View Full Version : Giappone all'attacco: ecco il primo wafer a 2nm che fa tremare Taiwan
Redazione di Hardware Upg
19-07-2025, 08:01
Link alla notizia: https://www.hwupgrade.it/news/cpu/giappone-all-attacco-ecco-il-primo-wafer-a-2nm-che-fa-tremare-taiwan_141303.html
Rapidus Corporation ha annunciato l’inizio della prototipazione dei suoi transistor a 2 nanometri con architettura gate-all-around presso l’impianto IIM-1. Supportata dal governo giapponese e da grandi aziende locali, l'iniziativa mira a riportare il Giappone tra i leader mondiali nella produzione di semiconduttori entro il 2027
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Rapidus Corporation ha annunciato l’inizio della prototipazione dei suoi transistor a 2 nanometri con architettura gate-all-around presso l’impianto IIM-1. Supportata dal governo giapponese e da grandi aziende locali, l'iniziativa mira a riportare il Giappone tra i leader mondiali nella produzione di semiconduttori entro il 2027
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In tutto questo, quello che spaventa è l'immobilismo dell'Europa.
Tutti cercano di raggiungere un certo grado di autonomia nella produzione di chip e in Europa si spera sempre nel traino della mamma USA sotto forma di Intel (che non è nemmeno più tanto in gamba)
Ripper89
19-07-2025, 09:45
L'UE non sa prodursi manco un Televisore o uno smartphone da sola.
Cerca sempre la dipendenza.
L'UE non sa prodursi manco un Televisore o uno smartphone da sola.
Cerca sempre la dipendenza.
Infatti i nostri (im)prenditori e governanti, hanno per decenni sfruttato e approfittato dei paesi in cui la produzione costava poco e dove si sviluppava la tecnologia per poi comprarne i diritti, facendo nella maggior parte dei casi, solo da intermediari garantendosi guadagni ingenti a fronte di investimenti quasi nulli, oggi piangono perchè sia chi sviluppava tecnologia che chi produceva a basso costo, stà alzando la testa e produce col proprio marchio e vende direttamente i prodotti finiti, la frase "è finita la pacchia" purtroppo riguarda tutti noi che abbiamo solo in parte beneficiato della situazione precedente e dovremo sopportare tutti i disagi della nuova, abbiamo beneficiato nell'avere a prezzi relativamente bassi beni che se prodotti in Europa sarebbero costati di più (ma gran parte dei guadagni li hanno fatti gli (im)prenditori) e oggi subiamo la concorrenza di chi quei prodotti li fabbrica realmente e non si limita a mettere il proprio timbro sopra di essi.
supertigrotto
19-07-2025, 10:33
"per arrivare a questo punto nessuno di noi ha dormito"
Cit
"per arrivare a questo punto nessuno di noi ha dormito"
Cit
Purtroppo anche se si è svegli, dal basso non abbiamo alcuna capacità di intervenire in processi che partono decisamente dai piani più alti, un semplice cittadino può fare ben poco per arginare processi mondiali come la globalizzazione selvaggia che ci hanno imposto negli ultimi decenni, anche perchè i "grandi" ci hanno fatto guadagni stellari.
”L'azienda ha inoltre completato con successo l'esposizione EUV (litografia a ultravioletti estremi) in soli tre mesi dalla ricezione dell'equipaggiamento da ASML, stabilendo un primato nel settore, secondo quanto dichiarato dal presidente Atsuyoshi Koike”
Il Giappone fu buttato fuori dal mercato delle CPU dagli USA negli anni 90 negando l'accesso alla tecnologia ultravioletta di cui detenevano dei brevetti che immagino saranno scaduti.
Gli USA temevano l'ascesa del Giappone come oggi temono la Cina.
azi_muth
19-07-2025, 10:53
Infatti i nostri (im)prenditori e governanti, hanno per decenni sfruttato e approfittato dei paesi in cui la produzione costava poco e dove si sviluppava la tecnologia per poi comprarne i diritti, facendo nella maggior parte dei casi, solo da intermediari garantendosi guadagni ingenti a fronte di investimenti quasi nulli, oggi piangono perchè sia chi sviluppava tecnologia che chi produceva a basso costo, stà alzando la testa e produce col proprio marchio e vende direttamente i prodotti finiti, la frase "è finita la pacchia" purtroppo riguarda tutti noi che abbiamo solo in parte beneficiato della situazione precedente e dovremo sopportare tutti i disagi della nuova, abbiamo beneficiato nell'avere a prezzi relativamente bassi beni che se prodotti in Europa sarebbero costati di più (ma gran parte dei guadagni li hanno fatti gli (im)prenditori) e oggi subiamo la concorrenza di chi quei prodotti li fabbrica realmente e non si limita a mettere il proprio timbro sopra di essi.
La situazione che descrivi, ossia la delocalizzazione produttiva e il ruolo degli “intermediari”, è una conseguenza diretta di una dinamica prevista e ampiamente studiata nella teoria economica: quella dei vantaggi comparati. Ogni paese si specializza in ciò che sa fare meglio o a minor costo, e attraverso lo scambio internazionale, l’output complessivo e il benessere globale aumentano.
Non è una truffa o una scorciatoia immorale: è la logica stessa del commercio globale, ed è grazie a questa che come tu stesso dici abbiamo avuto per anni accesso a beni a prezzi contenuti e se, nel complesso, i redditi reali in Europa sono cresciuti.
L’Italia, semmai, è un’anomalia: è uno dei pochi paesi sviluppati dove i salari reali sono rimasti stagnanti dagli anni ‘90. Ma questo non è colpa della globalizzazione in sé, bensì di fattori interni: bassa produttività, scarsa innovazione, inefficienze nel sistema educativo e amministrativo, mancanza di politiche industriali serie.
Inoltre, spesso ci si dimentica di un dato fondamentale: centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta proprio grazie a questo modello. La Cina è l’esempio più eclatante: in pochi decenni ha trasformato un’economia rurale e arretrata nella seconda potenza mondiale, con un miglioramento concreto delle condizioni di vita di gran parte della popolazione. Anche in India e nel Sud-est asiatico si osservano miglioramenti simili, benché più graduali.
Se oggi quei paesi non vogliono più solo produrre su commissione ma anche innovare e vendere col proprio marchio, è un segnale positivo: dimostra che la globalizzazione ha funzionato.
La “pacchia” non era tale. Era una fase di transizione, da cui abbiamo tratto vantaggi (seppur distribuiti male), e ora viviamo il normale risultato di un riequilibrio globale. La risposta non può essere il rimpianto o il protezionismo, ma più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria.
La situazione che descrivi, ossia la delocalizzazione produttiva e il ruolo degli “intermediari”, è una conseguenza diretta di una dinamica prevista e ampiamente studiata nella teoria economica: quella dei vantaggi comparati. Ogni paese si specializza in ciò che sa fare meglio o a minor costo, e attraverso lo scambio internazionale, l’output complessivo e il benessere globale aumentano.
Non è una truffa o una scorciatoia immorale: è la logica stessa del commercio globale, ed è grazie a questa che come tu stesso dici abbiamo avuto per anni accesso a beni a prezzi contenuti e se, nel complesso, i redditi reali in Europa sono cresciuti.
L’Italia, semmai, è un’anomalia: è uno dei pochi paesi sviluppati dove i salari reali sono rimasti stagnanti dagli anni ‘90. Ma questo non è colpa della globalizzazione in sé, bensì di fattori interni: bassa produttività, scarsa innovazione, inefficienze nel sistema educativo e amministrativo, mancanza di politiche industriali serie.
Inoltre, spesso ci si dimentica di un dato fondamentale: centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta proprio grazie a questo modello. La Cina è l’esempio più eclatante: in pochi decenni ha trasformato un’economia rurale e arretrata nella seconda potenza mondiale, con un miglioramento concreto delle condizioni di vita di gran parte della popolazione. Anche in India e nel Sud-est asiatico si osservano miglioramenti simili, benché più graduali.
Se oggi quei paesi non vogliono più solo produrre su commissione ma anche innovare e vendere col proprio marchio, è un segnale positivo: dimostra che la globalizzazione ha funzionato.
La “pacchia” non era tale. Era una fase di transizione, da cui abbiamo tratto vantaggi (seppur distribuiti male), e ora viviamo il normale risultato di un riequilibrio globale. La risposta non può essere il rimpianto o il protezionismo, ma più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria.
Sono pienamente d'accordo con te, solo che questo modello di sviluppo stà mostrando i suoi limiti, o meglio, il pianeta che ci ospita li stà mostrando, non è minimamente pensabile che 8 miliardi di persone, cifra in aumento costante, possano avere un tenore di vita nemmeno lontanamente paragonabile a quello che teniamo noi occidentali e questa cosa dovrà essere affrontata prima o poi.
Max Power
19-07-2025, 11:09
Il peccato originale, è stato di un certo politico, che negli anni 60 ha letteralmente fermato Olivetti...
Ormai è storia
Il peccato originale, è stato di un certo politico, che negli anni 60 ha letteralmente fermato Olivetti...
Ormai è storia
Uno dei peccati originali, grave, ma non certo l'unico e col senno di poi viste le capacità italiche non sapremo mai nemmeno se la storia sarebbe cambiata realmente poichè oltre alle buone idee serve anche sapersi imporre sul mercato.
Ma inutile piangere sul latte versato, bisognerebbe iniziare a cercare di produrre altro latte invece di accontentarsi sempre di quello che ci passano gli altri.
La situazione che descrivi, ossia la delocalizzazione produttiva e il ruolo degli “intermediari”, è una conseguenza diretta di una dinamica prevista e ampiamente studiata nella teoria economica: quella dei vantaggi comparati. Ogni paese si specializza in ciò che sa fare meglio o a minor costo, e attraverso lo scambio internazionale, l’output complessivo e il benessere globale aumentano.
Non è una truffa o una scorciatoia immorale: è la logica stessa del commercio globale, ed è grazie a questa che come tu stesso dici abbiamo avuto per anni accesso a beni a prezzi contenuti e se, nel complesso, i redditi reali in Europa sono cresciuti.
L’Italia, semmai, è un’anomalia: è uno dei pochi paesi sviluppati dove i salari reali sono rimasti stagnanti dagli anni ‘90. Ma questo non è colpa della globalizzazione in sé, bensì di fattori interni: bassa produttività, scarsa innovazione, inefficienze nel sistema educativo e amministrativo, mancanza di politiche industriali serie.
Inoltre, spesso ci si dimentica di un dato fondamentale: centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta proprio grazie a questo modello. La Cina è l’esempio più eclatante: in pochi decenni ha trasformato un’economia rurale e arretrata nella seconda potenza mondiale, con un miglioramento concreto delle condizioni di vita di gran parte della popolazione. Anche in India e nel Sud-est asiatico si osservano miglioramenti simili, benché più graduali.
Se oggi quei paesi non vogliono più solo produrre su commissione ma anche innovare e vendere col proprio marchio, è un segnale positivo: dimostra che la globalizzazione ha funzionato.
La “pacchia” non era tale. Era una fase di transizione, da cui abbiamo tratto vantaggi (seppur distribuiti male), e ora viviamo il normale risultato di un riequilibrio globale. La risposta non può essere il rimpianto o il protezionismo, ma più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria.
