazione semplicissima:
o affrontiamo il dato di fatto o sarà il dato di fatto ad affrontare noi.
A meno che "questione di principio" non significhi "questione sul punto da cui iniziare".
non so se tu reputi i mie interventi su questa questione discostarsi dalla "media"
io però qui ho visto tante verità acquisite (in generale non in particolare da parte tua), certezze assolute e principi affermati che tali non erano
sarà perchè io sono sono una persona piena di dubbi e prima di abbracciare una verità cerco di accertare che tale sia, e non una verità di comodo precostituita o fondata su ragionamenti più o meno preconcetti
più vado avanti e più mi dico che faccio bene a dubitare
Originariamente inviato da Bet
a proposito del titolo del 3d :D
ora che cerbert ci ha "rinfrescato" la memoria (più che altro ci ha fuso il cervello), di chi è la colpa ?
no, perchè io voglio sapere come va a finire
non è che mi metto a leggere un 3d giallo-fantascientico senza sapere com'è il finale ;)
la colpa spesso non è come appare
nel senso di come appare quasi sempre nelle discussioni sui massimi sistemi affrontate in questo forum
cioè invariabilmente e immancabilmente degli americani
ps il finale magari questa volta lo scrivo io ;)
Originariamente inviato da cerbert
3) (serio) ad accusare l'ONU di "fallire", scaricandogli addosso la patente di inanità di fronte alle peggiori tragedie originate da decenni di politiche estere "allegre", non sono io. Ad avere la risposta alla domanda, infallibile e indiscutibile, sono altri.
non so se ti riferisci a me, ma nel caso del tutto probabile che lo fosse, mi preme sottolinearti che in genere mi limito a confutare le tue teorie senza pretendere di avere la risposta infallibile e indiscutibile
e se confuto, lo faccio in base alle mie conoscenze che, molte o poche, giuste o sbagliate, sono semplicemente diverse dalle tue.... ;)
-kurgan-
29-09-2003, 00:37
Originariamente inviato da cerbert
Sì, però non solo questi vecchi discorsi continuano ad essere lasciati incompleti. Ma vengono regolarmente dimenticati dal, diciamo, 70% della popolazione occidentale che è tutt'ora convinta che in Ruanda Hutu e Tutsi si massacravano "perchè si odiavano" (come se fossero nati, così), quando non travisati.
beh è vero che già si odiavano, in ruanda (non ridere, è vero) c'è un culto della bellezza molto forte. I tutsi sono molto alti e dai lineamenti delicati, gli hutu invece sono bassi e tozzi.
avevo letto questo da qualche parte, ovvio che non è stato il motivo scatenante, ma cmq da sempre gli hutu "odiavano" (o meglio, non vedevano di buon occhio) i tutsi. Il fatto poi che i secondi siano stati poi ricchi e privilegiati credo sia stata poi un'ulteriore miccia scatenante.
Poi al solito le guerre scoppiano per motivi economici (spesso per arricchire qualche multinazionale, soprattutto in africa), ma è facile indirizzare odio razziale verso una guerra civile, soprattutto in un paese dove l'analfabetismo è molto diffuso.
-kurgan-
29-09-2003, 00:38
mi rendo conto di aver fatto una sparata che per molti sarà motivo di ilarità, ma è così davvero :(
Originariamente inviato da cerbert
Caro fabio, forse ni.jo starà facendo confusione.
Però ricordo benissimo che nel post che mi ha spinto a "rinfrescarmi la memoria" ricordavi ......
