Dj Antonino
04-12-2010, 22:46
Con il nulla osta di Freeman :cool: risposto in questa sezione un thread secondo me molto interessante.
“Less is more”
Apro questo thread per parlare di problematiche nate o aumentate esponenzialmente con il cosidetto web 2.0, aggravate ulteriormente con l'avvento di social network come Facebook. Sto parlando di “information overload", “internet addiction” e del generale abuso della tecnologia nella vita di tutti i giorni.
Parto con delle brevi definizioni dei problemi in questione:
INFORMATION OVERLOAD
Per Information overload si intende la smisurata quantita' di dati con cui abbiamo a che fare ogni giorno, fenomeno accelerato da mezzi come l'email, la ricerca basata sul web, le news online, gli smartphone e i social media. Piu' informazioni si ricevono, piu' e' difficile decifrare cos'e' credibile e utile, e piu' e' faticoso portare a termine obiettivi e fare decisioni (traduz.)
Fonte: http://www.xerox.com/information-overload/enus.html
Link:
INTERNET ADDICTION
In questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di una nuova tecnologia che ha ampliato le possibilità di comunicazione e di accesso alle fonti di informazione fino ad ora sconosciuto. Il processo che stiamo vivendo apre scenari che fino a poco tempo fa erano impensabili e sicuramente i vantaggi che si trarranno da questo nuovo mezzo tecnologico permetteranno all'uomo di sviluppare capacità e potenzialità fino ad ora neanche immaginate. Ma, purtroppo, ogni medaglia ha il suo rovescio; infatti sembra che il rapido sviluppo di questo processo stia producendo dei fenomeni psicopatologici che si esprimono con una sintomatologia simile a quella che osserviamo in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive. Un'analisi delle più recenti pubblicazioni internazionali su questo argomento sta evidenziando da varie parti del mondo come l'inadeguato utilizzo della Rete possa indurre in una situazione di dipendenza psicologica con conseguenti danni psichici e funzionali per il soggetto. I.A.D. (Internet Addiction Disorder) indica la sigla psichiatrica con cui si definisce tale patologia; l'internet Addiction Disorder si manifesta sotto forma di sintomi astinenziali e di tolleranza. Il termine si deve allo psichiatra americano Ivan Goldberg che propose dei criteri (diagnostici) mutuati dalla diagnostica per le dipendenze dal DSM. Goldberg con la sua proposta ha dato avvio ad una riflessione che ha incuriosito numerosi psicologi e psichiatri ed ha imposto all'attenzione del mondo il rischio di dipendenza da Internet.
Questi sono i principali sintomi patognomici che caratterizzano l'IAD:
1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet;
3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell'uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi astinenziali;
4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all'intenzione iniziale;
5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l'uso di Internet;
6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.
Fonte: http://www.dipendenze.com/nuovedipendenze/internet.asp
Links:
Questo invece sono estratti di articoli a mio parere molto significativi:
GOOGLE CI STA RENDENDO STUPIDI? – NICHOLAS CARR
...Negli ultimi anni, ho avuto la strana sensazione che qualcuno, o qualcosa, stesse giocando con la mia mente, rimappando il circuito neuronale, riprogrammando la memoria. Posso dire che la mia testa non mi sta abbandonando, ma sta cambiando, non penso piu' nella stessa maniera di prima. Lo sento in maniera piu' marcata quando sto leggendo. Immergermi in un libro o un lungo articolo prima era una cosa facile. La mia mente veniva catturata nella narrazione o nei risvolti della storia, e passavo le ore vagando attraverso lunghe sessioni di prosa. Raramente mi capitano queste situazioni ormai. Adesso la mia concentrazione spesso comincia a venir meno dopo due o tre pagine. Divento nervoso, perdo il filo dell'argomento, comincio a pensare a qualcos'altro da fare. Mi sento come se sto sempre trainando la mia indocile mente a ritornare sul testo. La lettura profonda che una volta mi veniva spontanea e' diventata una lotta.