Però ti smentisci da solo, dici che abbiamo tratto vantaggi ma poi dici che la risposta deve essere "più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria", cioè l'esatto contrario della strategia economica che ci avrebbe portato vantaggi. E te lo dico io cosa non torna; che gli economisti sono l'espressione di un sistema capitalistico miope e avido, e quando parlano di vantaggi intendono vantaggi per gli (im)prenditori, non per la comunità. Gli eventuali vantaggi a breve termine per la comunità sono inutili se poi a lungo termine c'è un disastro totale, come si profila a breve a causa del nostro arretramento in tutte le tecnologie e filiere chiave del futuro prossimo; non solo microprocessori ma anche di fotovoltaico, eolico, sistemi di accumulo (batterie, indispensabili anche per la mobilità elettrica), intelligenza artificiale, cloud, ecc.
E un'altra cosa che penalizza l'economia italiana è il nanismo delle nostre imprese che in un sistema globale sono destinate a soccombere o ad essere acquisite dai gruppi internazionali, come del resto è avvenuto con la maggior parte delle imprese della mia zona dove è raro trovare ancora industrie appartenenti a proprietari italiani, eppure secondo i nostri economisti degli anni passati, questo sarebbe stato un grosso vantaggio che sventolavano a destra e a manca perchè le nostre piccole imprese sarebbero state in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti contrariamente a quello che non avrebbero potuto fare le grosse compagnie, la storia però come al solito ha dato il suo verdetto ed è ben poco clemente con noi.
E un'altra cosa che penalizza l'economia italiana è il nanismo delle nostre imprese
Per non cadere nella politica… Non faccio i nomi dei partiti che bisogna ringraziare per questo…
AlexSwitch
19-07-2025, 12:08
Sono pienamente d'accordo con te, solo che questo modello di sviluppo stà mostrando i suoi limiti, o meglio, il pianeta che ci ospita li stà mostrando, non è minimamente pensabile che 8 miliardi di persone, cifra in aumento costante, possano avere un tenore di vita nemmeno lontanamente paragonabile a quello che teniamo noi occidentali e questa cosa dovrà essere affrontata prima o poi.
E finalmente si sta scoprendo la natura delle relazioni economico/internazionali che ha dominato da sempre la storia del mondo: concorrenza e conflittualità!
Siamo noi occidentali che, dopo la nostre rivoluzioni economiche, tecnologiche ed industriali, dopo due conflitti mondiali contornati da altri regionali, abbiamo esportato determinati modelli credendo di metterci al centro dell'universo.
Abbiamo tentato di barattare il nostro modello di benessere con la pace e la libertà ( da chi? da cosa? ), ponendoci al centro di tutto ed invece il resto del mondo ci sta dicendo che vogliono il nostro potere. Vogliono prendere il posto dell'occidente nelle gerarchia di potere ed usare il loro apparato economico/industriale ( e militare ) per sovvertire le posizioni e garantirsi la loro prosperità nella loro visione di società e del mondo.
Cina, India il Sud Est Asiatico vogliono le loro rispettive sfere d'influenza, soprattutto la Cina che ha una proiezione a livello globale della sua potenza.
Di temi come il controllo delle emissioni e cambiamento climatico gli importa solamente nella misura in cui possono competere e controllare l'occidente.
Noi europei ( EU ) abbiamo deciso di imporre il ban dei veicoli termici entro il 2035, praticamente dopodomani, mettendo ulteriormente in crisi le nostre industrie automotive con tutta le filiere, senza avere un minimo d'influenza e controllo sulle tecnologie chiave ( batterie ed elettronica di gestione, alias chip ), bruciando miliardi in sovvenzioni, aiuti e studi.
Altri come il Giappone, per tornare in topic, hanno fatto una scelta pragmatica sull'industria auto, la loro industria auto, ed hanno investito sul futuro strategico: i semiconduttori, certi che, nel prossimo futuro, potranno averne una riserva strategica per la loro industria e ricerca e diventare un fornitore alternativo ai soliti big.
Nota: pensare che fino agli '80 l'Europa era pienamente in corsa nell'industria elettronica ed attore rilevante sui mercati mondiali; poi il lento declino che ci ha portato quasi all'irrilevanza.
La storia di Olivetti è tragicamente illuminante!
AlexSwitch
19-07-2025, 12:13
E un'altra cosa che penalizza l'economia italiana è il nanismo delle nostre imprese che in un sistema globale sono destinate a soccombere o ad essere acquisite dai gruppi internazionali, come del resto è avvenuto con la maggior parte delle imprese della mia zona dove è raro trovare ancora industrie appartenenti a proprietari italiani, eppure secondo i nostri economisti degli anni passati, questo sarebbe stato un grosso vantaggio che sventolavano a destra e a manca perchè le nostre piccole imprese sarebbero state in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti contrariamente a quello che non avrebbero potuto fare le grosse compagnie, la storia però come al solito ha dato il suo verdetto ed è ben poco clemente con noi.
Hai ragione... Purtroppo per noi, a parte qualche eccezione, è questione culturale di come si fa impresa e di come si conduce una impresa in competizione.
Diversi " cumenda " quando gli hanno sventolato sotto il naso i miliardi di vecchie Lire o i milioni di Euro, hanno preferito incassare e passare alla rendita finanziaria ed immobiliare. Hanno preferito non rischiare!!
azi_muth
19-07-2025, 12:53
Però ti smentisci da solo, dici che abbiamo tratto vantaggi ma poi dici che la risposta deve essere "più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria", cioè l'esatto contrario della strategia economica che ci avrebbe portato vantaggi.
Ah perchè secondo te durante le prime fasi diglobalizzazione non ci sarebbero stati investimenti, innovazione e politiche industriali seri?
Su siamo seri...
E te lo dico io cosa non torna; che gli economisti sono l'espressione di un sistema capitalistico miope e avido, e quando parlano di vantaggi intendono vantaggi per gli (im)prenditori, non per la comunità.
Il capitalismo è un sistema economico e sociale, l'economia è una disciplina che studia anche il capitalismo.
Gli eventuali vantaggi a breve termine per la comunità sono inutili se poi a lungo termine c'è un disastro totale, come si profila a breve a causa del nostro arretramento in tutte le tecnologie e filiere chiave del futuro prossimo; non solo microprocessori ma anche di fotovoltaico, eolico, sistemi di accumulo (batterie, indispensabili anche per la mobilità elettrica), intelligenza artificiale, cloud, ecc.
Se grazie al commercio internazionale puoi acquistare una maglietta a 3 euro invece che a 10, il tuo reddito reale (cioè il potere d'acquisto del tuo stipendio) aumenta, anche se il tuo stipendio nominale resta invariato.
Se vuoi continuare a beneficiare dei prodotti a basso costo, non puoi restare fermo devi salire nella catena del valore.
Il commercio globale, basato sui vantaggi comparati, non è una garanzia eterna di benessere. Funziona solo se ogni Paese continua a spostarsi verso attività più complesse e ad alto valore aggiunto. Questo vale in particolare per i Paesi avanzati come l’Italia, che non possono competere sui costi, ma devono competere su qualità, innovazione, design, tecnologia, know-how.
Quindi muoviamo il culo e non piangiamoci addosso.
Il dramma dell'Italia è questa mentalità ingessata da vecchi che vogliono vivere di rendita.
azi_muth
19-07-2025, 12:57
E un'altra cosa che penalizza l'economia italiana è il nanismo delle nostre imprese che in un sistema globale sono destinate a soccombere o ad essere acquisite dai gruppi internazionali, come del resto è avvenuto con la maggior parte delle imprese della mia zona dove è raro trovare ancora industrie appartenenti a proprietari italiani, eppure secondo i nostri economisti degli anni passati, questo sarebbe stato un grosso vantaggio che sventolavano a destra e a manca perchè le nostre piccole imprese sarebbero state in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti contrariamente a quello che non avrebbero potuto fare le grosse compagnie, la storia però come al solito ha dato il suo verdetto ed è ben poco clemente con noi.
Si ma prima della globalizzazione dove l' Italia faceva la Cina dell'Europa grazie alle svalutazioni competitive. Ora serve la dimensione per competere a livello mondiale e sporatutto per innovare e creare valore aggiunto.
Le PMI offrono ambienti di lavoro "tossici" perchè mal gestite e puntano tutto a strategie di costo perchè non riescono a competere sull'innovazione e l'internazionalizzazione. In questo la pressione fiscale non aiuta.
Infatti i nostri (im)prenditori e governanti, hanno per decenni sfruttato e approfittato dei paesi in cui la produzione costava poco e dove si sviluppava la tecnologia per poi comprarne i diritti, facendo nella maggior parte dei casi, solo da intermediari garantendosi guadagni ingenti a fronte di investimenti quasi nulli, oggi piangono perchè sia chi sviluppava tecnologia che chi produceva a basso costo, stà alzando la testa e produce col proprio marchio e vende direttamente i prodotti finiti, la frase "è finita la pacchia" purtroppo riguarda tutti noi che abbiamo solo in parte beneficiato della situazione precedente e dovremo sopportare tutti i disagi della nuova, abbiamo beneficiato nell'avere a prezzi relativamente bassi beni che se prodotti in Europa sarebbero costati di più (ma gran parte dei guadagni li hanno fatti gli (im)prenditori) e oggi subiamo la concorrenza di chi quei prodotti li fabbrica realmente e non si limita a mettere il proprio timbro sopra di essi. :mano:
La situazione che descrivi, ossia la delocalizzazione produttiva e il ruolo degli “intermediari”, è una conseguenza diretta di una dinamica prevista e ampiamente studiata nella teoria economica: quella dei vantaggi comparati. Ogni paese si specializza in ciò che sa fare meglio o a minor costo, e attraverso lo scambio internazionale, l’output complessivo e il benessere globale aumentano.
Non è una truffa o una scorciatoia immorale: è la logica stessa del commercio globale, ed è grazie a questa che come tu stesso dici abbiamo avuto per anni accesso a beni a prezzi contenuti e se, nel complesso, i redditi reali in Europa sono cresciuti.
L’Italia, semmai, è un’anomalia: è uno dei pochi paesi sviluppati dove i salari reali sono rimasti stagnanti dagli anni ‘90. Ma questo non è colpa della globalizzazione in sé, bensì di fattori interni: bassa produttività, scarsa innovazione, inefficienze nel sistema educativo e amministrativo, mancanza di politiche industriali serie.
Inoltre, spesso ci si dimentica di un dato fondamentale: centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta proprio grazie a questo modello. La Cina è l’esempio più eclatante: in pochi decenni ha trasformato un’economia rurale e arretrata nella seconda potenza mondiale, con un miglioramento concreto delle condizioni di vita di gran parte della popolazione. Anche in India e nel Sud-est asiatico si osservano miglioramenti simili, benché più graduali.
Se oggi quei paesi non vogliono più solo produrre su commissione ma anche innovare e vendere col proprio marchio, è un segnale positivo: dimostra che la globalizzazione ha funzionato.
La “pacchia” non era tale. Era una fase di transizione, da cui abbiamo tratto vantaggi (seppur distribuiti male), e ora viviamo il normale risultato di un riequilibrio globale. La risposta non può essere il rimpianto o il protezionismo, ma più investimenti, più innovazione e una politica industriale seria. Tutto giusto in teoria, ma coma sempre tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare: il sistema funziona se c'è un certo equilibrio e se tutti giocano con le stesse regole, se qualcuno è nettamente più forte o bara (e sappiamo tutti chi bara...) il tavolo è truccato e vince uno solo alla fine.
L'italia è una anomalia in europa, vero, ma l'europa tutta è una anomalia rispetto agli usa e cina? (crescita sì ma una frazione di quella Usa, avevo messo un grafico poco tempo fa).