certo che la mia esortazione a "rinfrescarti la memoria" ti è rimasta impressa :D
eppure ti "rinfrescavo la memoria" con notizie di articoli di giornali on line, link di associazioni pacifiste, riflessioni dirette dello stesso Kofi Annan ecc. e le mie conclusioni non erano per niente drastiche, ma anzi quasi comprensive sul perchè l'ONU si sia trovato in certe situazioni o si sia reso spettatore complice di determinati avvenimenti tragici
ma tant'è ;)
Originariamente inviato da fabio69
la colpa spesso non è come appare
nel senso di come appare quasi sempre nelle discussioni sui massimi sistemi affrontate in questo forum
cioè invariabilmente e immancabilmente degli americani
ps il finale magari questa volta lo scrivo io ;)
ho visto i papiri che hai scritto, ma rimando la lettura a momenti migliori... ho sulla schiena qualche ora di viaggio in macchina sotto la pioggia... non voglio peggiorare ulteriormente la vista ;)
Originariamente inviato da ni.jo
a-ah!Chi è che ha le idee confuse?! :D :) :p
confesso di non averli letti così approfonditamente per mera mancanza di tempo e perchè mi lasciava un pò sconcertato il tuo postare alcuni riferimenti alla presenza usa nella regione, (subdoravo un vil trabbocchetto :D ) che era poi un pò quello che volevo dimostrare :confused: e il continuo rifarsi alle colpe Francesi, come se le avessi negate.
Cmq, non chiamarle nuove convinzioni, mi hai messo a conoscenza di fatti che non conoscevo perdendoci una mezza domenica, ma adesso non fare lo sborone...:sofico:
tranquillo le ho già riordinate ;)
con i miei canonici "punti" :p :D
solo che stasera non avevo nè il tempo nè la voglia di finirli
però di una cosa ti devo "ringraziare" (fra virgolette), cioè di avermi costretto a rimestare nella merda de les francaises
guarda ne sentivo proprio il bisogno
di questo non ti perdonerò mai ;) :p
Originariamente inviato da fabio69
...però di una cosa ti devo "ringraziare" (fra virgolette), cioè di avermi costretto a rimestare nella merda de les francaises
guarda ne sentivo proprio il bisogno
di questo non ti perdonerò mai ;) :p
già, è quello che intendevo con "spero sia servito ad entrambi", non ha messo di buon umore nemmeno me rovistare in quello schifo.
:muro:
Originariamente inviato da -kurgan-
beh è vero che già si odiavano, in ruanda (non ridere, è vero) c'è un culto della bellezza molto forte. I tutsi sono molto alti e dai lineamenti delicati, gli hutu invece sono bassi e tozzi.
avevo letto questo da qualche parte, ovvio che non è stato il motivo scatenante, ma cmq da sempre gli hutu "odiavano" (o meglio, non vedevano di buon occhio) i tutsi. Il fatto poi che i secondi siano stati poi ricchi e privilegiati credo sia stata poi un'ulteriore miccia scatenante.
Poi al solito le guerre scoppiano per motivi economici (spesso per arricchire qualche multinazionale, soprattutto in africa), ma è facile indirizzare odio razziale verso una guerra civile, soprattutto in un paese dove l'analfabetismo è molto diffuso.
buona parte di quell'odio è stato indotto approfondendo la divisione in caste: pensa che in una sorte di "censimento" vennero ufficializzate suddividendoli non in base alla bellezza ma del loro occuparsi di agricoltura o allevamento...:muro:
I belgi e i Francesi non si limitarono quindi a "rispettare quest’ordine sociale", ma lo sfruttarono per dividere e imperare, appoggiando prima gli uni poi gli altri poi sempre di più quelli che per loro erano i più "aristocratici"...
Rientro brevemente nella discussione per comunicare a ni.jo che la "Setta dei Logorroici" sta valutando una sua candidatura.
E anche per cercare di capire perchè con fabio ci si scanni. Definisco qui quelli che "pensavo", fossero i punti di disaccordo.
1) la responsabilità delle guerre dimenticate è esclusivamente locale.
2) le colpe di mancata prevenzione sono dell'ONU come organizzazione
3) non vi è alternativa possibile allo stato attuale di intervento unilaterale
4) la NATO è uno strumento efficacie nell'ambito di tale intervento
E quelli che sono i miei pareri (ripeto: miei pareri):
1) non è vero. Anche nel caso del Rwanda è quantomeno un "understatement" dire che una potenza coloniale dalla filosofia predatoria (probabilmente i peggiori di Europa come approccio) si "limitò ad inserirsi nella situazione preesistente". Il loro inserimento fu paragonabile ad un pallone da basket fatto passare su per una narice: è indiscutibile che il buco già c'era... I tutsi, che precedentemente vivevano un rapporto di "superiorità" basato sui contatti commerciali e imprenditoriali, divennero sotto i Belgi i gabellotti del Rwanda: da creatori di ricchezza divennero estrattori... la differenza non è da poco nelle dinamiche di "odio etnico". E questo caso vale per praticamente tutte le guerre dell'Africa coloniale.
