wiri
16-06-2011, 20:03
Siamo nel 2092. L'uomo è divenuto immortale grazie alle tecnica della telomerasi, che evita l'apoptosi cellulare grazie all'impianto delle staminali dei maiali. Nel più classico degli scenari futuristici, con tanto di bulbi oculari svolazzanti a mezz'aria e il dottore che ricorda Darth Maul di Guerre stellari, incontriamo Mr. Nobody (Jared Leto), l'ultimo dei mortali: le sue restanti ore di vita vengono morbosamente seguite in diretta dai mass media in un futuristico Grande Fratello. Nessuno sa chi sia: non si conosce il suo nome, il suo passato, la sua storia.
E sarà proprio attraverso i suoi ricordi, rievocati sotto ipnosi e durante le sue peregrinazioni oniriche, che verremo a conoscenza delle esistenze multiple del protagonista: Mr. Nobody è infatti l'uomo quantico, la cui mente vive coscientemente in una moltitudine di universi paralleli, scindendosi ad ogni scelta significativa presa, conducendolo a percorrere contemporaneamente ogni bivio esistenziale possibile.
L'incipit fa presagire il più classico dei polpettoni fantascientifici tutta fuffa e poco arrosto che ammorbano le sale cinematografiche, ma in realtà di carne al fuoco ce n'è fin troppa: Il regista belga Van Dormael si muove con padronanza tra riferimenti alla teoria del Caos (“l'effetto farfalla”), al modello cosmologico ciclico (oscillazioni tra Big Bang e Big Crunch), per arrivare fino alla meccanica quantistica ed in particolare all'interpretazione a molti mondi di Hugh Everett III, innestando con maestria in questo corpus concettuale le vicende personali del protagonista Jared Leto.
Ricostruire la sinossi del film è impresa ardua: diciamo che la scena che fa da pietra angolare è il momento in cui Nemo (alias Mr.Nobody), ancora bambino, deve scegliere tra il restare con il padre o seguire la madre, quando i due decidono di separarsi. La scelta determinerà due linee esistenziali radicalmente diverse, che a loro volta si biforcheranno ulteriormente. Il film ha quindi una struttura narrativa ad albero, complessificata ulteriormente dal fatto che Van Dormael mischia tra loro le diverse linee d'universo anche dal punto di vista temporale, ma ciò non conduce (fortunatamente) ad un caleidoscopio informe di immagini senza capo né coda (qualcuno ha detto “the tree of life?” :D).
La chiave interpretativa del film, come ho anticipato, è a parer mio la MWI di Hugh Everett III: in buona sostanza, essa prevede che ogni volta che prendiamo una decisione, la funzione d'onda non collassa in un autostato macroscopico, ma si realizzano tutte le potenzialità insite in essa. La funzione d'onda universale conterebbe quindi un'enorme serie di ramificazioni in diverse "realtà percepite", ognuna delle quali rappresenta la realizzazione di un'alternativa. Il piccolo Nemo quindi, di fronte alla difficile scelta tra madre e padre, si troverebbe per un attimo (che in realtà dura l'intero film) a fluttuare con la mente tra più universi paralleli, esplorando e vivendo tutte le alternative esistenziali possibili.
L'altra interpretazione che mi sono dato, molto più semplicemente, è che tutto avviene nella mente del bambino. La freccia del tempo, ci dice la fisica, va in una sola direzione. E' la seconda legge della termodinamica, è l'entropia, e non ci possiamo fare niente. Indietro non si torna. Ma l'uomo ha questa straordinaria capacità di beffare il tempo, proiettandosi nel futuro attraverso propositi, speranze, progetti, e ripiegarsi nel passato, attraverso il ricordo. La mente si trova quindi a fluttuare liberamente nello spazio-tempo, stupefacentemente insensibile ai confini tracciati dalle leggi fisiche che governano l'universo. E forse è proprio ciò che si trova a fare il piccolo Nemo, lacerato dal conflitto emotivo, nel momento in cui deve prendere una decisione più grande di lui, e che lo condurrà a scegliere di non scegliere, dato che “fino a che non si sceglie, tutto resta possibile” (cit.).
