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View Full Version : Quale Europa?


painofsalvation
16-05-2010, 15:18
di Fabio Falchi. L'Europa vorrà e saprà rialzarsi, "orientandosi" verso la sovranità e la cooperazione continentale, dopo l'occupazione subita durante la seconda guerra mondiale e la guerra fredda?

A Bretton Woods, nel luglio del 1944, mentre si combatteva ancora duramente in Normandia e i russi, dopo avere conquistato Vitebsk e Minsk, puntavano su Varsavia (1), si gettavano le basi per il nuovo ordine economico mondiale e cominciava un braccio di ferro tra gli Usa e la Gran Bretagna, che durò fino al 21 agosto del 1945, allorché Washington annunciò la cessazione di qualsiasi aiuto finanziario all'Inghilterra. Si sanciva così la fine dell'imperialismo britannico e l'inizio del nuovo imperialismo "globale" americano. Gli inglesi potevano ritenersi i vincitori "morali" della guerra, come solevano e sono soliti affermare, ma i veri vincitori erano, senza ombra di dubbio, l'Urss e gli Usa.
D'altra parte, i due Paesi vincitori non erano, per così dire, sullo stesso piano: se per i russi, che avevano contribuito in misura determinante alla sconfitta della Germania nazista, facendo la "parte del leone", il costo della guerra era stato enorme (2), per gli Stati Uniti la guerra era stata un grande business, anzi il più grande "affare", non solo economico, della loro storia. Paul Edwards, che aveva lavorato nell'ambito del New Deal, ebbe a formulare, con molta franchezza, il seguente giudizio: «La guerra fu un periodo magnifico [per gli americani]. I contadini del Sud Dakota, ai quali avevo fornito un susssidio [...] quando tornai in patria valevano un quarto di milione di dollari» (3). Il tonnellaggio della flotta mercantile degli Usa, che prima della guerra era appena la metà di quello della marina mercantile inglese, nel 1945 era il doppio di quello britannico. E gli inglesi dovettero perfino rassegnarsi a riconoscere l'egemonia politico-economica americana nel settore petrolifero e nel Medio Oriente, che vide, tra l'altro, la nascita dello Stato ("coloniale") d'Israele, con l'appoggio decisivo degli Usa (4).
Ciononostante, l'inizio della guerra fredda e la divisione del pianeta in due "blocchi"- Urss e Paesi satelliti versus Usa e Paesi alleati - non rese facile, alla maggior parte degli europei, comprendere qual era stata l'autentica posta in gioco nell'immane conflitto e quali fossero le conseguenze di una guerra che, mutatis mutandis, come la prima guerra mondiale, non era stata che una guerra civile europea "esportata" in tutto il mondo. Gli Stati europei erano, di fatto, a sovranità limitata: ciò era vero non solo, come si sosteneva in Occidente, per l'Europa orientale, ma anche per l'Europa occidentale.
Con il crollo dell'Urss, all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, però si presentò, per la prima volta nel secondo dopoguerra, la possibilità di "negoziare" su nuove basi l'alleanza atlantica o addirittura di abolire la Nato, essendo venuta meno la sua ragion d'essere. La Nato, infatti, che aveva il compito di opporsi ad un'aggressione militare dell'Unione Sovietica contro l'Europa occidentale, una volta scomparso il cosiddetto "impero del male" (prontamente sostituito da un altro "male assoluto", ovvero il "fondamentalismo islamico") si è trasformata, in questi ultimi due decenni, in un'organizzazione politico-militare, a competenza universale, avente come obiettivo primario il "controllo strategico" dell'Eurasia (5), passando dal diritto internazionale "classico" (intervenire solo in caso di aggressione), al "diritto d'ingerenza", umanitaria o meno. Una trasformazione che, se rivela il doppio ruolo della Nato fin dalla sua costituzione (cioè di "difendere" sia l'Europa occidentale sia, anche contro l'Europa, la "pace americana"), è stato possibile attuare perché i Paesi europei, essenzialmente per tre motivi, non seppero o non vollero sfruttare un'occasione storica, difficilmente ripetibile.
Prima di tutto, l'intellighenzia europea, in buona parte di sinistra, confidando nelle magnifiche e progressive sorti dell'Apparato tecnico-produttivo, riteneva necessario, anziché contrastare, favorire, acriticamente, il processo di modernizzazione: i marxisti convinti che la società fosse "matura " per la rivoluzione (il cosiddetto "capitalismo maturo"), i neokeynesiani che fosse "la vacca da mungere". Una "miopia" che, con la crisi del comunismo e della stessa socialdemocrazia, avrebbe lasciato, nel giro di un decennio, agli intellettuali di sinistra un'unica alternativa: o saltare sul carro dei vincitori, "convertendosi" rapidamente all'ideologia capitalistica made in Usa (avendo la possibiità di fare le "comparse", ben remunerate, nel "circo mediatico occidentale"); oppure interpretare il proprio fallimento politico nelle "torri di avorio" della cittadella accademica, sempre più autoreferenziale e incapace di incidere sulle dinamiche sociali e politiche del nostro tempo.