2) vero. L'ONU presente come organizzazione è semplicemente un dito dietro a cui si nascondono interessi unilaterali. La domanda è: chi di noi ha mai difeso l'ONU come è ora?
3) assolutamente falso. La prova la abbiamo sotto gli occhi ogni anno. In un mondo globalizzato, pensare di poter ancora portare avanti dinamiche unilaterali o bilaterali significa lasciare al massacro la maggioranza assoluta della popolazione e PER DI PIU' attirarsi l'odio feroce delle parti escluse, diventando il capro espiatorio di ogni male e distorsione.
4) la NATO non ha gli strumenti, non ha la competenza e non ha la volontà di instaurare una sicurezza globale. Per fare un esempio affidare alla NATO il compito di prevenire o limitare le situazioni di guerra sarebbe come dare ad un'agenzia privata svizzera il ruolo di polizia in Italia. Già solo la diversa origine delle sue competenze rispetto alle forze di servizio civile (Croce Rossa, Pompieri, magistratura) la renderebbe scoordinata e incomprensibile agli utenti.
Ecco, spero che questo aiuterà a chiarire il mio pensiero.
Originariamente inviato da Bet
Stefano, hai visto che acido è cerbert? Tu mi hai svelato che la colpa è del maggiordomo e guarda questo che risposte...
A questo punto aspettiamo von Clausewitz :D che voglio salutare con la sua faccina preferita " :rolleyes: "
(semi-serio: ah! non immagini quanti siano le persone con risposte infallibili!)
già che risposta acida, e nel merito immeritata
a cerbert ha un pò infastidito questo mio intervento (peraltro in quella discussione gli devo ancora una risposta):
http://forum.hwupgrade.it/showthread.php?s=&threadid=510644&perpage=20&pagenumber=3
eppure ho lasciato che a parlare fossero altri: giornalisti, associazioni umanitarie, lo stesso Kofi Annan ecc.
e se si rilegge le mie conclusioni non sono per niente drastiche o censorie (cerbert mi anche dato del "fercoce" censore dell'ONU)
alle volte le mie risposte possono apparire indiscutibili (infallibili proprio no, quel requisito su questo forum sarebbe il caso si affibbiarlo ad altri utenti del passato e del presente) forse perchè mi premunisco che siano argomentate e non date a caso, preferibilmente ove possibile con "dati di fatto"
forse cerbert non ha gradito la mia esortazione a "rinfrescarsi la memoria"?
può darsi, ma non è forse vero che spesso e volentieri cerbert faccia finta di dimenticare talune considerazioni per ricordarne altre che possibilmente siano più funzionali alle tesi che vuol portare avanti?
o è solo una mia impressione?
cmq anche se cerbert è un buon tattico, la sua strategia lascia alquanto a desiderare
io come sempre lo lascio avanzare, lascio che si sbilanci, per poi attaccarlo alle spalle :p :D
Originariamente inviato da fabio69
già che risposta acida, e nel merito immeritata
a cerbert ha un pò infastidito questo mio intervento (peraltro in quella discussione gli devo ancora una risposta):
http://forum.hwupgrade.it/showthread.php?s=&threadid=510644&perpage=20&pagenumber=3
eppure ho lasciato che a parlare fossero altri: giornalisti, associazioni umanitarie, lo stesso Kofi Annan ecc.
e se si rilegge le mie conclusioni non sono per niente drastiche o censorie (cerbert mi anche dato del "fercoce" censore dell'ONU)
alle volte le mie risposte possono apparire indiscutibili (infallibili proprio no, quel requisito su questo forum sarebbe il caso si affibbiarlo ad altri utenti del passato e del presente) forse perchè mi premunisco che siano argomentate e non date a caso, preferibilmente ove possibile con "dati di fatto"
forse cerbert non ha gradito la mia esortazione a "rinfrescarsi la memoria"?