Penso di capire cosa mi stia succedendo. Per piu' di un decennio ormai, ho passato molto tempo online, cercando, navigando e alle volte fornendo il mio contributo all'enorme database di Internet. Il Web e' stato una manna dal cielo parlando come scrittore. Ricerche che una volta richiedevano giorni tra pile di libri e stanze dei periodici delle biblioteche possono ora essere completate in minuti. Qualche ricerca su Google, dei veloci click su ipertesti, e ho a mia disposizione quel fatto interessante o quella intensa citazione che stavo cercando. Anche quando non sto lavorando, tendo a non cercare nelle letture profonde del web, ma piuttosto a scrivere email, leggere velocemente titoli di giornale e post sui blog, guardando video e ascoltando podcast, o semplicemente passando da link a link. (Al contrario di note a pie' di pagina, ai quali talvolta vengono assimilati, gli ipertesti non rimandano semplicemente a lavori correlati, ti portano direttamente verso di loro.)
Per me, cosi' come per altri, la Rete e' diventata un mezzo universale, il condotto per la maggior parte delle informazioni che scorrono per via dei miei occhi e delle mie orecchie direttamente verso la mia mente. I vantaggi di avere accesso immediato ad una fonte cosi' incredibilmente ricca di informazioni sono tanti, e sono stati largamente descritti e adeguatamente applauditi. " Il ricordo perfetto della memoria di silicio" - cosi' ha scritto Clive Thompson di Wired - "puo' essere un enorme beneficio per il pensiero". Ma quel beneficio ha un prezzo. Come ha sottolineato negli anni '60 il teorico dei media Marshall McLuhan, i media non sono solo canali di informazioni passivi. Essi forniscono la materia per pensare, ma allo stesso modo modellano anche il processo stesso del pensiero. E la cosa che sembra fare la Rete e' di tagliare via la mia capacita' di concentrazione e contemplazione. La mia mente adesso si aspetta di assimilare le informazioni nel modo che la Rete le distribuisce: in un veloce flusso di particelle. Una volta ero un subaqueo che andava nei profondi di un mare di parole. Adesso mi muovo sulla superficie cosi' come un tizio che guida una moto d'acqua... (traduz.)
Fonte (articolo originale): http://www.theatlantic.com/magazine/archive/2008/07/is-google-making-us-stupid/6868/
Tutti questi problemi non rappresentano in qualche modo un fallimento del cosidetto web 2.0? tutta questa integrazione della tecnologia nella nostra vita ci sta portando veramente dei benefici? Discorso della dipendenza a parte, al momento e’ sotto gli occhi di tutti che c'e' un enorme sbilanciamento della quantita’ di contenuti rispetto alla qualita’ di questi (pensate a Facebook). Abbiamo si una valanga di informazioni a disposizione, ma spesso e volentieri sono di scarsa qualita’ e presentate in maniera frammentata, confusa e “piatta”, ovvero senza una vera selezione a prori dei contenuti migliori. Lo sforzo maggiore quindi che bisogna costantemente fare e’ di selezionare tutte queste informazioni da noi, processo che pero’ toglie parecchio tempo all’apprendimento e alla riflessione vera e propria. Il fatto e’ che con il moltiplicarsi di contenuti e di persone connesse in rete il problema sta davvero peggiorando, non so voi ma rispetto a qualche anno fa la mia esperienza di navigazione e’ peggiorata parecchio purtroppo.
Questi sono problemi reali e secondo me se ne parla troppo poco, trovo paradossale che una tecnologia cosi' potente come la ricerca e la fruizione di informazioni in tempo reale puo' portare anche danni e in generale ad una qualita' della vita minore. Chissa’ se un ipotetico web 3.0. riuscira’ a fornire una soluzione migliore per filtrare le informazioni, senza ovviamente applicare tecniche di censura o altro, facendoci passare meno tempo su internet e allo stesso tempo focalizzando la nostra attenzione verso le informazioni veramente importanti. E’ questa secondo me la vera sfida del futuro. ;)
“Less is more”
Apro questo thread per parlare di problematiche nate o aumentate esponenzialmente con il cosidetto web 2.0, aggravate ulteriormente con l'avvento di social network come Facebook. Sto parlando di “information overload", “internet addiction” e del generale abuso della tecnologia nella vita di tutti i giorni.