Semplicemente è il vaso di coccio tra vasi di ferro, destinata a perdere fin dall'inizio, senza materie prime e con costi del lavoro e sociali (tassazione, welfare) alti, oltre al frazionamento (27 stati con lingue e gusti diversi) con tutte le sua conseguenze, e tante altre cose...
...cut...
Se vuoi continuare a beneficiare dei prodotti a basso costo, non puoi restare fermo devi salire nella catena del valore.
Il commercio globale, basato sui vantaggi comparati, non è una garanzia eterna di benessere. Funziona solo se ogni Paese continua a spostarsi verso attività più complesse e ad alto valore aggiunto. Questo vale in particolare per i Paesi avanzati come l’Italia, che non possono competere sui costi, ma devono competere su qualità, innovazione, design, tecnologia, know-how.
Quindi muoviamo il culo e non piangiamoci addosso.
Il dramma dell'Italia è questa mentalità ingessata da vecchi che vogliono vivere di rendita. Lo riconosci anche tu che non funziona in automatico, anzi.
Spostarsi in continuazione non è facile nè è sempre possibile, soprattutto se hai competitor ormai più avanzati tecnologicamente di te, con gap irrecuperabili o con altri vantaggi meno evidenti ma anche peggiori (aiuti pubblici nascosti - vedi dazi ue su auto cinesi, lavoratori schiavizzati, norme ambientali inesistenti, copyright inesistente, ecc.). E' quello che si è cercato di fare negli ultimi 30 anni, ma ormai la cina ci ha superati in tecnologia, know-how, ecc.
A noi italiani cosa resta su cui puntare, il design (che viene ricopiato selvaggiamente in Cina), e poi?
Spostarsi se sei costretto vuol dire scappare, ma non si può fuggire per sempre...
azi_muth
19-07-2025, 18:17
Tutto giusto in teoria, ma coma sempre tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare: il sistema funziona se c'è un certo equilibrio e se tutti giocano con le stesse regole, se qualcuno è nettamente più forte o bara (e sappiamo tutti chi bara...) il tavolo è truccato e vince uno solo alla fine.
Si detto questo, non ti puoi mettere a frignare in un angolo o prendere il pallone e andartene.
Non è un opzione, devi giocare meglio, devi essere più forte.
Per questo è importante far valere economicamente l'unione, per questo se andiamo da soli siamo perduti.
L'italia è una anomalia in europa, vero, ma l'europa tutta è una anomalia rispetto agli usa e cina? (crescita sì ma una frazione di quella Usa, avevo messo un grafico poco tempo fa).
Semplicemente è il vaso di coccio tra vasi di ferro, destinata a perdere fin dall'inizio, senza materie prime e con costi del lavoro e sociali (tassazione, welfare) alti, oltre al frazionamento (27 stati con lingue e gusti diversi) con tutte le sua conseguenze, e tante altre cose...
Non è possibile paragonare l'Europa alla Cina perchè si tratta di economie in fasi diverse con sistemi politici differenti.
Il paragone tra Usa ed Europa ha più senso ma anche qui vale sicuramente il discorso demografico, la più scarsa propensione all'innovazione, l'elevata regolamentazione, elevata tassazione, mercato del lavoro più flessibile, mercato dei capitali più sviluppato etc.
Ma detto questo ognuno deve giocare con le carte che ha. Ci sono paesi che anche in Europa hanno fortemente capitalizzato l'opportunità derivante dalla globalizzazione. Paesi come la Germania o i Paesi Bassi, ad esempio, hanno costruito un sistema economico altamente competitivo, focalizzandosi su settori avanzati come la tecnologia, l'industria 4.0 e l'automotive, riuscendo ad emergere come leader globali in alcuni settori.
Ma persino paesi come la Polonia o la Spagna hanno saputo capitalizzare meglio dell'Italia.
L'automotive va in crisi? Trovi qualcos'altro, nessun settore è eterno, per questo serve la ricerca l'innovazione.
Lo riconosci anche tu che non funziona in automatico, anzi.
Spostarsi in continuazione non è facile nè è sempre possibile, soprattutto se hai competitor ormai più avanzati tecnologicamente di te, con gap irrecuperabili o con altri vantaggi meno evidenti ma anche peggiori (aiuti pubblici nascosti - vedi dazi ue su auto cinesi, lavoratori schiavizzati, norme ambientali inesistenti, copyright inesistente, ecc.). E' quello che si è cercato di fare negli ultimi 30 anni, ma ormai la cina ci ha superati in tecnologia, know-how, ecc.
A noi italiani cosa resta su cui puntare, il design (che viene ricopiato selvaggiamente in Cina), e poi?
Spostarsi se sei costretto vuol dire scappare, ma non si può fuggire per sempre...
Infatti bisogna essere dinamici.
Il problema dell'Italia inizia dalla mentalità di rendita che rischia di bloccare l’Italia in un circolo vizioso.
Possiamo puntare il dito quanto vuoi alle scorrettezze degli altri, ma l'assoluto immobilismo italiano che sta rendendo sempre più difficile le cose.
Siamo passati dall'essere un paese che innovava a uno che pretende di vivere di rendita su glorie passate o sul turismo e si occupa più di come pensare a redistribuire la ricchezza piuttosto di come crearla.
Tedturb0
19-07-2025, 18:28
A pensare male si fa peccato ma..
Io dico che e' merce di scambio per aver accettato di aderire ad aukus.
Altrimenti gli USA non avrebbero mai concesso al giappone di sviluppare una tecnologia del genere.
Grossomodo come le bigtech che investono in Polonia invece che in qualsiasi altro paese europeo.
Risposta di qualche mese fa a mia candidatura: "For this position we are looking for specialists that can work from Poland, Romania or Ukraine". Chi ha orecchie per intendere..
azi_muth
19-07-2025, 18:35
Siamo noi occidentali che, dopo la nostre rivoluzioni economiche, tecnologiche ed industriali, dopo due conflitti mondiali contornati da altri regionali, abbiamo esportato determinati modelli credendo di metterci al centro dell'universo.
Abbiamo tentato di barattare il nostro modello di benessere con la pace e la libertà ( da chi? da cosa? ), ponendoci al centro di tutto ed invece il resto del mondo ci sta dicendo che vogliono il nostro potere.
La visione occidentale dell'ordine internazionale ha sempre fondato la sua forza sulla liberal democrazia e sull'idea che la cooperazione economica fosse la via per ridurre i conflitti. L'Occidente ha cercato di esportare il proprio modello, non solo come un sistema di governo, ma come un modello di sviluppo che avrebbe dovuto garantire la pace attraverso l'interdipendenza economica. L'idea centrale era quella di un gioco a somma positiva: invece di combattere per ottenere ciò che serve, le nazioni avrebbero dovuto commerciare e cooperare per il benessere reciproco.
Questo modello ha funzionato bene in contesti come l'Europa, che, dopo essere stata il continente della guerra per secoli, è diventata simbolo di pace e stabilità. La Unione Europea ha creato un'area in cui la competizione per risorse naturali e il conflitto tra nazioni sembrano ormai impensabili, proprio grazie all'interdipendenza che si è creata tra i suoi stati membri. Oggi, nell'UE, siamo di fatto in un contesto in cui la guerra per le risorse appare irrazionale, poiché siamo tutti legati da una rete economica che rende i conflitti militari controproducenti.
Tuttavia, altre potenze come la Cina, la Russia e l'India stanno sfidando questa visione. Stanno promuovendo un ordine basato sulla competizione geopolitica e sul potere autoritario, che si inserisce più in un gioco a somma negativa. In questo contesto, le risorse sono finite e i conflitti per il controllo delle stesse sono visti come parte della normale competizione. La Cina ad esempio, mentre sfrutta il commercio per guadagnare terreno, continua a perseguire strategie di dominio nelle infrastrutture globali e nel controllo delle tecnologie critiche, con la Belt and Road Initiative e altre mosse che aumentano la sua influenza senza fare affidamento sulla cooperazione pacifica.
Questi paesi non vedono la cooperazione economica come una priorità, ma piuttosto come un ostacolo alla loro dominio geopolitico. Per loro, l'ordine internazionale liberale è un sistema da minare, in quanto limita le loro possibilità di espandere l'influenza e il potere. La Cina ha costruito un modello economico e politico che privilegia il controllo delle risorse vitali e il rafforzamento della propria sovranità autoritaria, spingendo i propri interessi economici e geopolitici al di sopra della cooperazione internazionale.
E alla fine anche gli USA i Stati Uniti, hanno deciso di abbandonare il loro ruolo tradizionale di promotori della cooperazione globale e si sono tuffati, a loro volta, in un gioco geopolitico più competitivo e spesso unilaterale.
Tedturb0
19-07-2025, 18:36
Il peccato originale, è stato di un certo politico, che negli anni 60 ha letteralmente fermato Olivetti...
Ormai è storia
Chi sarebbe detto politico? calcolando che sia olivetti che il suo lead engineer sono stati assassinati, si sara' trattato del solito intermediario. Cossiga? Spadolini? Fanfani?
...
L'automotive va in crisi? Trovi qualcos'altro, nessun settore è eterno, per questo serve la ricerca l'innovazione.
.... Facile a dirsi, meno a farsi.
Dieci milioni di lavoratori dell'automotive e indotto cosa si inventano da un giorno all'altro? un ingegnere con 20 anni di esperienza nell'auto cosa fa nei prossimi 20 anni fino alla pensione? Gli operai tedeschi che costano più che in ogni altra parte del mondo cosa fanno?
Hai visto che Stellantis sta chiudendo qui per raddoppiare la produzione in marocco, Tavares addirittura voleva assumere ingegneri marocchini perchè costano meno, come rispondi se nemmeno studiando ingegneria ti salvi? con quale tecnologia, innovazione, ecc. se non trovi nemmeno un primo impiego?
Tutte belle parole, ma la realtà poi è diversa.
Per curiosità tu che lavoro fai e che formazione hai?
La visione occidentale dell'ordine internazionale ha sempre fondato la sua forza sulla liberal democrazia e sull'idea che la cooperazione economica fosse la via per ridurre i conflitti. L'Occidente ha cercato di esportare il proprio modello, non solo come un sistema di governo, ma come un modello di sviluppo che avrebbe dovuto garantire la pace attraverso l'interdipendenza economica. L'idea centrale era quella di un gioco a somma positiva: invece di combattere per ottenere ciò che serve, le nazioni avrebbero dovuto commerciare e cooperare per il benessere reciproco.
Questo modello ha funzionato bene in contesti come l'Europa, che, dopo essere stata il continente della guerra per secoli, è diventata simbolo di pace e stabilità. La Unione Europea ha creato un'area in cui la competizione per risorse naturali e il conflitto tra nazioni sembrano ormai impensabili, proprio grazie all'interdipendenza che si è creata tra i suoi stati membri. Oggi, nell'UE, siamo di fatto in un contesto in cui la guerra per le risorse appare irrazionale, poiché siamo tutti legati da una rete economica che rende i conflitti militari controproducenti.
Tuttavia, altre potenze come la Cina, la Russia e l'India stanno sfidando questa visione. Stanno promuovendo un ordine basato sulla competizione geopolitica e sul potere autoritario, che si inserisce più in un gioco a somma negativa. In questo contesto, le risorse sono finite e i conflitti per il controllo delle stesse sono visti come parte della normale competizione. La Cina ad esempio, mentre sfrutta il commercio per guadagnare terreno, continua a perseguire strategie di dominio nelle infrastrutture globali e nel controllo delle tecnologie critiche, con la Belt and Road Initiative e altre mosse che aumentano la sua influenza senza fare affidamento sulla cooperazione pacifica.