può darsi, ma non è forse vero che spesso e volentieri cerbert faccia finta di dimenticare talune considerazioni per ricordarne altre che possibilmente siano più funzionali alle tesi che vuol portare avanti?
o è solo una mia impressione?
cmq anche se cerbert è un buon tattico, la sua strategia lascia alquanto a desiderare
io come sempre lo lascio avanzare, lascio che si sbilanci, per poi attaccarlo alle spalle :p :D
Caro Von Clausewitz:
oltre a consigliarti di chiudere la finestra perchè gli spifferi dell'ironia che ti passa accanto a 150Km/h potrebbero indisporti, ammetto che mi aveva in effetti fatto incavolare la tua esortazione a "rinfrescarmi la memoria" per due motivi.
Innanzitutto perchè a 30 anni la mia memoria è abbastanza buona da ricordare che non doveva essere solo l'ONU a chiedere scusa per un bel po' di paciocchi non da poco.
Secondariamente perchè non mi pare di aver fatto mai segreto del fatto che sono SERIAMENTE insoddisfatto dell'ONU attuale, SOPRATTUTTO per i fallimenti da te prolissamente elencati che sono TUTTI discesi da dinamiche ben poco edificanti avvenute all'interno del CdS e non in quel covo di Dittature che è l'Assemblea o la Commissione Diritti Umani. Del resto non potrebbe essere altrimenti, dal momento che molta parte dei documenti che citi è stata scritta da associazioni che sostengo (mentre non conosco la tua posizione nei loro confronti). Chissà come mai, però, da raffinato stratega quale sei, hai saltato a piè pari questa considerazione, emersa già in una decina di discussioni precedenti e ti sei concentrato, furbescamente, su questa mia affermazione:
Ora, se non ne andasse della vita di milioni di irakeni, l'unica risposta possibile a chi "si è fatto beffe dell'ONU per troppo tempo" sarebbero variazioni del "Lo sai dove appendeva l'ombrello mio nonno?".
Purtroppo non posso augurarmelo e posso solo INFURIARMI di fronte a tale e tanta arroganza mostrata da un politichetto da strapazzo: dopo aver combinato il casino pretende che siano altri a cavargli le castagne dal fuoco pur pretendendo di restare al comando. Dopo averlo detto ai suoi soldati, ora ripete a tutto il mondo "Armiamoci e partite!".
Spero che gliela facciano trovare lunga...
Decontestualizzandola completamente dall'evento di cui si discuteva e che mi fa piacere ricordare:
gli USA, dopo aver iniziato unilateralmente una guerra di aggressione con motivazioni palesemente false, si sono trovati impantanati in una situazione difficile da gestire e hanno chiesto aiuto all'ONU pur pretendendo di mantenere il comando.
In tutto il topic suddetto mi sono ben guardato dal fare un panegirico dell'ONU e, quindi, la prolissa citazione di decine di documenti a sfavore, avrebbe ben poco senso se non per cercare di rafforzare nei lettori l'impressione che io sia un fedayn di questa ONU :rotfl: strattonata come una banderuola da Francia, Russia, Cina, USA e GB e priva di qualsiasi autonomia giuridica e militare.
L'intento del topic era, piuttosto, evidenziare una volta di più come la volontà unilaterale dei paesi militarmente dominanti di "mettere a posto le cose", alla fine diventi un boomerang, con o senza l'ONU a fare da paravento e che, quindi, ci si trovi di fronte ad un bivio tra lasciare le cose come stanno e doversi, purtroppo, rovinare ogni tanto la cena a sapere di una "guerra dimenticata" tra un telequiz e l'altro (ma i nuovi palinsesti sembrano avere una soluzione per questo) oppure procedere verso un organismo di diritto con maggiore autonomia d'azione.
Naturalmente fabio non poteva ignorare questa mia visione, ma da (buon/pessimo) stratega ha fatto finta di niente sperando che non fossero troppi i lettori di vecchia data a passare da queste parti.
Ha tentato la fortuna, insomma, e non ho modo di appurare il risultato.
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