Parto con delle brevi definizioni dei problemi in questione:
INFORMATION OVERLOAD
Per Information overload si intende la smisurata quantita' di dati con cui abbiamo a che fare ogni giorno, fenomeno accelerato da mezzi come l'email, la ricerca basata sul web, le news online, gli smartphone e i social media. Piu' informazioni si ricevono, piu' e' difficile decifrare cos'e' credibile e utile, e piu' e' faticoso portare a termine obiettivi e fare decisioni (traduz.)
Fonte: http://www.xerox.com/information-overload/enus.html
Link:
INTERNET ADDICTION
In questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di una nuova tecnologia che ha ampliato le possibilità di comunicazione e di accesso alle fonti di informazione fino ad ora sconosciuto. Il processo che stiamo vivendo apre scenari che fino a poco tempo fa erano impensabili e sicuramente i vantaggi che si trarranno da questo nuovo mezzo tecnologico permetteranno all'uomo di sviluppare capacità e potenzialità fino ad ora neanche immaginate. Ma, purtroppo, ogni medaglia ha il suo rovescio; infatti sembra che il rapido sviluppo di questo processo stia producendo dei fenomeni psicopatologici che si esprimono con una sintomatologia simile a quella che osserviamo in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive. Un'analisi delle più recenti pubblicazioni internazionali su questo argomento sta evidenziando da varie parti del mondo come l'inadeguato utilizzo della Rete possa indurre in una situazione di dipendenza psicologica con conseguenti danni psichici e funzionali per il soggetto. I.A.D. (Internet Addiction Disorder) indica la sigla psichiatrica con cui si definisce tale patologia; l'internet Addiction Disorder si manifesta sotto forma di sintomi astinenziali e di tolleranza. Il termine si deve allo psichiatra americano Ivan Goldberg che propose dei criteri (diagnostici) mutuati dalla diagnostica per le dipendenze dal DSM. Goldberg con la sua proposta ha dato avvio ad una riflessione che ha incuriosito numerosi psicologi e psichiatri ed ha imposto all'attenzione del mondo il rischio di dipendenza da Internet.
Questi sono i principali sintomi patognomici che caratterizzano l'IAD:
1. bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione;
2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet;
3. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell'uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici sintomi astinenziali;
4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all'intenzione iniziale;
5. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l'uso di Internet;
6. dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
7. continuare a utilizzare Internet nonostante la consapevolezza di problemi fisici, sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.
Fonte: http://www.dipendenze.com/nuovedipendenze/internet.asp
Links:
Questo invece sono estratti di articoli a mio parere molto significativi:
GOOGLE CI STA RENDENDO STUPIDI? – NICHOLAS CARR
...Negli ultimi anni, ho avuto la strana sensazione che qualcuno, o qualcosa, stesse giocando con la mia mente, rimappando il circuito neuronale, riprogrammando la memoria. Posso dire che la mia testa non mi sta abbandonando, ma sta cambiando, non penso piu' nella stessa maniera di prima. Lo sento in maniera piu' marcata quando sto leggendo. Immergermi in un libro o un lungo articolo prima era una cosa facile. La mia mente veniva catturata nella narrazione o nei risvolti della storia, e passavo le ore vagando attraverso lunghe sessioni di prosa. Raramente mi capitano queste situazioni ormai. Adesso la mia concentrazione spesso comincia a venir meno dopo due o tre pagine. Divento nervoso, perdo il filo dell'argomento, comincio a pensare a qualcos'altro da fare. Mi sento come se sto sempre trainando la mia indocile mente a ritornare sul testo. La lettura profonda che una volta mi veniva spontanea e' diventata una lotta.