Questi paesi non vedono la cooperazione economica come una priorità, ma piuttosto come un ostacolo alla loro dominio geopolitico. Per loro, l'ordine internazionale liberale è un sistema da minare, in quanto limita le loro possibilità di espandere l'influenza e il potere. La Cina ha costruito un modello economico e politico che privilegia il controllo delle risorse vitali e il rafforzamento della propria sovranità autoritaria, spingendo i propri interessi economici e geopolitici al di sopra della cooperazione internazionale.
E alla fine anche gli USA i Stati Uniti, hanno deciso di abbandonare il loro ruolo tradizionale di promotori della cooperazione globale e si sono tuffati, a loro volta, in un gioco geopolitico più competitivo e spesso unilaterale. ...e l'europa resta sola col cerino in mano a cantarsi la favola della buona notte.
Quindi alla fine cade tutto il castello di carte e belle speranze, e tutte le belle teorie dei vantaggi comparati ecc, perchè nessuno gioca più allo stesso tavolo, anzi cerca di approfittare dei suoi vantaggi a scapito degli altri (altro che comparati).
L'ideologia è bella finchè va tutto bene e puoi permettertela, ci eravamo illusi che funzionasse, ma adesso ci siamo svegliati bruscamente. Di fatto è quello che stai dicendo anche tu.
azi_muth
19-07-2025, 19:38
Facile a dirsi, meno a farsi.
Dieci milioni di lavoratori dell'automotive e indotto cosa si inventano da un giorno all'altro? un ingegnere con 20 anni di esperienza nell'auto cosa fa nei prossimi 20 anni fino alla pensione? Gli operai tedeschi che costano più che in ogni altra parte del mondo cosa fanno?
Hai visto che Stellantis sta chiudendo qui per raddoppiare la produzione in marocco, Tavares addirittura voleva assumere ingegneri marocchini perchè costano meno, come rispondi se nemmeno studiando ingegneria ti salvi? con quale tecnologia, innovazione, ecc. se non trovi nemmeno un primo impiego?
Tutte belle parole, ma la realtà poi è diversa.
Si lo so è difficile, ma è non impossibile in un mercato dinamico.
Gli esuberi dell'automotive stanno andando nei settori aereospazio e difesa, ma ce ne sono tanti altri.
In Italia le difficoltà sono dovute alle condizioni asfittiche del mercato del lavoro italiano e delle'economia che ormai è impantanata su un modello di rendita.
Siamo nella situazione di un cane che si morde la coda.
O si crea un mercato dinamico e innovativo che crea valore e dinamico o muori lentemente in una decrescita infinita passando da n lavoro di mxrda a un altro.
Per questo ti serve l'innovazione e per questo ti servono nuovi settori.
Non ho capito quale sarebbe l'alternativa.
Per curiosità tu che lavoro fai e che formazione hai?
Nei forum non ne parlo. Giudicatemi per quello che dico.
...e l'europa resta sola col cerino in mano a cantarsi la favola della buona notte.
Quindi alla fine cade tutto il castello di carte e belle speranze, e tutte le belle teorie dei vantaggi comparati ecc, perchè nessuno gioca più allo stesso tavolo, anzi cerca di approfittare dei suoi vantaggi a scapito degli altri (altro che comparati).
L'ideologia è bella finchè va tutto bene e puoi permettertela, ci eravamo illusi che funzionasse, ma adesso ci siamo svegliati bruscamente. Di fatto è quello che stai dicendo.
Tu sei quello che denuncia i fake ma qui sono io a dirti che non c'è nessuna ideologia.
Il vantaggio comparato è proprio la base della macroeconomia è un principio che si basa su osservazioni empiriche anche abbastanza ovvie. L'idea che ogni paese o individuo dovrebbe concentrarsi su ciò che sa fare meglio, e quindi commerciare con altri per ottenere ciò che non produce in modo da produrre maggiori quantità dei singoli prodotti a un costo più basso non è esattamente una roba sofisticata.
E' un po' come dire a chi ti dice che i fulmini sono creati dall'energia elettrostatica che ideologia o peggio blasfemia perchè è Zeus che scaglia i fulmini. Siamo un po' allo stesso livello.
Che poi a livello microeconomico, lo stesso principio si applica perfettamente. Ognuno di noi, come singolo agente economico, si specializza in un'attività che sa fare meglio, che ci permetta di ottenere i migliori risultati con il minimo sforzo o costo. Poi, per soddisfare i propri bisogni, scambia ciò che produce con quello che gli altri producono. È il cuore del mercato: specializzazione e scambio.
Detto questo nel comercio internazionale ci sono sicuramente delle distorsioni, ma non ne mettono in discussione la sostanza o la validità complessiva della teoria e sono inevitabili perchè non esiste una autorità sovrana capace d'imporre ad altri stati le regole e perchè la redistribuzione dei vantaggi non è mai omogenea...in nessun sistema.
Ma anche per questo sono ammesse anche dal WTO alcune ritorsioni come i dazi, ma la portata alla fine è sempre molto limitata perchè i vantaggi pur con tutti i difetti sono stati sempre abbastanza grandi per tutti.
Prima dell'elettrificazione la Cina era un mercato importantissimo per la Germania e anche noi ne abbiamo beneficiato anche se solo inmodo indiretto perchè non abbiamo la struttura industriale tedesca.
Gringo [ITF]
19-07-2025, 23:39
Domanda ma in USA wafer prodotti ed in uso regolare a che punto siamo...
14nm ++++++++ poi 10nm ..... ed il VUOTO COSMICO....
perchè di A20 e A18 per ora e solo carta.... e qualche wafer di prova.
....e a A14 ne parliamo nel 2028... forse...
Tutto il resto e TSMC .... tra poco pure i russi li superano in casa....
Huawei sono a 7nm (kirin 9000s) e migreranno a 5nm nel fine 2026 a 3nm....
....un assaltino a Taiwan e Usa resta al giro di boa dei 10nm......che scaldano pure.
Andrea Zanier
20-07-2025, 07:38
Complimenti a questi Giapponesi, se c'è un popolo impegnato che se si prefigge un obiettivo lo può raggiungere sono loro. Per noi Italiani questo sarebbe stato semplicissimo impossibile, a noi manca completamente impegno, serietà, dedizione al lavoro, valori ormai scomparsi.
Non che il nostro modello non dia soddisfazioni a livello di vita sociale ma sicuramente non primegeremmo più nei settori dove l'impegno lavorativo richiesto è altissimo.
Il detto "pizza e mandolino" direi che ci rappresenta sempre di più.
Si lo so è difficile, ma è non impossibile in un mercato dinamico.
Gli esuberi dell'automotive stanno andando nei settori aereospazio e difesa, ma ce ne sono tanti altri.
In Italia le difficoltà sono dovute alle condizioni asfittiche del mercato del lavoro italiano e delle'economia che ormai è impantanata su un modello di rendita.
Siamo nella situazione di un cane che si morde la coda.
O si crea un mercato dinamico e innovativo che crea valore e dinamico o muori lentemente in una decrescita infinita passando da n lavoro di mxrda a un altro.
Per questo ti serve l'innovazione e per questo ti servono nuovi settori.
Non ho capito quale sarebbe l'alternativa. Beh il settore difesa non è certo nuovo, in questo momento avrà una crescita dovuta alla coincidenza della guerra e del disimpegno Usa, ma è appunto un caso "fortunato", altrimenti le grandi potenze ci asfaltano nel settore, vedi i patriot che compriamo dagli usa per darli all'ucraina (suppongo non ci sia niente di simile europeo altrimenti gli daremmo quello).
L'alternativa, non per scelta, è quella che dici, decrescita felice come auspicano alcuni, meno felice per gli altri. Di fatto è quello a cui si prepara l'europa: nell'ultimo ventennio è cresciuta pochissimo, ricorderai i 10 anni a tassi d'interesse zero o anche sotto zero, poi col covid il debito pubblico è esploso a livelli "italiani" e andrà ripagato, in pratica l'europa ora è nella situazione in cui era l'italia 30 anni fa, e sappiamo come è andata...
Anche il caso giapponese insegna, il famoso "decennio perso" di cui si parlava ai tempi della crisi immobiliare (debito alto perciò tasse alte che soffocano l'economia), era solo un decennio ai tempi, ora credo sia ben di più.
Nei forum non ne parlo. Giudicatemi per quello che dico.
Non era per giudicarti, anche se nel contesto in effetti c'entrava, ma perchè hai una buona cultura economica e non solo, nettamente superiore alla media da forum e anche fuori forum. Anche se forse un po troppo teorica e poco pratica.. imo.
Tu sei quello che denuncia i fake ma qui sono io a dirti che non c'è nessuna ideologia. Sono stato poco chiaro, ideologia intendevo la parte sulla cooperazione economica e la forza della liberal democrazia ecc.. forza più morale che altro, vista oggi. E pure la cooperazione è tornata competizione all'arma bianca (per ora...), se mai è stata vera cooperazione e non opportunismo dietro la facciata di sorrisi e strette di mano...
Qualcuno riportava questa frase di un imprenditore occidentale: "quando fai affari coi cinesi si inizia sempre con grandi sorrisi, ma si finisce... (a 90)" :D
Il vantaggio comparato è proprio la base della macroeconomia è un principio che si basa su osservazioni empiriche anche abbastanza ovvie. L'idea che ogni paese o individuo dovrebbe concentrarsi su ciò che sa fare meglio, e quindi commerciare con altri per ottenere ciò che non produce in modo da produrre maggiori quantità dei singoli prodotti a un costo più basso non è esattamente una roba sofisticata.
E' un po' come dire a chi ti dice che i fulmini sono creati dall'energia elettrostatica che ideologia o peggio blasfemia perchè è Zeus che scaglia i fulmini. Siamo un po' allo stesso livello.
Che poi a livello microeconomico, lo stesso principio si applica perfettamente. Ognuno di noi, come singolo agente economico, si specializza in un'attività che sa fare meglio, che ci permetta di ottenere i migliori risultati con il minimo sforzo o costo. Poi, per soddisfare i propri bisogni, scambia ciò che produce con quello che gli altri producono. È il cuore del mercato: specializzazione e scambio. la specializzazione certo che è la base dell'economia, fin da quando l'uomo preistorico da cacciatore nomade è diventato sedentario, allora le persone si specializzarono in allevatori, agricoltori e artigiani ulteriormente specializzati (maniscalco, armaiolo, ecc).
Ma come dici tu nel commercio internazionale...
Detto questo nel comercio internazionale ci sono sicuramente delle distorsioni, ma non ne mettono in discussione la sostanza o la validità complessiva della teoria e sono inevitabili perchè non esiste una autorità sovrana capace d'imporre ad altri stati le regole e perchè la redistribuzione dei vantaggi non è mai omogenea...in nessun sistema.
Ma anche per questo sono ammesse anche dal WTO alcune ritorsioni come i dazi, ma la portata alla fine è sempre molto limitata perchè i vantaggi pur con tutti i difetti sono stati sempre abbastanza grandi per tutti.