Per concludere, fotografia d'alto livello, effetti speciali ben dosati e ben realizzati, ottima recitazione, colonna sonora superba, regia tecnicamente ineccepibile e trama geniale, per un film inspiegabilmente mai distribuito in Italia. Cazzo fate lì ancora seduti?
E sarà proprio attraverso i suoi ricordi, rievocati sotto ipnosi e durante le sue peregrinazioni oniriche, che verremo a conoscenza delle esistenze multiple del protagonista: Mr. Nobody è infatti l'uomo quantico, la cui mente vive coscientemente in una moltitudine di universi paralleli, scindendosi ad ogni scelta significativa presa, conducendolo a percorrere contemporaneamente ogni bivio esistenziale possibile.
L'incipit fa presagire il più classico dei polpettoni fantascientifici tutta fuffa e poco arrosto che ammorbano le sale cinematografiche, ma in realtà di carne al fuoco ce n'è fin troppa: Il regista belga Van Dormael si muove con padronanza tra riferimenti alla teoria del Caos (“l'effetto farfalla”), al modello cosmologico ciclico (oscillazioni tra Big Bang e Big Crunch), per arrivare fino alla meccanica quantistica ed in particolare all'interpretazione a molti mondi di Hugh Everett III, innestando con maestria in questo corpus concettuale le vicende personali del protagonista Jared Leto.
Ricostruire la sinossi del film è impresa ardua: diciamo che la scena che fa da pietra angolare è il momento in cui Nemo (alias Mr.Nobody), ancora bambino, deve scegliere tra il restare con il padre o seguire la madre, quando i due decidono di separarsi. La scelta determinerà due linee esistenziali radicalmente diverse, che a loro volta si biforcheranno ulteriormente. Il film ha quindi una struttura narrativa ad albero, complessificata ulteriormente dal fatto che Van Dormael mischia tra loro le diverse linee d'universo anche dal punto di vista temporale, ma ciò non conduce (fortunatamente) ad un caleidoscopio informe di immagini senza capo né coda (qualcuno ha detto “the tree of life?” :D).
La chiave interpretativa del film, come ho anticipato, è a parer mio la MWI di Hugh Everett III: in buona sostanza, essa prevede che ogni volta che prendiamo una decisione, la funzione d'onda non collassa in un autostato macroscopico, ma si realizzano tutte le potenzialità insite in essa. La funzione d'onda universale conterebbe quindi un'enorme serie di ramificazioni in diverse "realtà percepite", ognuna delle quali rappresenta la realizzazione di un'alternativa. Il piccolo Nemo quindi, di fronte alla difficile scelta tra madre e padre, si troverebbe per un attimo (che in realtà dura l'intero film) a fluttuare con la mente tra più universi paralleli, esplorando e vivendo tutte le alternative esistenziali possibili.
L'altra interpretazione che mi sono dato, molto più semplicemente, è che tutto avviene nella mente del bambino. La freccia del tempo, ci dice la fisica, va in una sola direzione. E' la seconda legge della termodinamica, è l'entropia, e non ci possiamo fare niente. Indietro non si torna. Ma l'uomo ha questa straordinaria capacità di beffare il tempo, proiettandosi nel futuro attraverso propositi, speranze, progetti, e ripiegarsi nel passato, attraverso il ricordo. La mente si trova quindi a fluttuare liberamente nello spazio-tempo, stupefacentemente insensibile ai confini tracciati dalle leggi fisiche che governano l'universo. E forse è proprio ciò che si trova a fare il piccolo Nemo, lacerato dal conflitto emotivo, nel momento in cui deve prendere una decisione più grande di lui, e che lo condurrà a scegliere di non scegliere, dato che “fino a che non si sceglie, tutto resta possibile” (cit.).
Per concludere, fotografia d'alto livello, effetti speciali ben dosati e ben realizzati, ottima recitazione, colonna sonora superba, regia tecnicamente ineccepibile e trama geniale, per un film inspiegabilmente mai distribuito in Italia. Cazzo fate lì ancora seduti?