In secondo luogo, la colonizzazione americana dei "mondi vitali" aveva già così alterato e indebolito le diverse identità nazionali da rendere quasi totalmente indifferenti i cittadini europei nei confronti di questioni politiche, apparentemente astratte, ma in realtà tali da condizionare ogni aspetto della vita di un Paese. Sicché, se si può parlare di una egemonia politico-economica degli Usa fino agli Ottanta, da allora in poi è innegabile che si sia andata delineando anche una vera e propria egemonia culturale americana, capillare ed invasiva; tanto più perniciosa in quanto o non percepita come tale o subita come un "destino storico", cui sarebbe impossibile sottrarsi o addirittura sarebbe "folle e criminale" cercare di sottrarsi.
Determinante fu però il comportamento delle classi dirigenti, o meglio, per essere più espliciti, il loro tradimento dell'Europa. Ad esempio, i politici italiani, non vergognandosi di perseguire il "grande potere" solo allo scopo di consolidare il proprio "piccolo potere", non esitarono a seguire i "consigli" dati loro a bordo del panfilo Britannia e ad avviare un processo di privatizzazione della cosa pubblica e di quei "residui" di sovranità nazionale che ancora c'erano, pur di assicurarsi una "poltrona a vita". Il che senza il consenso della sinistra non sarebbe potuto accadere o, perlomeno, non si sarebbe potuto imporre senza gravi (e necessari!) conflitti sociali. Ma non solo l'Italia, bensì la stessa Unione Europea più che un entità politica si configura ormai (completamente priva, com'è, di una propria visione geopolitica) come un “supermercato” che, al di là della retorica europeista, è del tutto funzionale alla logica di potere atlantista. Non sorprende allora che un'Europa, che si è voluto costruire più per rafforzare il potere delle banche e delle lobbies che per promuovere un mutamento sociale che fosse espressione dell'interesse dei popoli europei e per difendere un'idea di bene comune, dipenda sempre più dalle decisioni prese oltreoceano e debba perfino piegarsi alla “pre-potenza” d'Israele. Un Paese che non si può ritenere un semplice alleato degli Usa, tanto che è l'unico Stato che possa condizionare, se non determinare, la politica di Washington (e non solo) .
E' lecito quindi affermare che sulla "scacchiera internazionale" i Paesi europei non sono che le pedine degli Usa., sebbene la strategia politica atlantista sia in grado di garantire ai potentati economici , inclusi quelli "europei", che hanno anche il controllo dei media mainstream, di poter continuare ad occupare posizioni di privelegio ed impedire che si possa “disturbare il manovratore”.
Tuttavia, a distanza di venti anni dalla caduta del Muro di Berlino, il turbocapitalismo e l'unipolarismo della "grande talassocrazia" sono in crisi e vi sarebbe nuovamente la possibilità per l'Europa di spezzare le catene che la tengono prigioniera dalla fine della seconda guerra mondiale. Il condizionale è però d'obbligo, dato che (come si è cercato, sia pure assai sinteticamente, di evidenziare) la situazione dell'Europa pare essere di gran lunga peggiore di quanto lo fosse all'inizio degli anni Novanta. Non ci si può fare alcuna illusione. Assistiamo alla nascita di nuove potenze come la Cina e l'India, alla politica coraggiosa dell'Iran, del Venezuela e ora (per fortuna) anche della Turchia di Erdogan, nonché al ruolo non secondario sulla scena mondiale della Russia di Putin, che, dopo essere uscita dal "ghetto" in cui Eltsin - con l'aiuto interessatissimo di (tristemente) noti "filantropi" americani, con o senza "doppio passaporto" - l'aveva confinata, impedisce, per ora, che la "marea" statunitense possa "sommergere" l'Eurasia. Ma l'Europa è immobile, ferma al 1945, paralizzata da categorie politiche e culturali obsolete ed "incapacitanti". Cionondimeno, sia pure lentamente, si sta "facendo strada" la convinzione che l'antifascismo (per quanto concerne l'Italia, in particolare) e gli "intellettuali maginot" - come li definisce, intelligentemente, Costanzo Preve (6), vale a dire quelli che vogliono combattere la quarta guerra mondiale con le mappe militari della seconda - sono il ponte levatoio abbassato su cui passano gli autentici nemici dell'Europa.
Indubbiamente è poco, ma se non altro è il segno che il Novecento, secolo che ha visto fallire ogni tentativo (dal comunismo al fascismo, dalla socialdemocrazia scandinava al populismo terzomondista) di superare la "barbarie del mercante", ha definitivamente consegnato il testimone al secolo nuovo. Certo, sapere chi è il "nemico" (non l'inimicus, ma, come insegna Carl Schmitt, l'hostis, ossia il nemico pubblico), non significa affatto che la "guerra" si possa considerarla già vinta; ma può "orientare" nel difficile compito che devono affrontare gli uomini e le donne dell'Europa, che non si rassegnano a vedere mercificata la propria identità, secondo la logica del mondialismo atlantista. Naturalmente, quale sarà l'Europa del XXI secolo, dipenderà soprattutto da ciò che sapranno essere gli europei. Ossia, se preferiranno "occidentalizzarsi", pur di non correre i rischi che sono inevitabilmente connessi ad un "agire politico" (nel senso più ampio possibile di questo sintagma) autonomo e responsabile, oppure sapranno spingersi "oltre la linea" dell'Occidente, per ritrovare il proprio "Oriente".