Prima dell'elettrificazione la Cina era un mercato importantissimo per la Germania e anche noi ne abbiamo beneficiato anche se solo inmodo indiretto perchè non abbiamo la struttura industriale tedesca. Il protezionismo non si attua solo con i dazi, ci sono molti modi, palesi e meno palesi, ti faccio solo qualche esempio:
- in italia fino agli anni 80 circa c'era il contingentamento delle importazioni di auto jap (per favorire la fiat) https://it.quora.com/Perch%C3%A9-decenni-fa-le-auto-giapponesi-non-cerano-in-Italia
- in giappone le dogane trattenevano le merci per lunghissimo tempo senza vere motivazioni (burocrazia, ispezioni solo per perdere tempo,...), solo come ostacolo non dichiarato alle importazioni
- in cina non ne parliamo nemmeno di quante porcate hanno fatto e continuano a fare, ma c'era proprio questa settimana la news che il governo ha bloccato l'esportazione di tecnologia per le batterie, mentre a tutte le fabbriche occidentali che aprivano chiedeva il trasferimento di tecnologia e know-how.
Sulle terre rare invece ricatta il mondo da anni, anche gli usa hanno dovuto cedere sui dazi.
ecc...
Ora le esportazioni di auto tedesche in cina sono crollate all'improvviso (non solo quelle elettriche), come recuperano, vendendogli "difesa e aerospace"? non credo proprio...
AlexSwitch
20-07-2025, 08:27
La visione occidentale dell'ordine internazionale ha sempre fondato la sua forza sulla liberal democrazia e sull'idea che la cooperazione economica fosse la via per ridurre i conflitti. L'Occidente ha cercato di esportare il proprio modello, non solo come un sistema di governo, ma come un modello di sviluppo che avrebbe dovuto garantire la pace attraverso l'interdipendenza economica. L'idea centrale era quella di un gioco a somma positiva: invece di combattere per ottenere ciò che serve, le nazioni avrebbero dovuto commerciare e cooperare per il benessere reciproco.
Questo modello ha funzionato bene in contesti come l'Europa, che, dopo essere stata il continente della guerra per secoli, è diventata simbolo di pace e stabilità. La Unione Europea ha creato un'area in cui la competizione per risorse naturali e il conflitto tra nazioni sembrano ormai impensabili, proprio grazie all'interdipendenza che si è creata tra i suoi stati membri. Oggi, nell'UE, siamo di fatto in un contesto in cui la guerra per le risorse appare irrazionale, poiché siamo tutti legati da una rete economica che rende i conflitti militari controproducenti.
Tuttavia, altre potenze come la Cina, la Russia e l'India stanno sfidando questa visione. Stanno promuovendo un ordine basato sulla competizione geopolitica e sul potere autoritario, che si inserisce più in un gioco a somma negativa. In questo contesto, le risorse sono finite e i conflitti per il controllo delle stesse sono visti come parte della normale competizione. La Cina ad esempio, mentre sfrutta il commercio per guadagnare terreno, continua a perseguire strategie di dominio nelle infrastrutture globali e nel controllo delle tecnologie critiche, con la Belt and Road Initiative e altre mosse che aumentano la sua influenza senza fare affidamento sulla cooperazione pacifica.
Questi paesi non vedono la cooperazione economica come una priorità, ma piuttosto come un ostacolo alla loro dominio geopolitico. Per loro, l'ordine internazionale liberale è un sistema da minare, in quanto limita le loro possibilità di espandere l'influenza e il potere. La Cina ha costruito un modello economico e politico che privilegia il controllo delle risorse vitali e il rafforzamento della propria sovranità autoritaria, spingendo i propri interessi economici e geopolitici al di sopra della cooperazione internazionale.
E alla fine anche gli USA i Stati Uniti, hanno deciso di abbandonare il loro ruolo tradizionale di promotori della cooperazione globale e si sono tuffati, a loro volta, in un gioco geopolitico più competitivo e spesso unilaterale.
Sostanzialmente abbiamo espresso concetti uguali ma con parole diverse.
La mia critica al modello occidentale è che non tiene conto della visione del mondo, in senso largo ed onnicomprensivo, degli altri. Abbiamo pensato, e pensiamo ancora, che la nostra cultura esportata, i nostri modelli di vita, i nostri valori, siano perfettamente sostituibili ma non è così.
La Cina di oggi, erede diretta della Cina di Mao, ha le sue fondamenta culturali e sociali in quella dell'impero millenario da cui trae la sua visione del mondo. Pensiamoci bene: quand'è che la società cinese ha conosciuto ( Taiwan a parte dopo la IIGM ) la democrazia per come la concepiamo noi o assimilabile? Mai!!
Prima c'era l'Imperatore e la sua amministrazione ed il sistema delle caste; poi la rivoluzione maoista ha sostituito l'imperatore con il partito unico, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Per i la Cina l'economia è potenza da estendere, come hai giustamente scritto, proiettare e modulare nei confronti del mondo, non il benessere. Anzi, per meglio scrivere, il benessere del singolo, una volta garantita la tradizionale ciotola di riso a tutti quindi alla società, è un elemento " secondario ", la conseguenza della potere reale raggiunto dallo Stato. Questo è il loro approccio " millenario " al mondo.
azi_muth
20-07-2025, 13:47
Beh il settore difesa non è certo nuovo, in questo momento avrà una crescita dovuta alla coincidenza della guerra e del disimpegno Usa, ma è appunto un caso "fortunato", altrimenti le grandi potenze ci asfaltano nel settore, vedi i patriot che compriamo dagli usa per darli all'ucraina (suppongo non ci sia niente di simile europeo altrimenti gli daremmo quello).
L'alternativa, non per scelta, è quella che dici, decrescita felice come auspicano alcuni, meno felice per gli altri. Di fatto è quello a cui si prepara l'europa: nell'ultimo ventennio è cresciuta pochissimo, ricorderai i 10 anni a tassi d'interesse zero o anche sotto zero, poi col covid il debito pubblico è esploso a livelli "italiani" e andrà ripagato, in pratica l'europa ora è nella situazione in cui era l'italia 30 anni fa, e sappiamo come è andata...
Anche il caso giapponese insegna, il famoso "decennio perso" di cui si parlava ai tempi della crisi immobiliare (debito alto perciò tasse alte che soffocano l'economia), era solo un decennio ai tempi, ora credo sia ben di più.
La decrescita felice è una balla, non c'è felicità nella decrescita o nella non crescita.
30 anni di non crescita italiana dovrebbero aver insegnato qualcosa al riguardo.
Il problema è che gli italiani non hanno nozioni base di economia.
Senza crescita è con il nostro debito si balla sul precipizio di una crisi fiscale con conseguente collasso dei sistemi pensionistici e sanitari.
Seriamente qualcuno pensa di riorgarnizzare la società al punto da convincere la gente a ridurre i propri consumi magari in funzione di quello che gli dice lo stato?
Mi ricorda qualcosa...e non se la passavano bene.
Non c'è una alternativa alla crescita economica, la cosa incredibile in questo paese che nessuno si pone il problema.
Di sistemi antiaerea ne abbiamo anche in Europa tipo i SAMP-T italo francesi, ma non ne abbiamo a sufficienza e le industrie non sono ancora pronte a scalare la produzione, quindi per ora ci rivolgiamo agli USA che anche loro hanno quantità limitata di intercettori anche se più di noi.
Sono stato poco chiaro, ideologia intendevo la parte sulla cooperazione economica e la forza della liberal democrazia ecc.. forza più morale che altro, vista oggi. E pure la cooperazione è tornata competizione all'arma bianca (per ora...), se mai è stata vera cooperazione e non opportunismo dietro la facciata di sorrisi e strette di mano...
Guarda che sei tu a leggere in chiave moralistica qualcosa che è invece profondamente utilitaristica. La cooperazione economica non si fonda sul 'volemose bene' o sulla bontà dell’animo umano, ma su un calcolo molto concreto: conviene. È meno costoso comprare semiconduttori da Taiwan in cambio di beni che abbiamo in surplus, come le patate, piuttosto che progettare un’invasione, sostenere una guerra e poi gestire un’occupazione.
In questo senso, il commercio sostituisce la guerra: è un gioco a somma positiva, dove entrambe le parti ottengono ciò che vogliono senza dover annientare l'altro.
Il paradosso soprattutto per chi, viene da una tradizione cattolica o di sinistra, è che il puro interesse egoistico può produrre pace e stabilità. Non perché siamo buoni, ma perché ci conviene esserlo. È un sistema in cui la razionalità economica tiene a bada gli istinti distruttivi.
Certo, questo equilibrio non è eterno né perfetto, e può saltare quando la convenienza economica viene percepita come subordinata ad altre logiche (potere, sicurezza, status). Ma questo non invalida il principio: finché gli Stati fanno i conti, la pace è più probabile. Quando smettono di farli, allora sì che arriva la violenza.
Qualcuno riportava questa frase di un imprenditore occidentale: "quando fai affari coi cinesi si inizia sempre con grandi sorrisi, ma si finisce... (a 90)" :D
Per quello che puo' valere...ho lavorato con i cinesi e so bene come funzionano certe dinamiche. Il sorriso, ad esempio, non ha lo stesso significato che ha da noi. In Cina si sorride spesso per imbarazzo, per salvare la faccia, non per simpatia o cortesia. Quindi leggere questi gesti con la nostra chiave culturale occidentale è un errore di prospettiva.
Ma è lo stesso problema quando molti occidentali si mettono a fare affari con culture differenti: la cooperazione economica non si basa sulla sincerità emotiva, e nemmeno sulla fiducia nel senso umano del termine. Si basa sulla prevedibilità degli interessi e delle situazioni questo con i cinesi puo' essere difficoltoso nella prospettiva di un occidentale, per le differenze culturali ma ancheperchè sono negoziatori tosti e possono ribaltare il tavolo più quanto non avvenga da noi. Insomma devi essere pronto a tutto, ma questo non significa che alla fine non sia conveniente.
la specializzazione certo che è la base dell'economia, fin da quando l'uomo preistorico da cacciatore nomade è diventato sedentario, allora le persone si specializzarono in allevatori, agricoltori e artigiani ulteriormente specializzati (maniscalco, armaiolo, ecc).
Ma come dici tu nel commercio internazionale...
Il protezionismo non si attua solo con i dazi, ci sono molti modi, palesi e meno palesi, ti faccio solo qualche esempio:
- in italia fino agli anni 80 circa c'era il contingentamento delle importazioni di auto jap (per favorire la fiat) https://it.quora.com/Perch%C3%A9-decenni-fa-le-auto-giapponesi-non-cerano-in-Italia
- in giappone le dogane trattenevano le merci per lunghissimo tempo senza vere motivazioni (burocrazia, ispezioni solo per perdere tempo,...), solo come ostacolo non dichiarato alle importazioni
- in cina non ne parliamo nemmeno di quante porcate hanno fatto e continuano a fare, ma c'era proprio questa settimana la news che il governo ha bloccato l'esportazione di tecnologia per le batterie, mentre a tutte le fabbriche occidentali che aprivano chiedeva il trasferimento di tecnologia e know-how.
Sulle terre rare invece ricatta il mondo da anni, anche gli usa hanno dovuto cedere sui dazi.
ecc...
Nel commercio mondiale ci sono grandi squilibri perché molti Paesi adottano politiche mercantiliste che ostacolano un mercato globale realmente libero e funzionante.
La Cina è uno di questi ma non è sola. Anche in Europa esiste un protezionismo “soft”: Germania, Paesi Bassi e Svezia mostrano grandi surplus commerciali. Anche l'Italia è un paese che persegue strutturamente un avanzo commerciale che è arrivato nel 2024 alla bella cifra di 54 Mld.