Penso di capire cosa mi stia succedendo. Per piu' di un decennio ormai, ho passato molto tempo online, cercando, navigando e alle volte fornendo il mio contributo all'enorme database di Internet. Il Web e' stato una manna dal cielo parlando come scrittore. Ricerche che una volta richiedevano giorni tra pile di libri e stanze dei periodici delle biblioteche possono ora essere completate in minuti. Qualche ricerca su Google, dei veloci click su ipertesti, e ho a mia disposizione quel fatto interessante o quella intensa citazione che stavo cercando. Anche quando non sto lavorando, tendo a non cercare nelle letture profonde del web, ma piuttosto a scrivere email, leggere velocemente titoli di giornale e post sui blog, guardando video e ascoltando podcast, o semplicemente passando da link a link. (Al contrario di note a pie' di pagina, ai quali talvolta vengono assimilati, gli ipertesti non rimandano semplicemente a lavori correlati, ti portano direttamente verso di loro.)
Per me, cosi' come per altri, la Rete e' diventata un mezzo universale, il condotto per la maggior parte delle informazioni che scorrono per via dei miei occhi e delle mie orecchie direttamente verso la mia mente. I vantaggi di avere accesso immediato ad una fonte cosi' incredibilmente ricca di informazioni sono tanti, e sono stati largamente descritti e adeguatamente applauditi. " Il ricordo perfetto della memoria di silicio" - cosi' ha scritto Clive Thompson di Wired - "puo' essere un enorme beneficio per il pensiero". Ma quel beneficio ha un prezzo. Come ha sottolineato negli anni '60 il teorico dei media Marshall McLuhan, i media non sono solo canali di informazioni passivi. Essi forniscono la materia per pensare, ma allo stesso modo modellano anche il processo stesso del pensiero. E la cosa che sembra fare la Rete e' di tagliare via la mia capacita' di concentrazione e contemplazione. La mia mente adesso si aspetta di assimilare le informazioni nel modo che la Rete le distribuisce: in un veloce flusso di particelle. Una volta ero un subaqueo che andava nei profondi di un mare di parole. Adesso mi muovo sulla superficie cosi' come un tizio che guida una moto d'acqua... (traduz.)
Fonte (articolo originale): http://www.theatlantic.com/magazine/archive/2008/07/is-google-making-us-stupid/6868/
Tutti questi problemi non rappresentano in qualche modo un fallimento del cosidetto web 2.0? tutta questa integrazione della tecnologia nella nostra vita ci sta portando veramente dei benefici? Discorso della dipendenza a parte, al momento e’ sotto gli occhi di tutti che c'e' un enorme sbilanciamento della quantita’ di contenuti rispetto alla qualita’ di questi (pensate a Facebook). Abbiamo si una valanga di informazioni a disposizione, ma spesso e volentieri sono di scarsa qualita’ e presentate in maniera frammentata, confusa e “piatta”, ovvero senza una vera selezione a prori dei contenuti migliori. Lo sforzo maggiore quindi che bisogna costantemente fare e’ di selezionare tutte queste informazioni da noi, processo che pero’ toglie parecchio tempo all’apprendimento e alla riflessione vera e propria. Il fatto e’ che con il moltiplicarsi di contenuti e di persone connesse in rete il problema sta davvero peggiorando, non so voi ma rispetto a qualche anno fa la mia esperienza di navigazione e’ peggiorata parecchio purtroppo.
Questi sono problemi reali e secondo me se ne parla troppo poco, trovo paradossale che una tecnologia cosi' potente come la ricerca e la fruizione di informazioni in tempo reale puo' portare anche danni e in generale ad una qualita' della vita minore. Chissa’ se un ipotetico web 3.0. riuscira’ a fornire una soluzione migliore per filtrare le informazioni, senza ovviamente applicare tecniche di censura o altro, facendoci passare meno tempo su internet e allo stesso tempo focalizzando la nostra attenzione verso le informazioni veramente importanti. E’ questa secondo me la vera sfida del futuro. ;)