NOTE

1) Per la grande offensiva russa dell'estate del 1944 (quasi sconosciuta in Italia, ma si sa che la storia militare e la geopolitica le studia solo chi "fa politica") vedi W.S.Dunn Jr., Soviet blitzkrieg, Stackpole, Mechanicsburg PA, 2000.
2) Vedi il fondamentale saggio di D.M.Glantz e J.House, When titans clashed, Birlinn, Edinburgh, 2000. Si tratta di un'opera che, in un certo senso, ha "rivoluzionato" la storia militare della seconda guerra mondiale, benché i due storici americani privilegino eccessivamente le fonti sovietiche rispetto a quelle tedesche. Vedi anche di R.Overy, Russia in guerra.1941- 1945, Il Saggiatore, Milano, 1997 e La strada della vittoria, Il Mulino, Bologna, 2002. Assai utile, per comprendere lo sforzo bellico dell'Urss, è pure il libro di W.S.Dunn Jr., Stalin's keys to victory, Stackpole, Mechanicsburg PA, 2007.
3) Vedi J.Keegan, Uomini e battaglie della seconda guerra mondiale, Rizzoli, Milano, 1989, p.216. E' indiscutibile che l'economia americana, che era ancora in una fase di depressione alla fine degli anni Trenta, nonostante il New Deal, sia stata rimessa in moto dalla guerra. Del resto, come è noto, i morti ameriacni, in tutto il conflitto e per ogni causa, furono poco più di 300 000, mentre i morti dell'Urss, che subì danni materiali colossali (il che, in parte, spiega la "politica di rapina" dell'Urss in Europa orientale, Germania compresa, anche se, ovviamente, non la giustifica), ammontarono a circa 26 000 000, di cui oltre 8 500 000 militari (vedi R.Overy, Russia in guerra, op.cit., pp.294-296).
4) Vedi, ad esempio, E.Galli della Loggia, Il mondo contemporaneo, Il Mulino, Bologna, 1982, cap.I e V.Castronovo (a cura di), Storia dell'economia mondiale, Rizzoli, Milano, 1982, capp. I e II.
5) Si tenga presente che per H.J. Mackinder, studioso inglese di geopolitica, «chi domina l'Europa orientale domina la Terra Interna [più o meno l'attuale Russia ad est del Volga]; chi domina la Terra Interna domina l'Isola Mondo [ovvero l'Europa, l'Asia e l'Africa]; chi domina l'Isola Mondo domina il Mondo», vedi J.Kleeves, Un Paese pericoloso. Breve storia non romanzata degli Stati Uniti d'America, Società Editrice Barbarossa, Cusano Milanino, 1999, p.306.
6) Vedi C.Preve, La quarta guerra mondiale, Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 2008. Secondo Preve, a cui si deve pure riconoscere un coraggio intellettuale non comune nel nostro Paese, gli Usa, dopo aver messo saldamente le "tende" in Europa e in Asia, nel 1942-1945, ed aver vinto la guerra fredda (la "terza guerra mondiale") contro l'Urss, avrebbero intrapreso (insieme con l'Inghilterra e Israele) un'altra guerra contro il "resto del mondo". Come non condividere?

http://cpeurasia.etleboro.com/?read=51252

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vista la guerra finanziaria che ci hanno scatenato gli americani per pararsi il deretano dal loro immane debito pubblico e privato sarebbe il caso di iniziare a cacciarli a calci dall'europa e sciogliere la nato, possibilmente tirare du agenzie di raing europee e chiudere i mercati ai malefici speculatori a stelle e strisce.

Pancho Villa
16-05-2010, 16:07
vista la guerra finanziaria che ci hanno scatenato gli americani per pararsi il deretano dal loro immane debito pubblico e privato sarebbe il caso di iniziare a cacciarli a calci dall'europa e sciogliere la nato, possibilmente tirare du agenzie di raing europee e chiudere i mercati ai malefici speculatori a stelle e strisce.
Dalli agli speculatori kattivi!

ulk
16-05-2010, 16:47
L'europa non so; ma l'euro che è praticamente l'unco elemento federale che abbiamo sta miseramente fallendo anche grazie a noi che siamo parte della porcilaia.

http://www.youtube.com/watch?v=UzkUcXKBfX4