Quando un avanzo è persistente e molto elevato, non è il risultato di una “bravura” particolare, ma di uno squilibrio: quel paese produce più di quanto consuma e investe internamente. In altre parole, accumula risparmio in eccesso e lo esporta all’estero, costringendo altri paesi ad assorbire quel surplus, spesso indebitandosi, riducendo la produzione interna o aumentando la disoccupazione.
Questo surplus non nasce solo da una maggiore competitività, ma anche da una domanda interna cronicamente debole, dovuta a politiche fiscali restrittive, stagnazione salariale e bassa propensione al consumo.
E' una dinamica ha contribuito a creare squilibri globali. Se ogni paese cerca di ottenere un avanzo, allora qualcuno deve necessariamente andare in deficit. Ma i deficit non possono crescere all’infinito: provocano instabilità, indebitamento e crisi.
Quando i Paesi con surplus accumulano risparmi, spesso li investono in economie avanzate come gli Stati Uniti, che hanno grandi deficit e finanziano i consumi con capitali esteri, mantenendo così gli squilibri globali. La soluzione migliore sarebbe che i Paesi con surplus aumentassero gli investimenti interni in innovazione e crescita dei salari, per bilanciare domanda e offerta internamente e ridurre gli squilibri.
L’Italia è diversa: il suo avanzo commerciale non deriva da maggior produttività, ma da domanda interna debole e basso investimento.
Qui la competitività si basa più sulla stagnazione dei salari che su efficienza produttiva, per questo rimangono bassi.
Il surplus commerciale da noi è una necessità per finanziare una spesa pubblica alta e in parte improduttiva (debito, pensioni, sanità), il che frena la domanda interna e perpetua un circolo vizioso di bassa crescita e squilibri interni ed esterni.
E' meccanismo che ha un costo: limita la domanda interna e, in molti casi, frena i consumi e gli investimenti produttivi.
Così facendo, si rafforzano gli squilibri interni ed esterni, si aumenta la pressione sul sistema economico e sociale, e si perpetua un circolo vizioso di bassa crescita.
Ma da noi si sa la strategia è solo quella di tirare avanti e funzionerà finchè non inciampiamo seriamente.
Poi esistono anche le cosiddette norme non tariffarie, spesso presentate come misure per tutelare la qualità, l’ambiente o la sicurezza, ma che viste dall'esterno di fatto fungono da barriere commerciali. Regole rigide su etichettature, standard fitosanitari o regolamenti ambientali, come il CBAM, penalizzano i prodotti extra-UE, proteggendo di fatto il mercato interno europeo.
Nella situazione attuale ancora non si riesce a firmare l'accordo con il Mercosur (che nella sitazione attuale, con i mercati USA che si chiudono per i dazi, servirebbe moltissimo per aprire nuovi mercati) perchè dobbiamo proteggere qualche agricoltore francese e italiano.
Quindi forse il problema non è tanto che la teoria del vantaggi comparati sia teoria, ma il fatto che forse il mercato globale non è poi così libero e questi squilibri poi hanno effetti nefasti. Perchè comunque pur con tutti i limiti la teoria funziona e ha funzionato.
Ora le esportazioni di auto tedesche in cina sono crollate all'improvviso (non solo quelle elettriche), come recuperano, vendendogli "difesa e aerospace"? non credo proprio...
Le imprese non possono vivere di rendita né contare su mercati garantiti. Non sono lavoratori con un contratto a tempo indeterminato: il loro vantaggio competitivo è sempre temporaneo, e oggi lo è più che mai. Tecnologia, scelte geopolitiche e cambiamenti nei gusti dei consumatori possono trasformare in pochi anni un settore florido in un mercato in declino o addirittura in trappola. È la normalità.
In Italia si fatica ancora a riconoscere questa realtà. L’adattamento continuo, la ricerca di nuovi mercati e nuove opportunità dovrebbero far parte della cultura imprenditoriale, ma spesso mancano. Mentre altrove l’innovazione e la riconversione sono viste come una necessità costante, in Italia troppo spesso si resta ancorati a modelli del passato, aspettando tutele o protezioni che non possono più essere garantite.
Max Power
20-07-2025, 14:02
aspettando tutele o protezioni che non possono più essere garantite.
Tanta bella filosofia accademica.
La realtà è l'esatto opposto: strategie politiche (di chi se lo può permettere),che pompano denaro senza limiti dove ritengono sia opportuno. Alterando completamente il mercato. Gli imprenditori "concorrenti" non posso farci nulla.
azi_muth
20-07-2025, 14:15
Tanta bella filosofia accademica.
La realtà è l'esatto opposto: strategie politiche (di chi se lo può permettere),che pompano denaro senza limiti dove ritengono sia opportuno. Alterando completamente il mercato. Gli imprenditori "concorrenti" non posso farci nulla.
Non fai che confermare quanto ho scritto.
Molte imprese cercano la crescita per decreto e non sul mercato.
E' proprio il discorso sulle tutele e protezioni che non possono essere più garantite.
azi_muth
20-07-2025, 14:32
Sostanzialmente abbiamo espresso concetti uguali ma con parole diverse.
La mia critica al modello occidentale è che non tiene conto della visione del mondo, in senso largo ed onnicomprensivo, degli altri. Abbiamo pensato, e pensiamo ancora, che la nostra cultura esportata, i nostri modelli di vita, i nostri valori, siano perfettamente sostituibili ma non è così.
Vabbè ma questo dipendeva dal fatto che veniamo da un periodo in cui l'occidente aveva vinto la guerra fredda e non si vedevano gli ostacoli. Il buon Fukuyama ci aveva spiegato che eravamo arrivati alla fine della storia e si pensava in una euforia ottimistica che il modello liberale la democrazia si sarebbero diffuso senza freni urbi et orbi grazie all'unipolarismo USA.
Ma è stato l'inizio di una nuova storia probabilmnete ancore più complessa di quella che l'aveva preceduta.
la decrescita felice era ironica, un'idea eco-radicl-chic adatta a chi ha soldi in abbondanza, proponila agli operai che faticano ad arrivare a fine mese o ai precari/disoccupati e vedi che fine fa...:D
tralascio il resto dei pipponi, ormai inutili:
La visione occidentale dell'ordine internazionale ha sempre fondato la sua forza sulla liberal democrazia e sull'idea che la cooperazione economica fosse la via per ridurre i conflitti. L'Occidente ha cercato di esportare il proprio modello, non solo come un sistema di governo, ma come un modello di sviluppo che avrebbe dovuto garantire la pace attraverso l'interdipendenza economica. L'idea centrale era quella di un gioco a somma positiva: invece di combattere per ottenere ciò che serve, le nazioni avrebbero dovuto commerciare e cooperare per il benessere reciproco.
Questo modello ha funzionato bene in contesti come l'Europa, che, dopo essere stata il continente della guerra per secoli, è diventata simbolo di pace e stabilità. ....
Tuttavia, altre potenze come la Cina, la Russia e l'India stanno sfidando questa visione. ...
Vabbè ma questo dipendeva dal fatto che veniamo da un periodo in cui l'occidente aveva vinto la guerra fredda e non si vedevano gli ostacoli. Il buon Fukuyama ci aveva spiegato che eravamo arrivati alla fine della storia e si pensava in una euforia ottimistica che il modello liberale la democrazia si sarebbero diffuso senza freni urbi et orbi grazie all'unipolarismo USA.
Ma è stato l'inizio di una nuova storia probabilmnete ancore più complessa di quella che l'aveva preceduta. Chiamiamola "visione" o ideologia o utopia o "euforia ottimistica" o come vuoi tu, riconosci tu stesso che ha fallito.
Non per forza perchè sbagliata, ma le teorie restano valide a certe condizioni, se vengono a mancare quelle falliscono.
Come il teorema di Pitagora, è corretto finchè il triangolo è rettangolo, se si "storta" non funziona più...
azi_muth
20-07-2025, 20:42
la decrescita felice era ironica, un'idea eco-radicl-chic adatta a chi ha soldi in abbondanza, proponila agli operai che faticano ad arrivare a fine mese o ai precari/disoccupati e vedi che fine fa...:D
Infatti, ma non ho capito quale fosse la tua alternativa seria
tralascio il resto dei pipponi, ormai inutili:
Non ho capito a quali "pipponi" ti riferisca
Chiamiamola "visione" o ideologia o utopia o "euforia ottimistica" o come vuoi tu, riconosci tu stesso che ha fallito.
Non per forza perchè sbagliata, ma le teorie restano valide a certe condizioni, se vengono a mancare quelle falliscono.
Come il teorema di Pitagora, è corretto finchè il triangolo è rettangolo, se si "storta" non funziona più...
Beh aspetta un attimo l' ottimismo era nel fatto che regimi come Russia e Cina avrebbero abbracciato l'economia di mercato e i sistemi democratici. Ma per quanto ci riguarda noi dentro a quel sistema ci viviamo dentro e funziona ancora.
Infatti, ma non ho capito quale fosse la tua alternativa seria non c'era. :D
"Siamo spacciati, moriremo tutti!!!" (cit.) :D
Beh aspetta un attimo l' ottimismo era nel fatto che regimi come Russia e Cina avrebbero abbracciato l'economia di mercato e i sistemi democratici. Ma per quanto ci riguarda noi dentro a quel sistema ci viviamo dentro e funziona ancora. Esatto, finchè resti dentro al triangolo rettangolo (noi/europa/occidente), ma quando esci...
maxsin72
21-07-2025, 00:37
Ma speriamo, ci vorrebbe un po' di sana concorrenza sul mercato.
azi_muth
21-07-2025, 11:48
non c'era. :D
"Siamo spacciati, moriremo tutti!!!" (cit.) :D
Ah ecco...forse è meglio la mia di soluzione...
:D :D :D
Esatto, finchè resti dentro al triangolo rettangolo (noi/europa/occidente), ma quando esci...
Ma anche quando esci.
Il discorso che è fallito ( che poi bisogan vedere sul lungo periodo...la gente che ha soldi in tasca e tempoper pensare di solito vuole far sentire le proprie opiniono...) è quello geopolitico,purtoppo perchè consegna un mondo molto meno sicuro, non quello economico.
Quando compriamo un trapano elettrico a 20€ invece che a 100€, stiamo beneficiando concretamente del commercio globale. Quegli 80€ risparmiati non sono solo uno sconto: sono reddito reale che può essere usato per altri consumi, magari locali, per servizi o per risparmiare. Questo è il vantaggio comparato in azione.
È vero che importare beni a basso costo può creare problemi ai produttori nazionali. Ma rispondere con dazi o barriere commerciali significa, nella maggior parte dei casi, colpire i consumatori, in particolare quelli a basso reddito e alimentare l’inflazione. In più, molte imprese italiane ed europee dipendono da componenti, materiali e macchinari prodotti in Asia. Rendere più costoso l’accesso a queste risorse vuol dire indebolire la loro competitività globale.
C’è poi un punto che spesso viene ignorato: anche se la teoria classica del commercio considera i sussidi e gli incentivi pubblici come distorsioni del mercato, ostacoli al corretto funzionamento dei meccanismi di specializzazione, nella realtà questi strumenti sono ampiamente utilizzati anche in Europa, da decenni. Basti pensare alla PAC, la Politica Agricola Comune, che mobilita ogni anno miliardi di euro per sostenere un settore che ha un peso economico relativamente basso ma forte rilevanza politica e sociale.
La verità è che i sussidi non sono il problema in sé. La questione è come vengono usati. La Cina, ad esempio, li impiega in modo strategico per sviluppare settori ad altissimo potenziale: rinnovabili, auto elettriche, semiconduttori, batterie. In pratica, sono loro che ti "pagano" in modo da essere in grado di sviluppare prodotti industriali pensati per conquistare il futuro. Noi, invece, sovvenzioniamo spesso settori a bassa produttività, come l'agricoltura, con scarsi effetti moltiplicativi, più per motivi elettorali che industriali.
Siamo anche noi a giocare male il gioco che abbiamo inventato.
Ma qual'è la soluzione? I dazi alla Trump? Dazi temporanei possono ridurre alcuni squilibri, tipo quello degli avanzi commerciali costringendo i paesi che li praticano a riversare parte del tesoretto accumulato per stimolare il mercato interno. Si spera che questo avvenga per la Cina ma sul lungo periodo chiudersi al mondo non è la soluzione.
Perchè alla lunga danneggia anche i propri cittadini.
Serve una strategia basata su innovazione, ricerca e formazione. Non parlo solo di efficienza. Innovare significa anche immaginare e costruire nuovi prodotti, nuove tecnologie, nuove soluzioni. Le aziende che smettono di trasformarsi muoiono. FIAT è un esempio molto concreto di cosa succede quando si rinuncia a innovare, a rischiare, a investire. Di fatto, chi ha saputo sfruttarlo per costruire capacità produttive e industriali oggi è più competitivo. Chi invece ha continuato a difendere rendite e comparti in declino, resta indietro.
I paesi emergenti continueranno a usare le leve che hanno: manodopera a basso costo, scala produttiva, accesso alle risorse. Noi possiamo rispondere solo con ciò che ci rende unici: capacità tecnologica, qualità, progettazione, creatività industriale.
Il problema è che l’Italia, invece di correre, continua a galleggiare. La spesa pubblica è concentrata su spesa corrente, l’investimento in ricerca e istruzione è basso e spesso disperso in microprogetti improduttivi o clientelari. Sogniamo di vivere di turismo e di lusso, ma nessuna economia avanzata può sopravvivere vendendo solo il proprio passato..
Scusa il pippone, come lo chiami tu, ma putroppo sono argomenti che hanno una certa complessità e non possono essere riassunti in centinaio di caratteri e con slogan di vario tipo.
La situazione che descrivi, ossia la delocalizzazione produttiva e il ruolo degli “intermediari”, è una conseguenza diretta di una dinamica prevista e ampiamente studiata nella teoria economica: quella dei vantaggi comparati. Ogni paese si specializza in ciò che sa fare meglio o a minor costo, e attraverso lo scambio internazionale, l’output complessivo e il benessere globale aumentano.
Vero. Ma è vero fin tanto che si continua ad andare tutti d'accordo.
Quando non si dovesse più andare tutti d'amore e d'accordo, quegli stati che per un motivo o per un altro (fossero anche soltanto coincidenze) si sono specializzati nel produrre "cose più utili agli apparati militari" avranno un vantaggio sugli altri ex amici.
Per questo un certo livello di inefficienza è accettabile: se uno stato (o un macro stato come l'UE) valuta che gli manca una produzione autonoma minina nel campo delle "cose più utili agli apparati militari" può benissimo incentivare tali settori ecnomici anche se in altre parti del mondo li sanno fare meglio.
azi_muth
21-07-2025, 14:59
Vero. Ma è vero fin tanto che si continua ad andare tutti d'accordo.
Quando non si dovesse più andare tutti d'amore e d'accordo, quegli stati che per un motivo o per un altro (fossero anche soltanto coincidenze) si sono specializzati nel produrre "cose più utili agli apparati militari" avranno un vantaggio sugli altri ex amici.
Per questo un certo livello di inefficienza è accettabile: se uno stato (o un macro stato come l'UE) valuta che gli manca una produzione autonoma minina nel campo delle "cose più utili agli apparati militari" può benissimo incentivare tali settori ecnomici anche se in altre parti del mondo li sanno fare meglio.
I settori strategici tra cui non c'è solo quello della difesa ma anche quello delle telecomuncazioni, dello spazio, dell'energia e sanità chiaramente ricadono in una categoria diversa.
L'ottimizzazione dei costi deve essere bilanciata dal rischio sistemico.
Il problema è capire in tempo qualìè questo rischio in tempi movimentati come sono questi.
Vero. Ma è vero fin tanto che si continua ad andare tutti d'accordo.
Quando non si dovesse più andare tutti d'amore e d'accordo, quegli stati che per un motivo o per un altro (fossero anche soltanto coincidenze) si sono specializzati nel produrre "cose più utili agli apparati militari" avranno un vantaggio sugli altri ex amici.
Per questo un certo livello di inefficienza è accettabile: se uno stato (o un macro stato come l'UE) valuta che gli manca una produzione autonoma minina nel campo delle "cose più utili agli apparati militari" può benissimo incentivare tali settori ecnomici anche se in altre parti del mondo li sanno fare meglio. Se non ricordo male durante la guerra civile americana tra nordisti e sudisti, il sud era più ricco per le piantagioni di cotone (e gli schiavi), ma il nord aveva i metalli per forgiare le armi, chi ha vinto? I nordisti.
cut
Siamo anche noi a giocare male il gioco che abbiamo inventato.
cut
I paesi emergenti continueranno a usare le leve che hanno: manodopera a basso costo, scala produttiva, accesso alle risorse. Noi possiamo rispondere solo con ciò che ci rende unici: capacità tecnologica, qualità, progettazione, creatività industriale.
cut
Scusa il pippone, come lo chiami tu, ma putroppo sono argomenti che hanno una certa complessità e non possono essere riassunti in centinaio di caratteri e con slogan di vario tipo. Condivido quasi tutto il "pippone" :D, soprattutto la storia dei sussidi ad minchiam.
(tra l'altro proprio oggi ho scoperto che stanno rifacendo il parco giochi per bambini vicino casa con i soldi del pnrr, investimento molto produttivo :doh: )
In Usa ci sono meno sussidi pubblici e l'economia è molto più "frizzante", qui si aspetta il salvatore che porti la manna da cielo invece di rimboccarsi le maniche.
Non sono tanto sicuro del discorso prezzi bassi da import cinese => maggior reddito spendibile, in parte forse sì, ma negli anni 80 prima che arrivasse l'invasione cinese l'italia era in crescita, i soldi c'erano e si stava bene, dagli anni 90 è iniziato il declino in concomitanza con l'ascesa economica della cina, non dico che sia quella la causa, in parte sarà coincidenza, ma è noto che la delocalizzazione selvaggia ha ucciso molti posti di lavoro e la concorrenza a basso prezzo ha ucciso molte imprese nostrane. Per avere un reddito da spendere devi avercelo un lavoro...
Proprio di questi giorni la notizia che stellantis raddoppia la produzione in marocco e la toglie all'italia, ma non credo che le auto saranno più economiche... come le Nike air prodotte dai bambini in vietnam, qui costavano una fucilata comunque, idem per l'industria della moda nostrana... ecc.
Passando ai paesi emergenti, il problema è che ciò che "ci rende unici" è replicabile, si può imparare (è ciò che hanno fatto i jap nel dopoguerra nell'elettronica di consumo e nelle auto e moto, ora lo fa la cina ma su scala molto maggiore), i vantaggi dei paesi emergenti no: le materie prime è fortuna averle, ma anche costi di lavorazione minori e norme ambientali a cui noi non siamo disposti a rinunciare, il lavoro a basso costo e schiavizzato idem non è accettabile da noi, comunque sarebbe un notevole regresso (in parte c'è con gli immigrati in nero, ma non è la regola come nei paesi emergenti).
Parentesi: le politiche di immigrazione selvaggia giocano a favore di quell' industria che vuole importare manodopara a basso costo per terzomondizzare la nostra manodopera e i nostri operai, quella che non può o non vuole spostarsi in marocco come fiat...
c'erano vari servizi di Report sugli stranieri sfruttati, uno sulla logistica tipo dhl e simili e uno su un grande cantiere navale, entrambi non assumevano direttamente ma tramite cooperative di lavoro, trucco per non rispettavare nessuna regola sui lavoratori dipendenti, mentre le coop aprivano e chiudevano ogni due per tre per evitare controlli ma dietro c'erano sempre gli stessi "caporali".
Ma è questo il futuro che vogliamo? forse è inevitabile che il livellamento non avvenga solo migliorando loro ma dovremo anche peggiorare noi.
Di fatto è quello che sta succedendo in italia dopo 30 anni di salari fermi...
Serve una politica di crescita nazionale SANA. basta con i furti , le raccomandazioni, i regali, le lotte politiche solo per sedersi in poltrona, diamo vita ad una nazione dove il popolo deve credere nella propria patria per farla fiorire per il bene di tutti. ( UTOPIA, forse)
azi_muth
21-07-2025, 19:40
Non sono tanto sicuro del discorso prezzi bassi da import cinese => maggior reddito spendibile, in parte forse sì, ma negli anni 80 prima che arrivasse l'invasione cinese l'italia era in crescita, i soldi c'erano e si stava bene, dagli anni 90 è iniziato il declino in concomitanza con l'ascesa economica della cina, non dico che sia quella la causa, in parte sarà coincidenza, ma è noto che la delocalizzazione selvaggia ha ucciso molti posti di lavoro e la concorrenza a basso prezzo ha ucciso molte imprese nostrane. Per avere un reddito da spendere devi avercelo un lavoro...
Proprio di questi giorni la notizia che stellantis raddoppia la produzione in marocco e la toglie all'italia, ma non credo che le auto saranno più economiche... come le Nike air prodotte dai bambini in vietnam, qui costavano una fucilata comunque, idem per l'industria della moda nostrana... ecc.
Scusa sta arrivando un altro pippone...:D :D
In realtà, il declino dell’Italia non inizia negli anni ’90, ma affonda le radici già negli anni ’70 con lo shock petrolifero. Già allora si era esaurita la spinta innovativa che aveva caratterizzato il dopoguerra.
Sotto il luccichio della "Milano da bere" degli anni '80 si trovava un sistema economico ancora legato alla rendita (immobiliare, concessioni, monopolî locali) invece che al rischio e all’innovazione, con un debito pubblico esplosivo (dal 60% del PIL nel 1980 è passato a quasi il 100% nel 1990), con una inflazione strutturale e una crescita dei salari solo nominale, sconquassata da un conflitto sociale permanente.
Anche se spesso sono ricordati come un periodo di benessere, sono stati in realtà una fase in cui si è vissuto sopra le possibilità: la parvenza di crescita si è ottenuta grazie a svalutazioni competitive e debito pubblico, senza affrontare le vere riforme strutturali che avrebbero dovuto preparare il paese per un mondo che si avviava ad essere globalizzato. Tra tutte riduzione del debito pubblico, investimenti nell'educazione, formazione avanzata, in R&S, burocrazia più snella.
L'elenco alla fine è sempre quello...da 50 anni ma la politica ha preferito il consenso immediato alle scelte impopolari ma necessarie.
Le rendite di posizione (in ogni settore) dalla politica alla PA, dalle corporazioni alle imprese hanno sempre resistito al cambiamento. La società civile spesso si è adattata a un sistema di micro-compromessi (evasione, raccomandazioni, lavoro informale, clientelismo) più che spingere per una trasformazione radicale.
L’Italia è rimasta prigioniera di un modello economico inefficiente, dove ancora si sopravvive grazie a rendite, micro-nicchie e flessibilità familiare, più che per visione strategica o innovazione.
E' chiaro che tutto questo ha trovato il paese impreparato alle sfide della globalizzazione, da cui hanno beneficiato chi invece i "compiti" a casa li hanno fatti.
quando la globalizzazione è arrivata con l’ascesa cinese, le aperture commerciali, e la possibilità di spostare la produzione ovunque l’Italia è stata colpita più duramente di altri paesi proprio perché non aveva fatto le riforme necessarie. Non aveva diversificato, né modernizzato il suo sistema industriale. Non aveva reso dinamico il suo mercato del lavoro. Non aveva valorizzato il sapere, la tecnologia, le competenze.
Per questo ogni delocalizzazione qui diventa una tragedia occupazionale, mentre in altri paesi è parte di un ciclo industriale normale.
Quando hai solo un settore o una grande azienda in una zona, e quella se ne va, rimane il vuoto, se ne hai dieci è un ciclo normale.
La Cina ha giocato la sua partita, siamo noi che non lo abbiamo fatto.
C siamo trovati impreparati, deboli, e troppo legati a un’economia assistita e protetta. Non siamo stati “fregati” dalla globalizzazione: ci siamo fatti trovare scoperti da decenni di scelte mancate. E oggi ne paghiamo il prezzo.
La cosa più sconvolgente per me è che nell'opinione pubblica non sia chiaro che quando si perde a questo modo si deve ripartire dai fondamentali. Noi no, continuiamo imperterriti con le stesse vecchie ricette che ci hanno portato qui.
Sopratutto non si riesce ad eliminare quell'idea bacata di voler vivere di rendita, ma non siamo più così ricchi...
Passando ai paesi emergenti, il problema è che ciò che "ci rende unici" è replicabile, si può imparare (è ciò che hanno fatto i jap nel dopoguerra nell'elettronica di consumo e nelle auto e moto, ora lo fa la cina ma su scala molto maggiore), i vantaggi dei paesi emergenti no: le materie prime è fortuna averle, ma anche costi di lavorazione minori e norme ambientali a cui noi non siamo disposti a rinunciare, il lavoro a basso costo e schiavizzato idem non è accettabile da noi, comunque sarebbe un notevole regresso (in parte c'è con gli immigrati in nero, ma non è la regola come nei paesi emergenti).
Non condivido l’idea che il loro vantaggio sia per definizione incolmabile o strutturalmente superiore perché basato su costi bassi, lavoro sfruttato o accesso a materie prime.
Questa è una visione statica dell’economia globale, e la realtà è molto più dinamica.
Innanzitutto, nessuna economia può basarsi per sempre sulla manodopera a basso costo o sull’estrazione di risorse. È una fase iniziale, non un modello sostenibile di sviluppo a lungo termine. Storicamente, tutte le economie che sono cresciute davvero, dalla Corea del Sud alla Cina stessa, lo hanno fatto muovendosi lungo la catena del valore, cioè passando da attività semplici (come cucire magliette o assemblare gadget) ad attività complesse e ad alto valore aggiunto: elettronica, robotica, intelligenza artificiale, veicoli elettrici, software, spazio.
Non è il costo della manodopera in sé a determinare la ricchezza, ma ciò che si fa con quella manodopera. La vera differenza, infatti, non la fanno le materie prime o i salari bassi, ma l’innovazione, la conoscenza, la capacità di progettare, creare, adattarsi. L’Occidente, e l’Italia in particolare, ha creato ricchezza per decenni non perché aveva miniere o salari bassi, ma perché sapeva trasformare idee in prodotti unici, integrando design, tecnologia e cultura industriale.
Paradossalmente, oggi alcune economie emergenti stanno facendo ciò che noi non abbiamo più avuto il coraggio o la capacità di fare: investono pesantemente in ricerca, tecnologia, università, infrastrutture intelligenti. Guardiamo la Cina: oggi non è più solo la fabbrica del mondo, ma una potenza in semiconduttori, AI, telecomunicazioni, auto elettriche, finanza digitale. E lo stesso vale per India, Vietnam, Turchia.
Quindi non è questione di "non poter competere perché noi non possiamo sfruttare il lavoro o inquinare". Il vero nodo è: vogliamo ancora essere leader in qualcosa di strategico, oppure ci accontentiamo di difendere un modello passato, sperando che regga ancora un po’?
Perchè questa è esattamente la mentalità di uno che vuole vivere di rendita che c sta conducendo al disastro.
Non ci sono le auto? Cerchiamo altro. Certo è che se hai una popolazione che uno dei livelli d'istruzione più bassi dell'Ocse trovare e i cervelli buoni li fai scappare all'estero per relizzare progetti industriali è difficile trovare qualcosa di nuovo.
Parentesi: le politiche di immigrazione selvaggia giocano a favore di quell' industria che vuole importare manodopara a basso costo per terzomondizzare la nostra manodopera e i nostri operai, quella che non può o non vuole spostarsi in marocco come fiat...
c'erano vari servizi di Report sugli stranieri sfruttati, uno sulla logistica tipo dhl e simili e uno su un grande cantiere navale, entrambi non assumevano direttamente ma tramite cooperative di lavoro, trucco per non rispettavare nessuna regola sui lavoratori dipendenti, mentre le coop aprivano e chiudevano ogni due per tre per evitare controlli ma dietro c'erano sempre gli stessi "caporali".
Ma è questo il futuro che vogliamo? forse è inevitabile che il livellamento non avvenga solo migliorando loro ma dovremo anche peggiorare noi.
Di fatto è quello che sta succedendo in italia dopo 30 anni di salari fermi...
L’immigrazione, quando è gestita in modo selvaggio e senza regole, finisce per essere lo strumento perfetto per un certo tipo di impresa che non ha né la forza né l’interesse a innovare.
Ma perché lo fa? Perché non è competitiva, non produce abbastanza valore, crea prodotti dove servono più braccia che cervelli e quindi deve giocare tutto sul lato dei costi.
E non possiamo nemmeno pensare che sia tutta colpa della globalizzazione o della Cina. Non è Pechino a decidere che i magazzinieri vengano assunti tramite cooperative fittizie. Non è l’Organizzazione Mondiale del Commercio a imporci di tollerare il caporalato nella logistica o nei campi.
Invece di investire in tecnologie, formazione, qualità, nuovi mercati, queste imprese cercano di mantenere i margini abbassando artificialmente il costo del lavoro. E quando non possono delocalizzare, perché il lavoro è locale, allora delocalizzano il lavoratore: lo importano, spesso in condizioni di ricattabilità, attraverso canali grigi, subappalti, cooperative di comodo.
Ma il discorso è sempre lo stesso, se hai una economia che si basa su prodotti a basso valore aggiunto, facilmente replicabili ti metti sul piano dei paesi emergenti. I beni che produci sono sostituibili e non puoi fare altro che competere sul prezzo in tutti i modi possibili.
I salari seguono la stessa sorte. Sono fermi perchè l'Italia ha una produttività del lavoro bassa. Significa che quello che produci puo essere venduto con un valore aggiunto molto basso perchè subisce la concorrenza di tutto il mondo. Non fai nulla di "speciale" che il mondo sia disposto a pagare in più.
Questo non lo risolvi chiudendo le frontiere.
azi_muth
21-07-2025, 20:37
Cmq voglio chiudere con un po' di ottimismo....lo sai che la più grande startup europea nel campo dell'AI l'ha fondata un italiano?
https://www.youtube.com/watch?v=0INwmErSpZA
Quindi il materiale umano ci sarebbe pure...nonostante tutto.
Il fatto è che gente così non riesce a fare queste cose in Italia e questo è il vero problema, ma non è sull'agenda di nessuna forza politica.
Ci rimane solo questo...https://www.youtube.com/watch?v=LE6jRsLr7xE
:sofico:
Alodesign
22-07-2025, 10:55
Approposito dei giapponesi che stanno rialzando la testa.
Leggevo ieri una notizia sullo sviluppo di un mini reattore nucleare, grande quanto un container, in grado di generare 1Mw.
Fake news o realtà?
Approposito dei giapponesi che stanno rialzando la testa.
Leggevo ieri una notizia sullo sviluppo di un mini reattore nucleare, grande quanto un container, in grado di generare 1Mw.
Fake news o realtà?
sono i famosi smr di cui tanto si parla
Alodesign
22-07-2025, 11:01
sono i famosi smr di cui tanto si parla
Si esatto. Dalla notizia che è apparsa non si capiva se già operativi o meno.
azi_muth
22-07-2025, 11:14
Approposito dei giapponesi che stanno rialzando la testa.
Leggevo ieri una notizia sullo sviluppo di un mini reattore nucleare, grande quanto un container, in grado di generare 1Mw.
Fake news o realtà?
E' un fake.
Scusa sta arrivando un altro pippone...:D :D vabbè qui mi prendi per stanchezza, mi arrendo :D (quasi)
sulla prima parte sostanzialmente concordo, sul resto in parte, ma rispondo solo a un paio di frasi conclusive per farla breve:
Non ci sono le auto? Cerchiamo altro.
Certo è che se hai una popolazione che uno dei livelli d'istruzione più bassi dell'Ocse trovare e i cervelli buoni li fai scappare all'estero per relizzare progetti industriali è difficile trovare qualcosa di nuovo. Si ma altro cosa? Non si inventa un settore nuovo dalla sera alla mattina.
Sulla tecnologia che in genere è il futuro ci mangiano già in testa tutti, dai cinesi agli americani, coreani, jap e fra un po anche altri.
Come dici anche tu con la situazione che abbiamo (istruzione bassa e fuga di cervelli) "è difficile trovare qualcosa di nuovo". C'è la moda e il design che sfuggono a questa logica, ma poi?
A tal proposito mi ricordo che mio padre mi raccontava che negli anni 60 i laureati in ingegneria a Roma guidavano i tram perchè non trovavano lavoro... oggi fuggono all'estero, poco è cambiato.
azi_muth
22-07-2025, 15:16
Si ma altro cosa? Non si inventa un settore nuovo dalla sera alla mattina.
Sulla tecnologia che in genere è il futuro ci mangiano già in testa tutti, dai cinesi agli americani, coreani, jap e fra un po anche altri.
Come dici anche tu con la situazione che abbiamo (istruzione bassa e fuga di cervelli) "è difficile trovare qualcosa di nuovo". C'è la moda e il design che sfuggono a questa logica, ma poi?
A tal proposito mi ricordo che mio padre mi raccontava che negli anni 60 i laureati in ingegneria a Roma guidavano i tram perchè non trovavano lavoro... oggi fuggono all'estero, poco è cambiato.
Non hai visto il link sotto...
I Cinesi in fondo hanno iniziato che stavano peggio di noi.
Certo che se non s'inizia...
Il peccato originale, è stato di un certo politico, che negli anni 60 ha letteralmente fermato Olivetti...
Ormai è storia
era un ordine che arrivava direttamente da Washington a cui l'Italia non poteva dire di no...
anche perchè chi si opponeva finiva male, vedi Enrico Mattei
L’Italia, semmai, è un’anomalia: è uno dei pochi paesi sviluppati dove i salari reali sono rimasti stagnanti dagli anni ‘90. Ma questo non è colpa della globalizzazione in sé, bensì di fattori interni: bassa produttività, scarsa innovazione, inefficienze nel sistema educativo e amministrativo, mancanza di politiche industriali serie.
la politica industriale e degli investimenti pubblici in Italia da almeno 40 anni è "favorisco gli amici e gli amici degli amici"
vedi ad esempio il MOSE: una soluzione valutata e scartata dagli Olandesi (che di sbarramenti qualcosa ne sanno) per i costi e le difficoltà di manutenzione
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